Stato/Franzini

Disuguaglianze. Quante sono, come combatterle – Maurizio Franzini, Mario Pianta – Laterza (2016)


Per distribuire in modo piu’ equilibrato tra pubblico e privato i guadagni permessi dall’innovazione tecnologica e’ stato proposto di assegnare una quota maggiore di tali vantaggi agli organismi pubblici che hanno favorito la nascita delle nuove tecnologie e ai lavoratori coinvolti.
Gli strumenti utilizzabili includono l’attribuzione a soggetti pubblici di azioni delle imprese ad alta tecnologia che beneficiano della ricerca pubblica; la creazione e l’espansione di banche di investimento pubbliche che potrebbero finanziare progetti rischiosi e ottenere profitti nel caso in cui l’iniziativa abbia successo; la revisione delle norme che regolano la proprieta’ intellettuale anche allo scopo di riconoscere il ruolo svolto dal pubblico nella creazione della conoscenza attraverso il finanziamento della spesa per ricerca e sviluppo.
L’afflusso di maggiori risorse a soggetti pubblici potrebbe da un lato limitare la tendenza dei redditi piu’ alti a crescere ancora e, dall’altro, fornire nuove risorse da destinare alla ricerca di base attualmente sottofinanziata e all’istruzione pubblica, cioe’ a due attivita’ essenziali per sostenere il processo di innovazione.

Info:
https://www.circolidossetti.it/le-radici-economiche-della-disuguaglianza-maurizio-franzini/
https://eticaeconomia.it/autore/maurizio-franzini/
https://www.ilperiodista.it/post/disuguaglianze-cause-e-soluzioni-intervista-a-maurizio-franzini
https://sbilanciamoci.info/disuguaglianze-unanteprima-dal-libro-di-m-pianta-e-m-franzini/

Stato/Dardot

La nuova ragione del mondo. Critica della razionalità neoliberista. Nuova edizione – Pierre Dardot, Christian Laval – Derive Approdi (2019)

Tra le caratteristiche principali dell’epoca no c’e’ tanto la «fine degli Stati nazionali», quanto la relativizzazione del loro ruolo come entita’ integratrici di tutte le dimensioni della vita collettiva: organizzazione del potere politico, elaborazione e diffusione della cultura nazionale, rapporti tra classi sociali, organizzazione della vita economica, livello di occupazione, pianificazione locale, ecc.
Gli Stati tendono a delegare gran parte di queste funzioni alle imprese private, che spesso sono gia’ mondializzate o seguono norme mondiali.
Affidano loro, almeno in parte, il compito di garantire lo sviluppo socioeconomico del paese, come nel caso dei media privati che gestiscono la «cultura di massa».
Assistiamo cosi’ ad una privatizzazione parziale delle funzioni di integrazione, funzioni che non rispondono agli stessi vincoli e agli stessi tempi a seconda che rientrino nella competenza di aziende private o del potere pubblico. Ad esempio nel campo dell’occupazione, in cui le sovvenzioni alle imprese assicurano solo precariamente gli obiettivi di sviluppo e pianificazione a lungo termine del territorio. Oppure nel campo della «cultura» e dell’insegnamento, in cui le imprese private non perseguono gli stessi obiettivi che sono classicamente assegnati allo Stato.
In una situazione del genere, la sovrapposizione della sfera statale con quella privata mina la vecchia distinzione tra interessi privati e interesse generale.
Non solo lo Stato vede intaccati i suoi margini di manovra, ma soprattutto si mette al servizio di interessi oligopolistici specifici, e non esita a delegare loro una parte non trascurabile della gestione sanitaria, culturale, turistica o addirittura «ludica» della popolazione.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-nuova-ragione-del-mondo-di-pierre-dardot-e-christian-laval/
https://ilmanifesto.it/la-trappola-del-capitale-umano
https://www.dianoia.it/public/rcs/rcs_21_34.pdf
https://www.leparoleelecose.it/?p=13014

Economia di mercato/Somma

Abolire il lavoro povero – Alessandro Somma – La- terza (2024)

Fu la reazione alla drammatica crisi economica inaugurata dal crollo di Wall Street del 1929, che mise definitivamente in luce la fallacia del pensiero economico allora dominante.
Il risultato furono le soluzioni elaborate da John Maynard Keynes, il quale dimostro’ come il mercato non tende naturalmente alla piena occupazione e documento’ a monte l’infondatezza dei presupposti su cui si fonda l’economia classica: il risparmio complessivo non tende a coincidere con gli investimenti complessivi e i livelli occupazionali non sono insensibili alla politica monetaria.
Di qui l’indicazione delle modalita’ attraverso cui assicurare un reddito di piena occupazione: politiche redistributive con le quali aumentare la disponibilita’ dei meno abbienti e politiche monetarie capaci di stimolare investimenti privati.
Il tutto sostenuto da politiche di bilancio con cui finanziare investimenti pubblici in deficit nella misura necessaria e sufficiente a colmare la differenza tra spesa privata e reddito di piena occupazione.
E’ diffusa l’opinione secondo cui questo schema avrebbe trovato accoglimento quantomeno implicito nella Costituzione italiana, tanto da essere direttamente collegato al patto di cittadinanza e comunque alle ricette poste alla base dei Trenta gloriosi: epoca non a caso detta del compromesso keynesiano.
Sappiamo invero che al dovere di lavorare fa riscontro il diritto al lavoro, per il cui riconoscimento la Repubblica e’ chiamata a promuovere le condizioni che lo rendono «effettivo» (art. 4).

Info:
https://www.ildiariodellavoro.it/abolire-il-lavoro-povero-per-la-buona-e-piena-occupazione-di-alessandro-somma-edizioni-laterza/
https://www.glistatigenerali.com/lavoro-autonomo_dipendenti/abolire-il-lavoro-povero-il-lavoro-non-e-finito-checche-ne-dica-la-politica/
https://www.recensionedilibri.it/2024/02/03/somma-abolire-il-lavoro-povero/
https://www.sinistrainrete.info/lavoro-e-sindacato/27701-lelio-demichelis-lavoro-povero-con-vita-digitale-o-vita-povera-con-lavoro-digitale.html

Economia di mercato/Keen

L’economia nuova. Moneta ambiente complessita’. Pensare l’alternativa al collasso ecologico e sociale – Keen Steve – Meltemi (2023)


E’ il credito, e non certo il disavanzo pubblico, a rendersi pericoloso quando e’ troppo ampio rispetto al PIL.
E’ la crescita del debito privato, non la crescita del debito pubblico, il miglior indicatore che una crisi economica si sta avvicinando. Ed e’ il debito privato, e non il debito pubblico, che puo’ deprimere l’attivita’ economica quando e’ troppo alto.
Queste intuizioni indicano che il livello del debito privato e del credito sono indicatori economici tanto importanti quanto il tasso di disoccupazione o il tasso d’inflazione, se non di piu’. Dovrebbero essere tenuti sotto attento scrutinio e la politica economica dovrebbe essere orientata a mantenerli a un livello relativamente basso.
Resta da decidere che fare, dunque, della teoria economica neoclassica, una teoria che, non solo ignorando il ruolo del debito privato ma anche sostenendo con vigore il ruolo del finanziamento delle imprese attraverso il debito e non attraverso il conto capitale […] ha contribuito a che il livello odierno del debito privato triplicasse rispetto agli anni Cinquanta e Sessanta.

Info:
https://kriticaeconomica.com/letture-kritiche/economia-nuova-steve-keen/
https://che-fare.com/almanacco/politiche/declino-italiano-e-cambiamento-climatico/
https://jacobinitalia.it/salvare-leconomia-da-se-stessa/
https://www.carmillaonline.com/2023/10/18/il-morbo-neoclassico/
https://www.micromega.net/baruffe-tra-economisti-la-questione-climate-change/
https://generazioneliberale.com/2023/03/05/keen-galbraith-ha-portato-la-realta-nelleconomia-e-per-questo-e-stato-dimenticato/

Stato/Dardot

La nuova ragione del mondo. Critica della razionalità neoliberista. Nuova edizione – Pierre Dardot, Christian Laval – Derive Approdi (2019)

La nuova gestione pubblica ha due dimensioni: da una parte, introduce modalita’ di controllo piu’ fini, che rientrano in una razionalizzazione burocratica piu’ sofisticata; dall’altra, confonde gli obiettivi propri del servizio pubblico allineandoli formalmente sulla produzione del settore privato […]
La tensione tra la centralizzazione degli organismi di auditing e di regolamentazione e la presunta autonomia dei servizi sottomessi alla concorrenza, provoca effetti perversi non trascurabili, spingendo i servizi a concentrarsi ossessivamente sui meccanismi di prestazione senza preoccuparsi troppo del contenuto reale dei loro compiti: un tasso di riuscita per un esame, un tasso di occupazione di letti di ospedale, un rapporto casi trasmessi/casi risolti possono corrispondere a risultati effettivi molto diversi se non a deviazioni molto sensibili quanto alla realta’ del servizio erogato.
Il feticismo della cifra porta l’iperrazionalizzazione alla «fabbricazione di risultati» che sono lungi dal rappresentare miglioramenti reali, tanto piu’ che i dirigenti e i loro sottoposti sono tutti costretti a «fare buon viso a cattivo gioco» e a contribuire alla produzione collettiva di cifre.
Nulla prova che la realta’ coincida sempre con la retorica manageriale e commerciale.
I criteri di valutazione quantitativa non sono quasi mai in accordo con i criteri qualitativi di attenzione ai clienti […]
L’importazione di logiche contabili venute dal mondo economico-commerciale non solo tende ad allontanare dalla realta’ le attivita’ e i loro risultati, ma priva anche del loro contenuto politico i rapporti tra lo Stato e i cittadini. Questi ultimi sono considerati acquirenti di servizi, preoccupati che i loro soldi siano «ben spesi».

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-nuova-ragione-del-mondo-di-pierre-dardot-e-christian-laval/
https://ilmanifesto.it/la-trappola-del-capitale-umano
https://www.dianoia.it/public/rcs/rcs_21_34.pdf
https://www.leparoleelecose.it/?p=13014

Capitalismo/AA. VV.

AA. VV. – Rapporto sulle disuguaglianze nel mondo – La Nave di Teseo (2019)

Negli ultimi decenni, in quasi tutti in paesi si e’ osservato un generale aumento del rapporto fra ricchezza netta privata e reddito nazionale.
E’ sorprendente vedere come questa situazione consolidata non sia stata praticamente toccata dalla crisi finanziaria del 2008 e nemmeno dalle bolle speculative nei mercati finanziari di paesi come il Giappone e la Spagna.
Ci sono stati aumenti eccezionali dei coefficienti ricchezza/reddito in Cina e in Russia che, in seguito alla transizione da un’economia a orientamento comunista a una a orientamento capitalista, sono rispettivamente quadruplicati e quintuplicati. I coefficienti ricchezza/reddito in Russia e in Cina si stanno avvicinando ai valori registrati in Francia, nel Regno Unito e negli Stati Uniti.
A partire dagli anni ottanta, la ricchezza pubblica e’ diminuita nella maggior parte dei paesi. La ricchezza pubblica netta (patrimonio pubblico meno debito pubblico) e’ recentemente diventata addirittura negativa negli Stati Uniti e nel Regno Unito ed e’ appena positiva in Giappone, Germania e Francia.
Si tratta di una condizione che indubbiamente limita la capacita’ dei governi di controllare l’economia, ridistribuire i redditi e attenuare la crescente disuguaglianza.
In Cina la proprieta’ pubblica e’ molto diminuita, ma resta ancor oggi alta: dal 2008, la ricchezza pubblica netta si e’ stabilizzata al 30% circa della ricchezza nazionale (rispetto al 15-25% in Occidente durante il periodo dell’economia mista, tra il 1950 e il 1980.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/teoria-economica/18217-nicolo-bellanca-l-ideologia-del-capitalismo-ideologico-sull-ultimo-libro-di-piketty.html

Economia di mercato/Keen

Steve Keen – L’economia nuova. Moneta, ambiente, complessita’.Pensare l’alternativa al collasso ecologico e sociale – Meltemi (2023)

E’ il debito privato, non il debito pubblico, la causa scatenante delle crisi economiche.
E’ il credito, e non certo il disavanzo pubblico, a rendersi pericoloso quando e’ troppo ampio rispetto al PIL.
E’ la crescita del debito privato, non la crescita del debito pubblico, il miglior indicatore che una crisi economica si sta avvicinando.
Ed e’ il debito privato, e non il debito pubblico, che puo’ deprimere l’attivita’ economica quando e’ troppo alto.
Queste intuizioni indicano che il livello del debito privato e del credito sono indicatori economici tanto importanti quanto il tasso di disoccupazione o il tasso d’inflazione, se non di piu’. Dovrebbero essere tenuti sotto attento scrutinio e la politica economica dovrebbe essere orientata a mantenerli a un livello relativamente basso.
Resta da decidere che fare, dunque, della teoria economica neoclassica, una teoria che, non solo ignorando il ruolo del debito privato ma anche sostenendo con vigore il ruolo del finanziamento delle imprese attraverso il debito e non attraverso il conto capitale, ha contribuito a che il livello odierno del debito privato triplicasse rispetto agli anni Cinquanta e Sessanta.

Info:
https://kriticaeconomica.com/letture-kritiche/economia-nuova-steve-keen/
https://che-fare.com/almanacco/politiche/declino-italiano-e-cambiamento-climatico/
https://jacobinitalia.it/salvare-leconomia-da-se-stessa/
https://www.carmillaonline.com/2023/10/18/il-morbo-neoclassico/
https://www.micromega.net/baruffe-tra-economisti-la-questione-climate-change/
https://generazioneliberale.com/2023/03/05/keen-galbraith-ha-portato-la-realta-nelleconomia-e-per-questo-e-stato-dimenticato/

Lavoro/Fana

Marta Fana -Non è lavoro, è sfruttamento – Laterza (2017)

Lavoro povero e sfruttamento caratterizzano oggi anche il settore pubblico, grazie a una sempre piu’ diffusa precarizzazione dell’organico delle pubbliche amministrazioni e al contempo all’esternalizzazione e privatizzazione della produzione e distribuzione dei servizi pubblici.
Si va dalle cooperative appaltatrici di servizi di cura, pulizia, manutenzione, refezione scolastica alla privatizzazione di pezzi sempre piu’ consistenti di settori tradizionalmente – e non a caso – statali, come il trasporto pubblico e le poste.
La grancassa mediatica a uso e consumo dei governi per anni non ha fatto altro che stigmatizzare i lavoratori del pubblico come fannulloni, assenteisti, furbetti del cartellino […]
L’esternalizzazione dei servizi pubblici e’ la rappresentazione nitida di come lo Stato abbia abdicato alla sua funzione di garanzia del pieno esercizio dei diritti individuali e collettivi, che in questo caso riguardano congiuntamente sia i lavoratori chiamati a prestare servizio sia i cittadini che di questi usufruiscono.
Lo strumento privilegiato degli appalti viene giustificato dalla necessita’ di tagliare la spesa pubblica. In realta’ a diminuire e’ la spesa sociale – sanita’, scuola, trasporti pubblici, asili, ecc. – ma anche quella relativa a tutti i servizi funzionali allo svolgimento delle attività amministrative: archivi, pulizie, manutenzione, giardinaggio, ecc.
Per aggiudicarsi gli appalti e fare utili, le imprese appaltatrici si comportano esattamente come nel settore privato, scaricando il risparmio sul prezzo richiesto in sede di gara sui lavoratori. Quando il cambio d’appalto non implica direttamente un taglio delle retribuzioni e modifiche al contratto, la strategia e’ quella di ridurre le ore lavorative cosi’ da dover comunque pagare meno i lavoratori. Il carico di lavoro però non diminuisce […]
Una gestione da predatori da parte dei privati, favorita dal potere politico che governa lo Stato e le sue diramazioni amministrative, nella negazione totale di qualsiasi principio di dignita’ del lavoro, ma soprattutto dei lavoratori.

Info:
https://sbilanciamoci.info/non-lavoro-sfruttamento/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/10/07/non-e-lavoro-e-sfruttamento-proletari-di-tutto-il-mondo-svegliatevi/3897477/
https://attac-italia.org/non-e-lavoro-e-sfruttamento/
https://www.lacittafutura.it/recensioni/non-e-lavoro-e-sfruttamento

Economia di mercato/Mazzucato

Mariana Mazzucato, Rosie Collington – Il grande imbroglio – Laterza (2023)

Per affrontare le grandi sfide di oggi, ovviamente, e’ indispensabile che i governi collaborino con le imprese private, ma se vogliono farlo in modo efficace le organizzazioni del settore pubblico devono avere la capacita’ di interpretare il contesto in cui operano, di decidere con chi e’ meglio collaborare e di gestire i contratti necessari.
Tutto cio’ e’ possibile solo se si dispone di risorse e capacita’ interne dinamiche.
Gia’ negli anni Sessanta, ai tempi del programma Apollo, il responsabile delle forniture della Nasa, Ernest Brackett, avvertiva che l’agenzia avrebbe perso la sua capacita’ intellettuale se avesse continuato a esternalizzare; sarebbe stata alla merce’ di quei fornitori «che sanno presentarsi molto bene attraverso i depliant», tanto da non essere piu’ in grado di sapere con chi lavorare o come redigere un capitolato.
Le organizzazioni del settore pubblico, in tutto il mondo, sono diventate preda delle grandi societa’ di consulenza, perdendo non soltanto le capacita’, ma anche il senso del loro scopo pubblico e della loro direzione, vittime della convinzione che il meglio che possano fare e’ aggiustare i mercati e distribuire, con scarsa trasparenza, appalti enormi per entita’ e per estensione.

Info:
https://www.officinadeisaperi.it/agora/dizionario-per-la-sinistra/governi-infantili-il-grande-imbroglio-da-il-fatto/
https://www.repubblica.it/cultura/2023/11/09/news/mariana_mazzucato_libro_grande_imbroglio-419897163/
https://www.infoimpresa.info/societa-di-consulenza-un-inganno-che-minaccia-i-governi/
https://www.cityrumors.it/politica/mazzucato-i-governi-si-sono-infantilizzati-affidando-tutto-a-societa-di-consulenza.html

Stato/Mazzucato

Mariana Mazzucato, Rosie Collington – Il grande imbroglio – Laterza (2023)

Un organismo pubblico che appalta a ditte esterne tutti i servizi che ha il compito di erogare potra’ riuscire a ridurre i costi nell’immediato, ma in prospettiva spendera’ di piu’, perche’ non sapra’ di cosa c’e’ bisogno per erogare quei servizi, e quindi non sapra’ come adattare l’insieme di capacita’ di cui dispone per venire incontro alle nuove esigenze dei cittadini […] e’ altrettanto impossibile in quelle organizzazioni che si affidano ad appaltatori esterni per realizzare i loro obiettivi.
Se e’ vero che i consulenti possono aiutare i clienti a raggiungere i loro obiettivi, e’ un’esagerazione sostenere che portino valore aggiunto all’economia e alla societa’ distribuendo conoscenza e riducendo i costi.
Nel settore pubblico, i costi delle consulenze spesso sono molto piu’ alti di quelli che lo Stato avrebbe dovuto sostenere se avesse investito per dotarsi degli strumenti per svolgere quei compiti e avesse imparato in corso d’opera come migliorare i processi.
Succede troppo spesso che le amministrazioni non tengano conto delle competenze interne e preferiscano chiamare in causa una delle grandi societa’ di consulenza.

Info:
https://www.officinadeisaperi.it/agora/dizionario-per-la-sinistra/governi-infantili-il-grande-imbroglio-da-il-fatto/
https://www.repubblica.it/cultura/2023/11/09/news/mariana_mazzucato_libro_grande_imbroglio-419897163/
https://www.infoimpresa.info/societa-di-consulenza-un-inganno-che-minaccia-i-governi/
https://www.cityrumors.it/politica/mazzucato-i-governi-si-sono-infantilizzati-affidando-tutto-a-societa-di-consulenza.html