Economia di mercato/Alemanni

Cesare Alemanni – La signora delle merci. Dalle caravelle ad Amazon. Come la logistica governa il mondo – Luiss (2023)

Il futuro delle economie avanzate non avrebbe avuto il colore di milioni di “tute blu” impiegate nella produzione di merci in serie, ma quello di migliaia di “colletti bianchi”, knowledge workers specializzati nel progettare e promuovere linee di prodotto mirate a precisi segmenti di consumatori.
In virtu’ di questa transizione le aziende avrebbero dovuto rinunciare al controllo dell’intero processo produttivo per concentrarsi solo sulle fasi in cui potevano garantire una maggiore efficienza rispetto alla concorrenza, delegando invece all’esterno tutti quei processi in cui non avevano particolari vantaggi rispetto ad aziende specializzate […]
Superati i modelli di produzione di massa, le vocazioni degli occidentali si sono indirizzate verso il progettare e promuovere oggetti, disegnare e comunicare cose.
Le economie avanzate hanno cosi’ sigillato la transizione verso un modello di societa’ “post industriale”, un termine coniato proprio nel 1973, anno zero della trasformazione. Negli ultimi decenni del Novecento ha di conseguenza cominciato a crescere l’importanza di settori come la comunicazione e il marketing e sono diventati sempre piu’ pervasivi termini come brand, identity, value proposition.
Un’enfasi su identita’ e specificita’ dei consumi, valori e differenze che ha un che di schizofrenico dal momento che spesso l’“identita’” dei suddetti brand viene concretamente manufatta negli stessi contesti white label in cui si produce quella dei loro concorrenti.
Marchi che si contendono atleti e celebrita’ a suon di contratti milionari e di narrazioni contrapposte sono in realta’ prodotti spesso nelle stesse fabbriche della Cina meridionale, del Messico o del sud-est asiatico […]
La stessa parola brand, marchio, e’ rivelatrice: quando le aziende smettono di “fare” concretamente oggetti, l’atto di “marchiarli” diviene il loro principale strumento di “produzione” di valore. Un gesto che opera un’apposizione, un transfer quasi alchemico, di valore intangibile. E’ anche a causa di questo processo – legato alla possibilita’ di investire sempre piu’ risorse nella progettazione e nella comunicazione di prodotti – se alcuni brand sono divenuti forze culturali in grado di manipolare estetiche, narrazioni, stili di vita al fine di “plasmare” e fidelizzare profondamente i propri clienti.
E’ sempre grazie a questo processo se, negli ultimi decenni, abbiamo assistito a una proliferazione di offerta senza precedenti e, piu’ in generale, a una crescente differenziazione dei prodotti disponibili sul mercato.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-signora-delle-merci-di-cesare-alemanni/
https://www.iltascabile.com/societa/logistica-signora-delle-merci/
https://www.lastampa.it/tuttolibri/2023/06/03/recensione/la_logistica_fa_girare_il_mondo_intero_se_funziona_non_la_vedi-12835932/
https://www.rivistastudio.com/i-libri-del-mese-67/
https://www.geopolitica.info/la-signora-delle-merci/

Geoeconomia/Alemanni

Cesare Alemanni – La signora delle merci. Dalle caravelle ad Amazon. Come la logistica governa il mondo – Luiss (2023)

Per alcuni versi gli ambiti della Bri (Belt and Road Initiative) si sono dunque estesi ben oltre gli orizzonti originali, includendo contesti geografici e segmenti tematici che inizialmente non erano neppure considerati.
Per altri, la Bri sembra non aver (ancora) risposto alle attese che aveva generato. Questo poiche’ molti dei progetti ventilati inizialmente hanno incontrato problemi di finanziamento, si sono scontrati coi non expedit degli Stati coinvolti o con le sfere d’influenza di poteri regionali e globali ostili al progetto (principalmente Stati Uniti e India).
Negli anni (2015-2018) di maggiore attivita’ finanziaria (rallentata poi dal covid) la Cina ha investito tra i 100 e i 120 miliardi all’anno in progetti Bri. Una cifra notevole ma lontana dai preventivi di partenza che parlavano di triliardi.
Secondo il ricercatore Eyck Freymann, la natura proteiforme della Bri non e’ casuale ma parte integrante del senso piu’ profondo della initiative, la cui dimensione non e’ mai stata quella di un “semplice” progetto infrastrutturale, per quanto maestoso.
Uno degli scopi primari della Bri, secondo Freymann, in realta’ e’ di accrescere la presenza e il rilievo del “brand del potere cinese sulla scena globale” in una cruciale fase di transizione geopolitica e di inasprimento delle relazioni globali. Un brand in cui convivono spontaneamente espansione finanziaria e logistica, infrastructure power tecnologico e soft power politico. Un brand attraverso cui la Cina punta a sostanziare la sua candidatura a nuovo egemone globale.

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Geoeconomia/Alemanni

Casare Alemanni – La signora delle merci. Dalle caravelle ad Amazon. Come la logistica governa il mondo – Luiss (2023)

Gia’ nel post-2008 e in modo ancora piu’ intenso durante la pandemia, si e’ cominciato a discutere di “inversione della globalizzazione” (o “de-globalizzazione”), di decoupling dalla Cina e di reshoring, un termine con cui ci si riferisce alla “rilocalizzazione” delle produzioni, che negli ultimi anni e’ affiorato, come buzzword, prima sulla bocca di politici populisti e in seguito anche nelle agende di moderati e liberal, inclusi i Ceo di diverse multinazionali e il presidente americano Joe Biden. Il cui programma e’ in parte incentrato sul ritorno in America delle manifatture e dei salari a esse connessi.
Presentato a seconda dei casi come strumento strategico per rallentare la crescita della Cina, come necessita’ per il rilancio dell’economia post covid o come viatico a una specie di ritorno a un Eden di equilibri socioeconomici perduti, il reshoring e’ stato uno dei temi piu’ pervasivi e striscianti degli ultimi anni.
Soprattutto dopo che gli effetti combinati della pandemia e del conflitto in Ucraina hanno dimostrato il livello di fragilita’ raggiunto dalle filiere globali nella loro ostinata ricerca di efficienza economica e logistica.

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Economia di mercato/Alemanni

Cesare Alemanni – La signora delle merci. Dalle caravelle ad Amazon. Come la logistica governa il mondo – Cesare Alemanni – Luiss (2023)

Walmart. La cui ascesa si basa, da un lato, sull’aumento di efficienza dei mercati ottenuto dalle liberalizzazioni e dall’altro si nutre della riduzione dei redditi da lavoro che le stesse liberalizzazioni indirettamente producono.
E’ questa dialettica tra efficienza e depressione che permette a Walmart di prosperare. Come detto, il suo modello d’impresa si regge infatti sulla vendita di una quantita’ enorme di cose a bassissimo costo, in modo da compensare i ridotti margini unitari con gli alti volumi di vendita.
E’ evidente che in un mercato del lavoro livellato verso l’alto, Walmart non troverebbe persone disposte ad accettare gli stipendi poco sopra la sussistenza alimentare che, in molti casi, offre. D’altro canto e’ chiaro che senza un gran numero di individui sulla soglia della poverta’, la domanda di prodotti sottocosto non sarebbe cosi’ elevata […]
Secondo i critici di Walmart, le politiche aziendali del colosso, inclusi i prezzi imbattibili, sono complici e concause di un sistema caratterizzato da diseguaglianze sempre piu’ marcate.
Le leggi e i sistemi, in molti casi logistici, che permettono a Walmart di essere cosi’ efficiente nella sua politica dei prezzi sono gli stessi che producono e riproducono le condizioni di indigenza del grosso della sua clientela.
Quello di Walmart sarebbe dunque un fordismo al contrario (da cui il termine waltonism): un regime di accumulazione e crescita in cui l’aumento della produttivita’ e dei consumi avviene non insieme ma a discapito della ridistribuzione della ricchezza.
Secondo il punto di vista opposto, Walmart e’ semplicemente un sintomo di disruptions sociali che sarebbero comunque avvenute in virtu’ della deindustrializzazione dell’Occidente. Un processo in cui una minoranza ha stravinto e moltissimi hanno perso.
In questa prospettiva Walmart si configura anzi come una specie di necessita’. La sua capacita’ di mettere sul mercato prodotti a prezzi stracciati rappresenta quasi una forma di welfare privato in assenza di forme di aiuto pubblico.

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Green New Deal/Alemanni

Cesare Alemanni – La signora delle merci. Dalle caravelle ad Amazon. Come la logistica governa il mondo – Luiss (2023)

[Nel 1973 muove] i primi passi una nuova coscienza ambientale che mette finalmente a fuoco l’emergenza del tema climatico.
Una delle prime industrie a finire sotto sua lente sono i trasporti. E non potrebbe essere altrimenti.
Il trasporto di cose e persone e’, oggi, responsabile di un quarto del consumo di energia al mondo. Un consumo perlopiu’ imputabile ai piccoli mezzi di trasporto urbani, la cui disastrosa inefficienza energetica e’ tanto nota quanto ignorata e, a prescindere dal tipo di carburante, e’ intrinseca al principio di spostare masse da due tonnellate per organismi che pesano, secondo la media planetaria, sessantadue chili ciascuno.
All’opposto si trovano le grandi navi cargo da container, il mezzo energicamente piu’ efficiente per spostare una qualunque massa su una qualunque distanza.
Grazie agli enormi effetti di scala su cui puo’ contare, una grande nave da trasporto rilascia infatti tra i 20 e i 25 grammi di CO2 per tonkilometer, contro i 600 degli aerei e una cifra che oscilla tra i 50 e i 150 per autovetture e camion.
Globalmente “appena” 60mila navi da container riescono, ogni anno, a garantire il trasporto di quasi 11 miliardi di tonnellate di cose.
Il problema tuttavia e’ che le dimensioni raggiunte nel tempo dal settore e dalle stesse navi da container (nel 2007 la piu’ grande al mondo trasportava ottomila scatole, nel 2022 quasi venticinquemila) sono cosi’ spropositate che la loro efficienza energetica unitaria non e’ piu’ sufficiente a garantirne la sostenibilita’.
Per dare un’idea, una nave da container da 8000 Teu consuma 225 tonnellate di carburante al giorno soltanto per mantenere la velocita’ di crociera (in fase di slow-steaming la cifra scende a 150).

Info:
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