Societa’/Wagenknecht

Sahra Wagenknecht – Contro la sinistra neoliberale – Fazi (2022)

“Sinistra” era un tempo sinonimo di ricerca della giustizia e della sicurezza sociale, di resistenza, di rivolta contro la classe medio-alta e di impegno a favore di coloro che non erano nati in una famiglia agiata e dovevano mantenersi con lavori duri e spesso poco stimolanti.
Essere di sinistra voleva dire perseguire l’obiettivo di proteggere queste persone dalla povertà, dall’umiliazione e dallo sfruttamento, dischiudere loro possibilita’ di formazione e di ascesa sociale, rendere loro la vita piu’ facile, piu’ organizzata e pianificabile.
Chi era di sinistra credeva nella capacita’ della politica di plasmare la societa’ all’interno di uno Stato nazionale democratico e che questo Stato potesse e dovesse correggere gli esiti del mercato […]
Questa sinistra tradizionale esiste ancora oggi. La si incontra spesso nei sindacati, soprattutto ai livelli piu’ bassi. In quasi tutti i partiti socialdemocratici, pero’, e’ gia’ in minoranza, almeno per quanto riguarda i piani alti […]
L’immaginario pubblico della sinistra sociale e’ dominato da una tipologia che definiremo da qui in avanti sinistra alla moda, in quanto chi la sostiene non pone piu’ al centro della politica di sinistra problemi sociali e politico-economici, bensi’ domande riguardanti lo stile di vita, le abitudini di consumo e i giudizi morali sul comportamento […]
Cio’ che rende i rappresentanti di questa sinistra alla moda cosi’ antipatici agli occhi di molti e soprattutto dei meno fortunati e’ la loro innata tendenza a giudicare i propri privilegi come virtu’ personali e a presentare la propria visione del mondo e il proprio stile di vita come la quintessenza della responsabilita’ e del progressismo.
E’ il compiacimento di se’ di chi si reputa moralmente superiore, cosa che accade di frequente nella sinistra alla moda, e’ la convinzione, palesata in modo troppo insistente, di essere dalla parte del bene, del giusto e della ragione. E’ la supponenza di chi guarda dall’alto in basso lo stile di vita, i bisogni e persino il linguaggio di coloro che non hanno potuto frequentare l’universita’, vivono in piccoli centri e comprano da ALDI i prodotti per la grigliata perche’ il denaro deve bastare fino a fine mese […]
La sinistra alla moda risulta poco simpatica anche perche’, pur sostenendo una societa’ aperta e tollerante, mostra di solito nei confronti di opinioni diverse dalle proprie un’incredibile intolleranza, che non ha nulla da invidiare a quella dell’estrema destra […]
Se la sinistra alla moda non ha ancora mai considerato come un problema l’assenza persistente dalle proprie manifestazioni di piu’ della meta’ della popolazione, cio’ indica che almeno per alcuni dei suoi membri l’obiettivo non e’ piu’ quello di ottenere delle ricadute sul piano sociale. Non si tratta piu’ di cambiare la societa’, ma di trovare conferma di se’, tanto che anche la partecipazione alle manifestazioni diviene un atto di realizzazione personale: ci si sente a posto con la propria coscienza a manifestare per il bene insieme a persone che la vedono nello stesso modo […]
Gli operai delle industrie, i dipendenti con reddito basso, gli autonomi piu’ poveri e i disoccupati non solo disertano le manifestazioni della sinistra alla moda, ma vengono meno ogni giorno di piu’ quali membri ed elettori dei medesimi partiti. Del resto questa e’ la causa principale del declino in tutta Europa della socialdemocrazia, il cui nucleo duro degli elettori veniva proprio da questi ceti sociali.

Info:
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Societa’/Wagenknecht

Sahra Wagenknecht – Contro la sinistra neoliberale – Fazi (2022)

Il passaggio dalla societa’ industriale a quella del terziario e’ stato dunque favorito da tre processi: l’automatizzazione della produzione, la globalizzazione dei processi produttivi e l’outsourcing.
Mentre il primo processo ha reso l’economia piu’ produttiva ed efficace, per quanto riguarda gli altri due non si e’ trattato di tecnologie moderne, ma di una strategia aggressiva per una nuova distribuzione dei redditi all’interno degli Stati industrializzati: a favore dei proprietari di grandi capitali finanziari e industriali, ai quali e’ arrivata la gran parte dei guadagni delle multinazionali e delle banche, e ai danni del ceto medio, in particolar modo degli operai delle industrie, che hanno dovuto fare ricorso agli uffici di collocamento o si sono reinventati in qualche professione dei servizi malpagata e priva di tutele […]
Molti operai un tempo attivi nelle industrie hanno vissuto un drammatico crollo sociale con la perdita del posto di lavoro e il passaggio all’impiego in servizi poco qualificati: tutto cio’ per cui si e’ combattuto per due secoli – sicurezza, norme collettive, contratti di lavoro standardizzati, possibilita’ di avanzamento, tutto e’ andato perso nel giro di pochi decenni.
E sulla testa di quanti sono riusciti finora a conservare il posto di lavoro nell’industria, rimanendo dunque in un settore al momento piu’ protetto e meglio pagato, pende comunque la spada di Damocle, minacciosa e sgradevole, che possa finire male anche per loro o almeno per i loro figli. Anche perche’ lavoro occasionale e contratti a termine sono entrati prepotentemente pure nelle fabbriche e i salari minimi si sono fatti strada nelle professioni classiche dell’industria.
Continue riorganizzazioni dei processi produttivi e contratti diversissimi per attivita’ pressoche’ identiche minano il senso di coesione tra le maestranze. Anche le possibilita’ di avanzamento per gli operai specializzati ma privi di formazione accademica sono ormai praticamente pari a zero.
Colpisce vedere quanto oggi siano di nuovo diffusi nella classe operaia sentimenti quali la paura, l’angoscia e il senso di vulnerabilita’.

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Capitalismo/Wagenknecht

Sahra Wagenknecht – Contro la sinistra neoliberale – Fazi (2022)

Le statistiche su redditi e patrimoni degli ultimi decenni: in tutti i paesi occidentali il rapporto tra reddito da capitale e da lavoro si e’ spostato nettamente a favore del primo, ossia al posto di salari e stipendi sono saliti i dividendi, le ripartizioni tra gli azionisti delle S.p.a. e gli interessi, e nel XXI secolo soprattutto le ultime due voci.
Dietro a questo spostamento si cela un disequilibrio crescente, in quanto la gran parte del reddito da capitale fluisce nelle tasche delle famiglie piu’ ricche.
Un maggior peso del reddito da capitale significa anche che la societa’ si allontana sempre di piu’ dal mondo delle prestazioni, in quanto il reddito da capitale e’ un reddito senza prestazioni, che fluisce nelle tasche dei piu’ fortunati soltanto in nome del loro patrimonio.
La globalizzazione ha portato alla crescita enorme della ricchezza delle classi superiori e delle elite economiche. Ha contribuito inoltre alla nascita di un ceto medio importante e a un rilancio economico senza precedenti in Cina e in altri paesi dell’Asia orientale.
Per la maggioranza della popolazione dei paesi occidentali e in modo particolare per la classe operaia ha comportato invece perlopiu’ degli svantaggi.

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Capitalismo/Wagenknecht

Sahra Wagenknecht – Contro la sinistra neoliberale – Fazi (2022)

Con il coronavirus Jeff Bezos, il capo di Amazon, ha fatto bingo: solamente nel secondo trimestre del 2020 il fatturato della sua azienda e’ schizzato verso l’alto, guadagnando quasi il 40% in piu’ rispetto all’anno precedente, per un incasso stimabile attorno a 90 miliardi di dollari.
Il negozio digitale piu’ grande del mondo e’ riuscito addirittura a raddoppiare l’incasso. Da quando in molti paesi la chiusura del commercio locale al dettaglio ha riversato sulla sua piattaforma la maggior parte degli acquisti per Natale (una fetta estremamente redditizia delle transazioni), quel processo non si e’ piu’ fermato. Il sito non aveva ancora mai visto una crescita simile di profitti e di potere come quella avvenuta nel 2020. Bezos stesso si e’ arricchito di parecchi miliardi di dollari dall’inizio della crisi.
Una cosa analoga e’ capitata anche ai proprietari di Google, Apple, Facebook e Microsoft, le altre quattro megaaziende digitali della Silicon Valley. I profitti spuntano da tutte le parti e aumentano le riserve finanziarie che si possono utilizzare per progetti di espansione e per acquisizioni di altre aziende.
Le cause sono sotto gli occhi di tutti: non c’e’ lavoro da casa senza videoconferenza, didattica a distanza senza programmi adatti. Zoom, Microsoft Teams o Google Classroom rendono possibile tutto cio’. Se non si e’ potuta fare la vacanza tanto agognata o magari e’ subentrata la disoccupazione parziale, e’ rimasto comunque piu’ tempo per scaricarsi dei film da Netflix o da Amazon Prime, per vedersi dei video su YouTube o per scorrere le notifiche dell’account su Facebook. Secondo un rapporto della Bank of America, solamente nel periodo tra marzo e l’estate del 2020 la quantita’ di dati digitali e’ cresciuta quasi del 50%.

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Lavoro/Wagenknecht

Sahra Wagenknecht – Contro la sinistra neoliberale – Fazi (2022)

L’automatizzazione e la razionalizzazione dei processi produttivi hanno contribuito al massimo per un quarto alla perdita di posti di lavoro nelle industrie delle economie occidentali.
La scomparsa di tutti gli altri posti di lavoro e’ invece dipesa da decisioni politiche e cambi di rotta che avrebbero potuto essere evitati.
Nella deindustrializzazione del mondo occidentale ha svolto un ruolo determinante la globalizzazione, ovvero l’internazionalizzazione delle catene produttive.
Le imprese che avevano finora mantenuto la produzione nei paesi industrializzati hanno spostato parte delle loro attivita’ nei paesi piu’ poveri, in particolare in Cina e nell’Asia orientale, oppure hanno cominciato a farsi consegnare componenti dei loro prodotti direttamente dall’estero. In questo modo il lavoro piu’ oneroso degli operai occidentali e’ stato sostituito da quello a buon mercato di lavoratori privi di tutele giuridiche […]
Ulteriori risparmi sui costi attraverso la globalizzazione sono derivati dal fatto che all’estero spesso non vengono rispettati gli standard sociali e ambientali ne’ altre prescrizioni giuridiche che valgono invece nei paesi occidentali e hanno reso la produzione piu’ costosa.
L’internazionalizzazione della produzione ha cosi’ offerto alle multinazionali anche un nuovo modo per evitare le tasse.
Non c’e’ da sorprendersi se le imprese che mirano soltanto a ricavare denaro dal denaro sfruttino avidamente le occasioni offerte dalla globalizzazione […]
A cambiare veramente il corso delle cose e’ stata non tanto la tecnologia, quanto la politica. Sono stati i politici a rinunciare al controllo sui capitali e ad aprire la strada a investimenti diretti internazionali. Sono stati i politici a smettere di compensare le differenze nei costi di produzione attraverso dazi doganali e anche solo a contenere il dumping tributario. Sono stati i politici a promuovere accordi per la difesa degli investimenti e la protezione a livello globale dei diritti delle marche, dei brevetti e degli autori per garantire un contesto giuridico il piu’ possibile vantaggioso per gli investimenti esteri delle multinazionali.
Questo e’ avvenuto perche’ le imprese e le lobby hanno fatto valere tutto il loro peso, denaro e potere economico per pilotare queste decisioni. La politica però non si sarebbe dovuta immischiare.

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Economia di mercato/Wagenknecht

Sahra Wagenknecht – Contro la sinistra neoliberale – Sahra Wagenknecht – Fazi (2022)

Lo strapotere del settore finanziario deriva dal fatto che da decenni debiti e patrimoni crescono molto piu’ in fretta dell’economia reale.
La crisi pandemica del coronavirus ha acuito ancor di piu’ questa stortura e trasformato in uno tsunami la crescita globale dei debiti, situazione resa possibile dalla politica monetaria delle banche centrali.
Un’economia produttiva e una meritocrazia genuina richiedono un ordinamento diverso del sistema finanziario. Mentre infuriava la pandemia, l’indebitamento crescente aveva motivi di tipo economico: i lockdown ripetuti, le catene di approvvigionamento fragili e le opportunita’ di vendita stroncate hanno messo in difficolta’ molte imprese.
Dato che pero’ queste continuavano ad avere i loro costi, dipendevano da una linea di credito piu’ alta.
La stessa cosa succedeva a molte famiglie, che improvvisamente si trovarono con introiti ridotti ma pur sempre con gli affitti da pagare.
Gli Stati si sono indebitati con cifre da record, per contrapporsi al crollo dell’economia. Nel loro caso si puo’ criticare l’utilizzo sbagliato di tanti soldi, ma era sicuramente giusto il fatto che approntassero pacchetti d’aiuto per salvare dalla crisi la sostanza delle preziose economie nazionali […]
Dunque, la politica che veniva perseguita dalle banche centrali quale misura anticrisi in una situazione economica eccezionale era giustificata.
Il problema sta altrove, e precisamente nel fatto che, almeno a partire dall’ultima grande crisi finanziaria del 2009, ci troviamo praticamente in una condizione di crisi senza soluzione di continuita’; nemmeno le misure attuate dalla BCE nella crisi dovuta al coronavirus sono state un’eccezione, bensi’ un prolungamento e una estensione di cio’ che fanno da molti anni le autorita’ monetarie di Francoforte.
La rapidita’ della crescita senza precedenti di debiti e patrimoni, che porta a rafforzare sempre piu’ un settore finanziario, non e’ un fenomeno nuovo.

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Capitalismo/Wagenknecht

Sahra Wagenknecht – Contro la sinistra neoliberale – Fazi (2022)

L’entrata a gamba tesa contro i provider cinesi viene motivata solitamente col fatto che lo Stato cinese, tramite l’accesso alla nostra sfera privata, arriverebbe a incidere sulla nostra economia e in ultima analisi perfino sull’ambito politico. Non fa una piega.
Ugualmente, pero’, la stessa identica motivazione si puo’ addurre se non vogliamo lasciare il controllo della nostra economia e della nostra comunicazione digitale nelle mani delle multinazionali digitali statunitensi, sulla cui stretta cooperazione con lo Stato americano e i suoi servizi segreti non esiste sicuramente piu’ alcun dubbio almeno dal 2013, quando l’insider Edward Snowden rese di dominio pubblico tutto cio’ che sapeva[…]
Del resto, anche gli americani che ficcano il naso nei dati non sono geni che lavorano da soli in un garage, come amiamo sentirci dire, ma al pari dei provider cinesi devono la loro esistenza a sovvenzioni statali miliardarie.
Il Pentagono aveva intuito per tempo l’importanza militare e geostrategica delle tecnologie digitali e quindi vi aveva investito molti soldi. Anche i servizi segreti vi avevano fiutato, gia’ negli anni Novanta, una nuova miniera d’oro per le informazioni che valeva assolutamente la pena sfruttare […]
Ovviamente, da quell’epoca i cinque piu’ grandi gruppi del settore digitale si sono emancipati dai foraggiamenti statali. Ma cio’ di cui hanno bisogno come l’aria e’ che il sistema politico tolleri il loro modello di business, che nel suo accesso disinvolto alla sfera privata dei cittadini va contro le piu’ elementari liberta’ fondamentali e contraddice chiaramente anche la Costituzione statunitense. Facendo partecipare lo Stato americano con i suoi servizi a cio’ che vengono a sapere attraverso le attivita’ di sorveglianza, si comprano il benestare dei politici, svincolandosi al contempo da qualsiasi regolamentazione giuridica […]
Da quando fu varato il Cloud Act, nel marzo del 2018, le autorita’ statunitensi che sono interessate a tutti i dati su persone e imprese, sia nel territorio nazionale sia all’estero, possono pretenderne dai fornitori di cloud americani la pubblicazione anche in maniera del tutto ufficiale. I diretti interessati non ne sanno nulla.
Dunque non dovrebbe preoccuparci il fatto che i dati su tutti i dettagli della nostra vita privata e della nostra economia sono su server di aziende private, anziche’ nei dossier di uno Stato totalitario. Basta soltanto il fatto che siano raccolti e archiviati a spalancare tutte le porte a un loro uso deviato e distorto […]
Gli orologi da fitness, ad esempio, potrebbero funzionare per noi esattamente con lo stesso valore d’uso se fossero acquistati insieme a un software da installare su un apparecchio di nostra scelta capace di analizzare i dati dell’orologio senza collegarsi a internet. Purtroppo non esiste nulla del genere, in quanto non tornerebbe utile per chi vuole ficcare il naso nei dati. E guardarci dentro non interessa soltanto a chi vende quell’apparecchio, ma come sempre anche a Google, Apple o Microsoft, che con la massima naturalezza accedono a tutti i dati e archiviano tutto ciò che gira sui loro sistemi operativi.
Ogni passo ulteriore della digitalizzazione, dunque, nelle attuali condizioni ci rende un po’ piu’ trasparenti, finche’ prima o poi perderemo l’ultimo angolino della nostra privacy e intimita’.

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Societa’/Wagenknecht

Sahra Wagenknecht – Contro la sinistra neoliberale – Fazi (2022)

Nell’epoca attuale, a vincere sono soprattutto i proprietari di grandi patrimoni finanziari e aziendali.
La loro ricchezza e il loro potere economico e sociale sono cresciuti moltissimo, negli ultimi decenni.
Tra i vincitori, pero’, c’e’ anche il nuovo ceto medio dei laureati delle grandi citta’, l’ambiente in cui il liberalismo di sinistra e’ di casa.
L’ascesa sociale e culturale di questa borghesia e’ riconducibile agli stessi cambiamenti politici ed economici che hanno reso la vita difficile agli operai dell’industria e agli impiegati nel settore dei servizi, ma anche a molti artigiani e piccoli imprenditori.
Chi pero’ si trova sul carro dei vincitori ha un’altra visione delle regole del gioco, ovviamente diversa da quella di chi ha pescato la carta perdente.
Mentre le differenze di reddito, di prospettive e di mentalita’ aumentavano sempre piu’, cresceva allo stesso tempo anche la distanza fisica. Se mezzo secolo fa i cittadini abbienti e quelli meno privilegiati condividevano spesso gli stessi quartieri e a scuola i loro figli erano compagni di banco, l’esplosione dei prezzi degli immobili e l’aumento degli affitti ha fatto si’ che benestanti e meno abbienti oggi vivano in quartieri distinti. Di conseguenza sono diminuiti i contatti, le amicizie, le convivenze o i matrimoni che vadano oltre il proprio ambiente sociale […]
E’ in questo aspetto che vanno individuate le cause piu’ importanti della distruzione della coesione sociale e della sempre crescente ostilita’. Due persone che vengono da diversi ambienti sociali hanno sempre meno cose da dirsi proprio perche’ vivono in mondi differenti […]
Quarant’anni di liberismo economico, di smantellamento dello Stato sociale e di globalizzazione hanno spaccato a tal punto le societa’ occidentali che la vita reale di molti si muove ormai soltanto nella bolla in cui e’ situata la propria classe.

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Economia di mercato/Wagenknecht

Sahra Wagenknecht – Contro la sinistra neoliberale – Fazi (2022)

Ancora negli anni Settanta agli agricoltori andava quasi la meta’ di quanto pagava il cliente per fettine o salsicce vendute nel supermercato.
Chi nel 1972 spendeva 10 marchi per le cotolette, ne faceva guadagnare mediamente 4,80 agli allevatori, mentre dei 10 euro di oggi al contadino ne arrivano soltanto 2,20.
Se passiamo a considerare altri prodotti agricoli, come patate, zucchero o cereali, lo slittamento e’ ancora piu’ accentuato: per 10 euro di pane spesi dall’acquirente in negozio, il contadino che ha seminato, concimato e raccolto il grano riceve 40 miserevoli centesimi, mentre all’inizio degli anni Settanta arrivava ancora quasi a 2 euro.
Mettendo idealmente assieme tutti i prodotti agricoli, dalla meta’ circa degli anni Settanta la quota riservata al contadino rispetto al prezzo pieno al dettaglio e’ calata ad appena il 20% odierno […]
Con cio’, ovviamente, sono calate anche le possibilita’ che i contadini hanno di praticare un’agricoltura che non punti unicamente sulla massimizzazione degli utili con il minimo dispendio possibile. Il risultato e’ la tendenza a realizzare impianti agricoli sempre piu’ grandi e in grado di lavorare a ritmi industriali.
A questo si accompagna la morte silenziosa delle fattorie che non riescono a resistere in questa lotta dei prezzi o i cui proprietari non intendono parteciparvi con le loro bestie.
Soltanto dal 2005, in Germania ha chiuso un terzo delle aziende agricole, mentre imprese come il gia’ citato Tonnies e compagnia bella, ma anche i titolari delle grandi filiere di prodotti alimentari, sono diventati miliardari. Dunque il problema non sta nel prezzo finale, ma nel sapere a chi va e quanto di tale prezzo.

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Economia di mercato/Wagenknecht

Sahra Wagenknecht – Contro la sinistra neoliberale – Fazi (2022)

La globalizzazione degli ultimi decenni non e’ stata un motore per incrementare il benessere, bensi’ la disuguaglianza.
Ha rafforzato il potere delle multinazionali globali in modo da lasciare ai piccoli fornitori locali sempre le carte peggiori e da rendere quasi impossibile un’organizzazione democratica della nostra societa’.
Ha incrementato la ricchezza di una minoranza di individui nei paesi industrializzati, lasciando ai lavoratori con titoli di studio intermedio e al classico ceto medio una massa di svantaggi, sotto forma di posti di lavoro distrutti, condizioni di concorrenza peggiorate e calo dei redditi, che superano di gran lunga il vantaggio del calo dei prezzi per i beni di consumo di massa.
Ma la globalizzazione non guasta soltanto il nostro benessere e la nostra democrazia: si rivela disastrosa anche per motivi legati all’ecologia.
Le reti di creazione del valore ramificate in tutto il mondo, che spesso permettono di trasportare su e giu’ per il pianeta per decine di migliaia di chilometri dei beni durante il loro processo di produzione, si reggono soltanto perche’ in questo modo vengono aggirati gli standard normativi e si risparmia sui costi del lavoro.
Ma se si considerano questi tragitti infiniti sotto l’aspetto della sostenibilita’ ambientale, si rivelano uno spreco di risorse e la fonte dell’emissione di quantita’ colossali di gas a effetto serra, a cui potremmo rinunciare senza alcuna difficolta’. Il diesel che serve a far marciare le enormi navi container sulle rotte che costituiscono l’arteria vitale della globalizzazione e’ forse il combustibile fossile che inquina di piu’ tra tutti quelli attualmente in uso. Per questo una deglobalizzazione e una ri-regionalizzazione della nostra economia sarebbe un passo giusto e assolutamente necessario per migliorare il clima e l’ambiente.

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