Capitalismo/Armao

L’età dell’oikocrazia. Il nuovo totalitarismo globale dei clan – Fabio Armao – Meltemi (2020)


Il dilagare negli anni Novanta del neoliberalismo (l’ortodossia del cosiddetto “Washington Consensus”), e’ agevolato dal fatto che il crollo del comunismo rende superfluo ogni residuo conflitto ideologico: tra democrazia e totalitarismo, o tra libero mercato ed economia di stato.
Persino la Cina vi rinuncia, ormai votata allo sviluppo capitalistico.
Il fallimento dell’unica alternativa storica alla democrazia liberale produce un effetto cascata sul modo occidentale di intendere la politica. Spogliando la democrazia dell’aura retorica che l’aveva circondata durante l’era bipolare, in particolare, ne svela tutte le intrinseche debolezze […] quali la rivincita degli interessi particolari sulla rappresentanza politica, la persistenza delle oligarchie e la proliferazione dei poteri invisibili, tre fattori che tendono a rafforzarsi a vicenda […]
Gli anni Novanta, non a caso, segnano anche il tramonto dei tradizionali partiti di massa e la riscoperta della leadership carismatica, a lungo screditata dall’esperienza dei regimi totalitari del Novecento […]
I leader carismatici tendono, per definizione, a forzare le proprie prerogative e a pretendere di riscrivere le regole; a scavalcare le istituzioni per fare appello al popolo, da cui ritengono di aver ricevuto un’investitura diretta.

Info:
https://www.minimaetmoralia.it/wp/libri/oikocrazia-ovvero-la-distopia-nella-realta/
https://www.lafionda.org/2020/09/13/leta-delloikocrazia-una-lettura-del-saggio-di-fabio-armao/
https://kriticaeconomica.com/letture-kritiche/se-la-distopia-sconfina-nel-reale-letture-kritiche-oikocrazia/
https://www.carmillaonline.com/2020/06/11/leta-del-totalitarismo-neoliberale-e-della-guerra-civile-globale-permanente/

Capitalismo/Streeck

Globalismo e democrazia – Wolfgang Streeck – Feltrinelli (2024)


Deglobalization. Ideas for a New World Economy (Bello 2002). In esso Bello colloca la critica alla globalizzazione nel quadro di un’analisi generale della crisi del capitalismo statale nel dopoguerra e della sua trasformazione neoliberale.
La sua analisi presta particolare attenzione alla governance globale e alle sue istituzioni, tra cui soprattutto la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale e l’Organizzazione mondiale del commercio, organismi che egli descrive come orientati agli interessi e alle esigenze statunitensi e del grande capitale americano e che nei primi anni 2000 sono stati da più parti oggetto di critiche internazionali provenienti dal basso, soprattutto dal Sud globale.
L’ordine economico mondiale da essi amministrato e “vincolato a regole”, come viene definito, e’ secondo Bello in realta’ uno strumento utile alla subordinazione della sovranita’ nazionale e con essa della politica democratica a un insieme unitario di norme che pretendono di avere validita’ universale; norme apparentemente uguali per tutti – grandi e piccoli, ricchi e poveri, Nord e Sud –, ma che sono scritte e applicate da nazioni del Nord ricco del mondo, tra tutte gli Stati Uniti, con un ruolo dominante nelle organizzazioni internazionali.
Nata alla fine del XX secolo, la globalizzazione altro non sarebbe, secondo Bello, che un progetto a sostegno delle grandi imprese occidentali; a esse la governance globale offrirebbe un accesso remunerativo a paesi alla periferia del mondo capitalista che sperano nel proprio “sviluppo”.
Tra gli esempi che Bello menziona vi e’ il trattamento riservato dal Fondo monetario internazionale ai paesi con un debito elevato e i programmi di aggiustamento strutturale loro imposti, cui puntualmente corrisponde un’apertura di essi agli investimenti dell’Occidente a condizioni di mercato, ossia occidentali.
Nell’ultima parte del libro, Bello affronta una serie di proposte di riforma circolanti all’epoca per la modifica delle organizzazioni internazionali trainanti nel processo di globalizzazione.
Pioniere di un’ampia corrente critica antiglobalista sempre piu’ radicale, Bello giunge alla conclusione che l’unico vero obiettivo di una tale resistenza non possa che essere l’abolizione di queste organizzazioni. Nel farlo, egli prende in esame anche Rodrik. Secondo l’autore, Rodrik sosterrebbe la necessita’ di un ritorno “al modello originale di Bretton Woods ideato da Keynes […] in cui le ‘regole lasciavano spazio sufficiente

Info:
https://www.fondazionedivittorio.it/lezione-streeck-limiti-potenzialita-della-ue-egemonie-planetarie-popoli-crisi
https://www.doppiozero.com/wolfgang-streeck-neoliberalismo-e-poi

https://www.corriere.it/la-lettura/24_giugno_21/come-sonnambuli-la-guerra-la-lettura-anteprima-nell-app-1af31e72-2fe1-11ef-8a97-996e27b017a2.shtml
https://ilmanifesto.it/uneuropa-svizzera

Capitalismo/Undiemi

Il ricatto dei mercati. Difendere la democrazia, l’economia reale e il lavoro dall’assalto della finanza internazionale – Lidia Undiemi – Ponte alle Grazie (2014)


La supremazia delle politiche neoliberiste sull’economia generale si regge sulla capacita’ degli americani di finanziare il proprio disavanzo di conto corrente senza i limiti a cui devono invece sottostare i paesi che non emettono moneta di riserva mondiale.
In questo senso, l’economia del debito fondata sul ruolo centrale degli Stati Uniti nel mondo rappresenta il sistema economico-giuridico attraverso cui i costi del sovraconsumo americano, ovvero il deficit pubblico, vengono scaricati sul resto del mondo.
Potremmo chiamarla «la tassa dell’Impero».
Nonostante la stabilita’ del dollaro, la decadenza dell’industria americana, ossia dell’economia reale, e l’alto livello dei consumi interni hanno determinato l’aggravarsi del deficit della bilancia commerciale, finanziato dall’afflusso di capitali dall’estero.
Secondo l’FMI infatti dal 1988 gli Stati Uniti hanno assorbito circa la meta’ della domanda mondiale totale […]
Il risultato di tutto questo e’ un indebitamento interno colossale e disavanzi record nella bilancia commerciale.

Info:
https://www.antimafiaduemila.com/libri/economia/930-il-ricatto-dei-mercati.html
https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/10/20/libri-lidia-undiemi-vi-racconto-il-ricatto-dei-mercati-e-quello-sulleuro/303203/
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-spread_intervista_a_lidia_undiemi_autrice_del_libro_profetico_il_ricatto_dei_mercati/5496_24172/

https://www.carmillaonline.com/2024/03/29/il-salario-minimo-non-vi-salvera/
https://www.lafionda.org/2023/07/05/il-salario-minimo-non-ci-salvera-anzi/

Capitalismo/Streeck

Globalismo e democrazia. L’economia politica del tardo neoliberalismo – Wolfgang Streeck – Feltrinelli (2024)

Nell’autunno del 2020, la stampa economica e il dibattito pubblico erano unanimi nel ritenere che l’esperienza della pandemia avrebbe consolidato e accelerato una tendenza gia’ in atto, ossia l’accorciamento delle catene internazionali di approvvigionamento, di accumulazione del capitale e del valore aggiunto posto in essere dalla globalizzazione all’apice del suo sviluppo.
Interruzioni reali o temute dei flussi globali di materie prime, anche e soprattutto nel campo dei semilavorati, misero in luce la vulnerabilita’ dell’economia e della societa’ che i rapporti reciproci di dipendenza globale producevano e che imprese e consumatori domandavano agli stati, tra gli altri, di risolvere […]
A porsi nel modo piu’ evidente e immediato su tutti fu il problema della filiera dei farmaci, la loro eccessiva lunghezza e la gestione in mano al mercato, non governata dalla politica. Cio’ che si scopri’ e’ che, persino nel caso di produzioni nei ricchi paesi di consumo, la fabbricazione di farmaci in un’economia iperglobalizzata dipendeva spesso da prodotti intermedi provenienti soprattutto da paesi asiatici, dalla Cina perlopiu’, ma anche dall’India. Quando, dopo l’inizio della pandemia, questi paesi interruppero le forniture, per volonta’ o impossibilita’, alcuni farmaci antidolorifici come il paracetamolo cominciarono a scarseggiare negli Stati Uniti e in Europa.
Posta alla merce’ delle forze di mercato, la distribuzione farmaceutica passo’ da infrastruttura sociale qual’ era a settore di produzione commerciale […]
Problemi analoghi sorsero anche in altri settori, scatenando discussioni tanto sotto il profilo dell’approvvigionamento che della sicurezza nazionale, tutte sotto il titolo della sempre piu’ frequente parola d’ordine e formula magica dell’anno: resilienza.
Quello della resilienza divenne l’obiettivo di un’ampia gamma di interventi – horribile dictu – di protezione dal libero commercio mondiale, da parte di aziende, governi o entrambi. Le previsioni indicano, per esempio, come si e’ visto, che l’uso della tecnologia robotica (l’“industria 4.0”) portera’ sempre piu’ a un rientro della produzione industriale nei paesi di provenienza – a un reshoring (“rilocalizzazione”) in luogo dell’offshoring (“delocalizzazione”) – con una conseguente reindustrializzazione del Nord globale.

Info:
https://www.fondazionedivittorio.it/lezione-streeck-limiti-potenzialita-della-ue-egemonie-planetarie-popoli-crisi
https://www.doppiozero.com/wolfgang-streeck-neoliberalismo-e-poi

https://www.corriere.it/la-lettura/24_giugno_21/come-sonnambuli-la-guerra-la-lettura-anteprima-nell-app-1af31e72-2fe1-11ef-8a97-996e27b017a2.shtml
https://ilmanifesto.it/uneuropa-svizzera

Capitalismo/Undiemi

Il ricatto dei mercati. Difendere la democrazia, l’economia reale e il lavoro dall’assalto della finanza internazionale – Lidia Undiemi – Ponte alle Grazie (2014)


La struttura governativa tipica del neoliberismo si fonda sulla coesistenza dei sistemi normativi nazionali e sovranazionali.
Le leve giuridiche ed economiche vengono mosse a seconda delle esigenze e della fase del ciclo economico.
Fino a quando i capitali esteri alimentano i mercati, lo Stato gode di un certo grado di autonomia, e i programmi politici della maggioranza non incontrano limitazioni esterne significative alla loro concreta attuazione.
Quando subentra la crisi, la scena politica viene dominata da strutture istituzionali oligarchiche – FMI, istituzioni finanziarie, banche centrali, ecc. – che operano in una sorta di regime di commissariamento.
Che vinca la destra o la sinistra poco importa, l’agenda neoliberista segue un preciso protocollo: assicurare ai capitali privati l’attuazione di salvataggi pubblici e piani di austerita’ a spese della collettivita’; rimodellare il tessuto sociale con una serie di riforme volte a indebolire la classe di lavoratori; privatizzare i settori strategici dell’economia nazionale.
In altri termini, questa governance globale che impatta sulle nazioni in crisi non e’ altro che una clausola di salvaguardia politica di matrice normativa, senza la quale il capitale internazionale sarebbe esposto ai propri fallimenti, che e’ esattamente quello che accadrebbe in un mercato davvero libero.

Info:
https://www.antimafiaduemila.com/libri/economia/930-il-ricatto-dei-mercati.html
https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/10/20/libri-lidia-undiemi-vi-racconto-il-ricatto-dei-mercati-e-quello-sulleuro/303203/
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-spread_intervista_a_lidia_undiemi_autrice_del_libro_profetico_il_ricatto_dei_mercati/5496_24172/

https://www.carmillaonline.com/2024/03/29/il-salario-minimo-non-vi-salvera/
https://www.lafionda.org/2023/07/05/il-salario-minimo-non-ci-salvera-anzi/

Capitalismo/Salmon

La politica nell’era dello storytelling – Christian Salmon – Fazi (2014)


Secondo il premio Nobel per l’economia Paul Krugman, chi difende le politiche dell’austerita’ fa leva su una ‘cattiva metafora’: quella della famiglia indebitata.
«Che fa una famiglia in tali condizioni?», chiedono gli avvocati dell’austerita’. Negozia delle proroghe e stringe la cinghia per rimborsare i suoi creditori.
Da qui a pensare che le nazioni indebitate dovrebbero fare lo stesso non c’e’ che un passo, compiuto allegramente dai colonnelli della ‘regola aurea’.
Negli ultimi trent’anni, la pace sociale non e’ stata forse comprata dai governi, sia di destra sia di sinistra, al prezzo di un aumento del debito? Non e’ forse tempo di risarcimenti, si domandano gli ipocriti del debito sovrano?
«Cos’e’ che non va in questa metafora?», s’interroga Paul Krugman.
La risposta e’ semplice: in una famiglia i ricavi sono indipendenti dalle spese. Si possono quindi ridurre le seconde mantenendo il livello dei primi e sperare di saldare i debiti rateizzando le scadenze dei rimborsi.
Ma a livello nazionale le cose non funzionano cosi’ per una semplice ragione: le spese degli uni sono i ricavi degli altri.
«La tua spesa e’ il mio ricavo e le mie spese sono il tuo ricavo». Se per eliminare il debito di un paese ci si limita a comprimere le spese, «il mio ricavo crolla perche’ tu spendi meno, e il tuo ricavo si contrae perche’ io spendo meno».
Il crollo dei ricavi peggiora il problema del debito, creando una situazione di deflazione da debito che a partire dal 1933 l’economista Irving Fisher ha formulato attraverso questo crudele paradosso: «Piu’ i debitori rimborsano, piu’ il loro debito aumenta». «I momenti buoni per praticare l’austerita’ sono quelli di boom, non i momenti di crisi», affermava dal canto suo Keynes.

Info:
https://www.repubblica.it/cultura/2014/11/24/news/christian_salmon_la_politica_prigioniera_dei_racconti_dei_suoi_leader-101287976/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2015/02/16/politica-nellera-storytelling-renzi-linterprete-vecchia-destra-neo-liberale/1398969/

Capitalismo/Stiglitz

La strada per la libertà – Joseph E. Stiglitz – Einaudi (2024)

Oggi e’ il neoliberismo – la fede nei mercati non regolamentati e senza freni – ad aver portato a enormi disuguaglianze, offrendo terreno fertile ai populisti.
I crimini del neoliberismo comprendono l’aver reso i mercati finanziari liberi di far esplodere la piu’ grande crisi finanziaria nell’arco di tre quarti di secolo; l’aver reso il commercio libero di accelerare la deindustrializzazione; e l’aver reso le grandi aziende libere di sfruttare in egual misura consumatori, lavoratori e ambiente […]
Questa forma di capitalismo non incrementa la liberta’ nella nostra societa’. Ha invece portato alla liberta’ di pochi a spese dei molti. Liberta’ per i lupi; morte per le pecore.
Problemi simili si presentano a livello internazionale, rivelando interessanti e importanti correlazioni tra il concetto di regole e l’ideale di liberta’. Non che la globalizzazione proceda senza regole, ma quelle regole garantiscono liberta’ e impongono costrizioni in modi che generano ovunque lo stesso destino divergente per lupi e pecore: solamente, i lupi e le pecore sono distribuiti in diverse regioni e nazioni del mondo.
Insite nei cosiddetti «trattati di libero scambio» ci sono regole che riducono la liberta’ dei Paesi in via di sviluppo, dei mercati emergenti e delle persone che li’ vivono, mentre ampliano la liberta’ di sfruttamento da parte delle multinazionali.

Capitalismo/Volpi

I padroni del mondo – Alessandro Volpi – Laterza (2024)


Una considerazione generale, a questo punto necessaria, sulla fondamentale differenza tra mercato e capitalismo, due termini che non sono affatto sinonimi.
Il capitalismo, che nell’attuale fase e’ diventato un monopolio finanziarizzato, ha poco a che vedere con il mercato, elemento costitutivo dei processi economici e sociali, necessario per definire il valore di scambio e per garantire la remunerazione individuale e collettiva.
Se la sostanza del mercato e’ il riconoscimento del valore, la dimensione pubblica ne e’ parte integrante (esistono beni che sono cosi’ indispensabili che il mercato stesso determina la loro gratuita’). In tal senso, esistono la giustizia e l’equita’ del mercato, la centralita’ del lavoro e delle risorse nel mercato.
Il capitalismo consiste nella ricerca costante del profitto, a cui subordina qualsiasi altra funzione, a cominciare da quella della definizione di un prezzo che sia reale prima ancora che giusto.
Sarebbe auspicabile dunque separare mercato e capitalismo, per evitare che l’avidita’ di quest’ultimo travolga ogni forma di economia e di societa’ non confinata nella propria chiusa autosufficienza.
Si tratta di una questione prima di tutto culturale e politica.

Info:
https://www.thedotcultura.it/alessandro-volpi-ecco-chi-sono-i-padroni-del-mondo/
https://valori.it/fondi-padroni-mondo-libro-alessandro-volpi/

https://altreconomia.it/chi-controlla-i-padroni-del-mondo/
https://sbilanciamoci.info/i-fondi-dinvestimento-padroni-del-mondo/

Capitalismo/Mattei

L’economia è politica – Clara E. Mattei – Fuori- scena (2023)

Le privatizzazioni, cardine dell’austerita’, riproducono il meccanismo dell’accumulazione primitiva.
Sempre piu’ spesso oggi governi impoveriti vendono la terra da cui numerosi loro cittadini traggono il sostentamento, gettandoli in nuove forme di dipendenza dal mercato.
Nel XXI secolo, per esempio, la corsa alle terre dei Paesi del Sud del mondo, soprattutto in Africa, si e’ acuita. Secondo la Banca Mondiale, dal 2008 al 2012, piu’ di 56 milioni di ettari in tutto il mondo – pari quasi al doppio del territorio italiano – sono stati oggetto di «negoziazione fondiaria». Grosse multinazionali acquistano la terra dal governo o direttamente dai contadini poveri e impongono sgomberi.
Il fenomeno del land grabbing (accaparramento delle terre) è in grande espansione […]
Se aggiungiamo le nuove frontiere della privatizzazione, dall’acqua alla diffusione dei semi geneticamente modificati che i contadini devono comprare da Monsanto o da altre corporation, vediamo che ci sono ancora molte sfere per ampliare la nostra dipendenza dal mercato e dunque la nostra coercizione economica.
L’espropriazione dei mezzi di sussistenza e’ un fenomeno che non si ferma mai: costituisce la linfa vitale del capitalismo. 

Capitalismo/Jappe

Le avventure della merce – Anselm Jappe – Mimesis (2023

Una camicia puo’ scambiarsi sia con un grammo d’oro, sia con dieci chili di grano, sia con un paio di scarpe, ecc. E’ necessario allora che questi differenti valori di scambio abbiano, in ultima analisi, qualcosa in comune: il loro “valore”.
Questa sostanza in comune fra le merci non puo’ essere altro che il lavoro che le ha create: e’ la sola cosa identica in merci altrimenti incommensurabili.
Il lavoro ha la sua misura nella durata, e dunque nella sua quantita’: il valore di ciascuna merce dipende dalla quantita’ di lavoro che e’ stata necessaria a produrla.
A questo riguardo, poco importa in quale valore d’uso si realizzi questo lavoro.
Un’ora utilizzata per cucire un abito o un’ora usata per fabbricare una bomba resta sempre un’ora di lavoro.
Se sono state necessarie due ore per fabbricare la bomba, il suo valore e’ doppio rispetto all’abito, senza tener conto del loro valore d’uso.
La differenza quantitativa e’ la sola che possa esistere tra i valori: se i diversi valori d’uso che hanno le merci non contano per determinare il loro valore, anche i diversi lavori concreti che le hanno create non contano […]
Non si esagera dicendo che il rovesciamento di M-D-M [merce-denaro-merce] in D-M-D’ [denaro-merce-denaro’] racchiude in se’ tutta l’essenza del capitalismo.
La trasformazione del lavoro astratto in denaro e’ l’unico fine della produzione di merci; tutta la produzione di valori d’uso e’ solo un mezzo, un “male necessario”, in vista di una sola finalita’: disporre al termine dell’operazione di una somma di denaro maggiore che all’inizio.
La soddisfazione dei bisogni non e’ piu’ il fine della produzione, ma un aspetto secondario.

Info:
https://ilmanifesto.it/se-la-critica-di-valore-e-denaro-conta-piu-della-lotta-di-classe
https://sinistrainrete.info/marxismo/25682-anselm-jappe-alcuni-punti-essenziali-della-critica-del-valore.html
https://www.sinistrainrete.info/marxismo/29578-roswitha-scholz-critica-del-valore-alla-vecchia-maniera-commenti-sul-conservatorismo-di-sinistra-di-anselm-jappe.html