Populismo/Armao

L’età dell’oikocrazia. Il nuovo totalitarismo globale dei clan – Fabio Armao – Meltemi (2020)


Il populismo […] non e’ un “ismo” come gli altri che abbiamo disseminato nel corso storico della modernita’: socialismo, comunismo, liberalismo, fascismo […]
E’ un’entita’ molto piu’ impalpabile […]. E’ uno stato d’animo. Un mood.
Si puo’ essere del tutto d’accordo sul fatto che non si tratti di un’ideologia e che, quindi, il populismo non possa identificare un genere specifico di sistema politico (tanto piu’ storicamente inverato). Ma non si tratta neppure soltanto di un mood.
Il populismo e’ una precisa strategia di propaganda, appunto, una tecnica di dominio che ha il vantaggio di essere accessibile a chiunque se ne voglia servire, indipendentemente dalla sua appartenenza politica e dalle sue competenze.
Il populismo, infatti:
1. fa riferimento a una comunita’ talmente indefinita (la gente comune, il popolo) da non aver neanche bisogno di essere “immaginata” e, tanto meno, scelta: e’ la mancanza di attributi e specificazioni che permette a chiunque di sentirsene parte, oltretutto senza dover preoccuparsi di esprimere opinioni o assumere comportamenti congruenti con uno specifico sistema di valori;
2. proprio per questo, chi si appella al popolo ha buon gioco a proporsi come unico vero interprete della sua volonta’, dal momento che nessuno puo’ dimostrare che non sia vero o evidenziare le contraddizioni intrinseche del suo pensiero (che, semplicemente, non esiste): in una gara tra populisti vince chi interpreta meglio (nel senso teatrale del termine) il mood […] maggiormente condiviso;
3. teorizza la superiorita’ di una comunita’ di esseri sociali limitati e illetterati, perche’ e’ soltanto attribuendo valore all’ignoranza degli altri che il leader populista puo’ far risaltare la propria […]
A differenza che nel passato, pero’, oggi la violenza si manifesta soprattutto nella forma di una guerra civile globale permanente:
– civile, perche’ si svolge in maniera sempre piu’ frequente all’interno dei territori statali, coinvolgendo, dal lato delle vittime, un numero crescente di cittadini ignari, e, dal lato dei combattenti, un variegato e arlecchinesco patchwork di attori non statali della violenza (signori della guerra, mercenari, terroristi, narcos e mafiosi);
– globale, e non mondiale, perche’ se, da un lato, non coinvolge tutte le grandi potenze nello stesso tempo e nello stesso evento, dall’altro qualunque conflitto civile riverbera a livello internazionale: sul piano politico (coinvolgendo governi o organizzazioni internazionali), economico (influendo sui valori delle materie prime o sulle speculazioni di borsa) e persino sociale (si pensi soltanto ai flussi di sfollati generati dai combattimenti);
– permanente, nel senso che si trasforma in una condizione ordinaria e quotidiana per milioni di uomini, donne e bambini nelle tante periferie del mondo (e non solo).
Ciascuno di quegli attori non statali della violenza appena evocati rivendica, in maniera piu’ o meno efficace, il titolo di esercitare sul proprio specifico territorio un potere di tipo totalitario. Al tempo stesso – corollario inevitabile – genera un vero e proprio mercato di beni e servizi illeciti.

Info:
https://www.minimaetmoralia.it/wp/libri/oikocrazia-ovvero-la-distopia-nella-realta/
https://www.lafionda.org/2020/09/13/leta-delloikocrazia-una-lettura-del-saggio-di-fabio-armao/
https://kriticaeconomica.com/letture-kritiche/se-la-distopia-sconfina-nel-reale-letture-kritiche-oikocrazia/
https://www.carmillaonline.com/2020/06/11/leta-del-totalitarismo-neoliberale-e-della-guerra-civile-globale-permanente/

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