Societa’/Fazi

Una civiltà possibile. La lezione dimenticata di Federico Caffe’ – Thomas Fazi – Meltemi (2022)

“Il lavoro”, scrive Polanyi, “e’ soltanto un altro nome per un’attivita’ umana che si accompagna alla vita stessa la quale a sua volta non e’ prodotta per essere venduta ma per ragioni del tutto diverse, ne’ questo tipo di attivita’ puo’ essere distaccato dal resto della vita, essere accumulato o mobilitato. […]
Nel disporre della forza-lavoro di un uomo, il sistema disporrebbe tra l’altro dell’entita’ fisica, psicologica e morale ‘uomo’ che si collega a questa etichetta”.
Questo, prosegue Polanyi, “significa alla fin fine la conduzione della societa’ come accessoria rispetto al mercato. Non e’ piu’ l’economia ad essere inserita nei rapporti sociali, ma sono i rapporti sociali ad essere inseriti nel sistema economico”.
Subordinare il lavoro al meccanismo di mercato significa, dunque, subordinare la vita stessa degli esseri umani, l’essenza stessa della societa’, alle leggi del mercato.

Societa’/Wagenknecht

Sahra Wagenknecht – Contro la sinistra neoliberale – Fazi (2022)

“Sinistra” era un tempo sinonimo di ricerca della giustizia e della sicurezza sociale, di resistenza, di rivolta contro la classe medio-alta e di impegno a favore di coloro che non erano nati in una famiglia agiata e dovevano mantenersi con lavori duri e spesso poco stimolanti.
Essere di sinistra voleva dire perseguire l’obiettivo di proteggere queste persone dalla povertà, dall’umiliazione e dallo sfruttamento, dischiudere loro possibilita’ di formazione e di ascesa sociale, rendere loro la vita piu’ facile, piu’ organizzata e pianificabile.
Chi era di sinistra credeva nella capacita’ della politica di plasmare la societa’ all’interno di uno Stato nazionale democratico e che questo Stato potesse e dovesse correggere gli esiti del mercato […]
Questa sinistra tradizionale esiste ancora oggi. La si incontra spesso nei sindacati, soprattutto ai livelli piu’ bassi. In quasi tutti i partiti socialdemocratici, pero’, e’ gia’ in minoranza, almeno per quanto riguarda i piani alti […]
L’immaginario pubblico della sinistra sociale e’ dominato da una tipologia che definiremo da qui in avanti sinistra alla moda, in quanto chi la sostiene non pone piu’ al centro della politica di sinistra problemi sociali e politico-economici, bensi’ domande riguardanti lo stile di vita, le abitudini di consumo e i giudizi morali sul comportamento […]
Cio’ che rende i rappresentanti di questa sinistra alla moda cosi’ antipatici agli occhi di molti e soprattutto dei meno fortunati e’ la loro innata tendenza a giudicare i propri privilegi come virtu’ personali e a presentare la propria visione del mondo e il proprio stile di vita come la quintessenza della responsabilita’ e del progressismo.
E’ il compiacimento di se’ di chi si reputa moralmente superiore, cosa che accade di frequente nella sinistra alla moda, e’ la convinzione, palesata in modo troppo insistente, di essere dalla parte del bene, del giusto e della ragione. E’ la supponenza di chi guarda dall’alto in basso lo stile di vita, i bisogni e persino il linguaggio di coloro che non hanno potuto frequentare l’universita’, vivono in piccoli centri e comprano da ALDI i prodotti per la grigliata perche’ il denaro deve bastare fino a fine mese […]
La sinistra alla moda risulta poco simpatica anche perche’, pur sostenendo una societa’ aperta e tollerante, mostra di solito nei confronti di opinioni diverse dalle proprie un’incredibile intolleranza, che non ha nulla da invidiare a quella dell’estrema destra […]
Se la sinistra alla moda non ha ancora mai considerato come un problema l’assenza persistente dalle proprie manifestazioni di piu’ della meta’ della popolazione, cio’ indica che almeno per alcuni dei suoi membri l’obiettivo non e’ piu’ quello di ottenere delle ricadute sul piano sociale. Non si tratta piu’ di cambiare la societa’, ma di trovare conferma di se’, tanto che anche la partecipazione alle manifestazioni diviene un atto di realizzazione personale: ci si sente a posto con la propria coscienza a manifestare per il bene insieme a persone che la vedono nello stesso modo […]
Gli operai delle industrie, i dipendenti con reddito basso, gli autonomi piu’ poveri e i disoccupati non solo disertano le manifestazioni della sinistra alla moda, ma vengono meno ogni giorno di piu’ quali membri ed elettori dei medesimi partiti. Del resto questa e’ la causa principale del declino in tutta Europa della socialdemocrazia, il cui nucleo duro degli elettori veniva proprio da questi ceti sociali.

Info:
https://www.lafionda.org/2022/06/15/recensione-di-contro-la-sinistra-neoliberale-di-sahra-wagenknecht/
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/05/wagenknecht-lespresso.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/06/wagenknecht-domenica-il-sole-24-ore.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/07/wagenknecht-il-fatto-quotidiano.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/11/wagenknecht-lindice-dei-libri-del-mese.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/07/wagenknecht-avvenire.pdf
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-recensione_di_contro_la_sinistra_neoliberale_di_sahra_wagenknecht/39329_46608/
https://www.sinistrainrete.info/sinistra-radicale/27587-danilo-ruggieri-la-sinistra-alla-moda.html

Lavoro/Gorz

André Gorz – Il filo rosso dell’ecologia – Mimesis (2017)

Puo’ sembrare paradossale il fatto che io continui a appoggiare questa rivendicazione dopo aver auspicato la prospettiva di una societa’ al di la’ del mercato, del denaro e delle relazioni di scambio. Ma non e’ cosi’ difficile dimostrare che la rivendicazione di un reddito di esistenza implichi un attacco frontale alla legge del valore e della societa’ del lavoro e della merce.
Questa rivendicazione sottolinea il fatto che il «lavoro» e’ sempre meno necessario alla creazione della ricchezza e che tra ricchezza e valore si crea ormai uno scarto sempre piu’ profondo.
E sottolinea, inoltre, come il senso e la qualita’ della vita dipendano in misura crescente dalle ricchezze intrinseche e primarie che non possono essere prodotte ne’ acquistate sotto forma di valore/merce e non diventano disponibili che tramite un’attivita’ libera che non abbia il denaro come fine; e come il reddito di esistenza non possa di conseguenza essere in denaro ordinario e non possa essere finanziato dal gettito fiscale prelevato sul plusvalore realizzato dalle imprese.
Un’economia che produce sempre piu’ merci con sempre meno lavoro produttivo di capitale; un’economia quindi che, a causa dell’accrescimento della produttivita’, distribuisce sempre meno mezzi di pagamento anche quando la produzione aumenta, non puo’ finanziare dei trasferimenti di reddito crescenti tramite prelievi fiscali sui salari e sul plusvalore […]
La rivendicazione di un reddito di esistenza rivela, in fondo, la necessita’ di un’altra economia, la fine del feticismo della moneta e della societa’ mercantile. Annuncia l’obsolescenza di un’economia fondata sul lavoro mercantile e ci prepara al suo crollo […]
La rivendicazione attuale di un reddito di esistenza non ha di conseguenza molte cose in comune con le sue forme anteriori che richiedevano, allo Stato sociale, una redistribuzione del plusvalore prodotto. I partigiani dell’attuale richiesta di reddito di esistenza sottolineano che questa rivendicazione puo’ unire un largo ventaglio di forze sociali in una prospettiva anticapitalista:
L’attrazione e il fascino della rivendicazione di un reddito di esistenza – scrive Reiner Hartel – consistono nel fatto che essa rende possibile le alleanze che vanno dalle associazioni quasi istituzionali di protezione dell’ambiente e della natura, dai sindacati, dal movimento delle donne e dai rappresentanti delle associazioni di carita’ fino ai gruppi dell’opposizione operaia nelle imprese, ai comitati di disoccupati, ai beneficiari dell’aiuto sociale e ai gruppi di immigrati.
Questo tipo di alleanza delle forze sociali «progressiste» e’ precisamente la condizione che permette di immaginare una prospettiva politica che trascende il capitalismo.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/ecologia-politica-di-andre-gorz/
https://it.wikipedia.org/wiki/Andr%C3%A9_Gorz

 

Societa’/Tirole

Jean Tirole – Economia del bene comune – Mondadori (2017)

Una questione di fondo per l’organizzazione delle nostre societa’ e’ la gestione della scarsita’, quella dei beni e dei servizi che tutti vogliono consumare o possedere […]
Storicamente, la scarsita’ e’ stata gestita in vari modi: la fila d’attesa (nel caso di insufficienza di beni vitali come il cibo o la benzina, o per i trapianti d’organo); l’estrazione a sorte (per l’assegnazione di certificati di residenza permanente – green card – negli Stati Uniti, di posti per un concerto quando la domanda e’ superiore all’offerta); l’impostazione amministrativa di distribuzione dei beni (stabilendo delle categorie prioritarie) o di fissazione dei loro prezzi al di sotto del livello di equilibrio tra domanda e offerta di quegli stessi beni; la corruzione e il favoritismo; la violenza e le guerre; e, last but not least, il mercato, il quale, quindi, non e’ che un modello tra gli altri per gestire la scarsita’. Oggi domina il mercato, che alloca le risorse tra imprese (B2B), tra imprese e privati (commercio al dettaglio) e tra privati (tipo eBay) […]
Chi manifesta inquietudine nei confronti dell’impatto del mercato sul patto sociale accomuna spesso tre preoccupazioni.
Prima preoccupazione: il mercato rafforzerebbe l’egoismo dei suoi attori, rendendoli meno capaci di legami affettivi verso gli altri […]
Seconda preoccupazione: il mercato incoraggerebbe l’allontanamento dei cittadini dalle istituzioni tradizionali, come i loro luoghi d’origine e le loro famiglie allargate, indebolendo cosi’ i legami con la societa’ che li circonda.
Terza preoccupazione: il mercato […] permetterebbe ai cittadini di prendere in considerazione determinate transazioni che altrimenti sarebbero impensabili – vendere i loro organi o le loro prestazioni sessuali, per esempio –, ponendo cosi’ certi aspetti della sfera intima sullo stesso piano delle piu’ banali negoziazioni commerciali.

Info:
https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/economia-del-bene-comune/
https://ambientegreen.altervista.org/economia-bene-comune/
https://www.terranuova.it/News/Stili-di-vita/L-economia-del-bene-comune-speranza-e-risorsa
https://www.ilsole24ore.com/art/incentivi-bene-comune—AEhxGePB?refresh_ce=1
https://www.benecomune.net/rivista/rubriche/opere/tirole-informazione-decisione-e-bene-comune/

Stato/Ignazi

Piero Ignazi, Nadia Urbinati – Contagio e libertà – Laterza (2020)

La procedura di autocertificazione e’ stata fatta oggetto di ironia, ed e’ stata spesso accusata di segnalare la curvatura autoritaria presa dai governi democratici.
Ma e’ vero il contrario.
Quel che appare come un orpello burocratico o vessatorio e’ indicativo di un ordinamento legal-politico fondato sullo Stato di diritto; un ordinamento, cioe’, che si propone di mettere al bando interferenze arbitrarie da parte dell’autorita’, anche quando si tratta di misure restrittive per far fronte a eventi eccezionali.
La filosofia politica e’ quella propria dello Stato democratico costituzionale: rendendoci individualmente responsabili, l’autocertificazione dimostra che non siamo servi o sudditi di un potere che decide arbitrariamente senza preventivare eccezioni al governo dell’eccezione e che non deve rispondere a coloro che devono ubbidire. A servi e sudditi non si richiede alcuna autocertificazione: la ragione di cio’ e’ che ad essi non viene riconosciuta responsabilita’ politica, ne’ quindi voce pubblica […]
La societa’ fondata sul diritto non e’ una societa’ del tutto bianco o tutto nero ma una societa’ della penombra, del dissenso e della mediazione, della ricerca per tentativi ed errori della soluzione ai problemi che sono nella maggior parte dei casi associati a sensazioni di stress, di timore, di rischio.
In questa societa’ non ci sono mai problemi semplici e soluzioni semplicistiche, ma tensioni tra beni o interessi non assoluti, che spetta all’arte della politica e del diritto risolvere in maniera tale che, appunto, non venga violata la dignita’ umana ovvero che mai si sia liberi completamente dalla paura.
Come risolvere un dissenso morale tra due beni altrettanto validi per la nostra vita, per esempio quello della salute e quello della liberta’ di movimento? Come possono diversi orizzonti di significato e di valore coesistere nella societa’ senza lacerarla? Ovvero come limitare i nostri diritti in modo che tutti gli altri ne godano e in modo che l’intera societa’, non alcuni soltanto, si percepisca come libera? Quale e’ il confine tra scelte per il bene pubblico, o improntate all’esigenza di rispondere a richieste che avvantaggiano la generalita’, e scelte che rispondono alle nostre individuali gerarchie di valori e ai nostri interessi? Quale e’ il limite di intervento dello Stato nella vita dei cittadini, se si riconosce che optare per la soluzione anarco-liberista comporterebbe superare il liberalismo della paura e con esso l’idea della limitazione della liberta’?

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/democrazia-e-populismo-in-tempi-di-pandemia-intervista-a-nadia-urbinati/

 

Societa’/Wagenknecht

Sahra Wagenknecht – Contro la sinistra neoliberale – Fazi (2022)

Il passaggio dalla societa’ industriale a quella del terziario e’ stato dunque favorito da tre processi: l’automatizzazione della produzione, la globalizzazione dei processi produttivi e l’outsourcing.
Mentre il primo processo ha reso l’economia piu’ produttiva ed efficace, per quanto riguarda gli altri due non si e’ trattato di tecnologie moderne, ma di una strategia aggressiva per una nuova distribuzione dei redditi all’interno degli Stati industrializzati: a favore dei proprietari di grandi capitali finanziari e industriali, ai quali e’ arrivata la gran parte dei guadagni delle multinazionali e delle banche, e ai danni del ceto medio, in particolar modo degli operai delle industrie, che hanno dovuto fare ricorso agli uffici di collocamento o si sono reinventati in qualche professione dei servizi malpagata e priva di tutele […]
Molti operai un tempo attivi nelle industrie hanno vissuto un drammatico crollo sociale con la perdita del posto di lavoro e il passaggio all’impiego in servizi poco qualificati: tutto cio’ per cui si e’ combattuto per due secoli – sicurezza, norme collettive, contratti di lavoro standardizzati, possibilita’ di avanzamento, tutto e’ andato perso nel giro di pochi decenni.
E sulla testa di quanti sono riusciti finora a conservare il posto di lavoro nell’industria, rimanendo dunque in un settore al momento piu’ protetto e meglio pagato, pende comunque la spada di Damocle, minacciosa e sgradevole, che possa finire male anche per loro o almeno per i loro figli. Anche perche’ lavoro occasionale e contratti a termine sono entrati prepotentemente pure nelle fabbriche e i salari minimi si sono fatti strada nelle professioni classiche dell’industria.
Continue riorganizzazioni dei processi produttivi e contratti diversissimi per attivita’ pressoche’ identiche minano il senso di coesione tra le maestranze. Anche le possibilita’ di avanzamento per gli operai specializzati ma privi di formazione accademica sono ormai praticamente pari a zero.
Colpisce vedere quanto oggi siano di nuovo diffusi nella classe operaia sentimenti quali la paura, l’angoscia e il senso di vulnerabilita’.

Info:
https://www.lafionda.org/2022/06/15/recensione-di-contro-la-sinistra-neoliberale-di-sahra-wagenknecht/
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/05/wagenknecht-lespresso.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/06/wagenknecht-domenica-il-sole-24-ore.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/07/wagenknecht-il-fatto-quotidiano.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/11/wagenknecht-lindice-dei-libri-del-mese.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/07/wagenknecht-avvenire.pdf
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-recensione_di_contro_la_sinistra_neoliberale_di_sahra_wagenknecht/39329_46608/
https://www.sinistrainrete.info/sinistra-radicale/27587-danilo-ruggieri-la-sinistra-alla-moda.html

Societa’/Fraser

Nancy Fraser – Capitalismo. Una conversazione con Rahel Jaeggi – Meltemi (2019)

[La]”post-crescita” non significa che la societa’ non dovrebbe crescere, tanto meno che debba ridursi.
L’idea e’ piuttosto che la societa’ non dovrebbe essere costruita su un imperativo di crescita programmato, che opera come una cieca necessita’ o un’irresistibile “forza della natura”, che anticipa la nostra possibilita’ di decidere se crescere o meno, quando e quanto velocemente farlo, il che e’ esattamente cio’ che fa il capitalismo […]
Dovremmo anche riflettere su cosa si intende esattamente per “crescita” in questo discorso.
Esattamente, che cosa dovrebbe essere o non essere in crescita?
Nel capitalismo, cio’ che deve necessariamente crescere non e’ la ricchezza umana o il benessere ma il capitale. Questa interpretazione della crescita (che il capitale deve crescere all’infinito e senza limiti) e’ quella che dovremmo rifiutare apertamente. Ma a cio’ non necessariamente consegue che dovremmo produrre di meno, soprattutto alla luce degli enormi livelli di privazione e poverta’ nel mondo.
La vera domanda non e’ quanto si sta producendo ma cosa, come e a beneficio di chi […]
Abbiamo anche bisogno di spiegare cio’ che intendiamo per “societa’ industriale”.
Sono felice che alcune cose che uso siano prodotte industrialmente, ma non lo sono per altre. Per esempio, sono felice che gli aerei siano prodotti industrialmente. Non vorrei salire su un velivolo che qualcuno ha appena costruito nel suo garage; sono contenta che ci siano standard, regolamenti, controlli e ispezioni volti a garantirne la resistenza e la sicurezza. Il cibo, invece, e’ tutt’altra questione. Sarei felice di vedere la fine dell’allevamento industriale degli animali e della produzione di massa di colture geneticamente modificate.
Ancora una volta, dovremmo concentrarci sulla domanda qualitativa: di quali merci stiamo parlando? Com’e’ organizzata la produzione e da chi? Qualcuno ne trae profitto a spese di altri? Il lavoro e’ sicuro e gratificante o e’ umiliante e alienante? E’ organizzato democraticamente? Il surplus che ne deriva e’ a beneficio degli azionisti? Si svolge in una dimora nascosta fatta di lavoro non pagato ed espropriato? La sua fonte di energia e’ ecologica e sostenibile?

Info:
https://kriticaeconomica.com/letture-kritiche/finalmente-siamo-tornati-a-parlare-di-capitalismo-nancy-fraser/
https://www.meltemieditore.it/wp-content/uploads/fazio-jaeggi-manifesto-capitalismo-fraser.pdf
https://www.meltemieditore.it/wp-content/uploads/fazi-manifesto-capitalismo-fraser.pdf
http://www.linterferenza.info/contributi/nancy-fraser-capitalismo-conversazione-rahel-jaeggi/
https://jacobinitalia.it/il-capitalismo-si-infiltra-nelle-nostre-vite-quotidiane/

Societa’/Rodhes

Carl Rodhes – Capitalismo Woke. Come la moralita’ aziendale minaccia la democrazia – Fazi (2023)

[Si] ravvisa una connessione diretta tra l’aumento delle carcerazioni e i cambiamenti nel sistema di giustizia penale dovuti all’ordine politico ed economico neoliberista dei nostri giorni […]
Infatti, l’iperindividualismo e la disuguaglianza economica producono quelli che definiscono «effetti bulimici». Il punto e’ che l’aumento della disuguaglianza e dell’insicurezza minaccia la coesione sociale, poiche’ sempre piu’ persone vengono rese superflue per l’economia.
I poveri e i disoccupati diventano una mera «eccedenza rispetto alle necessita’» del capitalismo neoliberista.
Pertanto, la risposta del neoliberismo per fronteggiare l’aumento dei tassi di criminalita’ che ne consegue e’ stata quella di dare priorita’ alle punizioni e all’incarcerazione. A tal fine, in tutto il mondo si e’ assistito alla creazione, da parte del sistema di giustizia penale, di nuove regole per infliggere l’incarcerazione di massa.
Le persone che minacciano l’ordine politico che avvantaggia i ricchi vengono semplicemente scaricate nel sistema carcerario come dei rifiuti umani, nonche’ riciclate come manodopera carceraria a basso costo e priva di diritti sindacali: La turbolenza bulimica dell’ordine neoliberista getta le proprie vittime umane in eccesso nelle acque agitate dell’insicurezza sociale, aggravate dalla mutata risposta da parte della giustizia penale […]
Sono collusi anche i fornitori privati di attivita’ e impianti per la giustizia penale, i quali cercano di ottenere quote di mercato e di profitto, come pure i leader politici locali e regionali a caccia di investimenti e opportunita’ di lavoro all’interno della giustizia penale nelle zone gia’ devastate in prima battuta dall’espulsione neoliberista e dall’insicurezza economica e sociale.

Info:
https://www.micromega.net/capitalismo-woke/
https://maremosso.lafeltrinelli.it/interviste/capitalismo-woke-libro-carl-rhodes
https://www.centromachiavelli.com/2023/12/23/capitalismo-woke-recensione/
https://www.lafionda.org/2023/11/24/capitalismo-woke/https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/12/26/capitalismo-woke-guardiamoci-bene-dalle-cause-che-trasformano-la-moralita-in-profitto/7391473/
https://www.corriere.it/economia/opinioni/23_febbraio_27/risveglio-capitalismo-filosofia-woke-che-addormenta-utili-521a9a10-b698-11ed-9695-a3af2d07bb2a.shtml

Capitalismo/Gorz

André Gorz – Ecologia e libertà – André Gorz – Orthotes (2015)

Nei paesi industrialmente sviluppati, la causa della poverta’ non risiede nell’insufficienza della produzione ma nella modalita’ produttiva e nella natura dei prodotti.
L’eliminazione della poverta’ non richiede la produzione di un maggior volume di beni ma semplicemente che si produca altro ed in altro modo.
La persistenza della poverta’ nei paesi industrialmente sviluppati non puo’ essere attribuita alle stesse cause che comportano l’esistenza della poverta’ nei paesi cosiddetti poveri. Mentre quest’ultima puo’ essere eventualmente attribuita ad uno stato materiale di penuria che potrebbe essere eliminato dallo sviluppo (in certe condizioni) delle forze produttive, la persistenza della poverta’ nei paesi ricchi deve essere ascritta ad un sistema sociale che produce contemporaneamente un surplus di ricchezza e penuria: la poverta’ e’ prodotta e riprodotta man mano che cresce il livello dei consumi.
Per meglio comprendere il meccanismo di questa riproduzione, e’ utile distinguere tre cause della poverta’ […]
1. L’accaparramento […] e’ la causa piu’ comune della poverta’: i ricchi accaparrano a loro esclusivo vantaggio risorse che sarebbero altrimenti disponibili in quantita’ sufficienti. […]
2. Accesso esclusivo […] Si parla di accesso esclusivo quando una minoranza privilegiata si arroga il diritto di godere di risorse naturali che, a causa sia della loro scarsita’ che delle loro caratteristiche, non potrebbero essere ripartite tra tutti ne’ divenire accessibili nello stesso periodo di tempo […] L’accesso esclusivo non crea la scarsita’: quest’ultima infatti la precede. La limitazione non si oppone all’equa distribuzione: essa preserva qualcosa che, se egualmente ripartito, semplicemente scomparirebbe […]
3. Consumo distintivo. Si definiscono distintivi i consumi di beni e servizi il cui valore d’uso e’ dubbio ma che, per prezzo e rarita’, esprimono il privilegio chi puo’ goderne. I consumi distintivi non implicano necessariamente un accaparramento, ma i due fenomeni possono coesistere […] Predisporre il lancio di un nuovo oggetto – inizialmente raro e costoso soltanto in ragione della sua novita’ – affinche’, a prescindere dalla sua effettiva superiorita’, il ricco possa trovare nel suo possesso l’occasione di affermarsi in quanto ricco e di ristabilire la poverta’ del povero. E’ quello che Ivan Illich ha chiamato “modernizzazione della povertà […]
Non sara’ dunque possibile eliminare la poverta’ nei paesi industrializzati attraverso un aumento della produzione. Occorre al contrario ri-calibrare la produzione secondo i seguenti criteri: – i beni prodotti socialmente devono essere accessibili a tutti; – la loro produzione non deve dissipare risorse abbondanti in natura; – essi devono essere concepiti in modo tale che la loro diffusione generalizzata non ne distrugga il valore d’uso a causa delle controproduttivita’ che potrebbe provocare.

Info:
https://www.orthotes.com/wp-content/uploads/2020/03/gorz-avallone-manitesto-29-09-2015.pdf
https://www.orthotes.com/wp-content/uploads/2020/03/gorz-fadini-iride17-11-2016.pdf
https://www.orthotes.com/wp-content/uploads/2020/03/gorz-musolino-commonware-12-10-2015.pdf
https://www.rivistadiscienzesociali.it/andre-gorz-ecologia-e-liberta-recensione-di-giovanni-coppolino-bille/
https://materialismostorico.blogspot.com/2015/09/ripubblicato-ecologia-e-liberta-di.html
https://ilmanifesto.it/dentro-i-limiti-naturali-del-profitto

Societa’/Schiavone

Aldo Schiavone – Sinistra! Un manifesto – Aldo Schiavone – Einaudi (2023)

L’asse intorno a cui ruotava l’intero impianto del marxismo era il lavoro: il lavoro umano produttore di ricchezza materiale, venduto e acquistato come una merce, il cui valore si stabiliva sul mercato, in base alla domanda e all’offerta. Il lavoro astratto – cioe’ seriale e indeterminato, ripetibile e divisibile all’infinito – concettualizzato dagli economisti inglesi; il lavoro di fabbrica degli operai-massa moderni.
Quest’ultimo era tuttavia una merce assai particolare: perche’ era una merce che consentiva la produzione di tutte le altre. E in cio’ consisteva l’essenza della modernita’ capitalistica: produrre merci per mezzo di una merce – di un’unica merce: il lavoro operaio […]
La societa’ capitalistica si presentava infatti come un mondo capovolto: dove il capitale – che in realta’ poteva esistere solo perche’ non tutto il lavoro fornito era retribuito, ma veniva estorto in parte ai suoi produttori e utilizzato per investimenti e profitti – appariva invece come unico punto di riferimento, che subordinava a se’ tutto il resto: compresi la politica, il diritto, la morale.
Per raddrizzare le cose e rimetterle nel verso giusto non c’era altro strumento che la lotta di classe in una societa’ di classi […] fino all’instaurazione di un modo di produrre e di vivere dove tutta la ricchezza sarebbe stata nelle mani di coloro che l’avevano materialmente creata, e sarebbe stata gestita collettivamente, distribuendone a ciascuno secondo i suoi bisogni.
Sarebbe stato, quello, il modo comunista di essere eguali. Da allora in poi, dovunque, in ogni partito della sinistra, lavoro ed eguaglianza sarebbero apparsi quasi come sinonimi: il binomio dell’avvenire socialista.

Info:
https://www.genteeterritorio.it/una-sinistra-nuova-riflessioni-sul-libro-di-aldo-schiavone/
https://www.infinitimondi.eu/2023/03/08/tre-libri-recenti-3-sinistra-un-manifesto-di-aldo-schiavone-einaudi-2023-una-bolognina-trentanni-dopo-recensione-di-gianfranco-nappi/
https://www.huffingtonpost.it/blog/2023/02/14/news/schiavone_la_sinistra_il_passato_e_il_presente-11341021/
https://www.repubblica.it/cultura/2023/02/07/news/aldo_schiavone_politologo_nuovo_libro_sinistra_ordine_mondiale_progressisti-386900578/