Societa’/Scheidler

La fine della megamacchina. Sulle tracce di una civiltà al collasso – Scheidler Fabian – Castelvecchi (2024)


La nazione e’ […] una «comunita’ immaginata».
Nessun italiano potra’ mai conoscere i suoi 60 milioni di compatrioti, nessun cittadino statunitense potra’ mai conoscere gli altri 320 milioni di statunitensi e nessun indiano potra’ mai conoscere tutti gli 1,2 miliardi di indiani.
Eppure, ancora oggi, molti credono di far parte di una grande comunita’ di italiani, statunitensi o indiani, di formare una comunita’ con un destino comune, e questo anche quando i propri compatrioti li trattano male ogni giorno.
Per molte persone, l’astrazione della nazione e’ diventata il sostituto di una comunita’ reale, di una effettiva partecipazione e di una vera solidarieta’; tale idea, inoltre, e’ stata in larga misura strumentalizzata per distrarre dai conflitti sociali e per mobilitare le persone […]
L’idea di nazione come comunita’ di popolo, infatti, distrae dalle lotte condotte in nome della giustizia e di una partecipazione autentica che attraversano trasversalmente tutte le societa’. Costruisce un corpo nazionale in cui proprietari di fabbriche e operai, ministri della guerra e soldati collaborano insieme a uno scopo comune superiore. Suggerisce ai singoli di far parte di un grande progetto comune: la costruzione di una gloriosa nazione, una sorta di super-famiglia.
L’idea promette che un po’ del fascino della grandezza nazionale ricada sulle singole e desolate vite degli individui […]
Passo dopo passo, l’idea di nazione doveva essere spogliata del suo contenuto socio-rivoluzionario, gli antagonismi di classe dovevano essere messi in secondo piano e i punti in comune dei rispettivi “popoli” posti in evidenza. I mezzi di comunicazione di massa in rapida espansione fornirono a tal proposito un importante servizio; soprattutto le scuole, l’esercito e l’università divennero centri di indottrinamento dell’idea di nazione […]
Con le bandiere e gli inni, vennero deliberatamente creati dei simboli di identificazione attorno ai quali venne inscenato un culto quasi religioso […]
L’equazione che si volle stabilire si presentava piu’ o meno cosi’: popolo = nazione = Stato.
Che questa manovra potesse riuscire, almeno in parte, e’ un’impresa sorprendente a un esame piu’ attento. Infatti, per tutto il primo periodo moderno e fino al XIX secolo, lo Stato era un’istituzione assolutamente ostile per la maggior parte delle popolazioni europee (per non parlare dei popoli colonizzati): riscuoteva le tasse con la forza, inghiottiva gli uomini per l’apparato militare, imponeva il recupero dei crediti, sottoponeva i poveri a una giustizia draconiana […]
La situazione cambio’ solo quando i governi soddisfecero gradualmente le richieste individuali dei lavoratori: riduzione dell’orario di lavoro, estensione del diritto di voto, misure di protezione del lavoro, assicurazioni sociali.
Questi passi, a loro volta, crearono una parziale fusione di interessi tra lo Stato nazionale e la forza lavoro; lo Stato tutelo’ i “suoi” lavoratori con misure protezionistiche nei confronti di altre forze lavoro, e cosi’ l’ideologia nazionale pote’ trovare un certo terreno di coltura.

Info:
https://www.goethe.de/ins/it/it/sta/rom/ver.cfm?event_id=26236804
https://www.rivoluzioneanarchica.it/fine-della-megamacchina-un-libro-di-fabian-scheidler/

https://www.officinadeisaperi.it/agora/il-senso-delle-parole/cosi-la-megamacchina-neoliberista-sta-distruggendo-il-nostro-mondo-da-il-fatto/
https://www.ilfattoquotidiano.it/fq-newsletter/fatto-for-future-del-26-marzo-2024/

Populismo/De Haas

Migrazioni. La verità’ oltre le ideologie. Dati alla mano – Hein de Haas – Einaudi (2024)

E’ vero che negli ultimi decenni i Paesi occidentali hanno assistito a un incremento dei tassi di immigrazione. E’ altrettanto vero che la quota di immigrati non europei in Europa e in Nord America è cresciuta […]
Si tratta di due dati in linea con l’inversione di tendenza dei flussi migratori globali, dovuta anche al fatto che gli europei hanno smesso di spostarsi in massa in altre parti del mondo.
Tuttavia, l’idea che la migrazione da Sud a Nord si muova sempre piu’ attraverso canali illegali non e’ corroborata da prove. Contrariamente all’opinione diffusa, la stragrande maggioranza dei migranti internazionali, compresi quelli che si trasferiscono da Sud a Nord, si sposta legalmente, con passaporti e visti in regola.
E’ l’interesse mediatico per l’immigrazione illegale ad aver ingigantito a dismisura la portata del fenomeno.
Il dato piu’ autorevole di cui disponiamo per stimare l’entita’ dell’immigrazione illegale e’ il numero di persone arrestate ai confini internazionali, benche’ non si tratti solo di immigrati illegali: una quota piccola ma significativa di quel totale e’ composta di richiedenti asilo, che non rientrano ufficialmente nel computo degli immigrati illegali in quanto cercare asilo all’estero e’ un diritto umano fondamentale.

Info:
https://ilbolive.unipd.it/it/news/societa/undici-miti-sulle-migrazioni-secondo-sociologo
https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/10/01/migranti-il-sociologo-de-haas-i-cambiamenti-climatici-hanno-un-impatto-indiretto-per-gestire-i-flussi-bisogna-ripensare-leconomia/7712706/
https://rbv.biblioteche.it/community/forum/reviews/show/6141

https://ilbolive.unipd.it/it/news/societa/de-haas-ha-contato-22-miti-sul-fenomeno-migratorio
https://ilmanifesto.it/hein-de-haas-varcate-le-frontiere-uomini-e-donne-stipati-nei-luoghi-comuni-della-politica
https://www.lastampa.it/politica/2024/09/29/news/migranti_de_haas_politica_integrazione_accoglienza-14673169/
https://www.ilfoglio.it/politica/2024/06/24/news/ecco-22-miti-da-sfatare-sui-migranti-rifugiati-e-cambiamenti-climatici-6673916/

Lavoro/Mattei

L’economia è politica – Clara E. Mattei – Fuori- scena (2023)

Non basta sfruttare i lavoratori per ottenere merci che producano maggiore valore rispetto al capitale investito; tali merci devono anche essere vendute e questo fatto non e’ per nulla garantito.
Ogni produttore si trova a operare in competizione con tutti gli altri. Per poter sopravvivere, deve vendere le proprie merci meglio degli altri, i quali hanno esattamente lo stesso obiettivo […]
La trincea in cui si consuma la guerra e’ quella dei prezzi. Chi li abbassa vince. E la battaglia sui prezzi e’ inseparabile dalla questione piu’ politica di tutte, ovvero il tasso di sfruttamento.
Cosi’ rientra in gioco il rapporto tra capitale e lavoro, e possiamo comprendere la ragione profonda per cui la crescita della nostra economia, trainata dai capitalisti che sopravvivono, si gioca sulla pelle dei lavoratori.
La tendenza insita nel nostro sistema e’ quella di aumentare il tasso di sfruttamento, non per la crudelta’ dei singoli capitalisti (possono esserlo o meno, e’ secondario) ma per effetto della pressione della competizione reale […]
Se Apple volesse produrre l’iPhone negli StatiUniti invece che nel Sud del mondo, dove puo’ giocare su salari da fame e ritmi di lavoro disumani, e intendesse mantenere lo stesso livello di profitto, dovrebbe venderlo a 30.000 dollari anziche’ a 900. 

Info:
https://www.pde.it/un-libro-al-giorno/leconomia-e-politica-clara-mattei-fuoriscena/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/11/15/davvero-le-scelte-economiche-sono-neutrali-e-inevitabili-no-e-un-luogo-comune-il-libro-di-clara-mattei-spiega-che-in-realta-e-tutta-politica/7354313/
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2023/11/13/leconomia-e-politica-parole-antiche-per-conflitti-del-futuro/7351420/
https://www.sinistrainrete.info/politica-economica/28826-francesco-tucci-ripoliticizzare-l-economia.html

 

Green New Deal/Keen

L’economia nuova. Moneta ambiente complessita’. Pensare l’alternativa al collasso ecologico e sociale – Steve Keen – Meltemi (2023)

La crescita delle nostre economie implica una crescita del nostro impiego di energia.
Una crescita continua non puo’ non tradursi in un’alterazione significativa del nostro pianeta, e la nostra economia, in ultima analisi, finirebbe per distruggere la vita sul pianeta Terra – e questo non ha niente a che fare con il riscaldamento climatico: e’ una conseguenza delle leggi della termodinamica.
In virtu’ della seconda legge della termodinamica, il ricorso all’energia per svolgere lavoro implica la generazione di una quantita’ prevedibile di dissipazione o di scarto. A un ritmo di crescita economica globale sostenuto, come il 2,3% annuo attuale – un tasso di crescita peraltro ritenuto al giorno d’oggi troppo basso, in quanto porterebbe a una crescita continua della disoccupazione – l’energia dissipata aumenterebbe la temperatura sulla superficie della Terra di 100°C per il venticinquesimo secolo.
A un tasso di crescita globale del 2,3% (scelto convenientemente perche’ rappresenti un aumento di ordine 10 ogni secolo), raggiungeremmo la temperatura a cui l’acqua bolle in circa quattrocento anni da oggi […]
Non credo sia necessario specificare che la vita sulla Terra per allora sarebbe scomparsa del tutto – e il capitalismo ben prima.
L’unico modo in cui la crescita possa essere sostenuta per piu’ di due secoli da oggi richiederebbe che l’umanita’ diventi una “specie multi-planetaria”, per citare Elon Musk. Questo potrebbe effettivamente succedere prima che le leggi della termodinamica ci portino all’estinzione. Tuttavia, il riscaldamento globale non ci concede il lusso dei secoli: abbiamo a stento qualche decennio.

Info:
https://kriticaeconomica.com/letture-kritiche/economia-nuova-steve-keen/
https://che-fare.com/almanacco/politiche/declino-italiano-e-cambiamento-climatico/
https://jacobinitalia.it/salvare-leconomia-da-se-stessa/
https://www.carmillaonline.com/2023/10/18/il-morbo-neoclassico/
https://www.micromega.net/baruffe-tra-economisti-la-questione-climate-change/
https://generazioneliberale.com/2023/03/05/keen-galbraith-ha-portato-la-realta-nelleconomia-e-per-questo-e-stato-dimenticato/

Geoeconomia/Undiemi

Il ricatto dei mercati. Difendere la democrazia, l’economia reale e il lavoro dall’assalto della finanza internazionale – Lidia Undiemi – Ponte alle Grazie (2014)

Dopo la fase di espansione economica del secondo dopoguerra, si manifesta quella che Andre Gunder Frank definisce «economia del debito», un’economia cioe’ alimentata da un susseguirsi di recessioni sempre piu’ acute e riprese cicliche gestite con misure di stabilizzazione – smantellamento del welfare state e abbandono della spesa pubblica in primis – che vennero adottate in Occidente a prescindere dall’indirizzo politico che caratterizzava i paesi coinvolti in quel periodo storico: prima la Gran Bretagna, poi la Francia seguita da Portogallo, Spagna, Grecia e Italia; stessa cosa avvenne nei paesi dell’Est e del Sud del mondo.
Privatizzazioni, austerita’ e liberalizzazione dei mercati sono stati i tre pilastri del Washington Consensus per tutti gli anni Ottanta e Novanta […]
Il fattore scatenante fu l’improvviso aumento dei tassi di interesse legati al dollaro (dal cinque-sei per cento al venti-ventuno per cento) causato dall’inversione di tendenza impressa da Paul Volker, presidente della Federal Reserve dal 1979 al 1987, il quale, con l’adozione delle politiche monetariste restrittive promosse da Milton Friedman, tento’ di porre rimedio alla caduta del valore del dollaro.
I paesi debitori videro cosi’ schizzare verso l’alto il valore del proprio debito in dollari restando intrappolati nel pagamento di somme via via crescenti.
La risposta fu l’imposizione delle politiche di austerità, secondo il modello classico dell’FMI.

Info:
https://www.antimafiaduemila.com/libri/economia/930-il-ricatto-dei-mercati.html
https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/10/20/libri-lidia-undiemi-vi-racconto-il-ricatto-dei-mercati-e-quello-sulleuro/303203/
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-spread_intervista_a_lidia_undiemi_autrice_del_libro_profetico_il_ricatto_dei_mercati/5496_24172/
https://www.carmillaonline.com/2024/03/29/il-salario-minimo-non-vi-salvera/

https://www.lafionda.org/2023/07/05/il-salario-minimo-non-ci-salvera-anzi/

Europa/Tocci

La grande incertezza. Navigare le contraddizioni del disordine globale – Nathalie Tocci – Mondadori (2024)

Per potersi difendere in un mondo conflittuale, bisogna investire sulla difesa. Ma se e’ vero che «quanto» si spende e’ importante, lo e’ altrettanto il «come».
Negli anni dell’ordine liberale internazionale non solo diminuirono le spese militari ma cambio’ anche lo scopo della difesa nei paesi occidentali. In Europa, la necessita’ percepita di una difesa territoriale del continente calo’ sensibilmente, mentre prese quota l’idea che le forze armate servissero per operazioni cosiddette «di spedizione», ossia mirate a gestire e stabilizzare crisi – spesso guerre civili – negli angoli più remoti del globo […]
In tutti questi casi, che in gergo Nato venivano definiti «fuori area» (ossia fuori dall’area geografica in cui si applica la difesa collettiva della Nato), serviva certamente la forza militare, ma si trattava di capacita’ specifiche, in prevalenza nell’ambito aeronautico e marittimo, cosi’ come nelle forze speciali e di antiterrorismo.
Inoltre, non dovendosi realmente preparare alla protezione del territorio, l’industria della difesa europea si e’ concentrata sulla produzione di pochi, selezionati sistemi d’arma tecnologicamente avanzati, piu’ che sulla produzione in massa di assets a basso o medio contenuto tecnologico.
Questo ha portato al consolidamento nel settore, con la dismissione di fabbriche di armi nella ricerca di maggiore efficienza, e la cessazione di produzione di segmenti poco profittevoli come quello delle munizioni.
Ora lo scenario strategico si e’ capovolto.
La priorita’ non e’ piu’ quella di partecipare a missioni in giro per il mondo, ancor meno a operazioni mirate al cambio di regime in paesi autoritari. La priorita’ e’ tornata a essere la difesa nel senso piu’ tradizionale del termine: il continente europeo e’ in guerra e la sua sicurezza territoriale minacciata.
D’un tratto gli eserciti hanno ripreso a essere rilevanti e ci sono paesi europei che considerano di introdurre nuovamente la leva.
In quanto a capacita’ militari, non servono solo qualche nave e caccia ad alto contenuto tecnologico, ma molti carri armati, sistemi di difesa aerea, missili, munizioni e pezzi di ricambio, in alcuni casi dotazioni che credevamo appartenenti al passato. Questo perche’ la guerra in Ucraina manifesta caratteristiche tanto da XX quanto da XXI secolo.
Per certi versi e’ una guerra di ieri, fatta di centinaia di migliaia di soldati in trincea, di carri e di artiglieria pesante. Per altri versi e’ una guerra di domani, fatta di droni, satelliti e attacchi cibernetici.
Per combattere una guerra vecchia e nuova al tempo stesso, serve tanto di tutto.

Info:
https://formiche.net/2024/10/grande-incertezza-libro-nathalie-tocci/#content

 

Economia di mercato/Saito

Il capitale nell’Antropocene – Kohei Saito – Einaudi (2024)


La trappola della produttivita’.
Per affrontare di petto la «trappola della crescita economica», Rockstrom sostiene che occorre prendere in considerazione l’opzione di rinunciarvi del tutto.
E la ragione e’ semplice. Rinunciando alla crescita, e riducendo cosi’ la scala dell’economia, si ottiene in cambio la possibilita’ di raggiungere molto piu’ facilmente gli obiettivi di riduzione delle emissioni di anidride carbonica.
Si tratta di una decisione che punta a fermare il processo di distruzione ambientale e a mantenere condizioni di prosperita’ per l’essere umano.
Una decisione che pero’ e’ inaccettabile dal punto di vista capitalista. E questo perche’ il capitale ha in serbo per noi un’altra trappola, quella della produttivita’.
Nel tentativo di ridurre i costi, il capitalismo tenta di aumentare la produttivita’ del lavoro. Se questa cresce, diventa possibile produrre gli stessi quantitativi con un numero minore di persone. In questo caso, a parita’ di scala dell’economia, nasce il fenomeno della disoccupazione.
Il problema e’ che sotto il capitalismo i disoccupati non hanno mezzi di sussistenza, e i politici non gradiscono un alto tasso di disoccupazione. Per questo, allo scopo di mantenere l’occupazione, esercitano continuamente forti pressioni per espandere le dimensioni dell’economia. Espandere la produzione significa inevitabilmente espandere anche la scala dell’economia. Ecco «la trappola della produttivita’».
Il capitalismo e’ incapace di sottrarvisi, e nello stesso tempo non e’ in grado di rinunciare alla crescita economica. E cosi’, anche tentando di opporsi ai cambiamenti climatici, aumenta il consumo delle materie prime, cadendo stavolta nella «trappola della crescita economica»

Info:
https://www.sinistrainrete.info/marxismo/29907-city-strike-genova-saito-1-vs-saito-2-ecologismi-a-confronto.html
https://www.einaudi.it/approfondimenti/intervista-saito-kohei/

https://www.cdscultura.com/2024/02/il-capitale-nellantropocene/
https://businessweekly.it/recensioni-libri-business/il-capitale-nellantropocene-il-capitalismo-e-responsabile-della-crisi-climatica/

https://www.micromega.net/il-capitale-antropocene-marx
https://naufraghi.ch/dinosauro-non-e-marx-ma-il-capitalismo/
https://www.antropocene.org/index.php/321-saito
https://journals.openedition.org/anuac/484?lang=it

Capitalismo/Volpi

I padroni del mondo – Alessandro Volpi – Laterza (2024)


Una considerazione generale, a questo punto necessaria, sulla fondamentale differenza tra mercato e capitalismo, due termini che non sono affatto sinonimi.
Il capitalismo, che nell’attuale fase e’ diventato un monopolio finanziarizzato, ha poco a che vedere con il mercato, elemento costitutivo dei processi economici e sociali, necessario per definire il valore di scambio e per garantire la remunerazione individuale e collettiva.
Se la sostanza del mercato e’ il riconoscimento del valore, la dimensione pubblica ne e’ parte integrante (esistono beni che sono cosi’ indispensabili che il mercato stesso determina la loro gratuita’). In tal senso, esistono la giustizia e l’equita’ del mercato, la centralita’ del lavoro e delle risorse nel mercato.
Il capitalismo consiste nella ricerca costante del profitto, a cui subordina qualsiasi altra funzione, a cominciare da quella della definizione di un prezzo che sia reale prima ancora che giusto.
Sarebbe auspicabile dunque separare mercato e capitalismo, per evitare che l’avidita’ di quest’ultimo travolga ogni forma di economia e di societa’ non confinata nella propria chiusa autosufficienza.
Si tratta di una questione prima di tutto culturale e politica.

Info:
https://www.thedotcultura.it/alessandro-volpi-ecco-chi-sono-i-padroni-del-mondo/
https://valori.it/fondi-padroni-mondo-libro-alessandro-volpi/

https://altreconomia.it/chi-controlla-i-padroni-del-mondo/
https://sbilanciamoci.info/i-fondi-dinvestimento-padroni-del-mondo/

Stato/Salmon

La politica nell’era dello storytelling – Christian Salmon – Fazi (2014)


Nel corso degli ultimi trent’anni, la condizione politica e’ stata profondamente rimaneggiata sotto l’effetto della rivoluzione neoliberista attuata all’inizio degli anni Ottanta dai governi di Ronald Reagan negli Stati Uniti e di Margaret Thatcher nel Regno Unito, che hanno progettato la fine dello Stato sociale e l’abbandono delle politiche keynesiane che avevano ispirato l’operato di tutti i governi occidentali dal dopoguerra in poi.
A partire dagli anni Novanta la rivoluzione neoliberista, che ha messo in atto un programma di ‘deperimento’ dello Stato, e’ stata raggiunta e sostenuta dalla rivoluzione digitale, dalla TV via cavo e dallo sviluppo di Internet, che hanno sconvolto le condizioni sociali e tecniche della comunicazione politica […]
Questa condizione e’ caratterizzata da una crisi generale di fiducia e di rappresentazione; la crisi del debito non ne e’ che un aspetto che ne vela numerosi altri: crisi della sovranita’ dello Stato, crisi della parola dello Stato, crisi della sigla dello Stato…
Questa crisi si manifesta ovunque nelle democrazie occidentali, ma e’ rafforzata in Europa da quella che si ha l’abitudine di chiamare ‘costruzione’ europea, che e’ sempre piu’ imparentata a una ‘decostruzione’ della sovranita’ statale […]
La sovranita’ riposa su una doppia realta’: il potere e un dispositivo di rappresentazione, una potenza d’agire, di essere efficace, e un certo simbolismo dello Stato.
E’ questa doppia realta’ che la costruzione europea ha dislocato.
La coppia costituita dal potere e dal suo dispositivo di rappresentazione si e’ spezzata in due: da un lato, una burocrazia anonima (insediatasi in lontananza, a Bruxelles o a Strasburgo, all’interno di architetture complesse), dall’altro uomini politici disarmati, un re nudo.
Da un lato, decisioni senza volto; dall’altro, volti impotenti.
Da un lato un’azione senza rappresentazione percepita come non democratica; dall’altro, una rappresentazione senza potere.
Il risultato di questo dislocamento: l’azione e’ percepita come illegittima e la parola ha perso ogni credibilita’.

Info:
https://www.repubblica.it/cultura/2014/11/24/news/christian_salmon_la_politica_prigioniera_dei_racconti_dei_suoi_leader-101287976/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2015/02/16/politica-nellera-storytelling-renzi-linterprete-vecchia-destra-neo-liberale/1398969/

Societa’/Stiglitz

La strada per la libertà. L’economia e la societa’ giusta – Joseph E. Stiglitz – Einaudi (2024)


Quando il governo interviene e impone tasse, prendendosi parte dei nostri sudati guadagni, spesso lo percepiamo come una liberta’ che ci viene sottratta.
Capiamo come questi interventi pubblici possano apparire coercitivi, perche’ riducono le nostre possibilita’ di scelta diminuendo il nostro reddito.
I libertarians in particolare fanno della costrizione a pagare le tasse un grosso problema. Lo considerano un furto della loro liberta’. Credono di avere il diritto fondamentale di spendere il loro denaro come preferiscono, dato che sostengono che i loro redditi elevati sono il risultato del loro duro e onesto lavoro, dell’energia creativa e dell’abilita’ negli investimenti (e, si potrebbe aggiungere per molti, della loro bravura nello scegliersi i genitori giusti) […]
Nella maggior parte dei casi non c’e’ legittimita’ morale nei redditi di mercato.
Risulta evidente quando tali redditi derivano dallo sfruttamento, che si tratti dello schiavismo del XVII e XVIII secolo, del colonialismo e della tratta dell’oppio del XIX secolo, o del potere di mercato e della pubblicita’ seducente e ingannevole del XX […]
Non c’e’ giustificazione morale nel permettere ai ricchi di conservare i redditi ottenuti da guadagni illeciti invece di distribuirli alle persone a basso reddito, soprattutto quando i redditi di queste ultime sarebbero potuti essere piu’ alti se i diritti di proprieta’ fossero stati definiti e assegnati in modo diverso e forse piu’ appropriato.

Info:
https://sbilanciamoci.info/stiglitz-il-neoliberalismo-e-un-fallimento/
https://ilpontedem.it/2024/06/22/joseph-e-stiglitz-la-strada-per-la-liberta-economia-e-buona-societa/

https://www.milanofinanza.it/news/la-lezione-del-nobel-joseph-e-stiglitz-un-capitalismo-progressivo-per-una-societa-giusta-202309152206147720
https://www.open.online/2024/11/22/il-premio-nobel-stiglitz-per-litalia-conseguenze-pessime-dalla-firma-del-patto-di-stabilita/

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2024/11/22/il-nobel-per-leconomia-stiglitz-la-ue-e-tornata-allausterita-con-donald-paghera-due-volte/7776961/