Europa/Somma

Alessandro Somma – Abolire il lavoro povero. Per la buona e piena occupazione – Laterza (2024)

Va detto innanzi tutto che la totalita’ dei Paesi membri dell’Unione europea ha raccolto l’invito a dotarsi di un reddito minimo garantito, ovunque fondato sul meccanismo da cui trae fondamento la sua distinzione dal reddito di base: il sistema delle condizionalita’ nella sua essenza di meccanismo volto a spingere i disoccupati nel lavoro.
Cio’ non esclude peraltro differenze anche notevoli tra le discipline nazionali, in ultima analisi riconducibili al loro collegamento con i vari modelli di sicurezza sociale adottati, concernenti in particolare i requisiti per ottenerlo e la sua durata, oltre che ovviamente la sua entita’.
Diversi sono anche i tempi con i quali si e’ introdotto il reddito minimo garantito, dal momento che in alcuni Paesi cio’ e’ avvenuto molto prima che l’Europa lo chiedesse e in altri molto tempo dopo. Il primo e’ ad esempio il caso della Svezia e dell’Olanda, che hanno adottato la misura rispettivamente nel 1957 e nel 1963. Il secondo e’ il caso dell’Italia: l’ultimo Paese ad averla recepita.
Le ragioni di questo ritardo sono molteplici e in ultima analisi legate a risalenti carenze del sistema di contrasto della poverta’. Tradizionalmente, questo ha invero fatto affidamento sulla solidarieta’ familiare e sulla filantropia degli enti del terzo settore. L’Italia ha inoltre scontato la centralita’ attribuita alle prestazioni fondate sui contributi e in particolare al sistema pensionistico, e subito la frammentarieta’ che caratterizza la base categoriale del sistema di protezione sociale. Il tutto mentre il ruolo attribuito ai livelli di governo locale ha fatto si’ che l’entita’ delle risorse destinate al contrasto della poverta’ fosse inversamente proporzionale alla diffusione della poverta’.

Info:
https://www.ildiariodellavoro.it/abolire-il-lavoro-povero-per-la-buona-e-piena-occupazione-di-alessandro-somma-edizioni-laterza/
https://www.glistatigenerali.com/lavoro-autonomo_dipendenti/abolire-il-lavoro-povero-il-lavoro-non-e-finito-checche-ne-dica-la-politica/
https://www.recensionedilibri.it/2024/02/03/somma-abolire-il-lavoro-povero/

Societa’/Wagenknecht

Sahra Wagenknecht – Contro la sinistra neoliberale – Fazi (2022)

Nell’epoca attuale, a vincere sono soprattutto i proprietari di grandi patrimoni finanziari e aziendali.
La loro ricchezza e il loro potere economico e sociale sono cresciuti moltissimo, negli ultimi decenni.
Tra i vincitori, pero’, c’e’ anche il nuovo ceto medio dei laureati delle grandi citta’, l’ambiente in cui il liberalismo di sinistra e’ di casa.
L’ascesa sociale e culturale di questa borghesia e’ riconducibile agli stessi cambiamenti politici ed economici che hanno reso la vita difficile agli operai dell’industria e agli impiegati nel settore dei servizi, ma anche a molti artigiani e piccoli imprenditori.
Chi pero’ si trova sul carro dei vincitori ha un’altra visione delle regole del gioco, ovviamente diversa da quella di chi ha pescato la carta perdente.
Mentre le differenze di reddito, di prospettive e di mentalita’ aumentavano sempre piu’, cresceva allo stesso tempo anche la distanza fisica. Se mezzo secolo fa i cittadini abbienti e quelli meno privilegiati condividevano spesso gli stessi quartieri e a scuola i loro figli erano compagni di banco, l’esplosione dei prezzi degli immobili e l’aumento degli affitti ha fatto si’ che benestanti e meno abbienti oggi vivano in quartieri distinti. Di conseguenza sono diminuiti i contatti, le amicizie, le convivenze o i matrimoni che vadano oltre il proprio ambiente sociale […]
E’ in questo aspetto che vanno individuate le cause piu’ importanti della distruzione della coesione sociale e della sempre crescente ostilita’. Due persone che vengono da diversi ambienti sociali hanno sempre meno cose da dirsi proprio perche’ vivono in mondi differenti […]
Quarant’anni di liberismo economico, di smantellamento dello Stato sociale e di globalizzazione hanno spaccato a tal punto le societa’ occidentali che la vita reale di molti si muove ormai soltanto nella bolla in cui e’ situata la propria classe.

Info:
https://www.lafionda.org/2022/06/15/recensione-di-contro-la-sinistra-neoliberale-di-sahra-wagenknecht/
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/05/wagenknecht-lespresso.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/06/wagenknecht-domenica-il-sole-24-ore.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/07/wagenknecht-il-fatto-quotidiano.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/11/wagenknecht-lindice-dei-libri-del-mese.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/07/wagenknecht-avvenire.pdf
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-recensione_di_contro_la_sinistra_neoliberale_di_sahra_wagenknecht/39329_46608/

Lavoro/Srniceck

Nick Srniceck, Alex Williams – Inventare il futuro. Per un mondo senza lavoro – Nick Srniceck, Alex Williams – Produzioni Nero (2018)

L’ostacolo piu’ grande al reddito base – e in generale alla realizzazione di una societa’ post-lavoro – non e’ in realta’ di tipo economico, ma politico e culturale: politico perché le forze che si oppongono a questa idea sono estremamente potenti; culturale, perche’ il lavoro e’ profondamente integrato nelle nostre vite come parte della nostra stessa identita’ […]
Uno dei problemi piu’ grandi per l’attuazione di un reddito base e la costruzione di una societa’ post-lavoro, e’ quello di superare la pressione sociale che porta a interiorizzare l’etica del lavoro […]
Lasciarsi alle spalle l’etica del lavoro sara’ dunque un obiettivo ineludibile per qualsiasi futuro tentativo di costruire un mondo post-lavoro […]
Le nostre vite sono sempre piu’ strutturate attorno a un ideale fortemente competitivo, che nel lavorare duro individua il principale strumento di autorealizzazione, e per quanto degradante, sottopagato o scomodo esso sia, il lavoro viene comunque considerato come un bene in se’.
Questo e’ il mantra dei principali partiti politici come della maggior parte dei sindacati: e’ un’idea che spesso deriva dalla retorica del lavoro per tutti […]
La stessa ideologia e’ parallela alla demonizzazione dei disoccupati: i giornali pubblicano titoli che mettono in dubbio la caratura morale di coloro che ricevono i sussidi, i programmi televisivi ridicolizzano i poveri, e lo stereotipo del parassita dello Stato assistenziale e’ ormai un classico.
Il lavoro e’ diventato centrale per la nostra concezione di noi stessi, ed e’ cosi’ profondamente radicato in noi che, di fronte all’idea di lavorare meno, molti rispondono: «E allora cosa farei?».
Il fatto che cosi’ tante persone non riescano neppure a immaginare una vita che abbia significato al di fuori del proprio impiego dimostra quanto in profondita’ l’etica del lavoro abbia plasmato la nostra psiche […]
Questa forma di pensiero lascia intendere un ovvio residuo teologico, giacche’ la sofferenza e’ considerata non solo intrinsecamente significativa, ma come la vera e propria condizione base per una vita che valga la pena vivere: in parole povere, una vita senza sofferenza viene considerata come frivola e vacua.
Questa concezione va rigettata e considerata il residuo di un’epoca storica trascesa da tempo.
La spinta a dare un significato profondo alla sofferenza puo’ magari avere avuto senso in quelle epoche passate in cui poverta’, malattia e fame erano elementi ricorrenti dell’esistenza umana; ma oggi e’ doveroso rifiutarne la logica, e riconoscere che abbiamo superato la necessita’ di fondare il senso delle nostre esistenze sulla quantita’ di sofferenza provata: il lavoro e il dolore che lo accompagna non meritano celebrazione alcuna […]
La pressione che ci spinge ad accettare l’etica del lavoro e’ controbilanciata dal disprezzo che proviamo per i nostri impieghi: oggi, in tutto il mondo, solo il tredici percento delle persone sostiene di ritenere il proprio lavoro interessante.
Spossati e svuotati dal punto di vista fisico, mentale e sociale, i lavoratori vivono le loro occupazioni come fonte di continuo stress. Per la stragrande maggioranza delle persone il lavoro non ha alcun significato, non offre alcun tipo di gratificazione ne’ di redenzione: e’ solo un male necessario che serve a pagare le bollette a fine mese.

Info:
https://www.terrelibere.org/inventare-il-futuro/
https://lacaduta.it/riappropriarsi-del-futuro-secondo-srnicek-e-williams-bb0f904b2d0e
https://www.quadernidaltritempi.eu/liberi-dal-lavoro-il-domani-quasi-possibile/
https://www.anobii.com/books/Inventare_il_futuro/9788880560098/01b82e055beaceae9c
http://www.exasilofilangieri.it/presentazione-del-libro-inventare-futuro-un-mondo-senza-lavoro-n-srnicek-williams/

Lavoro/Montanari

Tomaso Montanari – Dalla parte del torto. Per la sinistra che non c’e’ – Chiarelettere (2020)

L’istituzione di un vero reddito di base. Non e’ un’invenzione del Movimento 5 Stelle: in Italia la prima proposta di reddito minimo garantito venne nel 1997 dalla Commissione Onofri, insediata dal governo Prodi.
L’obiettivo di una simile misura non dovrebbe essere quello di un sostegno temporaneo nella ricerca di un lavoro purchessia: un lavoro spesso non dignitoso o inaccettabilmente distante dalla propria residenza, per esempio. Un lavoro la cui precarieta’ sia incompatibile con la possibilita’ di vivere in modo umano.
Al contrario, il reddito di base serve a liberare non solo dalla schiavitu’ della mancanza di un reddito, ma anche dalla schiavitu’ di una precarieta’ che umilia fino a uccidere ogni soggettivita’ politica.
Chi e’ costretto a vita nella posizione del supplice, cioe’ di colui che dipende dalla benevolenza altrui per la prosecuzione del proprio lavoro (e, dunque, per la propria sopravvivenza), introietta lo stato delle cose come unica dimensione possibile: la mendicita’ ha preso il posto della dignita’.
E’ l’esatto contrario del lavoro della Costituzione: che da’ dignita’, e consente il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione del lavoratore all’organizzazione politica, sociale ed economica del paese

Info:
https://www.carmillaonline.com/2020/02/25/dalla-parte-del-torto/
https://www.forchecaudine.com/dalla-parte-del-torto-a-proposito-dellultimo-libro-di-tomaso-montanari/

https://ilmanifesto.it/la-sinistra-che-verra-dopo-una-lunga-notte/

Lavoro/Fazi

Thomas Fazi, Guido Iodice – La battaglia contro l’Europa. Come un’elite ha preso in ostaggio un continente. E come possiamo riprendercelo – Fazi (2016)

Due strumenti intesi a contrastare il crescente impoverimento della societa’ sono il reddito di cittadinanza e il reddito minimo garantito.
Il primo consiste nel garantire un reddito incondizionato, universale e illimitato nel tempo a tutti i residenti, indipendentemente dalla condizione lavorativa del soggetto; il secondo – gia’ diffuso, in forme diverse, in vari Stati europei – verrebbe invece devoluto solo a chi dispone di un reddito inferiore a una determinata soglia ritenuta di poverta’, dunque ai working poor (coloro che pur disponendo di un lavoro retribuito vivono in ristrettezze economiche) e ai disoccupati, per un periodo temporale definito e condizionato dall’effettiva attivita’ di ricerca lavorativa. Inoltre, il reddito minimo non e’ solitamente garantito su base individuale ma assegnato sulla base dei redditi dell’intero nucleo familiare […]
I due strumenti, a prima vista simili, sono in realta’ radicalmente diversi, e per questo al centro di un acceso dibattito in ambito politico e accademico: la differenza fondamentale del reddito di cittadinanza rispetto al reddito minimo garantito consiste nel fatto che, laddove quest’ultimo si inserisce nella logica dei sistemi di welfare oggi esistenti (generalmente finalizzati a ridurre la poverta’ nei periodi di disoccupazione), il reddito di cittadinanza si inserisce in un paradigma radicalmente diverso, in cui il reddito viene di fatto sganciato dal lavoro.
Secondo i fautori della proposta, questo avrebbe il beneficio, tra le altre cose, di favorire lo sviluppo di tutti quei “lavori” che sono svincolati dalla logica del mercato, tra cui quello degli artisti, dei genitori e dei volontari; secondo i critici, invece, il reddito di cittadinanza, oltre ad andare a beneficio di una larga fetta della popolazione che non ne ha bisogno, avrebbe l’effetto di “depotenziare” la battaglia per una piu’ equa ripartizione dei profitti in ambito lavorativo, prefigurandosi dunque come una forma di “elemosina sociale” finalizzata a portare avanti il processo di svalutazione del lavoro in corso.
Entrambe le posizioni hanno le loro ragioni e i loro torti e meritano di essere approfondite.

Info;
https://fazieditore.it/catalogo-libri/la-battaglia-contro-leuropa/
https://keynesblog.com/2016/07/08/michele-salvati-recensisce-la-battaglia-contro-leuropa-di-thomas-fazi-e-guido-iodice/

Lavoro/Giovannini

Enrico Giovannini – L’utopia sostenibile – Laterza (2018)

Il futuro del lavoro e’ uno dei grandi dibattiti della nostra epoca.
Non c’e’ dubbio che l’accelerazione del progresso tecnologico sia destinata a distruggere moltissimi posti di lavoro, obbligando le persone a riqualificarsi per altre mansioni nel corso della loro vita.
Sulle dimensioni di questo “terremoto del lavoro” gli esperti discutono molto […] Il concetto stesso di lavoro e la sua ripartizione tra le diverse fasce di popolazione potrebbero richiedere una profonda modificazione dei tempi delle prestazioni e della sua organizzazione, con il possibile diffondersi di diverse forme di part-time, di alternanza tra lavoro e formazione, di nuove e piu’ flessibili forme organizzative.
Parallelamente, i pubblici poteri dovranno farsi carico di un maggiore impegno in termini di formazione continua e ammortizzatori sociali e alcuni esperti ritengono che le societa’ saranno costrette ad andare verso forme di reddito minimo garantito, anche se non dobbiamo dimenticare che il lavoro non e’ solo remunerazione, ma anche status nella societa’, interazione con le altre persone e (per molti, anche se non per tutti) soddisfazione nell’impiego del proprio tempo.

Info:
https://www.letture.org/l-utopia-sostenibile-enrico-giovannini/
https://www.pandorarivista.it/articoli/lutopia-sostenibile-enrico-giovannini/
https://www.avvenire.it/economia/pagine/sviluppo-sostenibile-nella-carta-litalia-in-ritardo-sullagenda
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858130766

Capitalismo/Stiglitz

Joseph E. Stiglitz – Invertire la rotta. Disuguaglianza e crescita economica – Laterza (2018)

Come sostiene la Commissione internazionale per la misurazione della performance economica e del progresso sociale, acquisisce sempre più peso, in tutto il mondo, l’idea che il Pil non sia uno strumento efficace per misurare i risultati economici complessivi.
La cosa veramente importante e’ se la crescita e’ sostenibile, se di anno in anno la maggioranza dei cittadini vede aumentare il proprio tenore di vita. […] Non dobbiamo preoccuparci di come sta andando l’economia in media (come ci induce a fare il Pil), ma di come sta andando l’economia per il cittadino medio, andando a guardare, per esempio, il reddito disponibile mediano.
Le cose che stanno a cuore alla gente sono la salute, l’equita’, la sicurezza, ma le statistiche del Pil non riflettono il declino che sta investendo questi settori. Se si prendono in considerazione questi e altri aspetti del benessere sociale, il quadro della performance economica recente dei paesi ricchi diventa molto più fosco.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/stiglitz-invertire-la-rotta/
https://www.laciviltacattolica.it/articolo/invertire-la-rotta-disuguaglianza-e-crescita-economica/
https://www.anobii.com/books/Invertire_la_rotta/9788886323901/0139e4e7f6ac0e8076
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858130735