Geoeconomia/Armao

Fabio Armao – Capitalismo di sangue. A chi conviene la guerra – Laterza (2024)

Non possiamo nasconderci il fatto che da decenni la guerra genera un’intera filiera globale ad alta redditivita’ dotata di una propria autonomia, capace di coinvolgere tutte le sfere del capitalismo: da quella industriale della produzione degli armamenti, a quella commerciale del traffico e della vendita (lecita e illecita) delle armi stesse, fino alla sfera finanziaria delle quotazioni in borsa di societa’ che, grazie al gioco delle fusioni e delle compartecipazioni azionarie, possono arrivare a concentrare risorse e competenze belliche superiori a quelle di molti stati.
E poi c’e’ il variegato universo del «capitale umano», fatto di rappresentanti delle libere professioni coinvolti (imprenditori, avvocati, commercialisti, intermediari e trafficanti); come pure di manodopera, dai dipendenti del comparto delle industrie belliche a – come si e’ visto – «soldati» della piu’ varia natura.
In un contesto simile, in primo luogo, non ha neppure piu’ molto senso parlare di guerre per il petrolio (o per il gas): le variabili esogene di volta in volta coinvolte possono essere le piu’ diverse, ma basta la guerra in se’ a movimentare merci e denaro, a produrre redditi e a garantire profitti speculativi.
Se poi dovessero entrare in gioco anche diamanti, greggio o coltan, tanto di guadagnato.
In secondo luogo, bisogna avere l’onesta’ di ammettere che anche le democrazie rientrano tra i principali azionisti di questo mercato della guerra, cui attingono a piene mani per garantirsi il proprio tenore di vita e i propri tassi di crescita. Tutte distraggono lo sguardo per non vedere il sangue, le distruzioni, lo sfruttamento generati dalla loro domanda inesauribile di beni e risorse; salvo poi indignarsi e gridare all’invasione se, anche soltanto, una minima percentuale delle popolazioni in fuga da quelle terre devastate dalla violenza finisce per ammassarsi alle loro frontiere.

Info:
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/IL_FATTO_QUOTIDIANO_27012024.pdf
https://www.micromega.net/author/fabio-armao/
https://www.globalist.it/culture/2024/03/25/capitalismo-di-sangue-analisi-su-conflitti-globali-e-crisi-economica/

Societa’/Armao

Fabio Armao – Capitalismo di sangue – Laterza (2024)

Il Novecento sembrava aver dimostrato che in guerra intervengono in ultima istanza due fattori: quello materiale degli apparati bellici, che rinvia al rapporto tra pubblico e privato, ovvero tra stato e imprese; e quello immateriale delle motivazioni dei combattenti, che evoca il ruolo delle ideologie, delle relazioni tra il sistema politico e la societa’ civile.
La prima dimensione caratterizza maggiormente quelle che, non a caso, definiamo «grandi potenze»: per il patrimonio di conoscenze, capitali e industrie che determinano la loro superiorita’ nei confronti del resto del mondo – e per la volonta’ di servirsene a fini di conquista. Non e’ casuale che ancora oggi, in tempi di globalizzazione, la produzione e lo smercio di armamenti sia prerogativa di un pugno di paesi […]
La seconda dimensione, quella ideologica, si e’ rivelata piu’ volte l’arma vincente persino in condizioni di straordinaria inferiorita’ strategica. La motivazione dei combattenti, cio’ che determina la loro volonta’ di sacrificare la vita in battaglia, dipende innanzitutto dalla giustizia o meno della propria causa; ma non per come viene propagandata da politici e intellettuali, bensi’ per come e’ percepita e vissuta dai soldati stessi e dalla popolazione che li circonda, il cui sostegno risulta essenziale.

Info:
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/IL_FATTO_QUOTIDIANO_27012024.pdf
https://www.micromega.net/author/fabio-armao/

Geoeconomia/Armao

Fabio Armao – Capitalismo di sangue – Laterza (2024)

Ci sono almeno altri due fattori materiali che sembrano rafforzare l’idea qui sostenuta che la guerra di Putin, contrariamente a quanto si legge e si ascolta troppo spesso sui media, non rappresenta il fallimento della globalizzazione bensi’ e’ la dimostrazione della sua incapacita’ di arrestarsi, del fatto che la sua corsa e’ finita fuori controllo.
Il primo e’ la diversa conformazione che assume oggi l’economia di guerra rispetto ai tempi delle due guerre mondiali. Allora, si era resa necessaria un’attenta pianificazione da parte dei paesi belligeranti: una completa riconversione degli apparati industriali, la gestione centralizzata delle risorse, il ricorso al debito pubblico per finanziare le spese. Oggi, innanzitutto, il mercato sembra del tutto capace di soddisfare le crescenti domande dei contendenti senza, al momento, alterare in maniera evidente i flussi produttivi dei normali beni di consumo: la fornitura di mezzi di distruzione di massa della piu’ varia natura non sembra interferire con quella di auto, computer o cellulari per uso civile […] Sul piano finanziario gli Stati Uniti e i paesi europei si stanno dimostrando capaci di elargire miliardi di dollari e di euro di «aiuti» all’Ucraina sotto forma di armamenti delle proprie aziende e di prestiti finanziati sui mercati finanziari, senza ancora fare ricorso a misure straordinarie (il problema sara’ il debito che ricadra’ sulle prossime generazioni di ucraini). Mentre Putin, dal canto suo, sembra per il momento ancora in grado di far fronte alle spese belliche attingendo agli extraprofitti garantiti dalle esportazioni di gas e petrolio.
Un secondo fattore materiale e’ rappresentato dalle forze in campo. E’ interessante osservare che in questa nuova guerra globale di inizio millennio anche le masse giocano un ruolo alquanto diverso rispetto alle due guerre mondiali. L’Ucraina aggredita, certo, ha dovuto ricorrere alla coscrizione; come, alla fine, lo stesso Putin, con molta piu’ cautela e con non poche difficolta’ create dalla renitenza alla leva di molti giovani. Ma, non diversamente da quanto accade da decenni nei conflitti delle periferie del mondo, sui campi di battaglia vengono schierati anche molteplici gruppi non statali: mercenari, milizie a base etnica, brigate internazionali.

Info:

https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/IL_FATTO_QUOTIDIANO_27012024.pdf
https://www.micromega.net/author/fabio-armao/

Geoeconomia/Armao

Fabio Armao – Capitalismo di sangue – Laterza (2024)

Ci sono almeno altri due fattori materiali che sembrano rafforzare l’idea qui sostenuta che la guerra di Putin, contrariamente a quanto si legge e si ascolta troppo spesso sui media, non rappresenta il fallimento della globalizzazione bensi’ e’ la dimostrazione della sua incapacita’ di arrestarsi, del fatto che la sua corsa e’ finita fuori controllo.
Il primo e’ la diversa conformazione che assume oggi l’economia di guerra rispetto ai tempi delle due guerre mondiali. Allora, si era resa necessaria un’attenta pianificazione da parte dei paesi belligeranti: una completa riconversione degli apparati industriali, la gestione centralizzata delle risorse, il ricorso al debito pubblico per finanziare le spese. Oggi, innanzitutto, il mercato sembra del tutto capace di soddisfare le crescenti domande dei contendenti senza, al momento, alterare in maniera evidente i flussi produttivi dei normali beni di consumo: la fornitura di mezzi di distruzione di massa della piu’ varia natura non sembra interferire con quella di auto, computer o cellulari per uso civile […]
Sul piano finanziario gli Stati Uniti e i paesi europei si stanno dimostrando capaci di elargire miliardi di dollari e di euro di «aiuti» all’Ucraina sotto forma di armamenti delle proprie aziende e di prestiti finanziati sui mercati finanziari, senza ancora fare ricorso a misure straordinarie (il problema sara’ il debito che ricadra’ sulle prossime generazioni di ucraini). Mentre Putin, dal canto suo, sembra per il momento ancora in grado di far fronte alle spese belliche attingendo agli extraprofitti garantiti dalle esportazioni di gas e petrolio.
Un secondo fattore materiale e’ rappresentato dalle forze in campo. E’ interessante osservare che in questa nuova guerra globale di inizio millennio anche le masse giocano un ruolo alquanto diverso rispetto alle due guerre mondiali. L’Ucraina aggredita, certo, ha dovuto ricorrere alla coscrizione; come, alla fine, lo stesso Putin, con molta piu’ cautela e con non poche difficolta’ create dalla renitenza alla leva di molti giovani. Ma, non diversamente da quanto accade da decenni nei conflitti delle periferie del mondo, sui campi di battaglia vengono schierati anche molteplici gruppi non statali: mercenari, milizie a base etnica, brigate internazionali.

Info:
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/IL_FATTO_QUOTIDIANO_27012024.pdf