Societa’/Khanna

Parag Khanna – Il movimento del mondo. Le forze che ci stanno sradicando e plasmeranno il destino dell’umanita’ – Fazi (2021)

Se esiste una comunita’ universale di credenti, ebbene questa e’ il calcio.
Il calcio si e’ trasformato fino a diventare una nuova religione, dotata di confessioni istituzionali, sette e adepti.
E’ una fede di devoti obbedienti che spendono tempo e denaro per visitare i luoghi di pellegrinaggio favoriti – Wembley, Old Trafford, il Camp Nou – e venerarne le divinita’, come Lionel Messi e Cristiano Ronaldo.
Se alcune chiese pentecostali tengono colossali eventi di massa, la scala delle partite di calcio settimanali che si giocano nelle maggiori citta’ del mondo non ha eguali.
Assai piu’ del cricket (la religione sportiva globale della generazione postcoloniale dell’Impero inglese), il calcio e’ una vera comunita’ planetaria di praticanti che dedicano un tempo incomparabilmente maggiore a giocare, guardare, riguardare, commentare e disputare incontri di videogame di quanto un credente potrebbe riservare alla lettura della Bibbia, del Corano o di un’altra sacra scrittura.
Il calcio e’ anche una fede antisegregazionista e che anzi prospera sull’immigrazione. L’ingresso di nuovi talenti dall’estero non e’ biasimato, al contrario e’ celebrato, a volte come l’arrivo di un nuovo Messia a resuscitare le sorti della squadra del luogo.
La nazionale tedesca e’ costituita per meta’ da immigrati; i due terzi dei giocatori della Premier League inglese sono stranieri. Le nazionali e i club europei sono gli araldi di campagne globali come No Room for Racism, Show Racism the Red Card e Kick it Out, che fanno pressione sulle federazioni nazionali perche’ sospendano la partita nel caso di offese a sfondo razziale nei confronti dei giocatori.
A differenza delle religioni di antica origine, che si proclamano egualitarie ma nascondono sistemi profondi di gerarchia e di ingiustizia, la Chiesa del calcio e’ meritocratica (commercialmente parlando) e inclusiva, senza guardare alla razza o alla fede di nessuno

Info:
https://lepenneirriverenti.altervista.org/il-movimento-del-mondo-le-forze-che-ci-stanno-sradicando-e-plasmeranno-il-destino-dellumanita/
https://librieparole.it/recensioni/4791/il-movimento-del-mondo-parag-khanna/

Economia di mercato/Khanna

Parag Khanna – Connectography. Le mappe del futuro ordine mondiale – Fazi (2016)

Spendi ora, guadagna domani […] Oggi e’ il momento in cui dobbiamo sia creare i mercati sia metterli in connessione reciproca.
La connettivita’ e’ la piu’ importante categoria di asset del XXI secolo.
Per gli investitori che cercano di capitalizzare il credito facile e di impegnare patrimoni nell’economia reale anziche’ in fantasiosi derivati finanziari non c’e’ nulla di piu’ concreto delle infrastrutture.
L’infrastruttura e’ un asset in grado di generare profitti piu’ alti degli interessi fissi e garantire meno aleatorieta’ delle azioni.
Malgrado, nel breve periodo, richieda indebitamento, in prospettiva non puo’ esserci crescita in sua assenza.
I vantaggi dell’investimento in infrastrutture sono incalcolabili, dal momento che esse creano flussi capaci di promuovere la mobilita’, irrobustire la produttivita’ e innescare la trasformazione sociale […]
A dispetto delle critiche al “sovrainvestimento” mosse dagli economisti occidentali, la Banca Mondiale ha verificato che le connessioni ferroviarie ad alta velocita’ che ora legano piu’ di un centinaio di citta’ cinesi hanno ampiamente favorito la produttivita’, riducendo le distanze fra lavoratori, imprese, mercati e clienti.
Quando anche la crescita cinese di questi asset fissi si ridurra’, i guadagni di una mobilita’ piu’ efficiente resteranno chiari per i lavoratori, per tutti i clienti di Alibaba e per i milioni di turisti e migranti interni che possono contare su trasporti sostenibili da un capo all’altro del paese.
Dall’America del dopoguerra e dalla Cina del XXI secolo va tratta la lezione che l’infrastruttura non e’ un investimento limitato nel tempo, ma un insieme di arterie connettive che richiede di essere costantemente curato. […]
L’investimento in infrastrutture e’ piu’ solido persino delle industrie, dal momento che una strada o una ferrovia non possono essere smontate e portate da qualche altra parte.
Per questo tutti quegli Stati che devono rispondere alla necessita’ di occupare grandi masse di cittadini devono puntare il focus sulle infrastrutture, hard o soft che siano, e in particolare sui settori dei beni non scambiabili e meno soggetti a processi di automazione sul breve termine, quali materie prime, costruzioni, accoglienza turistica, istruzione, salute.
Si tratta dei settori a piu’ alta occupazione del mondo, settori che non possono essere trasferiti altrove, che risentono assai positivamente dei flussi di investimento dall’estero e al tempo stesso danno vita a enormi guadagni economici di secondo ordine per il benessere complessivo di un paese.
La spesa per gli investimenti e’ ripagata dai proventi di gestione.
L’FMI , abbandonato da tempo il verbo dell’austerita’, oggi promuove l’investimento in infrastrutture sostenuto dal debito pubblico, con gli obiettivi dell’occupazione e della produttivita’ attraverso il miglioramento della qualita’ dei trasporti, le telecomunicazioni e altri servizi.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/connectography-parag-khanna-connettivita/
https://www.anobii.com/books/Connectography/9788893250566/011e9f0a9e3362e2e0
https://www.intrattenimento.eu/recensioni/connectography-recensione-parag-khanna/

Geoeconomia/Khanna

Parag Khanna – Il secolo asiatico? – Fazi (2019)

Nel XXI secolo lo sviluppo inclusivo e’ diventato una misura migliore del progresso nazionale.
Il nuovo Inclusive Development Index (IDI; Indice di Sviluppo Inclusivo) prende inconsiderazione non solo le dimensioni economiche ma anche l’aspettativa di vita, la disoccupazione, il reddito medio, il livello di poverta’, il tasso di disuguaglianza, il risparmio delle famiglie, le emissioni di carbonio e altri fattori.
In Asia, Australia e Nuova Zelanda sono al primo posto, seguite da Corea del Sud e Israele, che si collocano tra i primi venti. Le nuove economie emergenti asiatiche – tra cui l’Azerbaigian, la Malesia, il Kazakistan, la Turchia, la Thailandia, la Cina, l’Iran, il Vietnam, l’Indonesia e le Filippine – stanno facendo passi da gigante nella maggior parte delle categorie di sviluppo inclusivo.

Info:
https://www.iltascabile.com/societa/secolo-asiatico/
http://www.mangialibri.com/libri/il-secolo-asiatico
https://www.repubblica.it/dossier/la-repubblica-delle-idee-2019/2019/06/03/news/parag_khanna-227854599/

Geoeconomia/Khanna

Parag Khanna – Il secolo asiatico? – Fazi (2019)

Gli asiatici credono fermamente nel fatto che i mercati debbano essere subordinati al benessere generale della societa’, piuttosto che essere un obiettivo fine a se stesso.
A differenza dell’Occidente, le societa’ asiatiche continuano a essere favorevoli alla globalizzazione perche’ i loro governi la stanno attivamente orientando a loro favore.
Dall’India al Vietnam, i sondaggi mostrano che l’80 per cento e’ pro-globalizzazione (mentre negli Stati Uniti e in Francia sono meno del 40 per cento). Il capitalismo gode piu’ o meno dello stesso sostegno, il che e’ piuttosto ironico data la storia socialista delle principali nazioni asiatiche.
L’ostilita’ diffusa nei confronti della finanza e dell’industria hitech negli Stati Uniti e’ indicativo di una convergenza ideologica verso il punto di vista asiatico secondo cui le banche e i giganti della tecnologia non dovrebbero essere lasciati liberi di sfruttare i consumatori, ma dovrebbero essere asserviti allo Stato e ai bisogni della societa’, che si tratti di stabilita’ fiscale, creazione di posti di lavoro, riqualificazione dell’infrastruttura, formazione di competenze. […]
Gli asiatici hanno appreso negli anni Novanta a essere sospettosi nei confronti del modello di capitalismo angloamericano finanziarizzato e iperderegolamentato.
Per esempio, gli asiatici sono convinti che sia la redistribuzione fiscale a generare una crescita equa, in barba all’ortodossia capitalistica secondo cui la crescita si traduce automaticamente in redistribuzione.
Secondo il Fondo Monetario Internazionale, la riduzione della disuguaglianza richiede tasse più elevate e maggiori investimenti pubblici. Di conseguenza, molti paesi asiatici non esitano a usare le leve macroeconomiche – riduzione dei tassi di interesse, investimenti anticiclici, spesa pubblica aggressiva e tasse elevate – per promuovere una maggiore equita’ e creare posti di lavoro. Trasporti pubblici, alloggi, reti elettriche e servizi igienici efficienti sono elementi fondamentali per una buona qualita’ della vita.
Le riforme economiche non possono avvenire a scapito dell’occupazione e della coesione sociale. Il governo cinese si preoccupa del destino dei lavoratori rimpiazzati dai robot e dei profitti che arriveranno alle imprese che riducono il personale mentre aumentano la produzione, ma invece di lasciare che le suddette imprese portino i loro profitti all’estero, li tassa e acquista delle quote nelle stesse per raccogliere i frutti della loro crescita.

Info:
https://www.iltascabile.com/societa/secolo-asiatico/
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Geoeconomia/Khanna

Parag Khanna – Il secolo asiatico? – Fazi (2019)

La Cina storicamente non e’ una potenza coloniale.
A differenza degli Stati Uniti, e’ molto refrattaria a intervenire direttamente nelle faccende di altri paesi.
La Cina vuole risorse e mercati esteri, non colonie.
Le sue incursioni militari – dal Mar Cinese Meridionale all’Afghanistan e all’Africa orientale – sono orientate a proteggere le sue crescenti linee di approvvigionamento globali, ma i suoi ambiziosi progetti infrastrutturali globali sono finalizzati a ridurre la sua dipendenza dai fornitori stranieri (cosi’ come i suoi massicci investimenti nelle energie alternative).
La Belt and Road Initiative [BRI] non significa che un domani la Cina governerà l’Asia, ma ci ricorda che il futuro della Cina, cosi’ come il suo passato, e’ profondamente radicato in Asia.

Info:
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Geoeconomia/Khanna

Parag Khanna – Connectography Le mappe del futuro ordine mondiale – Fazi (2016)

La parola “globalizzazione” e’ entrata nell’uso solo alla fine degli anni Ottanta – poco prima della conclusione della guerra fredda.
Nonostante la radicale espansione della connettivita’ mondiale a partire da quel periodo, essa e’ stata poi dichiarata morta per tre volte nell’ultimo decennio o giu’ di li’.
La prima volta con gli attacchi terroristici dell’Undici Settembre 2001 a New York e Washington. Allora fu dichiarato che l’erosione della fiducia tra l’Occidente e il mondo arabo, l’aumento delle misure di sicurezza ai confini e il disordine geopolitico delle guerre in Iraq e Afghanistan avrebbero ridotto l’economia globale allo stallo.
La seconda volta con il collasso dei negoziati di Doha dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (World Trade Organization–WTO) nel 2006, quando si sostenne che, in assenza di accordi su un quadro globale di regole, il commercio mondiale avrebbe rallentato, o si sarebbe richiuso e contratto. Piu’ recentemente, infine, con la crisi finanziaria del
2007-2008, il calo delle esportazioni, la diminuzione dei prestiti internazionali e l’attacco al modello anglosassone di capitalismo sono stati citati come prova di una “deglobalizzazione”.
Una quarta via dell’idea della “fine della globalizzazione” e’ attualmente in fase embrionale a causa dell’alzarsi dei tassi d’interesse americani, del rallentamento della crescita cinese e del nearshoring (la delocalizzazione in prossimita’ dei confini di un paese) e dell’automazione della produzione permesse dall’energia a basso costo e dalle avanzate tecnologie di manifattura.

Info:
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Geoeconomia/Khanna

Parag Khanna – Il secolo asiatico? – Fazi (2019)

La Russia e la Cina sono oggi strategicamente piu’ vicine di quanto non lo siano mai state dai tempi della loro alleanza comunista negli anni Cinquanta.
Dal 2014 hanno avviato quella che definiscono una «partnership strategica globale».
Due terzi delle importazioni di hardware militare cinese provengono dalla Russia, che ha fornito alla Cina i caccia Su-35 e i sistemi di difesa missilistica S-400 con cui la Cina esercita un controllo sempre piu’ stretto sul Mar Cinese Meridionale.
Le loro flotte hanno condotto esercitazioni congiunte nel Pacifico e persino alle porte della NATO nei mari del Mediterraneo e del Baltico, e stanno coordinando sempre piu’ la loro militarizzazione dello spazio.[…]
Anche i legami energetici sino-russi si stanno approfondendo. Anche se tradizionalmente i primi due importatori di energia dalla Russia in Asia sono il Giappone e la Corea, il gasdotto della Gazprom Power of Siberia e gli oleodotti della Transneft Eastern Siberia-Pacific Ocean (ESPO) oggi collegano la Jacuzia al Mar del Giappone e dal 2019 arriveranno direttamente in Cina.
Anche la geografia della regione artica della Russia e’ strategicamente di grande importanza per l’Asia orientale. Mentre la Norvegia e il Canada sono i principali intermediari diplomatici per le porzioni nordamericane ed europee dell’Artico, la Russia e’ la porta d’ingresso dell’Asia nell’Artico.

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Geoeconomia/Khanna

Parag Khanna – Connectography. Le mappe del futuro ordina mondiale – Fazi (2016)

C’e’ una dinamica concettuale che dovremmo prendere a prestito dalla fisica: quella di flusso e attrito.
Esistono tanti tipi di flussi nel sistema connesso globale: risorse, beni, capitale, tecnologia, persone, dati, idee. E ci sono tanti tipi di attrito: frontiere, conflitti, sanzioni, distanza, regolamentazioni.
I flussi sono il modo in cui distribuiamo la grande energia del nostro ecosistema e della nostra civilta’ – si tratti di materie prime, tecnologie, forza lavoro o conoscenza – e la mettiamo a lavorare in qualche parte del pianeta. Gli attriti sono le barriere, gli ostacoli e i crolli che intervengono nel processo, come guerre, epidemie, depressioni.
Sul lungo periodo i flussi hanno la meglio sugli attriti; l’offerta si connette alla domanda; lo slancio trionfa sull’inerzia. […] Maggiori flussi, tuttavia, amplificano i rischi.
I migranti possono essere terroristi, i network hawala che permettono alle rimesse degli emigrati di arrivare nei paesi poveri possono anche finanziare il crimine organizzato, persone e animali che si spostano possono portare pandemie, dalle email passano i virus e gli investimenti finanziari alimentano le bolle. Il punto di rottura in cui ognuno di questi flussi puo’ rovesciare il sistema puo’ essere altrettanto  imprevedibile della precisa posizione di un fulmine […]
Ogni paese che rifiuta di aprirsi ai flussi e’ destinato a fallire; al tempo stesso, devono esserci attriti sufficientemente sottili da permettere di cogliere tutti i pro minimizzando i contro: ad esempio, controlli di capitale sugli investimenti speculativi, limiti alla liberalizzazione per garantire la competitivita’ industriale nazionale, body scanner nei porti d’ingresso, quote d’immigrazione per evitare un’eccessiva pressione sui servizi pubblici, controlli dei passaporti incrociati con i dati Interpol, filtro sugli Internet Service Providers (ISP ) per contrastare i virus digitali e ulteriori misure.

Info:
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Geoeconomia/Khanna

Parag Khanna – Il secolo asitico? – Fazi (2019)

Oltre l’80 per cento dei 140 milioni di russi vive nella parte europea del paese, a ovest degli Urali, mentre meno del 20 per cento della popolazione e’ sparsa lungo il restante 80 per cento del territorio russo che si trova in Asia, soprattutto al confine con il Kazakistan, la Mongolia e la Cina. La sua capitale federale, Mosca, e il suo porto strategico (nonche’ la sua seconda citta’ piu’ grande), San Pietroburgo, sono entrambi in Europa, ma la maggior parte delle enormi riserve di petrolio e di gas del paese si trovano in Siberia e riforniscono i mercati asiatici.
La Russia e’ semplicemente un capriccioso impero occidentale o e’ piuttosto un grande canale asiatico tra l’Europa e l’Asia orientale?

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Geoeconomia/Khanna

Parag Khanna – Il secolo asiatico? – Fazi (2019)

Un nuovo strato di “asiaticita’” si sta insinuando nell’identita’ e nella vita quotidiana delle persone. In giro per il mondo, cresce il numero di studenti che imparano il cinese e il giapponese, cosi’ come quello degli imprenditori che avviano attivita’ nelle metropoli asiatiche, dei viaggiatori che affollano le spiagge asiatiche, dall’Oman alle Filippine, dei matrimoni misti con cittadini indiani e thailandesi, di giovani che si convertono all’islam, di cinema che proiettano produzioni di Bollywood e cosi’ via.
Il modo asiatico di fare le cose si sta diffondendo.
I governi occidentali stanno assumendo una guida piu’ decisa nelle priorita’ economiche e stanno imparando a controbilanciare la democrazia con la tecnocrazia.
Oggi in Occidente non si parla piu’ solo di diritti ma anche di responsabilita’. Ufficiali, uomini d’affari, accademici e studenti occidentali vengono in Asia per osservare come costruire imponenti infrastrutture di livello mondiale e citta’ futuristiche per studiare come i governi usano la modellistica e la statistica per allineare le imprese e le universita’ e per esaminare politiche sociali che promuovono la solidarieta’ nazionale. Per molti versi, non sono piu’ “loro” che aspirano a essere come “noi”, ma noi che aspiriamo a essere come loro […]
Alcuni aspetti dell’occidentalizzazione globale rimarranno centrali, in particolare la lingua inglese, il capitalismo e il perseguimento dell’eccellenza scientifica e dell’innovazione tecnologica. Altri aspetti, invece, svaniranno, come il fascino per la democrazia all’americana e l’iperconsumismo.
La domanda non e’ quale ordine prevarra’, ma in che modo l’Asia plasmera’ un nuovo ordine globale di cui faremo tutti parte.
Questa e’ solo la fase iniziale di un processo che vedra’ l’Asia penetrare tutte le altre civilta’ come ha fatto l’Occidente nel corso dei secoli. Esattamente come sarebbe stato impossibile prevedere l’impatto delle esplorazioni commerciali europee in Asia e nelle Americhe o la partecipazione degli Stati Uniti alla prima guerra mondiale, l’esito di questo processo e’ incerto L’asianizzazione e’ un’arma a doppio taglio, come lo sono state l’europeizzazione e l’americanizzazione del mondo.

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