Populismo/Serughetti

Il vento conservatore. La destra populista all’attacco della democrazia – Giorgia Serughetti – Laterza (2021)

Il nativismo e’ l’elemento cardine di quello che da alcuni anni, principalmente in Europa, viene chiamato «sovranismo», ovvero la posizione politica che rivendica autonomia per gli Stati-nazione, contro le influenze politiche, economiche e sociali di soggetti esterni.
Piu’ propriamente, il nativismo e’ caratteristico di quel populismo sovranista in cui la dialettica di popolo ed elite si salda con richiami nazionalisti.
Da una parte c’e’ il «noi» del «popolo», dall’altra il «loro»: le elite ma anche gli stranieri, gli immigrati, e chi appartiene ad altre religioni ed etnie, ovvero chiunque metta in pericolo la protezione della cultura (costumi, lingua, religione) nazionale.
L’istanza sovranista esprime una nostalgia d’ordine, che ha nella sovranita’ statuale uno dei suoi cardini. In gioco, pero’, non c’e’ solo il ruolo dello Stato, ma anche quello degli altri pilastri dell’edificio politico moderno: il popolo e l’individuo.
Il populismo sovranista unisce infatti nella medesima rivendicazione la sovranita’ «vestfaliana», cioe’ quell’idea di autonomia e uguaglianza delle nazioni che si fa risalire alla Pace di Vestfalia del 1648, la sovranita’ popolare e la sovranita’ dell’individuo su eventi e forze che ne alterano l’identita’ e ne minacciano la padronanza.

Info:
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/2022/03/SERUGHETTI_DOMANI.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/2022/03/SERUGHETTI_FATTO.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/2022/02/SERUGHETTI_CORSERABRESCIA.pdf
https://www.ingenere.it/letture/il-vento-conservatore
https://www.retisolidali.it/il-vento-conservatore-intervista-serughetti/
https://www.osservatore.ch/il-nuovo-vento-conservatore-e-la-destra-antidemocratica_66328.html

Capitalismo/Slobodian

Il capitalismo della frammentazione. Gli integralisti del mercato e il sogno di un mondo senza democrazia – Quinn Slobodian – Einaudi (2023)

La caduta del Muro di Berlino il 9 novembre 1989 inaugurò l’era della globalizzazione […]
Le visualizzazioni dominanti di questo fenomeno ci parlano di connessione: linee blu di laser che collegano le localita’ del mondo piu’ distanti, una matassa di scambi e mobilita’.
La tendenza era quella dell’interconnessione: l’Organizzazione mondiale del commercio, l’Unione Europea, e il North American Free Trade Agreement (Accordo di libero scambio nordamericano) vennero creati a pochi anni di distanza l’uno dall’altro.
Ma, a guardare piu’ attentamente, c’era anche una cronologia alternativa, contrassegnata dalla frammentazione quanto dall’unita’.
Le due Germanie si riunificarono nel 1990, ma l’Unione Sovietica si dissolse l’anno seguente. La Jugoslavia si disgrego’ proprio mentre veniva fondata l’Unione Europea. La Somalia cadde in una condizione di guerra civile, restando priva di Stato centrale per piu’ di un decennio.
Con la fine della Guerra fredda, nuove barriere rimpiazzarono le vecchie. Le merci e il denaro erano liberi di fluire, ma non le persone. Vennero eretti muri in tutto il mondo. Secondo una stima, circa 18 000 chilometri di confini terrestri al mondo vennero rafforzati con barriere […]
La globalizzazione ha forze sia centripete sia centrifughe. Ci lega gli uni agli altri mentre ci separa […]
La fine degli imperi e la fine del comunismo hanno generato una frotta di nuovi Stati-nazione sovrani.

Info:
https://left.it/2023/11/23/il-capitalismo-della-frammentazione-che-alimenta-le-derive-autoritarie/
https://www.treccani.it/magazine/atlante/cultura/il-capitalismo-della-frammentazione-di-quinn-slobodian.html
https://jacobinitalia.it/capitalismo-fuori-controllo/
https://www.linkiesta.it/2023/11/lillusione-del-cloud-country-e-il-ruolo-ineludibile-degli-stati/

Stato/Dardot

Pierre Dardot, Christian Laval – La nuova ragione del mondo. Critica della razionalità neoliberista. Nuova edizione – Derive Approdi (2019)

Le grandi ondate di privatizzazione, di deregolamentazione e abbassamento delle imposte, che si sono propagate in tutto il mondo a partire dagli anni Ottanta, hanno dato credito all’idea di un disimpegno dello Stato, se non addirittura alla fine degli Stati nazionali con la conseguente liberta’ d’azione dei capitali privati nei campi fino ad allora regolati da principi non commerciali […]
Il principale rimprovero rivolto allo Stato e’ la sua mancanza globale di efficacia e produttivita’ nel quadro dei nuovi vincoli imposti dalla globalizzazione: costa troppo caro rispetto ai vantaggi che porta alla collettivita’ e intralcia la competitivita’ dell’economia.
Dunque, si intende sottoporre l’azione pubblica ad un’analisi economica, non solo per distinguere gli agenda dai non-agenda. E l’obiettivo della linea dello «Stato efficace» o «Stato manageriale», come comincia a costituirsi a partire dagli anni Ottanta.
Sia la destra neoliberista che la sinistra moderna hanno ammesso, in pratica, che il governo non puo’ disinteressarsi della gestione della popolazione per quanto concerne la sicurezza, la salute, l’istruzione, i trasporti, gli alloggi e, naturalmente, l’occupazione.
Tanto meno adesso che la nuova norma mondiale della concorrenza impone che i dispositivi amministrativi e sociali costino meno caro e siano orientati principalmente verso le esigenze della competizione economica.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-nuova-ragione-del-mondo-di-pierre-dardot-e-christian-laval/
https://ilmanifesto.it/la-trappola-del-capitale-umano
https://www.dianoia.it/public/rcs/rcs_21_34.pdf
https://www.leparoleelecose.it/?p=13014

Stato/Balibar

Etienne Balibar – Crisi e fine dell’Europa? – Bollati Boringhieri (2016)

Prima lezione: la crisi delle finanze pubbliche non e’ un fenomeno contabile al quale si possa attribuire una grandezza assoluta, ma e’ relativa alle decisioni momentanee dei mercati finanziari, alla loro valutazione delle capacita’ degli Stati di pagare gli interessi dei debiti e al tasso di interesse richiesto sui nuovi prestiti di cui gli Stati debitori hanno bisogno per far fronte alle scadenze.
Dunque il grado di indebitamento degli Stati, il loro grado di autonomia o di sovranita’ economica fluttuano in base al modo in cui sono costantemente valutati dai mercati, allo stesso modo di societa’ quotate in borsa.
Ma chi dice «mercato» dice un sistema di scambio e di valorizzazione i cui protagonisti principali (dominanti se non onnipotenti) sono le grandi banche e i principali fondi speculativi. Questi di conseguenza sono diventati, in senso forte, dei protagonisti politici, in quanto dettano a tutta una serie di Stati e anche alle banche centrali la loro politica sociale, economica e monetaria […]
Una seconda lezione […] nel caso dei mercati finanziari la concorrenza non porta a un equilibrio tra domanda e offerta, ma al contrario a una fuga in avanti nella capitalizzazione degli attivi, il cui valore aumenta indefinitamente con l’estensione del credito… finche’ non crolla.
O il potere pubblico impone alle operazioni speculative regole di prudenza e di trasparenza, oppure il bisogno illimitato di capitali liquidi, destinati alle speculazioni piu’ redditizie a breve termine, costringe a una deregolazione sempre piu’ totale: le due cose non possono andare insieme. Anche qui ci si trova di fronte a un’alternativa politica nel campo dell’economia (prodotta dalla finanza), che si avvicina a un conflitto di sovranita’ […]
Un terza lezione [..] e’ che a lungo termine esiste una correlazione fondamentale tra il modo in cui si distribuiscono le diseguaglianze sociali tra i territori nazionali o all’interno di questi territori (diseguaglianze di reddito – salari diretti o indiretti – e dunque, date le condizioni storiche e culturali, diseguaglianze di livello e di qualita’ della vita) e le politiche attuate per aumentare la competitivita’ dal punto di vista dell’attrazione di capitali internazionali (con la pressione sul livello salariale – grazie all’immigrazione o ad accordi Stato-sindacati, o a entrambi – e la diminuzione dei prelievi fiscali, destinata inevitabilmente a minacciare le politiche di protezione sociale).
In questo quadro, gli Stati riconquistano almeno una parte della loro capacita’ di determinare politicamente le condizioni economiche della politica, che, come si e’ detto, tendono a sfuggire loro a vantaggio degli attori finanziari nel gioco del credito.
Ed e’ evidente che gli Stati si servono di questa capacita’ per privilegiare, ad esempio, la difesa di un modello di sicurezza sociale o, al contrario il recupero di un sottosviluppo storico attraverso un’industrializzazione orientata verso l’esportazione. Ma questo avviene entro due limiti piu’ o meno ridotti: da un lato, il limite che deriva dal fatto che nell’economia globalizzata un modello di sviluppo economico e sociale sostenuto dallo Stato […] non possa essere scelto a piacimento, con una semplice decisione indipendente da quello che fanno gli altri […] dall’altro, il limite che proviene dal fatto che le scelte politiche in materia di diseguaglianze sociali […] siano sopportate piu’ o meno pazientemente dai cittadini, in altri termini che si scontrino o meno con quella che un tempo veniva chiamata «lotta di classe»

Info:
https://www.illibraio.it/libri/etienne-balibar-crisi-e-fine-delleuropa-9788833928449/
https://www.lindiceonline.com/osservatorio/economia-e-politica/balibar-crisi-europa-ordoliberale/
https://www.sinistrainrete.info/politica/9646-etienne-balibar-populismo-e-contro-populismo-nello-specchio-americano.html

Europa/Balibar

Étienne Balibar – Crisi e fine dell’Europa? – Bollati Boringhieri (2016)

Oggi in Europa la crisi della legittimita’ democratica e’ dovuta al tempo stesso al fatto che gli Stati nazionali non hanno piu’ né i mezzi ne’ la volonta’ di difendere o di rinnovare il «contratto sociale» e al fatto che le istanze dell’Unione europea non hanno nessuna predisposizione a cercare le forme e i contenuti di una cittadinanza sociale superiore – salvo esservi costrette un giorno o l’altro da un’insurrezione dei popoli o da una presa di coscienza dei rischi a cui espone l’Europa la congiunzione di una dittatura dall’alto dei mercati finanziari e di un malcontento politico nutrito dal basso dalla precarizzazione delle condizioni di vita, dal disprezzo per il lavoro e dall’assenza di futuro.
Dalla descrizione di questa impasse si possono comunque trarre alcune lezioni, per quanto molto aleatorie, sui mezzi per uscirne.
Per quanto duri siano i tempi e per quanto forte sia l’amarezza per le occasioni perdute, si puo’ sperare che il pessimismo che ci viene dall’esperienza vissuta non cancelli del tutto le risorse per immaginare un futuro, risorse che possono essere rafforzate da una migliore conoscenza dei fatti.
L’introduzione di elementi democratici nelle istituzioni comunitarie costituirebbe gia’ un contrappeso alla «rivoluzione conservatrice» in corso. Ma le condizioni politiche di questa democratizzazione non possono determinarsi spontaneamente. Possono essere il frutto soltanto di una spinta simultanea dell’opinione pubblica europea verso l’inversione delle priorita’ dell’Europa, che faccia prevalere l’occupazione, l’inserimento delle giovani generazioni nella societa’, la riduzione delle diseguaglianze, la ripartizione equa del carico fiscale, sul profitto finanziario.
E questa spinta ci sara’ soltanto se i movimenti sociali e l’indignazione morale, attraverso le frontiere, si rafforzeranno al punto di ricostituire una dialettica di potere e opposizione nell’insieme della societa’ europea.
La «controdemocrazia» deve venire in soccorso della democrazia.

Info:
https://www.illibraio.it/libri/etienne-balibar-crisi-e-fine-delleuropa-9788833928449/
https://www.lindiceonline.com/osservatorio/economia-e-politica/balibar-crisi-europa-ordoliberale/
https://www.sinistrainrete.info/politica/9646-etienne-balibar-populismo-e-contro-populismo-nello-specchio-americano.html

Economia di mercato/Mazzucato

Mariana Mazzucato, Rosie Collington – Il grande imbroglio – Laterza (2023)

Per affrontare le grandi sfide di oggi, ovviamente, e’ indispensabile che i governi collaborino con le imprese private, ma se vogliono farlo in modo efficace le organizzazioni del settore pubblico devono avere la capacita’ di interpretare il contesto in cui operano, di decidere con chi e’ meglio collaborare e di gestire i contratti necessari.
Tutto cio’ e’ possibile solo se si dispone di risorse e capacita’ interne dinamiche.
Gia’ negli anni Sessanta, ai tempi del programma Apollo, il responsabile delle forniture della Nasa, Ernest Brackett, avvertiva che l’agenzia avrebbe perso la sua capacita’ intellettuale se avesse continuato a esternalizzare; sarebbe stata alla merce’ di quei fornitori «che sanno presentarsi molto bene attraverso i depliant», tanto da non essere piu’ in grado di sapere con chi lavorare o come redigere un capitolato.
Le organizzazioni del settore pubblico, in tutto il mondo, sono diventate preda delle grandi societa’ di consulenza, perdendo non soltanto le capacita’, ma anche il senso del loro scopo pubblico e della loro direzione, vittime della convinzione che il meglio che possano fare e’ aggiustare i mercati e distribuire, con scarsa trasparenza, appalti enormi per entita’ e per estensione.

Info:
https://www.officinadeisaperi.it/agora/dizionario-per-la-sinistra/governi-infantili-il-grande-imbroglio-da-il-fatto/
https://www.repubblica.it/cultura/2023/11/09/news/mariana_mazzucato_libro_grande_imbroglio-419897163/
https://www.infoimpresa.info/societa-di-consulenza-un-inganno-che-minaccia-i-governi/
https://www.cityrumors.it/politica/mazzucato-i-governi-si-sono-infantilizzati-affidando-tutto-a-societa-di-consulenza.html

Geoeconomia/Barca

Fabrizio Barca – Disuguaglianze e Conflitto, un anno dopo. Dialogo con Fulvio Lorefice – Donzelli (2023)

La chiusura dell’Unione europea a ogni azione che riduca il potere monopolistico di controllo della conoscenza […] ha assunto tratti gravi in occasione della pandemia.
Di fronte alla proposta avanzata nell’ottobre 2020 all’Omc da India e Sudafrica di attivare la clausola di sospensione dei diritti di proprieta’ intellettuale previsti dagli Accordi Trips, la posizione dell’Unione europea e della presidente della Commissione e’ di immediata opposizione. Questa viene reiterata nel maggio 2021, quando l’amministrazione Biden esprime un’improvvisa apertura.
Leggendo l’interessante ricostruzione Who Killed the Covid Vaccine Waiver? da parte di «Politico» (novembre 2022), che descrive la massiccia azione di lobbying europea delle Big Pharma, si e’ colpiti dalla forte e diffusa adesione dei vertici amministrativi e politici della Commissione all’idea che la sospensione avrebbe minacciato il contrasto della pandemia, in quanto l’assunzione di rischio da parte delle imprese farmaceutiche sarebbe il motore per arrivare ai vaccini e tale rischio ben motiva extra-profitti oligopolistici.
I dati disponibili smentiscono seccamente questa tesi e la scelta compiuta.
In base a uno studio commissionato dal Parlamento europeo […] per nove vaccini, risultano, per il periodo 2020-21, i seguenti importi delle «spese a rischio», ossia realizzate prima dell’autorizzazione dei vaccini: quelle delle imprese produttrici sono stimabili in 15-16 miliardi di euro, di cui 4-5 in Ricerca e Sviluppo e circa 11 in investimenti di produzione; quelle venute dall’esterno (in larghissima maggioranza dagli Stati) sono pari a 29 miliardi di euro, di cui 9 di contributi alle imprese (per l’80% di fonte pubblica e in larga misura dagli Usa) e 20 di spese pubbliche di pre-acquisto, che abbattono i rischi imprenditoriali (per la metà dall’Europa).
Il grosso del rischio lo hanno dunque assunto gli Stati, con i fondi pubblici di tutti noi.
Bene hanno fatto ad assumere questo rischio, ma male hanno poi fatto a non esercitare il potere di decisione e controllo che, proprio in una logica di mercato, deriva dall’avere sostenuto la maggioranza del rischio. Le decisioni e il controllo sono stati invece lasciati alla «minoranza», e cosi’ ci siamo ritrovati con vaccini acquistati dall’Ue a dieci volte (forse ora anche piu’) il loro costo per dose, e un debito pubblico sulle spalle dell’Europa che già a fine 2021 superava i 70 miliardi di euro.

Info:
https://www.forumdisuguaglianzediversita.org/in-libreria-disuguaglianze-e-conflitto-un-anno-dopo-un-dialogo-tra-fabrizio-barca-e-fulvio-lorefice/
https://www.donzelli.it/download/6436/fcf04502efaf/avvenire.pdf
https://www.donzelli.it/download/6446/282f97300b3e/la-stampa.pdf
https://www.donzelli.it/download/6437/ee21401587c1/domani.pdf
https://www.donzelli.it/download/6434/09ce7acc9da3/fatto.pdf
https://www.sintesidialettica.it/fabrizio-barca-su-guerra-e-disuguaglianze/

Economia di mercato/Fraser

Nancy Fraser – Capitalismo cannibale. Come il sistema sta divorando la democrazia, il nostro senso di comunita’ e il pianeta – Laterza (2023)

L’accumulazione e’ inconcepibile, dopo tutto, in assenza di un quadro giuridico che sostenga l’impresa privata e lo scambio di mercato. Il sistema capitalista dipende in modo cruciale dai poteri pubblici per garantire i diritti di proprieta’, per far onorare i contratti e per dirimere le controversie; per soffocare le ribellioni, per mantenere l’ordine e per tenere a freno il dissenso; per assicurare l’offerta di moneta, che costituisce la linfa vitale del capitale; per prevedere interventi che consentano di prevenire o di governare le crisi; e per codificare e far rispettare sia le gerarchie di status ufficiali, come quelle che distinguono i cittadini dagli stranieri, sia le gerarchie non ufficiali, come quelle che distinguono i lavoratori liberi e sfruttabili, che hanno il diritto di vendere la propria forza lavoro, dagli «altri» dipendenti ed espropriabili, le cui proprieta’ e le cui persone sono semplicemente soggette a confisca.
Storicamente, i poteri pubblici sono stati inquadrati per lo piu’ all’interno di Stati territoriali, in alcuni casi operanti come potenze coloniali. I sistemi giuridici di tali Stati hanno stabilito i confini di quegli spazi apparentemente depoliticizzati in cui gli operatori privati potevano perseguire i propri interessi «economici», liberi da interferenze «politiche».
Sempre gli Stati territoriali hanno mobilitato la «forza legittima» per reprimere la resistenza alle espropriazioni che hanno dato origine e sostenuto i rapporti di proprieta’ capitalistici, hanno conferito i diritti soggettivi ad alcuni negandoli ad altri e hanno nazionalizzato e garantito la moneta.
Avendo di fatto istituito l’economia capitalista, questi poteri politici hanno poi adottato una serie di misure per rafforzare la capacita’ del capitale di accumulare profitti e affrontare sfide. Hanno costruito e mantenuto infrastrutture, compensato i «fallimenti del mercato», indirizzato lo sviluppo economico, sostenuto la riproduzione sociale, mitigato le crisi economiche e gestito le relative ricadute politiche.

Info:
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_rep.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_lalettura.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_corsera.pdf
https://jacobinitalia.it/#facebook
https://jacobinitalia.it/il-capitalismo-cannibale/

Geoeconomia/Barca

Fabrizio Barca – Disuguaglianze e Conflitto, un anno dopo. Dialogo con Fulvio Lorefice – Donzelli (2023)

Federalismo sociale e centralismo nazionale […]
Il federalismo sociale mette al centro dell’unificazione europea non solo l’obiettivo «mai piu’ una guerra in Europa», ma anche il convincimento che esso richieda un processo di «identificazione» reciproca fra i molteplici popoli europei […]
A tale scopo, questo approccio valorizza la molteplicita’ etnica e di origini e il mescolamento territoriale dei molti popoli europei, che non segue i confini delle nazioni-Stato e dunque che opportunamente puo’ metterle a repentaglio. Vede nel trasferimento di ruolo e potere dai centri ai «luoghi» la strada sia per smontare autoreferenzialita’ nazionali e promuovere lo sviluppo di comunita’ di destino anziche’ di presunta origine, sia per creare spazi di deliberazione democratica in cui cittadine e cittadini europei possano far pesare la propria voce: e’ la strada democratica per assumere decisioni in condizioni di crescente complessita’ e assicurare che la transizione tecnologica accresca e non riduca la giustizia sociale e ambientale. Al tempo stesso, vede nel trasferimento di ruolo e potere dagli Stati nazionali a una Commissione europea la possibilita’ di mettere a repentaglio e mescolare, sia nel livello politico che amministrativo, punti di vista e metodi nazionali, per andare cosi’ sperimentando e costruendo un modello europeo, che non e’ l’imposizione di una «best practice», di un modello ottimale, che non esiste […] In questo contesto, scopo primario dell’Unione monetaria e’ creare il requisito di base per passare a un’unione politica […]
Il secondo approccio, il centralismo nazionale, va nella direzione opposta. Possiamo dire che muove anch’esso da un obiettivo di pace, ma si tratta di una pace da assicurare attraverso accordi fra Stati nazionali, garantiti nella loro capacita’ di competizione dal libero scambio e tutelati da cospicui armamenti – considerati anche utili per creare domanda aggregata quando c’e’ stagnazione. Il luogo centrale dell’Unione e’ il Consiglio degli Stati, mentre la Commissione e’ il luogo di costruzione preliminare del negoziato in Consiglio, e il Parlamento europeo sostanzialmente uno sfogatoio. Lasciando ad ogni paese il proprio assetto di decentramento storicamente determinato, questo approccio e’ favorevole a una forte concentrazione dei poteri statuali nazionali e ritiene che la liberta’ di cittadine e cittadini si esaurisca nel voto e nella liberta’ di spostamento in Europa, per consentire l’incontro migliore di domanda e offerta di lavoro […] In questo contesto, scopo primario dell’Unione monetaria e’ assicurare stabilita’, sia direttamente – annullando fra l’altro i margini di manovra del cambio da parte dei paesi membri – sia attraverso regole comuni da imporre, regole prima di tutto di austerità fiscale.

Info:
https://www.donzelli.it/download/6446/282f97300b3e/la-stampa.pdf
https://www.forumdisuguaglianzediversita.org/in-libreria-disuguaglianze-e-conflitto-un-anno-dopo-un-dialogo-tra-fabrizio-barca-e-fulvio-lorefice/
https://www.donzelli.it/download/6436/fcf04502efaf/avvenire.pdf
https://www.donzelli.it/download/6437/ee21401587c1/domani.pdf
https://www.donzelli.it/download/6434/09ce7acc9da3/fatto.pdf

Economia di mercato/Undiemi

Lidia Undiemi – Il ricatto dei mercati. Difendere la democrazia, l’economia reale e il lavoro dall’assalto della finanza internazionale – Ponte alle Grazie (2014)

Le varie funzioni dell’impresa multinazionale verranno svolte nelle localita’ che consentono specifici vantaggi.
La funzione finanziaria, per esempio, verra’ svolta in un Paese che propone una normativa agevolata sugli aspetti finanziari connessi agli interessi della holding; la funzione «marketing e pubblicita’» sara’ affidata a un’altra societa’ controllata in una nazione diversa; le lavorazioni del prodotto verranno delocalizzate nei paesi che dispongono della manodopera al minor costo.
Tale fenomeno ha delle implicazioni economiche enormi: una quantita’ indefinita di scambi commerciali sono realizzati nell’ambito della stessa impresa e non, come ci si aspetterebbe, fra imprese differenti, dunque concorrenti. Venditore e compratore vengono molto spesso a coincidere, rendendo di fatto lo scambio una finzione economica.
L’illusoria concorrenza sarebbe in realta’ espressione di un mercato sostanzialmente oligopolistico.
La frammentazione «legale» e il trasferimento di quote rilevanti del rischio d’impresa a societa’ prive di una vera organizzazione imprenditoriale si traduce nella deresponsabilizzazione degli investitori internazionali, i quali, grazie al sostegno della finanza creativa, riescono a cartolarizzare le diverse parti dell’impresa. Alcune societa’ diventano veri e propri bacini di debiti, di responsabilita’ e di costi che la grande impresa riversa a cascata sui lavoratori. L’ampia diffusione di societa’ controllate e partecipate si traduce dunque in un moltiplicatore di instabilita’ finanziaria […]
Il capitale internazionale persegue degli interessi che vanno molto al di la’ dello stato di salute dell’economia delle singole nazioni a cui affida qualche anello della catena di produzione e di distribuzione globale.
Tuttavia, il mantenimento di un certo livello di domanda effettiva di beni e servizi e’ cio’ che consente alla globalizzazione finanziaria di restare in piedi. Fin quando i mercati finanziari garantiranno con le loro alchimie una certa quota di reddito alle famiglie dei paesi ricchi, e quindi consumatori, il deterioramento dell’economia dei rispettivi territori verra’ efficacemente celato.

Info:
https://www.antimafiaduemila.com/libri/economia/930-il-ricatto-dei-mercati.html
https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/10/20/libri-lidia-undiemi-vi-racconto-il-ricatto-dei-mercati-e-quello-sulleuro/303203/
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-spread_intervista_a_lidia_undiemi_autrice_del_libro_profetico_il_ricatto_dei_mercati/5496_24172/