Lavoro/Balzano

Il salario minimo non vi salverà – Savino Balzano – Fazi 2024

Ormai ossessivamente si sente ripetere un dato: l’Italia e’ l’unico paese europeo a registrare una contrazione dei propri salari reali nel trentennio 1990-2020.
Il dato e’ stato rilevato dall’OCSE e cio’ che emerge e’ piuttosto inquietante: il nostro paese registra una contrazione dei salari reali del 2,9%, in totale controtendenza rispetto ad altre realta’ nazionali.
I paesi con maggiore crescita salariale sono quelli dell’ex blocco sovietico (la Lituania registra un incremento del 276,30%, l’Estonia del 237,20%, la Polonia del 96,50%, solo per fare alcuni esempi). Anche i paesi scandinavi tracciano trend positivi (la Svezia consegue un incremento del 63% e la Danimarca del 38,70%). Non solo realta’ distanti dalla nostra riescono a distinguersi: la Germania incrementa il potere d’acquisto dei salari del 33,70%, la Francia del 31,10%, la Grecia del 30,50% e la Spagna del 6,20%
Nel gennaio 2022, il Ministero del Lavoro ha presentato un documento sul lavoro povero nel paese intitolato “Relazione del gruppo di lavoro sugli interventi e le misure di contrasto alla poverta’ lavorativa in Italia” (ultimata nel novembre 2021). Secondo il rapporto, nel 2019 l’11,8% dei lavoratori italiani era in condizioni di poverta’ (si consideri che la media europea era del 9,2%). Il 25% dei lavoratori, stando ai dati, percepiva un salario al di sotto della soglia minima utile a evitare la categoria del lavoro povero […]
Nel luglio dello stesso anno, l’ISTAT ha pubblicato il suo rapporto annuale con esiti a dir poco sconcertanti: circa 4 milioni i dipendenti del settore privato con una retribuzione annua lorda inferiore ai dodicimila euro annui. Inoltre, 1,3 milioni di lavoratori italiani percepivano una retribuzione oraria inferiore a 8,41 euro lordi l’ora. Un milione di lavoratori, poi, aveva diritto a una retribuzione povera sia su base annuale che oraria. In definitiva, un terzo circa dei lavoratori italiani era a bassa retribuzione, povero.

Info:
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2024/02/balzano-la-verita.pdf?
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2024/05/balzano-il-giornale.pdf?

https://www.ildiariodellavoro.it/il-salario-minimo-non-vi-salvera-di-savino-balzano-fazi-editore/

Lavoro/Scheidler

La fine della megamacchina. Sulle tracce di una civiltà al collasso – Scheidler Fabian – Castelvecchi (2024)


Tendiamo a pensare al “lavoro” come a qualcosa di antico quanto l’umanita’.
Non si e’sempre dovuto “lavorare” per guadagnarsi da vivere? Indubbiamente, le persone hanno dovuto fare qualcosa per mantenersi in vita, ma per la maggior parte della storia dell’umanita’ non lo hanno inteso come “lavoro” […]
Nelle comunita’ non soggette alla schiavitu’ o al mercato, la vita e’ caratterizzata da attivita’: riparare la struttura di un tetto, lavare i panni, procedere al raccolto, allattare i bambini, costruire utensili, tessere, preparare un giorno di festa e cosi’ via.
Da un punto di vista odierno chiameremmo alcune di queste attivita’ “lavoro”, altre “lavori domestici” o “lavori di cura” e altre ancora “attivita’ del tempo libero”.
Ma questa divisione e’ un’invenzione della modernita’. Dal punto di vista di una comunita’ autosufficiente che si autodetermina, queste categorie sono prive di senso: tutte queste attivita’ servono allo stesso modo a fornire il necessario per la vita.
Con la forzata integrazione di queste comunita’ nella Grande Macchina la situazione cambio’ radicalmente.
Si trattava ora di assoggettare l’energia e le capacita’ delle persone per scopi che esulavano dalla loro motivazione e dalla vita comunitaria.
Il risultato di questo assoggettamento e’ cio’ che chiamiamo “lavoro”.
Storicamente questo ha assunto due forme: nella periferia del sistema mondiale, la schiavitu’ e il lavoro forzato sono stati per secoli la forma di lavoro dominante; nei centri invece ha prevalso il lavoro salariato.
Entrambe le forme di lavoro mirano a rendere il lavoratore una parte a disposizione della Grande Macchina; entrambe comportano un’enorme violenza, ma in modi molto diversi. Mentre nella schiavitu’ e nel lavoro forzato domina la cruda violenza fisica, il lavoro salariato si e’ sviluppato nel corso dei secoli in un sistema di disciplinamento sempre piu’ raffinato che si traduce, in ultima analisi, nella partecipazione dei lavoratori al loro stesso assoggettamento.

Info:
https://www.goethe.de/ins/it/it/sta/rom/ver.cfm?event_id=26236804
https://www.rivoluzioneanarchica.it/fine-della-megamacchina-un-libro-di-fabian-scheidler/

https://www.officinadeisaperi.it/agora/il-senso-delle-parole/cosi-la-megamacchina-neoliberista-sta-distruggendo-il-nostro-mondo-da-il-fatto/
https://www.ilfattoquotidiano.it/fq-newsletter/fatto-for-future-del-26-marzo-2024/

Economia di mercato/Scheidler

La fine della megamacchina. Sulle tracce di una civiltà al collasso – Scheidler Fabian – Castelvecchi (2024)


Per rimettere in moto la macchina del denaro e ripristinare il potere sociale minacciato, i detentori di capitale si sono avvalsi di una serie di strategie tipiche delle fasi di contrazione economica: in primo luogo, si impegnarono a fondo per ridurre i costi dei fattori produttivi, ossia i salari, le tasse e i costi delle risorse.
Per spingere al ribasso i salari e le tasse, esistevano anche in questo caso diversi modi: lotta ai sindacati, ai salari minimi legali e agli standard lavorativi; delocalizzazione della produzione verso Paesi con manodopera a basso costo; finanziamento di campagne per la riduzione delle imposte sulle imprese; trasferimento delle sedi aziendali in paradisi fiscali, ecc. […]
La seconda reazione, anch’essa tipica delle fasi di contrazione, fu un’espansione delle attività speculative […]
Si dice spesso che la speculazione e’ sostanzialmente un gioco a somma zero per quanto riguarda la totalita’ degli speculatori; ma nella pratica le cose vanno diversamente. Infatti, mentre i profitti confluiscono nelle mani dei privati durante la fase di espansione di una bolla speculativa, non appena questa scoppia, le casse pubbliche sono solitamente pronte a compensare gran parte delle perdite e a scaricarle sulla societa’ in generale.
Un esempio tipico e’ la grande crisi bancaria e immobiliare degli Stati Uniti del 1982, nota come “Savings and Loan Crisis”: dopo lo scoppio della bolla, il settore pubblico si e’ assunto la responsabilita’ dei costi per ben 124 miliardi di dollari, mentre le societa’ private hanno dovuto coprire perdite per soli 29 miliardi. Questo schema si e’ ripetuto dall’inizio degli anni Ottanta nelle innumerevoli crisi bancarie e finanziarie, fino alla crisi finanziaria globale del 2008 e alla successiva “crisi dell’euro”. Per rendere la speculazione redditizia in modo duraturo, pertanto, non solo è necessario abolire le norme ostruzionistiche, ma anche garantire che le perdite speculative non siano sostenute dagli stessi speculatori. Sebbene questo principio sia incompatibile con l’ideologia neoliberista, esso ha ricoperto fin dall’inizio un ruolo cruciale nella pratica”

Capitalismo/Streeck

Globalismo e democrazia – Wolfgang Streeck – Feltrinelli (2024)


L’obiettivo della rivoluzione neoliberale degli anni settanta era il superamento della crisi di stagnazione del capitalismo, in conseguenza anche delle maggiori richieste di una classe operaia piu’ consapevole di se’, sostenuta nelle sue istanze dalla politica di piena occupazione degli stati.
Il calo dei profitti nei paesi trainanti del capitalismo fu accompagnato da un aumento dell’inflazione e da una crescente domanda di intervento dei sistemi di sicurezza sociale.
L’insieme di tali fattori ha indebolito la disponibilita’ di investimento e deposito dei capitali. Conseguenza di tutto questo fu a sua volta una maggior disoccupazione […]
Il passaggio a una politica economica neoliberista negli anni ottanta rappresento’ un tentativo di rivitalizzazione del capitalismo mediante il disciplinamento della forza lavoro, che in quell’epoca poteva contare sulla tutela di sistemi sociali nazionali.
In vista di tale scopo fu predisposta non solo una ristrutturazione delle politiche sociali, salariali e del mercato del lavoro, ma anche una nuova economia estera di tipo liberale e non piu’ keynesiano.
Con la fine del comunismo negli anni novanta, tale cambiamento fu promosso e portato avanti su un ampio fronte sotto il nome di globalizzazione, come prosecuzione lineare di un lungo, naturale e inarrestabile cammino di progresso dell’umanità verso una societa’ mondiale pacifica e pacificata,unita da un comune sistema di valori universali.

Info:
https://www.fondazionedivittorio.it/lezione-streeck-limiti-potenzialita-della-ue-egemonie-planetarie-popoli-crisi
https://www.doppiozero.com/wolfgang-streeck-neoliberalismo-e-poi

https://www.corriere.it/la-lettura/24_giugno_21/come-sonnambuli-la-guerra-la-lettura-anteprima-nell-app-1af31e72-2fe1-11ef-8a97-996e27b017a2.shtml
https://ilmanifesto.it/uneuropa-svizzera

Economia di mercato/Palermo

l mito del mercato globale. Critica delle teorie neoliberiste – Giulio Palermo – Manifestolibri (2004)

Il problema della produzione capitalistica non e’ tanto la minimizzazione dei costi di produzione (quella puo’ sempre ottenersi comprimendo i salari), quanto piuttosto la vendita dei prodotti.
Le piu’ grandi battaglie commerciali (e molte delle guerre militari) sono fatte per assicurarsi il controllo dei mercati dove vendere i prodotti (oltre che, naturalmente dove trovare le materie prime necessarie alla produzione).
E cosi’ si continua ad investire nella produzione dei beni che hanno sbocco tra quelli che hanno il potere d’acquisto (continuando a forzarne il ritmo di assorbimento), ma non si producono quei beni che servirebbero a quelli che tanto non possono pagare.
La sovrapproduzione capitalistica investe interi settori. I prodotti tecnologici hanno dei costi di produzione troppo bassi per giustificare gli alti prezzi a cui vengono venduti. Il computer che oggi ti vendono a caro prezzo decantandone le proprieta’ tecnologiche sara’, nel giro di un anno, insultato dagli stessi venditori come reperto archeologico incompatibile con tutti i nuovi progressi della tecnologia […]
Il mercato dell’automobile dei paesi avanzati e’ saturo ormai da decenni: tutti quelli che possono permetterselo ne hanno una o piu’, eppure, nella piu’ assoluta miopia, se ne continuano a produrre sempre di nuove, pur nella consapevolezza che il trasporto privato, proprio per ragioni di efficienza e di sostenibilita’, non puo’ che avere vita difficile.

Lavoro/Mattei

L’economia è politica – Clara E. Mattei – Fuoriscena (2023)

Parliamo qui, tecnicamente, del cosiddetto plusvalore relativo.
Il plusvalore relativo puo’ essere generato in modalita’ differenti. Il caso piu’ ovvio, e oggi sempre piu’ diffuso, prevede che i capitalisti taglino direttamente i salari, anche e paradossalmente al di sotto del livello di sussistenza. Basti pensare che in Italia, dove i salari sono in declino da decenni e il costo della vita e’ in aumento, intere famiglie di lavoratori sono ormai piombate nella poverta’ assoluta (1,9 milioni di famiglie nel 2021 secondo l’Istat, e i nuovi dati si preannunciano in crescita), e vi e’ addirittura un’opposizione feroce a introdurre un salario minimo di 9 euro all’ora […]
La dinamicita’ del sistema economico e’ stata assicurata principalmente dall’innovazione tecnologica, volta ad aumentare la produttivita’ del lavoro e dunque ad alimentare la crescita del plusvalore relativo. Aumentare la produttivita’ del lavoro significa che, nello stesso lasso di tempo, ciascun lavoratore produce piu’ valore […]
L’aumento della produttivita’ produce un aumento dell’intensita’, che costituisce la terza strategia per aumentare il plusvalore relativo. Aumento di pro- duttivita’ e aumento di intensita’ sono concettualmente distinguibili ma storicamente quasi inscindibili.
Con aumento della produttivita’ s’intende che il lavoratore produce di piu’, non perche’ sta spendendo piu’ energia muscolare ma perche’ sta lavorando con macchine migliori; con aumento dell’intensita’ invece s’intende che con gli stessi strumenti si lavora piu’ velocemente.
Con il passare degli anni, le aziende hanno investito capitali enormi per affinare le tecniche di supervisione e di monitoraggio dei lavoratori assicurando cosi’ un’alta intensita’ di lavoro. Oggi il colosso di Amazon rappresenta un’avanguardia potentissima sotto questo aspetto […]
Le preoccupazioni per la salute e la sicurezza dei lavoratori non fanno parte della logica dell’accu- mulazione di capitale.

Info:
https://www.pde.it/un-libro-al-giorno/leconomia-e-politica-clara-mattei-fuoriscena/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/11/15/davvero-le-scelte-economiche-sono-neutrali-e-inevitabili-no-e-un-luogo-comune-il-libro-di-clara-mattei-spiega-che-in-realta-e-tutta-politica/7354313/
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2023/11/13/leconomia-e-politica-parole-antiche-per-conflitti-del-futuro/7351420
https://www.sinistrainrete.info/politica-economica/28826-francesco-tucci-ripoliticizzare-l-economia.html

Lavoro/Aloisi

Il tuo capo e’ un algoritmo. Contro il lavoro disumano – Antonio Aloisi, Valerio De Stefano – Laterza (2020)

La tecnologia ha un ruolo tutt’altro che neutrale poiche’ puo’ determinare un logoramento lento, profondo e pressoche’ invisibile a danno dei salari.
Puo’ succedere che, proprio agendo come forza che immiserisce il contenuto delle attivita’ umane (accrescendo le potenzialita’ invasive dei sistemi di sorveglianza, parcellizzando le mansioni per favorirne l’esternalizzazione, adottando selvaggiamente processi decisionali automatizzati), lo sviluppo digitale finisca per accelerare il processo di sostituzione robotica di ruoli e mansioni e, alla lunga, segni l’estinzione definitiva di un particolare tipo di lavoro: quello di qualita’.
Il guaio, tra l’altro, e’ che la trasformazione assunta a piccole dosi sembra avere effetti paralizzanti sulle risposte dei governi e delle parti sociali nei confronti di ultimi, penultimi e vulnerabili.
Precarizzazione, ribasso e automazione rischiano cosi’ di diventare le tappe forzate di un viaggio lento al termine del lavoro dignitoso.
Contemporaneamente, l’impoverimento contrattuale, il caos normativo e la debolezza dei meccanismi di controllo stanno spianando la strada alla non convenienza del lavoro sicuro, dignitoso e distintivo, e quindi alla sua potenziale sostituzione con infinite opzioni low cost.

Info:
https://www.laterza.it/images/stories/pdf/9788858141298_ALOISI%202.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/ALOISI-8.pdf

https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/ALOISI-10.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/ALOISI-10.pdf
https://www.pandorarivista.it/articoli/il-tuo-capo-e-un-algoritmo-di-antonio-aloisi-e-valerio-de-stefano/

Finanziarizzazione/Chomsky

Noam Chomsky – Così va il mondo. – Piemme (2018)

Nel 1970 circa il 90% del capitale internazionale era destinato al commercio e a investimenti a lungo termine, mentre il restante 10% veniva investito in speculazioni.
Entro il 1990 questi dati si erano completamente invertiti: il 90% era destinato alla speculazione e il 10% al commercio e agli investimenti a lungo termine.
Non solo questo cambiamento radicale ha influenzato la natura del capitale finanziario, privo di ogni controllo, ma anche il volume di questo tipo di transazioni si e’ accresciuto a dismisura. Secondo una recente stima della Banca Mondiale, circa 14 trilioni di dollari vengono spostati nel mondo, e di questi un trilione si muove ogni giorno.
Questo enorme volume di capitali di natura principalmente speculativa crea pressioni che si traducono in politiche economiche deflazionistiche, perche’ quel che il capitale speculativo vuole e’ una crescita bassa e una bassa inflazione.
Questo sta spingendo gran parte del mondo verso un nuovo equilibrio economico fatto di bassa crescita e bassi salari. Cio’ rappresenta un attacco micidiale agli sforzi dei governi di stimolare l’economia.

Info:
https://www.lapoesiaelospirito.it/2017/09/15/noam-chomsky-cosi-va-il-mondo/
https://www.ibs.it/cosi-va-mondo-libro-vari/e/9788856626674

Lavoro/Tirole

Jean Tirole – Economia del bene comune – Mondadori (2017)

Per tornare alla questione della disuguaglianza, il modo giusto di porre il problema non e’ quello di chiedersi se ci saranno ancora posti di lavoro.
Il problema vero e’ sapere se ci saranno abbastanza posti retribuiti da compensi che la societa’ considerera’ dignitosi. Difficile fare previsioni.
Da un lato, le disuguaglianze salariali potrebbero suggerire una risposta negativa alla domanda. Dall’altro, le persone, in larga maggioranza, intendono essere […] utili alla societa’, e il lavoro, retribuito o meno (come quello nel settore del volontariato), e’ un modo per raggiungere l’obiettivo. Non solo.
Come fanno notare Brynjolfsson e McAfee, noi cerchiamo il legame con gli altri. E l’impiego e’ per noi un modo per costruire un tessuto sociale […]
Nel brevissimo termine, la cancellazione di posti di lavoro comporta costi pesanti per chi li perde. L’accelerazione della «distruzione creatrice» pone tre ordini di problemi: come tutelare i lavoratori, salariati o meno? Come prepararci, a livello di sistema educativo, al mondo nuovo? Come riusciranno a adeguarsi le nostre società”

Stato/Mattei

Clara E. Mattei – L’economia è politica – Fuoriscena (2023)

Se chiedete agli esperti una definizione di austerita’ vi verra’ detto che si tratta di quelle politiche economiche di taglio della spesa pubblica e aumento delle tasse.
Ecco il primo trabocchetto: la lente degli economisti e’ quella dell’aggregato, cioe’ del «tutto». Si parla di economia italiana, francese, spagnola come se fossero ognuna un’unita’ compatta. Ma, a ben guardare, questi concetti non sono che astrazioni.
Prendiamo il nostro Paese come esempio: se guardiamo alla spesa «aggregata» dello Stato italiano, non vedremo alcuna traccia di austerita’. Infatti lo Stato sta spendendo moltissimo in ambito militare e nel sostegno delle imprese (le banche per esempio) che mettono cosi’ in sicurezza i propri profitti. I numeri della spesa pubblica non calano.
Ma la questione rilevante e’ un’altra.
Non si tratta semplicemente di vedere se lo Stato spende, quanto piuttosto dove lo Stato spende o, meglio, per chi lo Stato spende. L’austerita’ non e’ una generica azione sulla spesa pubblica intesa come un tutto, e’ invece un’azione politica che agisce sulla capacita’ di spesa delle persone e quindi interviene sulla qualita’ della vita della maggioranza della popolazione, lasciando sostanzialmente protetta e intoccata quell’elite che non vive del salario e dunque principalmente del proprio lavoro ma gode di rendite (immobiliari, finanziarie ecc.) e profitti […]
Se lo Stato italiano, come la maggior parte degli Stati del mondo, aumenta la spesa militare o quella per salvare e sostenere banche e imprese in difficolta’ e al contempo taglia la spesa sociale (sanita’, scuola, trasporti, edilizia pubblica, sussidi di disoccupazione e via dicendo), sta trasferendo strutturalmente le risorse dai molti cittadini che dipendono dai salari che guadagnano ai pochissimi che vivono dei redditi da capitale generati dalla ricchezza posseduta.
In altre parole, non si tratta per gli Stati di non spendere, ma di «spendere» nella maniera «corretta», ovvero a favore dell’elite economico-finanziaria e a discapito della maggioranza della popolazione. Mentre ci curiamo in ospedali fatiscenti, studiamo in classi pollaio e facciamo file chilometriche per rinnovare la carta d’identita’, i forzieri di Leonardo, produttore di armi, e Autostrade per l’Italia (i cui azionisti sono per meta’ asset manager stranieri come Blackstone e Macquarie) traboccano di soldi delle nostre tasse.
Per la classe dei capitalisti la retorica del «non ci sono i soldi» non esiste.
Queste manovre economiche non sono solo decisioni tecniche, sono scelte profondamente politiche. Meno risorse sociali abbiamo, meno diritti abbiamo in quanto cittadini e piu’ siamo costretti a comprare tali diritti con il denaro. Cosi’ la nostra dipendenza dal mercato aumenta. Se vogliamo garantire una buona istruzione ai nostri figli, assicurarci cure mediche adeguate, una casa dignitosa, il diritto al trasporto, siamo sempre piu’ vincolati alla necessita’ di avere soldi a sufficienza, che ci possiamo procurare in un solo modo, vendendo la nostra capacita’ di lavorare in cambio di un salario.
Non per nulla i politici al governo combattono il concetto stesso di reddito di cittadinanza che, in se’, e’ potenzialmente sovversivo: rischierebbe di illuderci che soddisfare i nostri bisogni primari sia un diritto invece che l’esito intermediato dal lavoro sfruttato.

Info:
https://www.pde.it/un-libro-al-giorno/leconomia-e-politica-clara-mattei-fuoriscena/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/11/15/davvero-le-scelte-economiche-sono-neutrali-e-inevitabili-no-e-un-luogo-comune-il-libro-di-clara-mattei-spiega-che-in-realta-e-tutta-politica/7354313/
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2023/11/13/leconomia-e-politica-parole-antiche-per-conflitti-del-futuro/7351420/