Geoeconomia/Parsi

Titanic. Naufragio o cambio di rotta per l’ordine liberale – Vittorio Emanuele Parsi – il Mulino (2022)

E’ stata spesso evocata l’ipotesi di una «nuova Guerra Fredda», un’immagine che potrebbe catturare anche una possibile prospettiva dell’involuzione dei rapporti sino-americani.
Fermo restando che ogni analogia storica e’ sempre forzatamente ingannevole, dobbiamo aggiungere che la divaricazione tra la politica americana e quella di Russia e Cina apre uno scenario diverso da quello della Guerra Fredda.
Fino al 1989, infatti, il confronto tra USA e URSS concentrava al suo interno tanto la dimensione politico-ideologica quanto quella strategico-militare. L’intesa o la non intesa tra Washington e Mosca determinavano lo stato di maggiore o minore tensione dell’intero sistema internazionale. Per contro, la dimensione economica ne era in gran parte esclusa, perche’ i sistemi economici capitalista e collettivista avevano pochi punti di contatto e interscambio, per lo piu’ concentrati nei settori cerealicolo ed energetico.
Oggi la partita vede impegnati tre giocatori di cui uno considerato e «atteso» in costante crescita – la Cina – e gli altri due declinanti, sia pure con modalita’ e forme differenti e comunque in grado di produrre sussulti in controtendenza anche molto significativi: ovvero l’egemone in ripiegamento strategico, gli Stati Uniti, e la seconda superpotenza nucleare del sistema, la Russia, della quale sembra di stare assistendo al canto del cigno, perche’ al di la’ degli indubbi successi conseguiti sul piano politicomilitare in questi anni, tutti gli altri indicatori (economici, demografici, politici interni) ci parlano di un paese avviato a un inesorabile declino. 

Geoeconomia/Mahbubani

Occidente e Oriente chi perde e chi vince – Kishore Mahbubani – Bocconi (2019)

Parzialmente a causa della droga inebriante di Fukuyama, i trionfalisti dell’Occidente non si sono accorti che la fine della Guerra Fredda coincideva con una svolta piu’ fondamentale della storia umana, che, lungi dal porre fine alla storia, introduceva una nuova fase storica.
Cina e India – i due giganti dormienti dell’Asia – si stavano risvegliando. La politica delle Quattro modernizzazioni di Deng Xiaoping, che inaugurava riforme profonde nell’agricoltura, nell’industria, nella difesa nazionale e nell’ambito della scienza e della tecnologia, ha acquistato velocita’ negli anni Ottanta del secolo scorso. Il primo ministro indiano Narasimha Rao ha aperto l’economia indiana nel 1991, incoraggiando gli investimenti stranieri, riducendo i dazi doganali sulle importazioni e liberalizzando i mercati […]
Gli Stati Uniti d’America hanno le migliori universita’ e think tank del mondo, come pure i professori e gli esperti piu’ influenti a livello mondiale, eppure nessuno di loro ha messo in luce allora, e nemmeno successivamente, che l’evento piu’ gravido di conseguenze storiche del 2001 non era l’11 settembre.
Era l’entrata della Cina nella WTO.
L’ingresso di quasi un miliardo di lavoratori nel sistema mondiale degli scambi avrebbe ovviamente avuto come risultato una massiccia «distruzione creativa» e la perdita di molti posti di lavoro in Occidente.
Nell’agosto 2017, una relazione della Banca dei Regolamenti Internazionali confermava che l’ingresso di nuovi lavoratori provenienti dalla Cina e dall’Europa Orientale nel mercato del lavoro era la causa di «salari reali in declino e della contrazione della quota del lavoro nel reddito nazionale».
Il rapporto aggiungeva che «ovviamente, cio’ avrebbe significato [per le economie occidentali] un aumento della disuguaglianza».
Questa e’ stata una delle principali ragioni per cui quindici anni piu’ tardi sono arrivati Trump e la Brexit. Le classi lavoratrici percepivano direttamente quello che le elite non riuscivano a captare.

Info:
https://irmaloredanagalgano.it/2019/10/01/3179/
https://www.corriere.it/oriente-occidente-federico-rampini/24_settembre_30/chi-vince-e-chi-perde-in-medio-oriente-una-lezione-di-50-anni-fa-c219a3f3-36a7-448e-9ae5-4b999c605xlk.shtml
https://www.notiziegeopolitiche.net/leggere-kishore-mahbubani-il-mondo-occidentale-da-unaltra-prospettiva/

Geoeconomia/Mahbubani

Occidente e Oriente chi perde e chi vince – Kishore Mahbubani – Universita’ Bocconi (2019)

La realta’ che l’Occidente deve affrontare e’ che la principale sfida strategica che attende gli Stati Uniti non e’ la stessa che attende l’Europa.
Per gli Stati Uniti la sfida e’ la Cina. Per l’Europa e’ il mondo islamico sulla porta di casa. I fatti sono fatti.
Eppure, ogni anno, quando i massimi strateghi dell’Occidente convergono in febbraio alla Conferenza di Monaco sulla Sicurezza, nessuno degli esperti occidentali riesce a riconoscere la cosa piu’ ovvia e importante: gli interessi americani ed europei sono ormai divergenti.
L’elezione di Trump ha messo questa divergenza allo scoperto. Questo potrebbe finire per diventare uno dei maggiori contributi di Trump alla storia mondiale […]
Se fossero piu’ strategicamente accorti nel difendere i propri interessi rispettivi, sia gli Stati Uniti sia l’Europa ne avrebbero un beneficio.
Per l’Europa, e’ chiaro che la principale minaccia non sta venendo dalla Russia. A differenza della Guerra Fredda, nessun carro armato russo minaccia l’Europa occidentale. Quindi, l’Europa dovrebbe fare pace con Putin.
Ne’ l’Europa e’ minacciata dai missili balistici intercontinentali cinesi. Lo sviluppo economico della Cina e’ favorevole agli interessi europei. Perché?
La principale minaccia per l’Europa e’ costituita dagli effetti esterni dell’instabilita’ del mondo islamico. Finche’ nel Nord Africa e nel Medio Oriente saranno presenti stati in gravi difficolta’, ci saranno dei migranti che cercano di arrivare in Europa, infiammando i partiti populisti.
Tuttavia, se l’Europa aiuta il Nord Africa a replicare i successi ottenuti nello sviluppo economico da Paesi come la Malaysia e l’Indonesia, avra’ costruito un argine contro flussi di immigrazione ingestibili. In breve, e’ nell’interesse strategico dell’Europa importare in Nord Africa le esperienze di successo economico dell’Asia orientale. Dunque, l’Europa dovrebbe lavorare con la Cina, non contro la Cina, per la crescita dell’Africa settentrionale […]
Gli europei dovrebbero sentire un’estrema urgenza di trattare con il Nord Africa, perche’, dietro il Nord Africa, e’ in arrivo un’esplosione demografica ancora piu’ grande. Nel 2100 la popolazione dell’Africa raggiungera’ quella dell’Asia. Allora in Africa ci saranno 4,5 miliardi di abitanti.
Come affrontera’ questa esplosione demografica una popolazione sempre piu’ anziana di 450 milioni di europei? L’Europa deve aprire gli occhi e concentrarsi sulla propria sfida esistenziale.

Info:
https://irmaloredanagalgano.it/2019/10/01/3179/
https://www.corriere.it/oriente-occidente-federico-rampini/24_settembre_30/chi-vince-e-chi-perde-in-medio-oriente-una-lezione-di-50-anni-fa-c219a3f3-36a7-448e-9ae5-4b999c605xlk.shtml
https://www.notiziegeopolitiche.net/leggere-kishore-mahbubani-il-mondo-occidentale-da-unaltra-prospettiva/

Geoeconomia/Severino

Il tramonto della politica – Emanuele Severino – Rizzoli (2017)

In Africa sono in gioco, oltre a quelli europei, gli interessi degli Stati Uniti e della Cina, ma anche, sebbene in minor misura o in modo piu’ indiretto, della Russia, che peraltro e’ piu’ che mai presente nel contiguo scacchiere del Medio Oriente.
Per quanto possa sembrare strano a chi non ha occhi che per i «problemi concreti e immediati», si puo’ dire comunque che sara’ probabilmente la Cina a decidere l’esito dell’immigrazione africana in Europa.
La crescita continua degli investimenti cinesi in Africa porta gli analisti ad affermare che la Cina sta diventando il maggior partner commerciale di quel continente.
Non solo. Gli investimenti cinesi hanno di mira, oltre alle risorse naturali di cui l’Africa e’ ricca, e di cui la Cina ha grande bisogno, un imponente programma di interventi sanitari, educativi, culturali, edilizi.
Tempo fa si e’ venuto a sapere che in Africa la Cina sta costruendo, addirittura, degli insediamenti urbani, che pero’ rimangono disabitati per il prezzo delle abitazioni, inaccessibile agli africani (il che doveva peraltro esser noto agli imprenditori cinesi gia’ prima dell’apertura dei cantieri).
Si e’ cercato di interpretare il senso di questo atteggiamento e la risposta che sta accreditandosi e’ che la Cina cerca spazi per il miliardo e trecento milioni dei propri abitanti.

Info:
https://www.researchgate.net/publication/362871888_Bruno_Cortesi_-_Emanuele_Severino_-_Il_tramonto_della_politica_-_recensione
https://emanueleseverino.com/2017/05/03/emanuele-severino-il-tramonto-della-politica-considerazioni-sul-futuro-del-mondo-rizzoli-2017-p-284/

Capitalismo/Brown

Wendy Brown – Il disfacimento del demos – Luiss University Press (2023)

Qualsiasi tentativo di teorizzare la relazione tra democrazia e neoliberismo viene messo in difficolta’ dalle ambiguita’ e dalla molteplicita’ di significati dei due termini.
“Democrazia” e’ una delle parole piu’ dibattute e promiscue del nostro vocabolario politico moderno.
Nell’immaginario popolare, “democrazia” significa di tutto e di piu’, dalle libere elezioni al libero mercato, dalle proteste contro i dittatori all’ordine pubblico, dalla centralita’ dei diritti alla stabilita’ degli Stati, dalla voce della moltitudine alla protezione dell’individualita’ e all’ingiustizia dei pareri imposti dalle masse. Per alcuni, la democrazia e’ il gioiello della corona dell’Occidente; per altri, e’ cio’ che l’Occidente non ha mai avuto davvero, oppure e’ principalmente una patina che nasconde gli obiettivi imperialistici occidentali.
La democrazia ha talmente tante varieta’ – sociale, liberale, radicale, repubblicana, rappresentativa, autoritaria, diretta, partecipativa, deliberativa, plebiscitaria – che queste denominazioni spesso si riferiscono a cose diverse […].
Anche “neoliberismo” e’ un significante generico e mutevole […] Il neoliberismo come programma economico, modalita’ di governance e ordine della ragione e’ allo stesso tempo un fenomeno globale eppure incostante, differenziato, non sistematico, impuro. In Svezia si interseca con la persistente legittimita’ del welfarismo, in Sudafrica con l’aspettativa di uno Stato democratizzatore e favorevole a una ridistribuzione post-Apartheid del reddito, in Cina con il confucianesimo, il post-maoismo e il capitalismo, negli Stati Uniti con una strana miscela di radicato antistatalismo e nuovo managerialismo. Le politiche neoliberiste inoltre passano da portali e agenti diversi.
Anche se il neoliberismo fu un “esperimento” imposto al Cile da Augusto Pinochet e dagli economisti noti come “Chicago boys” dopo il loro golpe del 1973 ai danni di Salvador Allende, e’ stato il Fondo monetario internazionale a imporre “aggiustamenti strutturali” al Sud globale nei due decenni successivi. Analogamente, se Margaret Thatcher e Ronald Reagan perseguirono audaci riforme nella direzione del libero mercato quando salirono al potere, il neoliberismo si e’ rivelato in modo piu’ sottile nelle nazioni euroatlantiche attraverso tecniche di governance che hanno usurpato un lessico democratico rimpiazzandolo con uno economico e con la coscienza sociale.
Inoltre, la stessa razionalita’ neoliberista si e’ alterata nel tempo, soprattutto ma non solo nel passaggio da un’economia produttiva a una sempre piu’ finanziaria […]E’ il nome di una reazione economica e politica storicamente specifica al keynesismo e alla socialdemocrazia, oltre che di una pratica piu’ generalizzata di “economizzazione” di sfere e attivita’ finora governate da altre tabelle di valori.

Info:
https://www.equilibrielmas.it/2023/11/29/wendy-brown-il-disfacimento-del-demos-la-rivoluzione-silenziosa-del-neoliberismo-luiss-university-press-roma-2023/
https://www.dinamopress.it/news/wendy-brown-lo-svuotamento-silenzioso-della-democrazia/
https://www.ilmanifestoinrete.it/2023/07/01/per-farla-finita-con-lhomo-oeconomicus/

Lavoro/Wagenknecht

Sahra Wagenknecht – Contro la sinistra neoliberale – Fazi (2022)

L’automatizzazione e la razionalizzazione dei processi produttivi hanno contribuito al massimo per un quarto alla perdita di posti di lavoro nelle industrie delle economie occidentali.
La scomparsa di tutti gli altri posti di lavoro e’ invece dipesa da decisioni politiche e cambi di rotta che avrebbero potuto essere evitati.
Nella deindustrializzazione del mondo occidentale ha svolto un ruolo determinante la globalizzazione, ovvero l’internazionalizzazione delle catene produttive.
Le imprese che avevano finora mantenuto la produzione nei paesi industrializzati hanno spostato parte delle loro attivita’ nei paesi piu’ poveri, in particolare in Cina e nell’Asia orientale, oppure hanno cominciato a farsi consegnare componenti dei loro prodotti direttamente dall’estero. In questo modo il lavoro piu’ oneroso degli operai occidentali e’ stato sostituito da quello a buon mercato di lavoratori privi di tutele giuridiche […]
Ulteriori risparmi sui costi attraverso la globalizzazione sono derivati dal fatto che all’estero spesso non vengono rispettati gli standard sociali e ambientali ne’ altre prescrizioni giuridiche che valgono invece nei paesi occidentali e hanno reso la produzione piu’ costosa.
L’internazionalizzazione della produzione ha cosi’ offerto alle multinazionali anche un nuovo modo per evitare le tasse.
Non c’e’ da sorprendersi se le imprese che mirano soltanto a ricavare denaro dal denaro sfruttino avidamente le occasioni offerte dalla globalizzazione […]
A cambiare veramente il corso delle cose e’ stata non tanto la tecnologia, quanto la politica. Sono stati i politici a rinunciare al controllo sui capitali e ad aprire la strada a investimenti diretti internazionali. Sono stati i politici a smettere di compensare le differenze nei costi di produzione attraverso dazi doganali e anche solo a contenere il dumping tributario. Sono stati i politici a promuovere accordi per la difesa degli investimenti e la protezione a livello globale dei diritti delle marche, dei brevetti e degli autori per garantire un contesto giuridico il piu’ possibile vantaggioso per gli investimenti esteri delle multinazionali.
Questo e’ avvenuto perche’ le imprese e le lobby hanno fatto valere tutto il loro peso, denaro e potere economico per pilotare queste decisioni. La politica però non si sarebbe dovuta immischiare.

Info:
https://www.lafionda.org/2022/06/15/recensione-di-contro-la-sinistra-neoliberale-di-sahra-wagenknecht/
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/05/wagenknecht-lespresso.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/06/wagenknecht-domenica-il-sole-24-ore.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/07/wagenknecht-il-fatto-quotidiano.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/11/wagenknecht-lindice-dei-libri-del-mese.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/07/wagenknecht-avvenire.pdf
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-recensione_di_contro_la_sinistra_neoliberale_di_sahra_wagenknecht/39329_46608/

Capitalismo/Wagenknecht

Sahra Wagenknecht – Contro la sinistra neoliberale – Fazi (2022)

L’entrata a gamba tesa contro i provider cinesi viene motivata solitamente col fatto che lo Stato cinese, tramite l’accesso alla nostra sfera privata, arriverebbe a incidere sulla nostra economia e in ultima analisi perfino sull’ambito politico. Non fa una piega.
Ugualmente, pero’, la stessa identica motivazione si puo’ addurre se non vogliamo lasciare il controllo della nostra economia e della nostra comunicazione digitale nelle mani delle multinazionali digitali statunitensi, sulla cui stretta cooperazione con lo Stato americano e i suoi servizi segreti non esiste sicuramente piu’ alcun dubbio almeno dal 2013, quando l’insider Edward Snowden rese di dominio pubblico tutto cio’ che sapeva[…]
Del resto, anche gli americani che ficcano il naso nei dati non sono geni che lavorano da soli in un garage, come amiamo sentirci dire, ma al pari dei provider cinesi devono la loro esistenza a sovvenzioni statali miliardarie.
Il Pentagono aveva intuito per tempo l’importanza militare e geostrategica delle tecnologie digitali e quindi vi aveva investito molti soldi. Anche i servizi segreti vi avevano fiutato, gia’ negli anni Novanta, una nuova miniera d’oro per le informazioni che valeva assolutamente la pena sfruttare […]
Ovviamente, da quell’epoca i cinque piu’ grandi gruppi del settore digitale si sono emancipati dai foraggiamenti statali. Ma cio’ di cui hanno bisogno come l’aria e’ che il sistema politico tolleri il loro modello di business, che nel suo accesso disinvolto alla sfera privata dei cittadini va contro le piu’ elementari liberta’ fondamentali e contraddice chiaramente anche la Costituzione statunitense. Facendo partecipare lo Stato americano con i suoi servizi a cio’ che vengono a sapere attraverso le attivita’ di sorveglianza, si comprano il benestare dei politici, svincolandosi al contempo da qualsiasi regolamentazione giuridica […]
Da quando fu varato il Cloud Act, nel marzo del 2018, le autorita’ statunitensi che sono interessate a tutti i dati su persone e imprese, sia nel territorio nazionale sia all’estero, possono pretenderne dai fornitori di cloud americani la pubblicazione anche in maniera del tutto ufficiale. I diretti interessati non ne sanno nulla.
Dunque non dovrebbe preoccuparci il fatto che i dati su tutti i dettagli della nostra vita privata e della nostra economia sono su server di aziende private, anziche’ nei dossier di uno Stato totalitario. Basta soltanto il fatto che siano raccolti e archiviati a spalancare tutte le porte a un loro uso deviato e distorto […]
Gli orologi da fitness, ad esempio, potrebbero funzionare per noi esattamente con lo stesso valore d’uso se fossero acquistati insieme a un software da installare su un apparecchio di nostra scelta capace di analizzare i dati dell’orologio senza collegarsi a internet. Purtroppo non esiste nulla del genere, in quanto non tornerebbe utile per chi vuole ficcare il naso nei dati. E guardarci dentro non interessa soltanto a chi vende quell’apparecchio, ma come sempre anche a Google, Apple o Microsoft, che con la massima naturalezza accedono a tutti i dati e archiviano tutto ciò che gira sui loro sistemi operativi.
Ogni passo ulteriore della digitalizzazione, dunque, nelle attuali condizioni ci rende un po’ piu’ trasparenti, finche’ prima o poi perderemo l’ultimo angolino della nostra privacy e intimita’.

Info:
https://www.lafionda.org/2022/06/15/recensione-di-contro-la-sinistra-neoliberale-di-sahra-wagenknecht/
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/05/wagenknecht-lespresso.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/06/wagenknecht-domenica-il-sole-24-ore.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/07/wagenknecht-il-fatto-quotidiano.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/11/wagenknecht-lindice-dei-libri-del-mese.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/07/wagenknecht-avvenire.pdf
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-recensione_di_contro_la_sinistra_neoliberale_di_sahra_wagenknecht/39329_46608/

Societa’/Rosanvallon

PierreRosanvallon – Controdemocrazia. La politica nell’era della sfiducia – Castelvecchi (2017)

La differenza essenziale tra visione occidentale e visione cinese dell’azione.
In occidente, da Machiavelli a Schopenhauer, si e’ affermato il principio di edificare un impero del soggetto, con un uomo visto come padrone delle situazioni, che lascia sulle cose l’impronta della propria volonta’, che erige il mondo a campo di sperimentazione della propria capacita’ di realizzarsi nella creazione radicale o nel fronteggiare cio’ che gli oppone resistenza.
In questo caso l’azione e’ concepita come uno scontro tra due universi, come un’impresa di conquista e di asservimento.
Niente di simile nella visione cinese: l’essenziale risiede in un’attenzione verso il mondo che permette di sfruttarne in permanenza le tensioni, di usarne al meglio le caratteristiche.
L’esercizio del potere dunque non si basa sul dispiegamento della forza, ma sul lasciarsi guidare da una minuziosa attenzione al terreno, sull’ottimizzare il potenziale delle situazioni […]
All’arte occidentale di governare dall’alto, imponendosi con la forza, si contrappone la prospettiva di un governo dal basso, quasi invisibile, che consiste nel far convergere gli altri sulla propria posizione in modo impercettibile, modellando il quadro del loro agire […] Per esprimere le cose in un vocabolario piu’ attuale, possiamo anche dire che si contrappongono due tipi di controllo: da un lato quello della pattuglia di Polizia e dall’altro quello dell’allarme antincendio. La pattuglia di Polizia corrisponde a una concezione classica dell’azione pubblica che e’ delegata ad agenti specializzati. E’ un controllo diretto, centralizzato, deciso.
Il modello dell’allarme antincendio e’ piu’ decentralizzato; si regge su dispositivi diffusi. Ha anche la caratteristica essenziale di non mobilitare solo professionisti. Il ricorso ai pompieri presuppone, infatti, un preliminare intervento individuale; la sua efficacia dipende da un’attenzione sociale diffusa.
E’ al modello dell’allarme antincendio che bisogna paragonare l’efficacia della vigilanza. Si tratta di un’efficacia che e’ opera di un gruppo sociale definito e che si manifesta essenzialmente come un risultato. Ma essa non e’ meno tangibile, e forse e’ addirittura superiore a quella propria dei poteri costituiti […]
La Corte di giustizia dell’Unione europea ha evidenziato con forza questa dimensione, stimando che «la vigilanza degli individui interessati alla tutela dei loro diritti porta a un efficace controllo» dei governanti.
La figura del cittadino-controllore va dunque oltre quella del cittadino-elettore.

Info:
https://ilmanifesto.it/la-sfiducia-democratica
http://www.damianopalano.com/2012/10/il-deficit-simbolico-della-democrazia.html
https://tempofertile.blogspot.com/2013/11/pierre-rosanvallon-la-politica-nellera.html
https://www.univrmagazine.it/2011/05/02/qual-e-il-significato-del-voto-oggi/

Geoeconomia/Alemanni

Cesare Alemanni – La signora delle merci. Dalle caravelle ad Amazon. Come la logistica governa il mondo – Luiss (2023)

Per alcuni versi gli ambiti della Bri (Belt and Road Initiative) si sono dunque estesi ben oltre gli orizzonti originali, includendo contesti geografici e segmenti tematici che inizialmente non erano neppure considerati.
Per altri, la Bri sembra non aver (ancora) risposto alle attese che aveva generato. Questo poiche’ molti dei progetti ventilati inizialmente hanno incontrato problemi di finanziamento, si sono scontrati coi non expedit degli Stati coinvolti o con le sfere d’influenza di poteri regionali e globali ostili al progetto (principalmente Stati Uniti e India).
Negli anni (2015-2018) di maggiore attivita’ finanziaria (rallentata poi dal covid) la Cina ha investito tra i 100 e i 120 miliardi all’anno in progetti Bri. Una cifra notevole ma lontana dai preventivi di partenza che parlavano di triliardi.
Secondo il ricercatore Eyck Freymann, la natura proteiforme della Bri non e’ casuale ma parte integrante del senso piu’ profondo della initiative, la cui dimensione non e’ mai stata quella di un “semplice” progetto infrastrutturale, per quanto maestoso.
Uno degli scopi primari della Bri, secondo Freymann, in realta’ e’ di accrescere la presenza e il rilievo del “brand del potere cinese sulla scena globale” in una cruciale fase di transizione geopolitica e di inasprimento delle relazioni globali. Un brand in cui convivono spontaneamente espansione finanziaria e logistica, infrastructure power tecnologico e soft power politico. Un brand attraverso cui la Cina punta a sostanziare la sua candidatura a nuovo egemone globale.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-signora-delle-merci-di-cesare-alemanni/
https://www.iltascabile.com/societa/logistica-signora-delle-merci/
https://www.lastampa.it/tuttolibri/2023/06/03/recensione/la_logistica_fa_girare_il_mondo_intero_se_funziona_non_la_vedi-12835932/
https://www.rivistastudio.com/i-libri-del-mese-67/
https://www.geopolitica.info/la-signora-delle-merci/

Geoeconomia/Alemanni

Casare Alemanni – La signora delle merci. Dalle caravelle ad Amazon. Come la logistica governa il mondo – Luiss (2023)

Gia’ nel post-2008 e in modo ancora piu’ intenso durante la pandemia, si e’ cominciato a discutere di “inversione della globalizzazione” (o “de-globalizzazione”), di decoupling dalla Cina e di reshoring, un termine con cui ci si riferisce alla “rilocalizzazione” delle produzioni, che negli ultimi anni e’ affiorato, come buzzword, prima sulla bocca di politici populisti e in seguito anche nelle agende di moderati e liberal, inclusi i Ceo di diverse multinazionali e il presidente americano Joe Biden. Il cui programma e’ in parte incentrato sul ritorno in America delle manifatture e dei salari a esse connessi.
Presentato a seconda dei casi come strumento strategico per rallentare la crescita della Cina, come necessita’ per il rilancio dell’economia post covid o come viatico a una specie di ritorno a un Eden di equilibri socioeconomici perduti, il reshoring e’ stato uno dei temi piu’ pervasivi e striscianti degli ultimi anni.
Soprattutto dopo che gli effetti combinati della pandemia e del conflitto in Ucraina hanno dimostrato il livello di fragilita’ raggiunto dalle filiere globali nella loro ostinata ricerca di efficienza economica e logistica.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-signora-delle-merci-di-cesare-alemanni/
https://www.iltascabile.com/societa/logistica-signora-delle-merci/
https://www.lastampa.it/tuttolibri/2023/06/03/recensione/la_logistica_fa_girare_il_mondo_intero_se_funziona_non_la_vedi-12835932/
https://www.rivistastudio.com/i-libri-del-mese-67/
https://www.geopolitica.info/la-signora-delle-merci/