Geoeconomia/Stiglitz

Joseph E. Stiglitz – Riscrivere l’economia europea. Leregole per il futuro dell’unione- il Saggiatore (2020)

Con l’ascesa, nel 2012, del presidente Xi Jinping e, ancor piu’ con l’eliminazione, nel 2018, del limite massimo di durata del mandato, sono cambiate due cose: si e’ infranta la speranza che la Cina diventasse rapidamente, se non una democrazia liberale, almeno un po’ piu’ liberale; seconda cosa, la Cina fino allora concentratasi soprattutto sulla crescita economica, ha cominciato ad agire in modo da riconquistare il posto che le spetta sulla scena globale, come mostra per esempio l’iniziativa della Nuova via della seta (One Belt, One Road).
Queste novita’ hanno gettato nuova luce sul drastico trasferimento di potere geopolitico in corso.
All’inizio della trasformazione economica della Cina, i suoi livelli di reddito erano talmente bassi che nessuno a occidente riusciva a immaginare che cio’ potesse tradursi in una minaccia economica o strategica. Ma le cose sono cambiate, e in alcune aree d’importanza cruciale, come l’intelligenza artificiale o la guerra informatica, la Cina e’ ormai all’avanguardia.
Il sistema cinese di capitalismo di Stato ha buone possibilita’ di assicurare nei prossimi anni all’economia del paese una crescita nettamente superiore a quella degli Stati Uniti e dell’Unione europea, e di ridurre il divario di tecnologia e conoscenza rispetto all’occidente

Info:
https://www.linkiesta.it/2020/05/nobel-stigliz-come-riscrivere-economia-europea/
http://temi.repubblica.it/micromega-online/al-capezzale-dell-europa/
https://www.ilsaggiatore.com/libro/riscrivere-leconomia-europea/

Geoeconomia/Fazi

Thomas Fazi – Sovranita’ o barbarie. Il ritorno della questione nazionale – Meltemi (2018)

Come dimostrato dai documenti dell’intelligence USA portati alla luce dal ricercatore della Georgetown University Joshua Paul, nei primi anni del dopoguerra gli Stati Uniti hanno giocato un ruolo di primo piano nella promozione dell’unificazione europea, considerata un baluardo contro l’Unione Sovietica.
Risale al 1948, infatti, la creazione del Comitato americano per l’Europa unita (ACUE), presieduto da William J. Donovan (poi tra i creatori della CIA) e Allen Dulles (poi direttore dell’agenzia di intelligence statunitense), con il compito di sostenere e indirizzare la campagna per l’integrazione politica europea in chiave anticomunista.
Le origini dell’Unione europea – rintracciabili nella creazione del Consiglio d’Europa (1949), dell’Unione europea dei pagamenti (UEP; 1950), della Comunita’ europea del carbone e dell’acciaio (CECA; 1951), della Comunita’ economica europea (CEE; 1957), della Politica agricola comune (PAC; 1962) e dell’unione doganale (1968) – vanno dunque analizzate anche, seppure non esclusivamente, in quest’ottica

Info:
https://www.retemmt.it/sovranita-o-barbarie-intervista-a-thomas-fazi/
http://www.marx21.it/index.php/internazionale/europa/29438-sovranita-o-barbarie-il-ritorno-della-questione-nazionale
http://temi.repubblica.it/micromega-online/quando-sovranismo-fa-rima-con-socialismo/

Geoeconomia/Castronovo

Valerio Castronovo – Chi vince e chi perde. I nuovi equilibri internazionali – Laterza (2020)

La vocazione egemonica tanto dell’America di Trump che della Cina di Xi Jinping, sommandosi al ritorno della Russia a un rango di potenza globale, minacciavano di marginalizzare l’Europa.
Ma sembrava, a giudicare dal fatto che non s’era compiuto alcun progresso verso il completamento dell’unione bancaria e il mercato unico dei capitali, che l’Unione Europea non avesse ancora acquisito piena consapevolezza del rischio che correva di essere relegata a un ruolo secondario.
Come se i singoli Stati della Ue non si trovassero a navigare a bordo di una stessa barca, continuavano infatti a procedere con l’occhio attento per lo piu’, se non unicamente, ai loro specifici interessi.
Una volta posta faticosamente una toppa, per non affondare, alle falle provocate dallo sconquasso finanziario del 2008, essi erano tornati in pratica alle vecchie abitudini e ai soliti rituali.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858140710

Geoeconomia/Immerwahr

Daniel Immerwahr – L’impero nascosto. Breve storia degli Stati Uniti d’America – Einaudi (2020)

Milioni di persone concorderebbero nel dire che gli Stati Uniti, almeno per alcuni versi, sono un impero.
La questione e’ stata posta innumerevoli volte. L’espropriazione dei nativi americani, molti dei quali sono stati relegati nelle riserve, e’ stata un atto imperialista piuttosto evidente. Poi, negli anni quaranta dell’Ottocento, gli Stati Uniti combatterono una guerra con il Messico e ne conquistarono un terzo del territorio. Cinquant’anni piu’ tardi, combatterono contro la Spagna e ne rivendicarono la maggior parte dei territori oltremare.
Un impero, pero’, non consiste soltanto in conquiste territoriali.
Come potremmo chiamare la subordinazione degli afroamericani? […]
Oppure, cosa dire della diffusione del potere economico degli Usa all’estero? Gli Stati Uniti non avranno conquistato fisicamente l’Europa occidentale dopo la Seconda guerra mondiale, ma cio’ non ha impedito ai francesi di lamentarsi della «cocacolonizzazione».
I detrattori si sono sentiti inondati dal commercio Usa. Oggi che gli affari del mondo si contano in dollari e ci sono McDonald’s in piu’ di cento paesi, capiamo che forse avevano ragione.
Poi ci sono gli interventi militari.
Gli anni seguiti alla Seconda guerra mondiale hanno portato i militari statunitensi in un paese dopo l’altro. Le grandi guerre sono note: Corea, Vietnam, Iraq, Afghanistan.
Ma c’è stato anche un flusso costante di scontri minori. Dal 1945, le forze armate statunitensi sono state schierate all’estero per conflitti o potenziali conflitti 211 volte in 67 paesi.
Chiamatelo mantenimento della pace, se volete, o chiamatelo imperialismo. Ma chiaramente non stiamo parlando di un paese che ha tenuto le mani a posto. […]
[Le] tecnologie allontanarono gli Stati Uniti dall’usuale modello di impero formale. Rimpiazzarono la colonizzazione con la globalizzazione.
Globalizzazione e’ una parola alla moda, ed e’ facile discuterne in termini vaghi, parlare di come tecnologie sempre piu’ sofisticate uniscano un mondo eterogeneo. Ma quelle nuove tecnologie non sono saltate fuori dal nulla. Molte furono sviluppate dai militari statunitensi in un breve periodo di tempo, durante gli anni Quaranta del Novecento, con l’obiettivo di dare agli Stati Uniti una nuova relazione con il territorio.
In modo spettacolare, e nel giro di pochi anni, l’esercito costrui’ una rete logistica mondiale sconvolgente per la sua scarsa dipendenza dalle colonie.
Fu sconvolgente anche perche’ accentro’ il commercio, i trasporti e la comunicazione mondiale in un unico paese, gli Stati Uniti.

Info:
https://www.doppiozero.com/materiali/stati-uniti-limpero-nascosto
https://www.globalist.it/dolce-vita/2020/08/07/l-impero-mascherato-da-repubblica-gli-stati-uniti-d-america-un-libro-svela-una-verita-sempre-nascosta-2062872.html
http://materialismostorico.blogspot.com/2020/03/tradotta-la-storia-degli-usa-di.html

Geoeconomia/Fagan

Pierluigi Fagan – Verso un mondo multipolare. Il gioco di tutti i giochi nell’era Trump – Fazi (2017)

Un punto che non e’ chiaro e’ se una politica keynesiana di spesa in deficit potrebbe far ripartire la macchina o se la macchina, per ragioni strutturali (demografia, innovazione tecnologica, erosione del lavoro quindi dei redditi, globalizzazione, livelli gia’ raggiunti e non ulteriormente incrementabili di ultra-consumo) e’ giunta a un plateau e li’ si fermera’, a meno di non organizzare una bella distruzione generalizzata che chiami nuova costruzione, e quindi nuova dinamica […]
Sperando vivamente che a nessuno venga davvero in mente per il bene del “capitalismo” di organizzare una distruzione creatrice, cioe’ una bella guerra mondiale, ogni Stato si agita per competere meglio e di piu’ in questa nuova, problematica, geografia della scarsa crescita.
Ma questa pressione alla competizione in un ambiente molto denso e al limite delle capacita’ di carico ambientale planetario assume le forme di una “rissa in ascensore”[…]
Si tratta della lotta per l’egemonia tra il modello anglo-americano del libero mercato, animato dall’imprenditoria e della finanza privata, e il suo storico rivale, non piu’ il mercato chiuso a conduzione statale, ma un ibrido tra il primo e il secondo.
Il modello cinese e’ di questo tipo, perlopiu’ in linea con una tendenza generale asiatica, visto che e’ piu’ o meno lo stesso di Singapore, Taiwan, e per molti versi, anche della Corea del Sud e del Giappone.
Recentemente, pare che anche la Russia si sia convertita a questo modello sviluppista e che, addirittura, Trump l’abbia riproposto come modello di politica economica per gli USA.

Info:
https://pierluigifagan.wordpress.com/verso-un-mondo-multipolare-il-libro/
http://www.marx21.it/index.php/internazionale/mondo-multipolare/28857-verso-un-mondo-multipolare-il-gioco-di-tutti-i-giochi-nellera-trump

Geoeconomia/Fagan

Pierluigi Fagan – Verso un mondo multipolare. Il gioco di tutti i giochi nell’era Trump – Fazi (2017)

Dalla fine del XIX secolo, si sono registrati tre tipi di ordine.
Il primo fu quello dell’Impero Britannico che giunse a controllare direttamente un quarto della superficie globale e un quinto della sua popolazione che complessivamente era meno di 1,5 miliardi di individui.
Dopo le due guerre mondiali, si e’ formato un ordine bipolare centrato su Stati Uniti e Unione Sovietica con una popolazione che nel 1950 superava di poco i 2,5 miliardi.
Dopo il 1989-1991, gli Stati Uniti sono rimasti l’unico polo dominante e intanto il sistema-mondo e’ esploso fino ai 6 miliardi a cavallo tra il XX e il XXI secolo. L’ordine statunitense ha quindi vissuto una breve fase monopolare, simile a quella dell’Impero Britannico.
La situazione attuale, e quella verso la quale andremo sempre piu’ incontro, si presenta come un sistema sempre piu’ esteso che si divide naturalmente in piu’ poli prefigurando un tipo di ordine nuovo – l’ordine multipolare – che alcuni temono sara’ un disordine […]
All’interno del nuovo ribollire di multipolarita’, sta emergendo un contendente credibile alla posizione di leadership solitaria degli USA: la Cina. Ma la Cina non si propone come un alter ego dell’URSS, non si propone cioe’ come un secondo polo col quale spartirsi il mondo, ne’ tantomeno come un candidato a sostituire gli USA secondo lo schema basato sul centro di gravita’ del sistema capitalistico: “il secolo britannico”, “il secolo americano”, “il secolo cinese”. […] ma piuttosto proporsi come capofila del nuovo ordine multipolare, promotore di un asse infrastrutturale che prefigurerebbe una grande innovazione geopolitica a lungo temuta da tutte le potenze insulari (UK, USA, Giappone), il “sistema euro-asiatico”.
Tre entita’ principali coprono le parti del continente eurasiatico, Europa a ovest, Russia al centro, Cina a est. Se queste forze e le loro aree satellite si saldassero in un unico sistema di scambi e relazioni multidimensionali, con il 70% della popolazione mondiale sarebbe il sistema centrale del nuovo ordine mondiale.

Info:
https://pierluigifagan.wordpress.com/verso-un-mondo-multipolare-il-libro/
http://www.marx21.it/index.php/internazionale/mondo-multipolare/28857-verso-un-mondo-multipolare-il-gioco-di-tutti-i-giochi-nellera-trump

Geoeconomia/Castagnoli

Adriana Castagnoli – Il lungo addio. La fine dell’alleanza tra Europa e Stati Uniti – Laterza (2019)

Un’Europa superpotenza economica presentava diverse insidie e poteva essere di ostacolo per gli Stati Uniti. Bruxelles, infatti, aveva continuato a sviluppare un proprio ruolo di controllore della concorrenza che finiva per colpire innanzitutto le grandi multinazionali statunitensi.
In pratica, sarebbe riaffiorata nella tecnocrazia di Bruxelles la cultura dirigistica che aveva le sue radici nelle idee di Jean-Baptiste Colbert: e cioe’ la tradizione della scuola di politica economica francese che si basava sull’intervento statale e sulla pianificazione centrale contrapposta al modello angloamericano di capitalismo di libero mercato.
Inoltre l’Europa veniva accusata di procedere come se fosse stata un regolatore economico a livello mondiale.
Per Washington la partita cruciale si giocava fra un’Europa atlantista, influenzata da Londra, e una piu’ europeista di ispirazione francotedesca, come stavano a dimostrare gli interventi di Bruxelles nei confronti delle big companies americane […]
Con la presidenza Trump sono emerse prepotentemente le perdute sintonie fra l’America e l’Europa rispetto ai cambiamenti climatici, al libero scambio, al multilateralismo e all’immigrazione.
Lo strappo piu’ profondo e’ stato compiuto con il rifiuto da parte del presidente americano di riconfermare l’impegno – fulcro delle relazioni transatlantiche dal secondo dopoguerra – alla mutua difesa in caso di aggressione di uno dei membri della NATO.
C’e’ da chiedersi, pertanto, quanto sia profonda la linea di discontinuita’ tracciata da Trump rispetto ai suoi predecessori, se si tratti unicamente di una deviazione temporanea dalla tradizionale politica estera transatlantica oppure se sia la manifestazione estrema di un isolazionismo e di un nazionalismo divisivi che allontanano sempre piu’ le due sponde dell’Atlantico.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858135204
https://www.letture.org/il-lungo-addio-la-fine-dell-alleanza-tra-europa-e-stati-uniti-adriana-castagnoli

Capitalismo/Fazi

Thomas Fazi, Guido Iodice – La battaglia contro l’Europa. Come un’elite ha preso in ostaggio un continente. E come possiamo riprendercelo – Fazi (2016)

Il movimento Occupy Wall Street, insomma, ha visto giusto: gli stessi processi che hanno portato la ricchezza a concentrarsi nelle mani dell’1 per cento piu’ ricco della societa’ sono alla base della crisi.
Un fenomeno non nuovo e che ha un precedente evidente anche nella crisi del 1929.
Cosa vuol dire cio’? Che se e’ vero che la crisi e’ stata originata dallo scoppio della bolla subprime negli Stati Uniti, le cause strutturali sono pero’ da individuare negli enormi squilibri economici causati da trent’anni di politiche neoliberiste, non certo negli eccessi del settore pubblico.
I dati mostrati fin qui dimostrano chiaramente che il problema in Europa non e’ certo il fatto che “mancano i soldi” – il PIL complessivo dell’UE e’ superiore a quello degli Stati Uniti, e l’Europa e’ da anni la regione con la maggiore quantita’ di ricchezza privata al mondo, insieme agli USA – quanto il fatto che il grosso di quella ricchezza e’ concentrato nelle mani di una frazione della popolazione.
L’Europa e’ infatti la regione con il maggiore rapporto ricchezza privata netta – PIL – al mondo in cima alla classifica dei paesi europei figura l’Italia, ed e’ la seconda regione al mondo, dopo gli USA, per numero di milionari, la maggior parte dei quali e’ concentrata in Francia, Regno Unito, Germania, Italia e Svizzera.

Info:
https://fazieditore.it/catalogo-libri/la-battaglia-contro-leuropa/
https://keynesblog.com/2016/07/08/michele-salvati-recensisce-la-battaglia-contro-leuropa-di-thomas-fazi-e-guido-iodice/

Geoeconomia/Khanna

Parag Khanna – Il secolo asiatico? – Fazi (2019)

Gli asiatici credono fermamente nel fatto che i mercati debbano essere subordinati al benessere generale della societa’, piuttosto che essere un obiettivo fine a se stesso.
A differenza dell’Occidente, le societa’ asiatiche continuano a essere favorevoli alla globalizzazione perche’ i loro governi la stanno attivamente orientando a loro favore.
Dall’India al Vietnam, i sondaggi mostrano che l’80 per cento e’ pro-globalizzazione (mentre negli Stati Uniti e in Francia sono meno del 40 per cento). Il capitalismo gode piu’ o meno dello stesso sostegno, il che e’ piuttosto ironico data la storia socialista delle principali nazioni asiatiche.
L’ostilita’ diffusa nei confronti della finanza e dell’industria hitech negli Stati Uniti e’ indicativo di una convergenza ideologica verso il punto di vista asiatico secondo cui le banche e i giganti della tecnologia non dovrebbero essere lasciati liberi di sfruttare i consumatori, ma dovrebbero essere asserviti allo Stato e ai bisogni della societa’, che si tratti di stabilita’ fiscale, creazione di posti di lavoro, riqualificazione dell’infrastruttura, formazione di competenze. […]
Gli asiatici hanno appreso negli anni Novanta a essere sospettosi nei confronti del modello di capitalismo angloamericano finanziarizzato e iperderegolamentato.
Per esempio, gli asiatici sono convinti che sia la redistribuzione fiscale a generare una crescita equa, in barba all’ortodossia capitalistica secondo cui la crescita si traduce automaticamente in redistribuzione.
Secondo il Fondo Monetario Internazionale, la riduzione della disuguaglianza richiede tasse più elevate e maggiori investimenti pubblici. Di conseguenza, molti paesi asiatici non esitano a usare le leve macroeconomiche – riduzione dei tassi di interesse, investimenti anticiclici, spesa pubblica aggressiva e tasse elevate – per promuovere una maggiore equita’ e creare posti di lavoro. Trasporti pubblici, alloggi, reti elettriche e servizi igienici efficienti sono elementi fondamentali per una buona qualita’ della vita.
Le riforme economiche non possono avvenire a scapito dell’occupazione e della coesione sociale. Il governo cinese si preoccupa del destino dei lavoratori rimpiazzati dai robot e dei profitti che arriveranno alle imprese che riducono il personale mentre aumentano la produzione, ma invece di lasciare che le suddette imprese portino i loro profitti all’estero, li tassa e acquista delle quote nelle stesse per raccogliere i frutti della loro crescita.

Info:
https://www.iltascabile.com/societa/secolo-asiatico/
http://www.mangialibri.com/libri/il-secolo-asiatico
https://www.repubblica.it/dossier/la-repubblica-delle-idee-2019/2019/06/03/news/parag_khanna-227854599/

Geoeconomia/Khanna

Parag Khanna – Il secolo asiatico?- Fazi (2019)

Il modo in cui gli asiatici vedono gli Stati Uniti: non come una potenza egemone ma come un fornitore di servizi.
Le armi, i capitali, il petrolio e la tecnologia statunitensi rappresentano dei servizi in un mercato globale.
Gli Stati Uniti sono dei venditori, e l’Asia e’ diventata al tempo stesso il loro principale cliente e concorrente.
C’e’ stato un tempo in cui gli Stati Uniti avevano praticamente il monopolio della fornitura di sicurezza, capitali ed energia, ma ora i paesi asiatici stanno iniziando sempre piu’ a fornirsi questi servizi l’un l’altro.
Gli Stati Uniti sono meno indispensabili di quanto pensino.

Info:
https://www.iltascabile.com/societa/secolo-asiatico/
http://www.mangialibri.com/libri/il-secolo-asiatico