Negli anni ’80, gli operai (associati al concetto politico di classe) hanno ceduto il posto agli operatori, ai piloti di installazioni o ai manovratori di automatismi.
Le qualifiche si sono eclissate dinanzi alle competenze e ai potenziali, i compiti sono stati rimpiazzati dagli incarichi, dagli obiettivi, dai progetti, i collettivi si sono disciolti nelle unita’, nelle cellule, i capi sono diventati animatori, superiori immediati, quanto ai piani di licenziamento, li si chiama ormai “piani sociali” o di “salvaguardia dell’impiego”.
La breccia fu allora aperta al dilagare di altre parole: gli open space, i teams, la lean production, lean management, il reporting, il reengineering, i brief, i debrief, il back office, il front office, la business unit, il customer service, la leadership, il key performance indicator, il burn out, senza dimenticare il coach, il management, il time to move, l’ASAP (As Soon As Possible) e molte altre.
Ecco che cosa alimenta l’amnesia: le rappresentazioni mentali precedenti, in termini di classe operaia, conflittualita’, diseguaglianza, ingiustizia e lotta si fanno lontane. S’impone l’evidenza di un’era nuova, moderna, che punta sulle qualita’ profondamente umane dei dipendenti e cosi’ riconcilia tutti, poiche’ chiunque e’ trattato in funzione di una condizione umana che tutti condividono.
Si impone l’idea di rottura: i tempi sono radicalmente cambiati, si passa dalla lotta di classe al dovere morale di ciascuno di dispiegare le sue qualita’ umane per se stesso che difende i posti di lavoro […]
Se le soluzioni cambiano con l’evoluzione della natura del lavoro e della societa’, gli obiettivi restano infatti gli stessi: si tratta di trovare i mezzi per costringere gli impiegati a lavorare secondo le norme piu’ redditizie dal punto di vista del loro datore di lavoro.
Ricordiamo con chiarezza il problema: il tempo (di lavoro) del dipendente appartiene al suo datore di lavoro, che lo acquista nel quadro del contratto di lavoro (un contratto di subordinazione, come e’ gia’ stato detto). Il dipendente ha accettato, secondo i termini di questo contratto, di spossessarsi del libero uso del proprio tempo, di lavorare in funzione di consegne e obiettivi fissati dal suo datore di lavoro.
Come rifiutare di vedere che c’e’ qui materia di un contenzioso inesauribile?
Ogni persona al lavoro ha i propri interessi sui quali deve vigilare: interessi finanziari ma anche di gestione della propria salute, il risparmiarsi, fisicamente e psichicamente, per non esaurirsi al lavoro e poter durare. Ogni persona ha anche un punto di vista sulla maniera in cui desidererebbe spendersi per fare il suo lavoro, in funzione del suo mestiere, della sua professionalita’, della sua esperienza, della sua sensibilita’, della sua personalita’, del suo rapporto con il mondo, della sua etica personale.
Ma il datore di lavoro vuole che le persone che paga, di cui ha comprato il tempo di lavoro e i saperi, lavorino in maniera omogenea e in modo da raggiungere la produttivita’ e la qualita’ che gli permettono le rendite e i profitti piu’ alti. Deve dunque trovare la forma di organizzazione del lavoro che conduca a cio’, e i discorsi per giustificarla e legittimarla.
Perche’, una volta di piu’, in democrazia e’ sconveniente che degli individui siano costretti a rinunciare al libero uso di se stessi, al loro libero arbitrio, per sottomettersi a una logica, a una volonta’ che gli e’ estranea.
Info:
https://www.mimesisedizioni.it/download/11972/d4e644dd0693/carlo-crosato-il-manifesto-10-agosto-2021-daniele-linhart-il-profitto-nellarena-del-mercato-su-la-commedia-umana-del-lavoro-di-daniele-linhart.pdf
https://www.mimesisedizioni.it/rassegna/massimiliano-panarari-il-venerdi–la-repubblica–14-maggio-2021-per-chi-lavora-tempi-nuovi-e-vecchi-copioni-su-la-commedia-umana-del-lavoro-di-daniele-linhart.pdf
https://www.iltascabile.com/societa/la-superumanizzazione-del-lavoro/
