Stato/ Deneault

Alain Deneault – Governance. Il management totalitario – Neri Pozza (2018)

Il governo, il cui ruolo viene ridotto a quello di semplice partner nell’ordine della governance, non inquadra piu’ l’attivita’ pubblica, ma vi partecipa alla pari di chiunque altro.
Si vede cosi’ anch’esso vincolato al “consenso” prodotto dai gruppi di dibattito che la danno vinta sempre al piu’ forte – ossia: le multinazionali, gli investitori privati e i difensori di interessi personali che si presentino come i piu’ idonei a intraprendere progetti condotti secondo l’ortodossia della governance.
Il governo mischia i “suoi” interessi – paradossalmente percepiti come privati – a quelli concertati, del “gruppo”, ossia agli interessi del piu’ forte.
Com’e’ ovvio, dovendo aderire al progetto situato al centro delle discussioni e dovendo integrare i propri interessi a quelli del gruppo, esso fara’ di tutto per favorirne la realizzazione.
Il governo conserva solo a questo titolo tutte le prerogative di istituzione pubblica: soltanto nella misura in cui esso si avvale di tali prerogative nel quadro di un progetto rigorosamente privato (al quale crede come partner), la dottrina della governance riconoscera’ immediatamente gli attributi di autorita’ pubblica che gli competono.
Il gruppo si varra’ cosi’ delle prerogative costituzionali dello Stato ai fini del proprio progetto privato e potra’ fare da intermediario per riorganizzare il territorio, emendare la legislazione, deregolamentare settori mirati, privatizzare patrimoni specifici, defiscalizzare i dividendi, per non parlare del finanziamento pubblico che otterra’ a colpo sicuro in nome dello sviluppo, per costruire qui un gasdotto, la’ una rete viaria a esclusivo profitto dell’industria […]
Lo Stato si trova ne’ piu’ ne’ meno che privatizzato.
Nel processo che porta alla sua subordinazione, esso non abdica ai poteri di cui dispone, ma li mette al servizio di un qualcosa che non ha piu’ niente a che fare con il bene pubblico ne’ con la coscienza sociale.
Non solo contribuisce con finanziamenti e con una modifica delle regole pubbliche al progetto privato di cui si mette al servizio, ma anche con la legittimita’ conferita, in quanto attore rappresentante dell’insieme della popolazione, a progetti appartenenti esclusivamente a gruppi e a istanze private, che lo istruiscono a questo fine.

Info:
https://www.doppiozero.com/materiali/dopo-la-democrazia-la-governance
https://ilmanifesto.it/il-prezzo-senza-volto-di-un-ingranaggio/

Societa’/D’Eramo

Marco D’Eramo – Dominio. La guerra invisibile dei potenti contro i sudditi – Feltrinelli (2020)

Il controllo di questo stato ormai “privato” e’ affidato a quella bizzarra attivita’ che e’ chiamata “politica”.
Lo scopo della politica e’ quindi quello di assumere il controllo aziendale dello stato concepito come la massima ditta di servizio a tutte le altre ditte.
Percio’ non solo la politica e’ un mercato, ma vi e’ anche un mercato della politica. Nel senso che i candidati vanno comprati (dagli interessi che vogliono rappresentare) e vanno venduti (agli elettori che devono essere spinti a votarli).
Questa dinamica fa lievitare i costi della rappresentanza.
Nel 1976, il costo medio per vincere un seggio al Senato degli Stati Uniti era di 609.000 dollari, nel 2016 e’ stato di 19,4 milioni di dollari. Il costo complessivo delle campagne e’ molto piu’ alto, visto che anche i candidati sconfitti spendono parecchio.

Info:
http://www.spazioterzomondo.com/2020/11/recensione-marco-deramo-dominio/
https://www.internazionale.it/opinione/giuliano-milani/2020/11/10/marco-d-eramo-dominio
https://sbilanciamoci.info/i-meccanismi-del-dominio/
https://www.sinistrainrete.info/societa/17891-marco-d-eramo-la-bolla-dell-overtourism-si-e-sgonfiata-ma-tornera-presto-a-crescere.html

Stato/Fazi

Thomas Fazi – Sovranita’ o barbarie. Il ritorno della questione nazionale – Meltemi (2018)

[In Italia] la spesa pubblica complessiva – comprendente tutti i servizi pubblici (sanita’, istruzione, ecc.) e la protezione sociale (pensioni, sussidi di disoccupazione) ma non gli investimenti – e’ diminuita in termini reali di 16 miliardi tra il 2011 e il 2015.
Oltre alla spesa corrente, anche gli investimenti pubblici (strade, infrastrutture, ecc.), che nel 2009 avevano fatto registrare un aumento rispetto agli anni precedenti, hanno registrato un vero e proprio crollo (-15 miliardi nel 2013 rispetto al 2008; -20 miliardi rispetto al 2009; -10,5 miliardi dal 2011), per poi stabilizzarsi a tale livello piu’ basso dal 2013.
Disaggregando la spesa corrente, gli autori notano che i servizi che hanno subito la riduzione maggiore sono la sanita’, che ha registrato un taglio in termini reali di 8,5 miliardi dal 2011 al 2013 (pari al -7 per cento), e l’istruzione, con un’ulteriore sforbiciata di 2,6 miliardi nello stesso periodo (all’interno della ben piu’ prolungata stagione di tagli che ha comportato una riduzione del 20 per cento, pari a circa 15 miliardi, tra il 2007 e il 2015).
Una delle conseguenze di cio’ e’ stata una pesante erosione dello Stato sociale, particolarmente in campo sanitario […]
Sono calati in termini reali anche le spese per servizi pubblici (-17 miliardi dal 2012 al 2015) e quelle per gli affari economici (-4 miliardi dal 2011 al 2015).
Complessivamente, dunque, il taglio di spesa tra servizi, protezione sociale e investimenti pubblici e’ stato di 46,5 miliardi tra il 2009 e il 2015, di cui 26,5 a partire dal 2011. Nello stesso periodo, inoltre, si e’ anche avuto un aumento della pressione fiscale legato, tra l’altro, all’aumento dell’IVA

Info:
https://www.retemmt.it/sovranita-o-barbarie-intervista-a-thomas-fazi/
http://www.marx21.it/index.php/internazionale/europa/29438-sovranita-o-barbarie-il-ritorno-della-questione-nazionale
http://temi.repubblica.it/micromega-online/quando-sovranismo-fa-rima-con-socialismo/

Societa’/Pallante

Francesco Pallante – Contro la democrazia diretta -Einaudi (2020)

Politico – in senso proprio – e’ l’atteggiamento di chi, di fronte a un problema, si interroga alla ricerca della soluzione piu’ idonea per la collettività in se’, non della soluzione migliore per lui e per tutti coloro che condividono i suoi interessi o ideali.
E’ per questo che, come riteneva Rousseau, la volonta’ della maggioranza non realizza inevitabilmente l’interesse generale, ma puo’, al contrario, giungere a negarlo. Il risultato della somma degli egoismi e’ un egoismo di piu’ grande dimensione: non la solidarieta’ necessaria a dare coesione alla societa’ […]
Democrazia e’, anzitutto, discussione. Non scelta.
Piu’ del risultato, conta il procedimento.
La decisione e’, idealmente, risorsa cui ricorrere in ultima istanza, quando ogni altra soluzione rivolta alla creazione del consenso risulta non ulteriormente praticabile.
Democratico e’ l’atteggiamento di chi si confronta apertamente con gli altri: a partire dalle proprie convinzioni, naturalmente, ma con attitudine d’animo rivolta alla ricerca di un compromesso capace di riconoscere il valore delle convinzioni altrui, di coniugare assieme la parte con il tutto […]
Mentre la democrazia diretta, intendendo la «politica come guerra», innesca un gioco «a somma nulla», in cui «chi vince, vince tutto; chi perde, perde tutto», la democrazia rappresentativa, concependo la «politica come trattativa», produce invece un gioco «a somma positiva», in cui, grazie alla mediazione, tutti riescono a ottenere qualcosa. La mera conta dei voti non produce, in definitiva, decisioni democratiche, ma imposizioni di parte.

Info:
https://www.letture.org/contro-la-democrazia-diretta-francesco-pallante
https://www.questionegiustizia.it/articolo/sul-libro-di-francesco-pallante-contro-la-democrazia-diretta
http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-scommessa-della-rappresentanza-perche-la-democrazia-diretta-non-e-la-soluzione-alla-crisi-della-politica/

Societa’/Piketty

Thomas Piketty – Capitale e ideologia. Ogni comunita’ ha bisogno di giustificare le proprie disuguaglianze – La Nave di Teseo (2020)

Tra le categorie poco qualificate che hanno votato massicciamente per i partiti della sinistra negli anni cinquanta e sessanta del Novecento e che, in gran parte, hanno smesso di votare per questi partiti nel periodo 1990-2020, si ritrovano in particolare i lavoratori del settore industriale.
Questa diminuzione del voto operaio per i partiti socialisti, comunisti, socialdemocratici, democratici e laburisti nei decenni del dopoguerra e’ un fenomeno molto noto, registrato in tutti i paesi occidentali.
La spiegazione piu’ ovvia e’ la crescente percezione, tra i lavoratori, che i partiti che avrebbero dovuto difenderli non lo hanno fatto, soprattutto nel contesto di un drastico calo dell’occupazione industriale e di una globalizzazione avvenuta senza il supporto di un’efficace regolamentazione collettiva del lavoro.
Invece, tra le categorie in rapida espansione di laureati altamente qualificati che hanno mantenuto il loro voto a sinistra (o talvolta aumentato il loro voto a sinistra), troviamo soprattutto: insegnanti, professionisti dell’intermediazione e dirigenti del settore pubblico, nonche’ professionisti della sanita’ e della cultura.
Il ribaltamento dell’effetto istruzione non e’ avvenuto nel vuoto pneumatico, o in un ambiente stabile. Si e’ verificato nel contesto di una societa’ in rapida evoluzione, connotata da un aumento senza precedenti dei livelli d’istruzione e di accesso all’istruzione secondaria e universitaria, nonche’ da un’espansione inedita del settore dei servizi […]
Per semplificare, si puo’ dire che ci sono due spiegazioni principali: un’ipotesi sociale e un’ipotesi nativista, che non si escludono a vicenda. L’ipotesi sociale, che sembra la piu’ importante e convincente, e’ che le categorie popolari si siano sentite via via sempre piu’ abbandonate dai partiti di sinistra, mano a mano che questi si orientavano verso altre categorie sociali (e in particolare verso i piu’ istruiti). L’ipotesi nativista sostiene che siano invece i partiti di sinistra a essere stati abbandonati dalle classi popolari, catturate dalle sirene del voto razzista e anti-immigrazione.
Questa seconda interpretazione e’ particolarmente diffusa negli Stati Uniti, dove spesso si sostiene (non senza motivo) che i bianchi delle classi lavoratrici nel Sud abbiano iniziato la loro lenta transizione verso il partito repubblicano quando, negli anni sessanta, i democratici sposarono la causa antirazzista e antisegregazionista […]
In particolare, e’ innegabile che negli ultimi decenni i temi nativisti, razzisti e anti-immigrati siano stati sfruttati in modo ossessivo dai tradizionali partiti di destra (a partire dal partito repubblicano negli Stati Uniti e dal partito conservatore nel Regno Unito), oltre che dai nuovi movimenti di estrema destra incentrati su questi temi (il cui archetipo e’ il Front national in Francia).
Tuttavia, l’ipotesi nativista e’ molto problematica e non sembra in grado di spiegare correttamente tutti gli sviluppi osservati. […]
Quindi e’ l’ipotesi sociale l’elemento dominante, quello che motiva la sensazione delle classi popolari di essere state tradite dal centrosinistra: un meccanismo al quale si e’ poi agganciato il discorso nativista.

Info:
https://www.internazionale.it/opinione/annamaria-testa/2020/06/24/thomas-piketty-capitale-ideologia
https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/capitale-e-ideologia-intervista-a-thomas-piketty/
https://www.ilmessaggero.it/libri/capitale_e_ideologia_il_nuovo_saggio_di_piketty_star_dell_economia_pop-5299153.html
http://temi.repubblica.it/micromega-online/piketty-il-capitalismo-non-e-piu-in-grado-di-giustificare-le-sue-disuguaglianze/
https://www.huffingtonpost.it/2018/09/08/lincubo-social-nativista-italiano-potrebbe-molto-rapidamente-riguardarci-da-vicino-piketty-avverte-le-democrazie-europee_a_23520935/

Stato/Fazi

Thomas Fazi, William Mitchell – Sovranita’ o barbarie. Il ritorno della questione nazionale – Meltemi (2018)

 

Risulta evidente quanto sia ingannevole – e del tutto funzionale alla riproduzione dello status quo – l’idea che oggi saremmo in una fase in cui “i mercati” sovrastano e indeboliscono gli Stati e in cui le grandi imprese multinazionali e la finanza internazionale sarebbero in grado di ricattare gli Stati e di imporre a questi i loro diktat (narrazione indirettamente avallata dalle sterili critiche mosse da sinistra allo “strapotere della finanza”, assunto come un dato oggettivo).
Come dimostra l’esempio dell’Unione europea e in particolare dell’eurozona, nella misura in cui i mercati (in particolare quelli finanziari) sono oggi apparentemente in grado di ricattare interi paesi, e’ solo perche’ gli Stati hanno scelto di creare un’architettura istituzionale che gli permette di farlo.
Tanto per fare un esempio, se oggi i mercati sono in grado di ingerire cosi’ pesantemente nei processi democratici dei paesi dell’unione monetaria – per mezzo del famigerato “spread”, delle agenzie di rating, ecc., come in Italia sappiamo fin troppo bene – e’ unicamente dovuto al fatto che gli Stati hanno rinunciato al potere di emissione della moneta, sottomettendosi volontariamente alla “dittatura dei mercati”.
Lo stesso dicasi della consuetudine delle multinazionali di utilizzare la minaccia delle delocalizzazioni per ottenere trattamenti di favore (soprattutto di carattere fiscale) da parte degli Stati, reso possibile dalla scelta dei governi di liberalizzare completamente il mercato delle merci e dei capitali.
In entrambi i casi non sono i mercati a ricattare gli Stati ma le oligarchie nazionali a ricattare surrettiziamente i lavoratori e le classi popolari degli Stati in questione con la complicita’ delle oligarchie internazionali […]
Il punto ormai dovrebbe essere chiaro: non sono gli Stati a dipendere dai mercati ma, viceversa, sono questi ultimi a dipendere dagli Stati […]
La tendenza della sinistra a invertire i termini della questione ha rappresentato un abbaglio di portata storica, in quanto gli ha impedito (e continua ad impedirgli) di vedere che la via per costruire un’alternativa radicale al neoliberismo e’, allo stato attuale, una sola: una rifunzionalizzazione dello Stato affinche’ esso diventi uno strumento strategico di realizzazione delle ambizioni e dei bisogni della maggioranza e non solo di una ristretta oligarchia, che nel contesto europeo presuppone, ovviamente, un recupero di quegli elementi di sovranita’ ceduti all’Unione europea.

Info:
https://www.retemmt.it/sovranita-o-barbarie-intervista-a-        thomas-fazi/
http://www.marx21.it/index.php/internazionale/europa/29438-sovranita-o-barbarie-il-ritorno-della-questione-nazionale
http://temi.repubblica.it/micromega-online/quando-sovranismo-fa-rima-con-socialismo/

 

Societa’/Ottaviano

Gianmarco Ottaviano – Geografia dell’Europa sovranista – Laterza (2019)

Questo ricambio delle classi dirigenti sembra aver perso molto del suo vigore nei paesi industrializzati dell’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), a cui anche l’Italia appartiene.
Chi si trova sui gradini piu’ bassi della scala sociale fa sempre piu’ fatica a salire, soprattutto a partire dai primi anni Ottanta del secolo scorso.
Da un lato, i figli nati in famiglie a reddito basso hanno sempre minori possibilita’ di migliorare le loro condizioni di vita rispetto ai propri genitori. Dall’altro, quelli nati in famiglie a reddito alto hanno sempre maggiore probabilita’ di conservare le condizioni di vita dei propri genitori […]
Di generazione in generazione, in Italia la mobilita’ in termini di livello di istruzione e’ molto bassa: piu’ del 60% dei figli di genitori senza un titolo di studio secondario superiore mantengono lo stesso livello d’istruzione dei genitori, contro poco piu’ del 40% della media OCSE. Solo il 6% di quelli con genitori senza un titolo di studio secondario superiore raggiunge la laurea, una percentuale pari alla metà della media OCSE.
Quasi il 40% dei figli di lavoratori con occupazioni manuali, se trovano lavoro, lo trovano nello stesso tipo di occupazioni dei genitori, una percentuale maggiore della media dei paesi OCSE attestata intorno al 33%.
Circa il 30% dei figli di genitori con livelli retributivi bassi continua a guadagnare altrettanto poco, una percentuale questa allineata invece con la media OCSE […]
La disoccupazione in Italia continua a mantenersi al di sopra della media OCSE, specialmente quella giovanile. E tra coloro che hanno un impiego, molti svolgono lavori a basso reddito con prospettive di crescita futura molto limitate.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858135303
https://www.letture.org/geografia-economica-dell-europa-sovranista-gianmarco-ottaviano/
https://www.pandorarivista.it/articoli/europa-sovranista-di-gianmarco-ottaviano/

Stato/D’Eramo

Marco D’Eramo – Dominio. La guerra invisibile dei potenti contro i sudditi – Feltrinelli (2020)

La prova che, contro tutti i loro altisonanti proclami, i neolib hanno bisogno di piu’ stato, la si ha durante le crisi, come – per restare vicini a noi – la grande recessione finanziaria del 2008 o la pandemia del 2020.
In questi frangenti, quando tutto il sistema del mercato sembra stia per andare in frantumi e l’intera economia mondiale per affondare, ecco che all’improvviso, di colpo, “i mercati” si fanno straordinariamente discreti e silenziosi, quasi inerti, passivi. E lo stato si fa carico di tutte le operazioni di salvataggio, e del loro finanziamento.
Successe dopo il 2008 con le manovre di quantitative easing varate da tutte le maggiori banche centrali: il quantitative easing e’ l’equivalente immateriale, finanziario, di quel che nei tempi andati era stampare carta moneta, senza alcun corrispettivo reale. Migliaia di miliardi di dollari, euro, yen, yuan furono rovesciati sui mercati, come volantini lanciati da un velivolo: e’ la famosa metafora del denaro buttato dall’elicottero […]
Lo stesso e’ avvenuto con la pandemia del 2020,
quando i mercati si sono ritirati sul balcone a guardare gli stati che si affannavano a evitare crisi sociali e s’indebitavano fino al collo per “permettere ai mercati di ripartire”.
Anche in questo caso decine di migliaia di miliardi sono state riversate sulle economie mondiali, per non far crollare tutto l’edificio. L’eleganza del sistema-elicottero sta nel fatto che, per correre al salvataggio delle imprese private, del sistema finanziario, delle banche e assicurazioni private, gli stati non solo si accollano debiti che poi debbono onorare, ma si privano delle risorse per onorarli, tagliando le tasse ai piu’ abbienti.
E qui vediamo la novita’ tutta moderna, rispetto a una storia millenaria: persino in epoca feudale, quando l’emergenza lo richiedeva o il regno doveva scendere in guerra, il sovrano procedeva a una tassazione straordinaria dei baroni (fu per porre un limite a questi prelievi forzati che i baroni inglesi costrinsero Giovanni Senza Terra a firmare nel 1215 la Magna Charta). Invece oggi nessuno ha mai richiesto di versare un contributo straordinario ai baroni attuali (il marchese di Boeing, l’arciduca di Facebook, il principe di Google, il langravio di Amazon). Anzi, ha alleviato il loro gia’ modestissimo carico fiscale.
E’ cosi’ che viene messo in pratica il precetto di Rahm Emanuel, e che “nessuna crisi seria va sprecata”, perche’ ogni crisi viene usata per rendere lo stato ancora piu’ “frugale”, per “affamare la belva”, proprio costringendola a addossarsi compiti e responsabilita’ per disastri di cui non e’ responsabile.
Vediamo qui quanto sia superficiale l’idea che l’accrescersi del potere delle corporation e delle multinazionali comporti necessariamente una riduzione del potere degli stati.

Info:
http://www.spazioterzomondo.com/2020/11/recensione-marco-deramo-dominio/
https://www.internazionale.it/opinione/giuliano-milani/2020/11/10/marco-d-eramo-dominio
https://sbilanciamoci.info/i-meccanismi-del-dominio/
https://www.sinistrainrete.info/societa/17891-marco-d-eramo-la-bolla-dell-overtourism-si-e-sgonfiata-ma-tornera-presto-a-crescere.html

 

Societa’/Ardeni

Pier Giorgio Ardeni – Le radici del populismo. Disuguaglianze e consenso elettorale in Italia – Laterza (2020)

Il grado di alfabetizzazione degli individui e’ importante dal punto di vista della partecipazione sociale e professionale.
Ebbene, se in Italia l’analfabetismo strumentale e’ stato sostanzialmente ridotto a quasi zero, e’ pero’ vero che ancora all’ultimo censimento (2011) ben 4,9 milioni di italiani erano analfabeti o privi di licenza elementare.
Se a questi aggiungiamo i possessori di sola licenza elementare – poco più di 11 milioni – allora si ha che in Italia gli illetterati (cosi’ li definisce l’OCSE) compongono quasi il 30% della popolazione.
Ma, come sottolineano molte indagini sui livelli di istruzione degli adulti, alla mancanza di istruzione oggi si aggiunge l’analfabetismo funzionale, ovvero «l’incapacita’ di un individuo di usare in modo efficiente le abilita’ di lettura, scrittura e calcolo nelle situazioni della vita quotidiana» […]
Se, tuttavia, prendiamo in esame quello che l’OCSE considera «il livello di competenze alfabetiche e numeriche considerate necessarie per interagire in modo efficace nella societa’ del XXI secolo», nel complesso, il 71% della popolazione italiana non raggiunge quel livello, un dato drammatico.
Piu’ di sette italiani su dieci, quindi, sono analfabeti funzionali o hanno capacita’ cognitive e di elaborazione minime! Inoltre, il confronto tra l’Italia e la media OCSE, per le diverse classi di eta’, evidenzia ancor di piu’ la distanza del nostro paese dagli altri.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858141779
https://www.letture.org/le-radici-del-populismo-disuguaglianze-e-consenso-elettorale-in-italia-pier-giorgio-ardeni

Stato/Piketty

Thomas Piketty – Capitale e ideologia. Ogni comunita’ ha bisogno di giustificare le proprie diseguaglianze – La Nave di Teseo (2020)

Il fatto che le classi popolari e medie versino tasse di entita’ significativa ovviamente non costituisce di per se’ un problema.
Se si intende finanziare un livello elevato di spesa sociale e d’investimenti nel settore dell’istruzione, e’ inevitabile che tutti vengano coinvolti. Tuttavia, per far si’ che le imposte siano ben accette e’ indispensabile che il sistema fiscale sia trasparente ed equo. Quando le classi popolari e medie hanno l’impressione di essere maggiormente tassate rispetto alle classi piu’ ricche, vi e’ il rischio che il consenso all’imposizione tributaria e il contratto sociale su cui si fondano le societa’ socialdemocratiche inizino a sgretolarsi. Per questo, l’incapacita’ da queste ultime dimostrata di superare lo Stato nazionale e di promuovere forme transnazionali di giustizia fiscale ne costituisce il principale fattore di fragilita’ […]
Si possono distinguere tre grandi categorie di imposta progressiva: sul reddito, sulle successioni e quella annuale sulla proprieta’.
Queste tre tipologie hanno ciascuna la propria giustificazione e vanno intese come complementari le une alle altre.
In linea di principio, l’imposta progressiva sul reddito grava sull’insieme dei redditi percepiti nel corso di un dato anno, qualunque sia la loro fonte – redditi da lavoro (salari, pensioni, redditi da lavoro autonomo ecc.) o redditi da capitale (dividendi, interessi, affitti, profitti ecc.) –, in modo da permettere a ognuno di contribuire alla spesa pubblica in funzione delle sue capacita’.
L’imposta sulle successioni – che generalmente comprende anche le donazioni – si applica al momento delle trasmissioni patrimoniali, permettendo di ridurre la perpetuazione intergenerazionale dei beni e la concentrazione dei patrimoni.
L’imposta annuale sulla proprieta’ – detta anche imposta sulla ricchezza, o imposta sul capitale, o imposta sul patrimonio – viene riscossa ogni anno sulla base del totale dei beni posseduti, un dato che puo’ considerarsi un indice di capacita’ contributiva piu’ rivelatore e duraturo (e in certa misura meno facilmente manipolabile) rispetto al reddito annuale […]
A partire dagli anni ottanta e novanta del secolo scorso, l’aumento del debito pubblico e’ l’esito (in parte) di una strategia deliberata, volta a ridurre il peso dello Stato. L’esempio tipico e’ dato dalla strategia di bilancio seguita da Reagan negli anni ottanta: si sceglie di ridurre fortemente le imposte sui redditi piu’ elevati, con un aumento del deficit e la conseguente diminuzione della spesa sociale.
In molti casi, la riduzione delle imposte ai contribuenti piu’ ricchi e’ stata poi finanziata con la privatizzazione di beni pubblici, il che in sostanza corrisponde a un trasferimento “gratuito” dei titoli di proprieta’ (ovvero, si abbassano le tasse per 10 miliardi di dollari ai piu’ ricchi, che utilizzano poi questi 10 miliardi per acquistare i beni in questione). Questa strategia e’ proseguita, negli Stati Uniti e in Europa, fino a oggi e risulta strettamente legata alla traiettoria di aumento delle disuguaglianze e di concentrazione crescente della proprieta’ privata.

Info:
https://www.internazionale.it/opinione/annamaria-testa/2020/06/24/thomas-piketty-capitale-ideologia
https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/capitale-e-ideologia-intervista-a-thomas-piketty/
https://www.ilmessaggero.it/libri/capitale_e_ideologia_il_nuovo_saggio_di_piketty_star_dell_economia_pop-5299153.html
http://temi.repubblica.it/micromega-online/piketty-il-capitalismo-non-e-piu-in-grado-di-giustificare-le-sue-disuguaglianze/
https://www.huffingtonpost.it/2018/09/08/lincubo-social-nativista-italiano-potrebbe-molto-rapidamente-riguardarci-da-vicino-piketty-avverte-le-democrazie-europee_a_23520935/