L-eclissi-del-reddito-da-lavoro-1.pdf (127 download )
Come nella precedente del 2023, questa edizione e’ una selezione dei post piu’ significativi sul tema del lavoro, pubblicati nel blog www.pericopidieconomia.info, edito dal 2020.
Rispetto alla precedente, questa pubblicazione e’ rinnovata nella struttura e aggiornata al giugno 2025.
L’argomento e’ suddiviso in tre capitoli che riguardano il lavoro nell’era del capitalismo neoliberista, i suoi sviluppi e le innovazioni durante l’attuale era digitale, infine le prospettive che il futuro prossimo ci riservera’.
Il blog Pericopi di economia, lo ricordiamo, e’ una sorta di rassegna stampa, tutt’altro che obiettiva, su vari argomenti che sono stati oggetto di pubblicazioni librarie edite nel XXI secolo.
Tag: reddito
Lavoro/Chicchi
Manifesto per il reddito di base – Federico Chicchi, Emanuele Leonardi – LATERZA (2018)
Gli scenari per una possibile implementazione del reddito di base sono tre.
Quello turbo-capitalistico, ventilato dai magnati della Silicon Valley, il cui ragionamento suona piu’ o meno cosi’: il lavoro manifatturiero si riduce sotto i colpi dell’automazione; l’attivita’ collettiva in rete produce dati su cui i monopolisti del web guadagnano cifre astronomiche; e’ giusto dunque che qualche briciola finisca a sfamare i produttori effettivi.
Una proposta che sembra rivendicativa o addirittura oppositiva, ma che in realta’ conferma il modello predatorio del capitalismo digitale: si accetterebbe una misera regalia da parte di imprenditori straricchi in cambio della rinuncia al potere decisionale sui modelli di vita e di lavoro della societa’.
Una seconda opzione e’ quella social-democratica: uno Stato finalmente riavutosi dalla sbornia neoliberale tornerebbe a fare il suo mestiere, quello di ridurre il tasso di sfruttamento per stabilizzare il regime di accumulazione (in questo caso trainato dalla finanza).
Di nuovo: obbedienza in cambio di pace sociale, riconoscimento delle nuove forme di produttivita’ diffusa, integrazione attraverso consumi sempre piu’ apparentemente personalizzati e invece sempre piu’ identici, nessuna autonomia e scarso potere sulla composizione qualitativa della produzione.
Si arriverebbe cosi’ a un nuovo compromesso sociale, basato su una mediazione post salariale presumibilmente gestita da una democrazia post rappresentativa. Si tratta di un tentativo di riformismo alto, cui auguriamo la miglior fortuna. Il divorzio tra logica del valore e logica delle ricchezze, tuttavia, riduce drasticamente i margini di manovra: quanta crescita economica puo’ ancora sopportare il pianeta e, soprattutto, quanta mercificazione si vuole ancora infliggere al corpo sociale? No, liberazione della tecnologia e autonomia dei produttori stanno altrove, nella terza tipologia di reddito di base: quella conflittuale.
Info:
https://ilmanifesto.it/il-reddito-e-di-base
https://ilmanifesto.it/le-ragioni-del-reddito-di-cittadinanza
https://effimera.org/oltre-manifesto-reddito-base-andrea-fumagalli/
Lavoro/Somma
Abolire il lavoro povero – Alessandro Somma – La- terza (2024)
La crisi economica provocata dalla pandemia ha fornito all’Europa unita l’occasione per tornare sul reddito minimo garantito […]
Una caratteristica fondamentale del reddito minimo garantito, alla base della sua distinzione dal reddito di base, e piu’ precisamente del suo essere funzionale all’edificazione di quanto in area tedesca viene efficacemente definito in termini di «Stato sociale attivatore»: lo Stato che spinge i disoccupati nel lavoro e fonda cosi’ un dovere di lavorare molto diverso da quello cui rinvia il patto di cittadinanza disegnato dalla Costituzione italiana.
Il secondo dovere e’ invero concepito per attuare il compromesso keynesiano ed e’ pertanto una contropartita per la garanzia di diritti concernenti l’emancipazione sociale e individuale […]
La raccomandazione contiene innanzi tutto una definizione della misura come forma di integrazione del reddito di carattere monetario, che mira a perseguire almeno due obiettivi: «combattere la poverta’ e l’esclusione sociale» e «perseguire livelli elevati di occupazione».
La definizione e’ ambigua perche’ sembra alludere al diritto al lavoro cui rinvia il patto di cittadinanza voluto dalla Costituzione italiana, e tuttavia non e’ questo l’intento dell’Europa unita.
Il reddito minimo garantito punta invero ad assicurare il solo diritto di lavorare: mira a spingere i disoccupati nel lavoro attraverso «una condizionalita’ personalizzata e proporzionata alla reintegrazione nel mercato del lavoro», idonea cioe’ a «incoraggiare un maggiore impegno nella ricerca di un impiego e l’accettazione delle offerte di lavoro».
Per promuovere cosi’ l’occupabilita’ in luogo della piena occupazione, o se si preferisce per sostenere l’offerta in luogo della domanda.
Info:
https://www.ildiariodellavoro.it/abolire-il-lavoro-povero-per-la-buona-e-piena-occupazione-di-alessandro-somma-edizioni-laterza/
https://www.glistatigenerali.com/lavoro-autonomo_dipendenti/abolire-il-lavoro-povero-il-lavoro-non-e-finito-checche-ne-dica-la-politica/
https://www.recensionedilibri.it/2024/02/03/somma-abolire-il-lavoro-povero/
https://www.sinistrainrete.info/lavoro-e-sindacato/27701-lelio-demichelis-lavoro-povero-con-vita-digitale-o-vita-povera-con-lavoro-digitale.html
Lavoro/Chicchi
Manifesto per il reddito di base – Federico Chicchi, Emanuele Leonardi – Laterza (2018)
L’obiezione classica al reddito di base – “nessuno fara’ piu’ nulla, i profittatori camperanno sulla fatica di chi ancora lavora” – gira pericolosamente a vuoto. Non solo per il moralismo un po’ patetico del benestante dedito al lusso che bolla come pigro o scansafatiche il povero che rifiuta di farsi mangiare la vita dal lavoro. Ma soprattutto perche’ incapace di riconoscere che l’accumulazione contemporanea poggia sempre di piu’ sulle attivita’ non salariali e non retribuite: non c’e’ nulla di passivo – gia’ ora – nell’operosita’ sociale cui il reddito di base conflittuale darebbe finalmente riconoscimento.
E non e’ tutto: allentando il ricatto del lavoro povero – cio’ l’obbligo di accettare salari indecenti pur di guadagnare qualcosa – il reddito di base aprirebbe un importante spazio di attivazione sociale, radicalmente alternativo a quello punitivo e colpevolizzante del workfare neoliberale – che condiziona fortemente il sostegno economico alla effettiva e attiva ricerca di un impiego.
Questa attivazione sociale, questo modo di agire la partecipazione collettiva rifiuta i criteri di valutazione imposti da istituzioni sottomesse al vangelo dell’austerity per rivendicare il diritto di decidere autonomamente su come stare assieme e su cosa produrre affinche’ tutte e tutti possano godere della liberta’ dal bisogno […]
Il reddito di base conflittuale, in estrema sintesi, fa due cose: svincola il diritto a una vita dignitosa dalla partecipazione allo status di ‘salariato’ (o ‘imprenditore’) e disinnesca il senso di colpa che assale molti di noi nel momento in cui il mercato del lavoro ci sbatte le porte in faccia.
Ci ricorda che siamo produttori collettivi – non individui inadeguati come ci dipingono – e migliora le nostre condizioni di vita. L’effetto complessivo e’ quello di una boccata di liberta’: quella di inquadrare i veri colpevoli che gonfiano i loro portafogli sulla nostra pelle e quella di sperimentare forme di operosita’ produttive di ricchezze e non di valore.
Info:
https://ilmanifesto.it/il-reddito-e-di-base
https://ilmanifesto.it/le-ragioni-del-reddito-di-cittadinanza
https://effimera.org/oltre-manifesto-reddito-base-andrea-fumagalli/
Lavoro/Somma
Abolire il lavoro povero – Alessandro Somma – Laterza (2024)
Il reddito minimo garantito costituisce da decenni un punto fermo nelle politiche sociali della costruzione europea, e in particolare di quelle volte a promuovere la «lotta all’esclusione sociale», come esplicitato dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (art. 153).
La disciplina della misura risulta peraltro ispirata a modelli neoliberali, e in particolare allo schema per cui l’inclusione sociale viene ridotta a inclusione nel mercato nella sua essenza di principale strumento di redistribuzione della ricchezza (cap. 2 par. 1).
Questo schema viene esplicitato anch’esso nel Trattato.
Li’ si menzionano, tra gli obiettivi perseguiti, «la promozione dell’occupazione, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro», oltre a «una protezione sociale adeguata» e «un livello occupazionale elevato e duraturo».
Nel contempo si esprime pero’ la volonta’ di agire nel rispetto dell’ortodossia neoliberale: non ostacolando la «necessita’ di mantenere la competitivita’», sul presupposto che il raggiungimento di quegli obiettivi risultera’ «dal funzionamento del mercato interno» (art. 151) […]
Si sottolineava […] una caratteristica fondamentale del reddito minimo garantito, alla base della sua distinzione dal reddito di base, e piu’ precisamente del suo essere funzionale all’edificazione di quanto in area tedesca viene efficacemente definito in termini di «Stato sociale attivatore»: lo Stato che spinge i disoccupati nel lavoro e fonda cosi’ un dovere di lavorare molto diverso da quello cui rinvia il patto di cittadinanza disegnato dalla Costituzione italiana.
Info:
https://www.ildiariodellavoro.it/abolire-il-lavoro-povero-per-la-buona-e-piena-occupazione-di-alessandro-somma-edizioni-laterza/
https://www.glistatigenerali.com/lavoro-autonomo_dipendenti/abolire-il-lavoro-povero-il-lavoro-non-e-finito-checche-ne-dica-la-politica/https://www.recensionedilibri.it/2024/02/03/somma-abolire-il-lavoro-povero/
https://www.sinistrainrete.info/lavoro-e-sindacato/27701-lelio-demichelis-lavoro-povero-con-vita-digitale-o-vita-povera-con-lavoro-digitale.html
Stato/Piketty
Uguaglianza. Che cosa significa e perche’ e’ importante – Thomas Piketty, Michael J. Sandel – Feltrinelli (2025)
Storicamente l’ascesa dello stato sociale e’ stata resa possibile dalla crescita dei sindacati, dei fondi di previdenza sociale e dei contributi sociali per pagare questi fondi, ma anche dalla crescita di una tassazione veramente progressiva e da un enorme ridimensionamento del divario salariale, del divario di reddito e del divario di ricchezza.
Conosciamo tutti la storia nei suoi tratti fondamentali, ma a volte le persone dimenticano che molti Paesi hanno assistito all’ascesa dello stato sociale: non soltanto la Svezia, la Germania, la Francia, la Gran Bretagna, ma anche gli Stati Uniti, che per molti decenni del ventesimo secolo hanno avuto un’aliquota massima di imposta sul reddito all’80 o al 90 per cento.
Dal 1930 al 1980, l’aliquota massima dell’imposta sul reddito e’ stata in media dell’82 per cento.
Il che, a quanto pare, non ha distrutto il capitalismo statunitense. Semmai, e’ stato il periodo in cui la produttivita’ dell’economia statunitense in termini di reddito nazionale per ore di lavoro e’ stata la piu’ alta al mondo, con il divario piu’ ampio rispetto agli altri Paesi.
Perché cio’ e’ avvenuto? Perche’ all’epoca negli Stati Uniti l’istruzione era piu’ diffusa, cosa evidente in una certa misura nel ventesimo secolo.
A meta’ del secolo scorso il divario educativo tra gli Stati Uniti e gli altri Paesi era enorme. Negli anni cinquanta, il 90 per cento dei giovani statunitensi frequentava le scuole superiori. All’epoca, in Germania, in Francia e in Giappone la percentuale andava dal 20 al 30 per cento, e abbiamo dovuto aspettare fino agli anni ottanta per arrivare a un accesso quasi universale alla scuola superiore. Ed e’ questa la chiave della prosperita’.
A meta’ del ventesimo secolo, il fatto di avere un’aliquota d’imposta dell’80 o del 90 per cento sui piu’ alti redditi e sulle piu’ grandi ricchezze ereditate non ha avuto conseguenze negative in nessun ambito importante. Questo ridimensionamento dei divari di reddito, di ricchezza e di salario e’ stato determinato non soltanto dalla tassazione progressiva, ma anche dal salario minimo e da un maggiore ruolo dei rappresentanti sindacali dei lavoratori, che in futuro vorrei avessero molto piu’ potere nei consigli di amministrazione delle aziende.
Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/una-breve-storia-dell-uguaglianza-di-thomas-piketty/
https://www.doppiozero.com/piketty-e-sandel-la-sfida-delluguaglianza
https://www.casadellacultura.it/1305/la-storia-maestra-di-uguaglianza
https://www.repubblica.it/venerdi/2025/04/30/news/thomas_piketty_ricchi_e_poveri_uguaglianza-424157531/
https://www.corriere.it/economia/finanza/20_novembre_25/piketty-l-uguaglianza-conquistatadella-svezia-1cf028a0-2f59-11eb-92d0-88841ccfa2bb.shtml
Lavoro/Somma
Abolire il lavoro povero – Alessandro Somma – La- terza (2024)
Dobbiamo ora dire della proposta di affrontare la fine del lavoro con una soluzione radicale, ovvero dissociando il reddito dal lavoro e dunque istituendo un reddito di cittadinanza, o similmente un reddito di base: locuzione preferita per sottolineare la circostanza per cui spetta anche ai non cittadini se residenti regolari, o piu’ precisamente ai «membri di una comunita” nazionale territorialmente definita» […]
Matura invero negli anni Sessanta del secolo scorso il convincimento […] secondo cui la diminuzione di lavoro e dunque di risorse «in conseguenza della automazione cibernetica» e della «meccanizzazione avanzata» avrebbe assunto dimensioni eccezionali: tanto da non consentire di fronteggiarla con gli strumenti di una politica economica keynesiana, ovvero attraverso il sostegno della domanda.
Di qui la proposta, formulata dal futurologo statunitense Robert Theobald, di istituire un «reddito garantito» da concepire come attuazione del diritto di beneficiare di una quota di quanto produce la societa’ nel suo complesso:
Il reddito garantito rappresenta la possibilita’ di mandare ad effetto la fondamentale convinzione filosofica, che ricorre continuamente nella storia umana, per la quale ogni individuo ha diritto a una quota minima della produzione della sua societa’.
La perenne carenza di tutte le cose necessarie nella vita ha impedito fino ad anni recenti il realizzarsi di questo ideale: il sopravvenire di una relativa abbondanza nei Paesi ricchi da’ ora all’uomo il potere di raggiungere il fine di provvedere un livello medio di vita per tutti […]
Il reddito garantito di cui parla Theobald consiste in un trasferimento monetario «strettamente individuale» e dunque senza considerazione per il nucleo familiare e la sua composizione.
E’ inoltre «universale» nella misura in cui non viene «vincolato a una verifica della condizione economica», risultando pertanto cumulabile con altri redditi, e soprattutto non e’ sottoposto a condizioni: e’ «libero da obblighi da assolvere in cambio» e in particolare «da prestazioni lavorative o dalla dimostrazione della disponibilita’ al lavoro.
Tutte queste caratteristiche sono acquisite alla successiva riflessione sul reddito di base, acui si sono aggiunte indicazioni di ordine quantitativo.
I piu’ reputano che la misura debba essere «abbastanza contenuta da poterla presentare come sostenibile», ma nel contempo «abbastanza consistente da poter ritenere plausibile che possa fare una grande differenza».
Il tutto considerando evidentemente il contesto in cui il reddito di base viene erogato, motivo per cui si propone di quantificarlo attraverso un parametro universalmente diffuso: il suo importo dovrebbe essere pari a un quarto del prodotto interno lordo pro capite del Paese di riferimento […]
Info:
https://www.ildiariodellavoro.it/abolire-il-lavoro-povero-per-la-buona-e-piena-occupazione-di-alessandro-somma-edizioni-laterza/
https://www.glistatigenerali.com/lavoro-autonomo_dipendenti/abolire-il-lavoro-povero-il-lavoro-non-e-finito-checche-ne-dica-la-politica/
https://www.recensionedilibri.it/2024/02/03/somma-abolire-il-lavoro-povero/
https://www.sinistrainrete.info/lavoro-e-sindacato/27701-lelio-demichelis-lavoro-povero-con-vita-digitale-o-vita-povera-con-lavoro-digitale.html
Lavoro/Gorz
l filo rosso dell’ecologia – André Gorz – Mimesis (2017)
[Un reddito di esistenza] dev’essere sufficiente perche’ ogni garanzia di un reddito insufficiente funziona come una sovvenzione mascherata ai datori di lavoro: essa li autorizza e incoraggia a creare posti a salario insufficiente e con condizioni di lavoro indegne.
D’altra parte, la rivendicazione della garanzia incondizionata di un reddito sufficiente deve soprattutto significare che il lavoro dipendente non e’ piu’ solo il modo di creazione di ricchezza ne’ il solo tipo di attivita’ il cui valore sociale debba essere riconosciuto. La garanzia di un reddito sufficiente […] deve segnare la rottura tra creazione di ricchezza e creazione di valore […]
La presa di coscienza collettiva, diffusa dai movimenti e dai sindacati di disoccupati e di precari, del fatto che «siamo tutti disoccupati, precari, intermittenti potenziali» non significa soltanto che abbiamo tutti bisogno di essere protetti contro la precarieta’ e le interruzioni del rapporto salariale; significa anche che abbiamo tutti diritto a un’esistenza sociale che non si esaurisce in questo rapporto e non coincide con esso; che contribuiamo tutti alla produttivita’ dell’economia in modo indiretto e invisibile, anche con le interruzioni e le discontinuita’ del rapporto di lavoro.
La ricchezza sociale prodotta e’ un bene collettivo nella creazione del quale il contributo di ciascuno non e’ mai stato, ed e’ oggi meno che mai, misurabile, e il diritto a un reddito sufficiente, incondizionato e universale equivale, in fin dei conti, alla messa in comune di una parte di cio’ che e’ prodotto in comune, consapevolmente o no.
Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/ecologia-politica-di-andre-gorz/
https://it.wikipedia.org/wiki/Andr%C3%A9_Gorz
Lavoro/Somma
Abolire il lavoro povero. Per la buona e piena occupazione – Alessandro Somma – Laterza (2024)
Con riferimento al lavoro subordinato, il tentativo di combattere il lavoro povero ha ispirato la richiesta di stabilire un reddito minimo legale, ovvero di indicare per legge il livello salariale sotto il quale non e’ consentito scendere.
In questa direzione si sono finora mossi molti Paesi europei, ma non anche l’Italia, dove peraltro una prima timida indicazione in tal senso e’ stata fornita da una legge delega riconducibile al Jobs Act. Li’ si e’ prevista l’«introduzione eventualmente anche in via sperimentale del compenso orario minimo», tuttavia solamente nei «settori non regolati da contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente piu’ rappresentative sul piano nazionale» (legge 10 dicembre 2014, n. 183). Una simile previsione non ha peraltro avuto seguito […]
Non sembra che nel prossimo futuro l’Italia possa dotarsi di una disciplina sul reddito minimo legale, esplicitamente esclusa dall’attuale maggioranza.
Le motivazioni addotte nel merito, pur ricalcando alcune preoccupazioni di parte sindacale, rimandano soprattutto alla tradizionale ostilita’ dei neoliberali nei confronti della misura. Questi ultimi la reputano invero un catalizzatore degli effetti negativi tipici degli interventi volti a delimitare il raggio di azione del mercato, tutti inesorabilmente destinati a menomare la sua innata capacita’ di massimizzare profitti: in questo caso di incrementare la domanda di lavoro e con essa i livelli salariali accordati ai lavoratori.
Info:
https://www.ildiariodellavoro.it/abolire-il-lavoro-povero-per-la-buona-e-piena-occupazione-di-alessandro-somma-edizioni-laterza/
https://www.glistatigenerali.com/lavoro-autonomo_dipendenti/abolire-il-lavoro-povero-il-lavoro-non-e-finito-checche-ne-dica-la-politica/
https://www.recensionedilibri.it/2024/02/03/somma-abolire-il-lavoro-povero/
https://www.sinistrainrete.info/lavoro-e-sindacato/27701-lelio-demichelis-lavoro-povero-con-vita-digitale-o-vita-povera-con-lavoro-digitale.html
Lavoro/Somma
Abolire il lavoro povero – Alessandro Somma – Laterza (2024)
Tra coloro i quali reputano che si stia avvicinando la fine del lavoro, e’ diffuso il convincimento che esso debba essere sganciato dal reddito.
Di qui la proposta di un reddito di cittadinanza o di base, ovvero di un beneficio individuale, universale e incondizionato sufficiente quantomeno a consentire ai suoi destinatari di non lavorare.
Alcuni fautori di questa misura la celebrano come corrispettivo per la diffusione del lavoro non retribuito tipica del capitalismo cognitivo, e persino come espediente attraverso cui giungere al superamento del capitalismo tout court.
Le origini del reddito di cittadinanza sono peraltro di tutt’altro segno: prende corpo nel campo neoliberale come espediente con cui rendere accettabile lo sfruttamento lavorativo, e consentire nel contempo di abolire o quantomeno ridimensionare il welfare.
Il reddito di cittadinanza e’ stato al centro di innumerevoli dibattiti, i quali non sono pero’ riusciti a produrre risultati concreti: la misura non ha mai visto la luce.
In sua vece si e’ istituito un reddito minimo garantito, volto a sostituire o integrare il salario sino alla soglia della poverta’ relativa, tuttavia solo a coloro i quali si rendono disponibili al lavoro e alla formazione professionale.
Il reddito minimo garantito e’ cioe’ un beneficio condizionato, utilizzato nell’ambito dello Stato sociale attivatore, per consentire alle imprese di corrispondere salari al di sotto della soglia di poverta’ relativa e ai pubblici poteri di avallare una simile prassi attraverso l’integrazione retributiva nella misura necessaria e sufficiente a raggiungere quella soglia.
Il tutto perseguendo l’occupabilita’ in luogo della piena occupazione, ovvero la capacita’ dei lavoratori di stare sul mercato: finalita’ corrispondente alla sostituzione del diritto al lavoro con il diritto di lavorare.
Info:
https://www.ildiariodellavoro.it/abolire-il-lavoro-povero-per-la-buona-e-piena-occupazione-di-alessandro-somma-edizioni-laterza/
https://www.glistatigenerali.com/lavoro-autonomo_dipendenti/abolire-il-lavoro-povero-il-lavoro-non-e-finito-checche-ne-dica-la-politica/
https://www.recensionedilibri.it/2024/02/03/somma-abolire-il-lavoro-povero/
https://www.sinistrainrete.info/lavoro-e-sindacato/27701-lelio-demichelis-lavoro-povero-con-vita-digitale-o-vita-povera-con-lavoro-digitale.html
