Dobbiamo ora dire della proposta di affrontare la fine del lavoro con una soluzione radicale, ovvero dissociando il reddito dal lavoro e dunque istituendo un reddito di cittadinanza, o similmente un reddito di base: locuzione preferita per sottolineare la circostanza per cui spetta anche ai non cittadini se residenti regolari, o piu’ precisamente ai «membri di una comunita” nazionale territorialmente definita» […]
Matura invero negli anni Sessanta del secolo scorso il convincimento […] secondo cui la diminuzione di lavoro e dunque di risorse «in conseguenza della automazione cibernetica» e della «meccanizzazione avanzata» avrebbe assunto dimensioni eccezionali: tanto da non consentire di fronteggiarla con gli strumenti di una politica economica keynesiana, ovvero attraverso il sostegno della domanda.
Di qui la proposta, formulata dal futurologo statunitense Robert Theobald, di istituire un «reddito garantito» da concepire come attuazione del diritto di beneficiare di una quota di quanto produce la societa’ nel suo complesso:
Il reddito garantito rappresenta la possibilita’ di mandare ad effetto la fondamentale convinzione filosofica, che ricorre continuamente nella storia umana, per la quale ogni individuo ha diritto a una quota minima della produzione della sua societa’.
La perenne carenza di tutte le cose necessarie nella vita ha impedito fino ad anni recenti il realizzarsi di questo ideale: il sopravvenire di una relativa abbondanza nei Paesi ricchi da’ ora all’uomo il potere di raggiungere il fine di provvedere un livello medio di vita per tutti […]
Il reddito garantito di cui parla Theobald consiste in un trasferimento monetario «strettamente individuale» e dunque senza considerazione per il nucleo familiare e la sua composizione.
E’ inoltre «universale» nella misura in cui non viene «vincolato a una verifica della condizione economica», risultando pertanto cumulabile con altri redditi, e soprattutto non e’ sottoposto a condizioni: e’ «libero da obblighi da assolvere in cambio» e in particolare «da prestazioni lavorative o dalla dimostrazione della disponibilita’ al lavoro.
Tutte queste caratteristiche sono acquisite alla successiva riflessione sul reddito di base, acui si sono aggiunte indicazioni di ordine quantitativo.
I piu’ reputano che la misura debba essere «abbastanza contenuta da poterla presentare come sostenibile», ma nel contempo «abbastanza consistente da poter ritenere plausibile che possa fare una grande differenza».
Il tutto considerando evidentemente il contesto in cui il reddito di base viene erogato, motivo per cui si propone di quantificarlo attraverso un parametro universalmente diffuso: il suo importo dovrebbe essere pari a un quarto del prodotto interno lordo pro capite del Paese di riferimento […]
Info:
https://www.ildiariodellavoro.it/abolire-il-lavoro-povero-per-la-buona-e-piena-occupazione-di-alessandro-somma-edizioni-laterza/
https://www.glistatigenerali.com/lavoro-autonomo_dipendenti/abolire-il-lavoro-povero-il-lavoro-non-e-finito-checche-ne-dica-la-politica/
https://www.recensionedilibri.it/2024/02/03/somma-abolire-il-lavoro-povero/
https://www.sinistrainrete.info/lavoro-e-sindacato/27701-lelio-demichelis-lavoro-povero-con-vita-digitale-o-vita-povera-con-lavoro-digitale.html