Economia di mercato/Stiglitz

Joseph Eugene Stiglitz – Il prezzo della disuguaglianza: Come la società divisa di oggi minaccia il nostro futuro – Einaudi (2014)

La teoria economica ha mostrato che i mercati lavorano bene quando i ritorni privati e quelli sociali sono ben allineati, mentre lavorano male quando non lo sono […]
Se ascoltassimo soltanto la destra, penseremmo pero’ che i mercati abbiano sempre funzionato e che il governo abbia sempre fallito. Questa gente si e’ data molto da fare per creare tale percezione nel pubblico, ignorando semplicemente i fallimenti del mercato privato e i successi del governo. Inoltre si e’ cercato di ignorare – e di far ignorare agli altri – gli effetti distributivi dei fallimenti del mercato, ossia chi guadagna e chi perde quando i compensi privati e i ritorni sociali non sono ben allineati […]
Certo, non tutti gli sforzi compiuti dal governo hanno successo, o hanno il successo che i loro sostenitori avrebbero voluto […] I governi sono istituzioni umane e tutti gli individui, e le istituzioni da essi create, sono fallibili.
Esistono quindi fallimenti del governo esattamente come esistono fallimenti del mercato.
La teoria economica moderna ha spiegato i casi in cui uno o l’altro tendono a fallire, inoltre ha mostrato come governi e mercati (e altre istituzioni civili, comprese quelle che fanno da cani da guardia ai grandi gruppi e ai governi) possano lavorare in modo complementare e dar luogo a un sistema di controlli e contrappesi. Abbiamo visto miriadi di esempi di questo tipo di complementarita’: un’iniziativa governativa ha creato Internet, ma societa’ private come Google hanno costruito molti dei prodotti e delle applicazioni che l’hanno posto al centro della vita della gente e della nostra economia. Il governo puo’ aver creato il primo browser, ma il settore privato e il sistema ad architettura aperta (open source) l’hanno messo a punto.
Che esistano successi e fallimenti nel settore pubblico come in quello privato è evidente […]
L’ironia e’ che i sostenitori della privatizzazione (il trasferimento al settore privato di imprese a gestione pubblica) e della liberalizzazione (annullamento delle regole) da tempo asseriscono che tali politiche sono necessarie per limitare la ricerca della rendita.
Insistono molto sulla corruzione che esiste nel settore pubblico, ma raramente riconoscono che, di fronte a ogni impiegato del settore pubblico che accetta una tangente c’è qualcuno che unge e che, di solito, appartiene al settore privato. Il settore privato e’ infatti pienamente coinvolto nel sistema di corruzione. E, cosa ancora peggiore, la stessa agenda della privatizzazione e della liberalizzazione e’ stata profondamente corrotta: ha fatto confluire rendite elevate nelle mani di chi usava la propria influenza politica per portarla avanti.

Info:
https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/il-prezzo-della-disuguaglianza/
https://www.ocst.ch/il-lavoro/425-approfondimenti/2181-la-disuguaglianza-il-suo-prezzo-e-cio-che-si-puo-fare-per-eliminarla
https://tempofertile.blogspot.com/2013/06/joseph-stiglitz-il-prezzo-della.html

Capitalismo/Piketty

Thomas Piketty – Capitale e ideologia. Ogni comunita’ ha bisogno di giustificare le proprie disuguaglianze – LaNave di Teseo (2020)

Diversi studi e ricerche hanno documentato il ruolo centrale assunto dai socialdemocratici europei, e in particolare dai socialisti francesi, nell’impulso alla liberalizzazione dei flussi di capitale attuata, in Europa e nel mondo, a partire dalla fine degli anni ottanta del Novecento […]
Tuttavia, non sembra che i protagonisti dell’epoca avessero pienamente compreso le conseguenze a lungo termine di una liberalizzazione assoluta dei flussi di capitale […]
La liberalizzazione dei flussi di capitali genera difficolta’ quando non e’ accompagnata da accordi internazionali che consentano sia scambi automatici d’informazioni sull’identita’ dei titolari dei capitali stessi, sia l’attuazione di una politica coordinata ed equilibrata di regolamentazione e di tassazione adeguata degli utili, dei redditi e dei patrimoni interessati.
Il problema e’ che la libera circolazione delle merci e dei capitali, cosi’ come la si e’ attuata a livello mondiale a partire dagli anni ottanta del secolo scorso, sotto l’influenza sia degli Stati Uniti sia dell’Europa, e’ stata concepita a prescindere da qualsiasi obiettivo fiscale e sociale: come se la globalizzazione potesse fare a meno di un gettito fiscale, di investimenti nel campo dell’istruzione, di regole sociali e ambientali.
A quanto sembra, l’assunto implicito e’ che ogni Stato-nazione debba affrontare da solo questi temi, mentre i trattati internazionali avrebbero l’unica funzione di organizzare la libera circolazione, e d’impedire agli Stati di ostacolarla

Info:
https://www.internazionale.it/opinione/annamaria-testa/2020/06/24/thomas-piketty-capitale-ideologia
https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/capitale-e-ideologia-intervista-a-thomas-piketty/
https://www.ilmessaggero.it/libri/capitale_e_ideologia_il_nuovo_saggio_di_piketty_star_dell_economia_pop-5299153.html
http://temi.repubblica.it/micromega-online/piketty-il-capitalismo-non-e-piu-in-grado-di-giustificare-le-sue-disuguaglianze/
https://www.huffingtonpost.it/2018/09/08/lincubo-social-nativista-italiano-potrebbe-molto-rapidamente-riguardarci-da-vicino-piketty-avverte-le-democrazie-europee_a_23520935/

Economia di mercato/Fazi

Thomas Fazi, Guido Iodice – La battaglia contro l’Europa. Come un’elite ha preso in ostaggio un continente. E come possiamo riprendercelo – Fazi (2016)

Esistono vari modi tramite i quali si puo’ cercare di uscire da questa situazione di ingolfamento generale (general glut). Quello preferito dai banchieri centrali e’ abbassare il tasso di interesse. Ma, come abbiamo visto, in una crisi si puo’ anche abbassare gli interessi a zero senza che questo, di per se’, porti a nuovi investimenti. Certo, gli imprenditori si troveranno una voce di costo piu’ piccola, ma da un lato non e’ detto che le banche concedano piu’ prestiti se non migliora la capacita’ di rimborso della clientela e dall’altro non e’ detto che gli stessi imprenditori decidano di domandare piu’ prestiti alle banche: chi si indebiterebbe, anche a tasso zero, se pensa che la domanda futura sara’ insufficiente a vendere le merci che pro- duce? […]
E allora, ecco la risposta liberista: bisogna liberalizzare tutti i settori controllati direttamente o indirettamente dallo Stato, offrendo cosi’ nuove opportunita’ di business. Ma spesso neppure questo basta a ripristinare la fiducia e si rivela insufficiente soprattutto per economie grandi e mature.
Ed ecco allora l’ultimo tassello della storia: le bolle […]
Negli anni Novanta la crescita e’ stata trainata dalla bolla delle dot.com, dalla corsa all’oro della “new economy”.
Finita quell’euforia, negli anni Duemila si riscopri’ la vecchia e cara bolla immobiliare […]
Ma anche una bolla immobiliare, da sola, puo’ non bastare. Bisogna fare in modo che la gente sia “costretta” a indebitarsi e spendere. Per farlo le privatizzazioni dei servizi sociali sembrano essere un toccasana.
La gente deve curarsi, e se lo Stato non fornisce i servizi sanitari dovra’ rivolgersi ai privati. Le assicurazioni sanitarie sono un buon canale per la spesa a debito. Un altro servizio pubblico che, privatizzato, puo’ generare una bella quantita’ di domanda a debito l’istruzione.
Negli Stati Uniti gli studenti si indebitano per pagare le sempre piu’ stratosferiche rette delle universita’. La montagna di debito studentesco e’ arrivata a 1000 miliardi di dollari […]
Un’altra fonte autonoma di domanda e’ quella estera. La strategia mercantilista della Germania e’ stata tutta intesa a sfruttare questo canale. I tedeschi amano dire che gli altri hanno vissuto al di sopra delle loro possibilita’, ma la realta’ e’ che la Germania ha vissuto al di sopra della propria domanda interna (o, per dirla diversamente, al di sotto delle sue possibilita’).

Info:
https://fazieditore.it/catalogo-libri/la-battaglia-contro-leuropa/
https://keynesblog.com/2016/07/08/michele-salvati-recensisce-la-battaglia-contro-leuropa-di-thomas-fazi-e-guido-iodice/

Capitalismo/Chang

Ha-Joon Chang – Cattivi samaritani – Universita’ Bocconi (2014)

La storia ci insegna che la liberalizzazione del commercio e’ stata il risultato e non la molla dello sviluppo economico […]
In pratica, tutti i paesi che oggi sono ricchi hanno fatto ricorso a politiche nazionaliste (dazi, sovvenzioni, limitazioni agli scambi con l’estero ecc.) per promuovere le loro industrie nascenti […] hanno liberalizzato il commercio solo quando le loro aziende erano pronte, e anche a quel punto lo hanno fatto in maniera graduale […] hanno imposto norme e limitazioni sugli investimenti stranieri [IDE= investimenti diretti esteri], quando erano loro a riceverli.
A volte le regolamentazioni sono state draconiane, come dimostrano Finlandia, Giappone, Corea e Stati Uniti (in alcuni settori).
Ci sono state economie che hanno prosperato corteggiando attivamente gli IDE, quali Singapore e Irlanda, ma anche questi paesi non hanno adottato rispetto alle multinazionali l’approccio laissez-faire che oggi i cattivi samaritani consigliano ai paesi in via di sviluppo […]
E’ ovvio che, come accade ai genitori che crescono dei figli, anche nel proteggere l’industria nascente le cose possono andare storte. Proprio come alcuni genitori iperprotettivi, i governi possono viziare troppo un’industria nascente. Ci sono figli che non vogliono prepararsi ad affrontare la vita adulta, e ci sono imprese che gettano al vento il sostegno ricevuto. Proprio come alcuni figli manipolano i genitori facendo in modo che continuino a mantenerli anche quando non sono piu’ dei ragazzini, ci sono settori che, grazie ad astute azioni di lobbying, protraggono nel tempo la protezione governativa di cui godono.

Info:
https://www.anobii.com/books/Cattivi_samaritani/9788883501166/019bcc6956602c5bbc

Capitalismo/Calenda

Carlo Calenda – Orizzonti selvaggi.Capire la paura e ritrovare il coraggio – Feltrinelli (2018)

La liberalizzazione internazionale delle merci e dei capitali avrebbe dovuto essere accompagnata all’interno delle societa’ occidentali da un ruolo attivo dello Stato nella gestione delle trasformazioni necessarie ad affrontarla e nella cura degli sconfitti.
Piu’ ci si apre all’esterno, piu’ bisogna governare il cambiamento all’interno, e questo e’ un compito che solo le istituzioni nazionali possono assolvere.
Invece e’ accaduto il contrario.
L’applicazione delle stesse ricette liberiste all’interno e all’esterno ha moltiplicato l’effetto di “spiazzamento” di ampi strati della societa’.
Per gestire le ondate di cambiamento provenienti dall’innovazione tecnologica e dalla globalizzazione abbiamo bisogno di ripensare il rapporto fra Stato e mercato e tra crescita economica e crescita sociale in seno alle nostre democrazie.
Del resto i casi di successo della globalizzazione sono stati caratterizzati da una presenza forte dello Stato nell’accompagnamento a un’apertura condizionata.
La storia dello sviluppo di Giappone, Corea, Taiwan, Cina e India sta lì a dimostrarlo.

Info:
https://formiche.net/2018/11/orizzonti-selvaggi-recensione-al-libro-carlo-calenda/
https://www.anobii.com/books/Orizzonti_selvaggi/9788807173509/01492fb65e34e746eb