Capitalismo/Undiemi

Lidia Undiemi – La lotta di classe nel XXI secolo. La nuova offensiva del capitale contro i lavoratori: il quadro mondiale del conflitto e la possibile reazione democratica – Ponte alle Grazie (2021)

Dopo la fase di crescita economica del secondo dopoguerra, il mondo inizia a sperimentare quella che lo studioso Andre Gunder Frank definisce «economia del debito», ossia un sistema economico alimentato da un susseguirsi di recessioni, sempre piu’ intense, a cui si e’ fatto fronte con politiche restrittive, in primo luogo con lo smantellamento del welfare pubblico e con la drastica riduzione della spesa pubblica.
Questi interventi furono adottati in Occidente indipendentemente dal colore politico della maggioranza allora al governo in Francia, in Portogallo, in Spagna, in Grecia e in Italia; stessa cosa avvenne in Gran Bretagna. Nonche’ nei Paesi dell’Est e del Sud del mondo sotto diretto intervento del Fondo Monetario Internazionale.
Austerita’, privatizzazioni e liberalizzazioni sono stati i tre Washington Consensus per tutti gli anni Ottanta e Novanta, rientrando in tale espressione le direttive di politica economica imposte ai Paesi in via di sviluppo che si sono trovati ad affrontare una crisi economica.
Margaret Thatcher e Ronald Reagan sono stati considerati i principali fautori dell’avvento del neoliberismo.

Info:
https://www.lidiaundiemi.it/libri/la-lotta-di-classe-nel-xxi-secolo
https://www.lacittafutura.it/recensioni/la-lotta-di-classe-nel-xxi-secolo
https://www.sinistrainrete.info/politica/23735-lidia-undiemi-reagire-e-non-aspettare-il-manifesto-della-lotta-di-classe-nel-xxi-secolo.html
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-lidia_undiemi__reagire_e_non_aspettare_il_manifesto_della_lotta_di_classe_nel_xxi_secolo/39130_47187/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/03/05/undiemi-la-pace-sociale-e-una-trappola-per-i-lavoratori-serve-una-ripresa-della-conflittualita-dal-governo-mi-attendo-nuova-riforma-lavoro/6120731/

Stato/Harvey

David Harvey – Cronache anticapitaliste. Guida alla lotta di classe per il XXI secolo – Feltrinelli (2021)

Il progetto neoliberista non avrebbe potuto sopravvivere senza uno stato forte.
Dal punto di vista ideologico questo e’ abbastanza complicato, perche’ la retorica del neoliberismo proclama: “Buttiamo fuori lo stato. Liberiamoci dello stato. Lo stato e’ un problema, percio’ dobbiamo liberarci degli interventi statali”.
Una frase famosa di Ronald Reagan e’ proprio: “Il governo non e’ la soluzione… Il governo e’ il problema”.
Lo stato pero’ non e’ scomparso.
La sua funzione e’ cambiata: dal sostenere le persone creando strutture di welfare, come assistenza sanitaria, istruzione e un’ampia gamma di servizi sociali, e’ passato a sostenere il capitale. Lo stato e’ diventato un agente attivo nel sostenere, o addirittura nel sovvenzionare, il capitale.
Dagli anni ottanta in poi abbiamo visto lo stato impegnarsi in operazioni di ogni tipo a sostegno del capitale […] Lo stato non sostiene piu’ i suoi cittadini ma sostiene le grandi imprese con tutti i mezzi possibili: facilitazioni fiscali, sussidi diretti, infrastrutture, deroghe ai vincoli di legge. Perche’ questo possa accadere e’ necessario uno stato forte.

Info:
https://www.idiavoli.com/it/article/cronache-anticapitaliste
https://www.kulturjam.it/editoria-narrazioni/david-harvey-cronache-anticapitaliste/
https://www.marxist.com/david-harvey-contro-la-rivoluzione-la-bancarotta-del-marxismo-accademico.htm
https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/21563-guido-maria-brera-cronache-anticapitaliste.html
https://www.doppiozero.com/materiali/david-harvey-laccumulazione-come-spoliazione

Economia di mercato/Boitani

Andrea Boitani – L’illusione liberista. Critica dell’ideologia di mercato – Andrea Boitani – Laterza (2021)

Le tasse servono a ridurre le disuguaglianze se sono progressive, cioe’ se incidono di piu’ su chi ha e guadagna di piu’ e di meno su chi ha e guadagna di meno.
La flat tax e’, come ovvio, l’opposto della progressivita’ ed esprime il desiderio di una parte rilevante della destra politica in giro per il mondo nonche’ il sogno dei ricchi di ogni dove […]
Nel complesso, pur senza arrivare alla flat tax, i sistemi fiscali dei Paesi sviluppati hanno perso progressivita’. Sono state ridotte le aliquote marginali sui redditi piu’ alti; sono state ridotte le imposte sulle eredita’ e quelle sui patrimoni […]
Il welfare state e’ nato e si e’ progressivamente affermato per spostare alcuni rischi (dalla disoccupazione alla salute, dagli infortuni sul lavoro alla vecchiaia) dalle spalle dei cittadini e delle imprese a quelle piu’ larghe dello Stato, in modo indipendente dal reddito di ciascuno. Lo Stato puo’ scaricare i rischi dai singoli soggetti economici e ripartirlo tra il massimo numero di persone possibile, riducendo quindi il costo dell’assicurazione. Il che consente al mercato di divenire piu’ efficiente e di sprigionare piu’ energie.
L’esperienza storica degli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso sembra dimostrarlo: il periodo di piu’ straordinaria crescita economica dei Paesi dell’Europa occidentale e degli Usa ha coinciso con la progressiva estensione del ruolo dello Stato come “manager dei rischi”: i mercati erano abbastanza regolamentati e la rete di protezione dai rischi diveniva via via piu’ estesa e piu’ solida […]
Si convogliano le risorse raccolte da tutti per dare a quelli che il caso, o la storia personale e collettiva, hanno reso bisognosi. E’ il principio di mutualita’.
Un tipo di redistribuzione su cui tutti possono essere d’accordo, perche’ tutti sanno di avere qualche probabilita’ di trovarsi tra coloro che avranno bisogno (tutti possiamo ammalarci e tutti possiamo perdere il nostro lavoro o divenire inabili al lavoro e tutti, a un certo punto, diventeremo vecchi). Il welfare state puo’ essere anche piu’ redistributivo di cosi’, se alimentato da una fiscalita’ progressiva e se le prestazioni restano proporzionali al bisogno (sanita’) o sono gratuite (istruzione) o hanno un tetto indipendente dai contributi versati (pensioni, sussidi di disoccupazione).

Info:
https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/21400-andrea-boitani-l-illusione-liberista.html
https://www.lavoce.info/archives/91181/l-illusione-liberista/
https://www.eticaeconomia.it/lillusione-liberista/

Capitalismo/Azzara’

Stefano Azzara’ – Il virus dell’occidente. Universalismo astratto e sovranismo particolarista di fronte allo stato d’eccezione – Mimesis (2020)

“Il liberalismo politico […] assume due forme” e cioe’ da una parte “quello che alcuni chiamano liberalismo modus vivendi” e dall’altra il cosiddetto “liberalismo progressista”, e questa divaricazione ha rilevanti ripercussioni.
Certo, entrambe queste versioni del liberalismo condividono il set essenziale dei principi liberali a proposito della centralita’ dell’individuo e delle sue liberta’, dei limiti della ragione umana, della tolleranza.
Li interpretano pero’ in maniera anche profondamente diversa. Perche’ mentre i liberali progressisti intendono i diritti umani in senso positivo e attivo (tant’e’ che inseriscono tra essi anche la questione delle pari opportunita’ e quella del welfare) e pretendono che il governo li promuova “in maniera espansiva” in patria e all’estero, impegnandosi in un massiccio interventismo che prevede anche l’ingegneria sociale, i liberali moderati – quelli per i quali il liberalismo e’ appunto anzitutto un “modus vivendi” – hanno di questi medesimi diritti una visione prevalentemente negativa. E li concepiscono “quasi esclusivamente in termini di liberta’ individuali” e cioe’ come “liberta’ di agire senza intrusioni da parte del governo”, il quale ultimo deve “ingerirsi il meno possibile”.

Info:
https://www.mimesisedizioni.it/rassegna/il-manifesto-virus-occidentali-e-le-aspre-contese-delle-due-destre-su-il-virus-delloccidente-di-stefano-g.-azzara-.pdf
https://www.lacittafutura.it/recensioni/il-virus-dell%e2%80%99occidente
https://sinistrainrete.info/societa/18241-stefano-g-azzara-il-virus-dell-occidente.html
https://www.sinistrainrete.info/teoria/22284-giovanni-andreozzi-recensione-di-il-virus-dell-occidente.html

Stato/Azzara’

Stefano Azzara’ – Il virus dell’occidente. Universalismo astratto e sovranismo particolarista di fronte allo stato di eccezione – Mimesis (2020)

Nelle societa’ di classe, la cosiddetta sovranita’ dello Stato […] indica in realta’ sin dalla sua genesi la superiorita’ dello Stato sui cittadini e cioe’ essa “e’ l’alibi che consente ai rappresentanti dello Stato di esonerarsi da qualsiasi obbligo che legittima un controllo da parte dei cittadini”.
In questo senso, proprio la sovranita’ statale – come sovranita’ di uno Stato egemonizzato dai poteri privati – e’ stata la prima garanzia del meccanismo neoliberale. Un meccanismo che, al contrario di quanto molti pigramente ritengono, non oblitera per nulla il ruolo dello Stato ma “lo richiede” e lo ridefinisce, cosi’ che Hayek – del quale Dardot e Laval hanno minuziosamente ricostruito le posizioni – lo ripresenta come il “guardiano” dell’“ideale di una societa’ basata sul diritto privato”.
“Pubblico” invece, “e’ assolutamente irriducibile a ‘statale’”, perche’ rinvia “non alla sola amministrazione statale, ma all’intera collettivita’ in quanto essa e’ costituita dall’insieme dei cittadini”.
In questo senso, per loro, “i servizi pubblici non sono i servizi dello Stato nel senso che lo Stato potrebbe disporne a suo piacimento” e “non sono neppure una proiezione dello Stato”, ma “sono pubblici in quanto sono ‘al servizio del pubblico’”.
Essi “non costituiscono una manifestazione della potenza dello Stato, ma un limite del potere governativo”; sono “cio’ per cui i governanti sono i servi dei governati”.
Come tali, questi servizi “rientrano nel principio della solidarieta’ sociale” e non certo “nel principio della sovranita’”, il quale rimane “incompatibile con quello della responsabilita’ pubblica”.
Nonostante le previsioni dei suoi fautori, non e’ affatto detto, percio’ – e questo e’ giusto anche a prescindere dal pregiudizio di Dardot e Laval verso lo Stato e dalla loro teoria del Comune –, che il ritorno dello Stato coincida necessariamente con il ritorno del welfare, visto che il suo ritrovato intervento potrebbe tranquillamente limitarsi, come abbiamo gia’ visto in abbondanza, a “sostenere l’attivita’ delle imprese private” e a “garantire il sistema finanziario”, funzionando nel suo potere pubblico come semplice prosecuzione del potere privato.
Cosi’ come non e’ vero, reciprocamente, che la richiesta di una ricostruzione dei servizi pubblici sia o debba essere di per se’ sinonimo di “ripiegamento identitario sulla nazione” o sulla comunita’ […] dato che questa esigenza che spaventa i biopolitici puo’ esprimere anche “un senso dell’universale che attraversa le frontiere e ci rende tanto sensibili alle prove vissute dai nostri ‘concittadini in pandemia’, siano essi italiani, spagnoli e, infine, europei e non”.
Queste considerazioni ci aiutano a capire che un eventuale ‘ritorno dello Stato’ e della politica non garantisce automaticamente nulla, perche’ il suo reale significato dipende alla fine anch’esso dai rapporti di forza tra i gruppi sociali che si muovono al suo interno e che cercano, ciascuno a proprio modo, di condizionarne le scelte e di definire il carattere concreto del potere istituzionalizzato.
Dipende da chi, cioe’, nello Stato ha conseguito o sta conseguendo l’egemonia e da come lo Stato, a partire da queste spinte e controspinte che lo investono, si posiziona effettivamente nel conflitto sociale tra gli interessi in gioco. Lo Stato, infatti, non si esaurisce per nulla in quella macchina autonoma e impersonale descritta da Agamben e Di Cesare ma, pur avendo un proprio sviluppo interno che si muove per linee endogene, e’ anzitutto un campo di battaglia tra interessi diversi e la sua natura e’ definita in primo luogo proprio dalla risultante dei loro conflitti […]
Lo Stato puo’ essere dunque potere e autorita’ che esercita una “garanzia” generale a tutela di tutti i propri membri; oppure puo’ essere semplice autoritarismo mediante il quale i garantiti si tutelano tra loro amplificando i propri poteri a discapito di chi garantito non e’.

Info:
https://www.mimesisedizioni.it/rassegna/il-manifesto-virus-occidentali-e-le-aspre-contese-delle-due-destre-su-il-virus-delloccidente-di-stefano-g.-azzara-.pdf
https://www.lacittafutura.it/recensioni/il-virus-dell%e2%80%99occidente
https://sinistrainrete.info/societa/18241-stefano-g-azzara-il-virus-dell-occidente.html

Lavoro/Ferrera

Maurizio Ferrera – La societa’ del Quinto Stato – Laterza (2019)

Il deficit italiano di occupati nei servizi sociali non e’ un effetto della crisi o dei risparmi di spesa. E’ un deficit storico, che viene da lontano e ha a che fare con la coppia familismo-pensionismo.
Il welfare italiano ha sempre privilegiato i trasferimenti monetari agli anziani; alle famiglie con figli piccoli sono arrivate solo le briciole, anche in questo caso perlopiu’ sotto forma di assegni, sussidi e detrazioni monetarie.
Cosi’ i nuclei familiari sono diventati delle piccole aziende fai da te: autoproduzione di cura, assistenza ai bambini e agli anziani, servizi domestici, dai pasti alle pulizie, dal bucato alle ripetizioni scolastiche. Un modello sociale ripiegato su se’ stesso: la famiglia puo’ infatti trasformarsi in una trappola per giovani e donne, la solidarieta’ intergenerazionale diretta attraverso le pensioni dei nonni crea disparita’ e disfunzionalita’.
E soprattutto questo modello crea molte pastoie per i processi di crescita economica e occupazionale.
Il welfare «fai da te» oggi non regge piu’, soprattutto per le madri – e sempre di piu’ anche per le figlie adulte – su cui ricadono troppi compiti.
Piu’ di 650 mila donne inattive che si prendono cura dei figli minori, di adulti malati o disabili, di anziani non autosufficienti dichiarano che vorrebbero lavorare, ma non possono farlo per l’insufficienza di servizi pubblici o per l’alto costo di quelli privati. Il carico di cura che grava sulle spalle di queste donne e’ cosi’ intenso che molte devono comunque ricorrere ad aiuti informali.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858139790
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-societa-del-quinto-stato-di-maurizio-ferrera/
https://maurizioferrera.wordpress.com/2018/07/16/il-quinto-stato/
https://www.corriere.it/cultura/19_settembre_17/quinto-stato-serve-nuovo-welfare-proposte-maurizio-ferrera-585a6428-d96a-11e9-8812-2a1c8aa813a3.shtml

Europa/Zizek

Slavoi Zizek – Come un ladro in pieno giorno. Il potere all’epoca della postumanita’ – Ponte alle Grazie (2019)

L’affermazione fatta da Angela Merkel sul fatto che l’Europa dovra’ imparare a stare in piedi da sola e smettere di contare sulla protezione degli Stati Uniti, e’ piu’ che un semplice gesto di benvenuto della crescente autoconsapevolezza europea: non c’e’ posto per cio’ che l’Europa rappresenta nel Nuovo Ordine Mondiale di Trump, Putin, Modi, Mugabe e Erdogan.
L’Europa dovra’ affermare la sua tradizione di emancipazione combattendo non queste minacce straniere, ma la versione di esse che lei stessa ha dato, la minaccia del populismo nazionalista.
E questo e’ il motivo per cui l’idea dell’Unione Europea e’ qualcosa per cui vale la pena combattere, nonostante la miseria della sua esistenza reale: nel mondo del capitalismo globale odierno, essa offre l’unico modello di organizzazione trans-nazionale con l’autorita’ di limitare la sovranita’ nazionale e il compito di garantire un minimo di standard ecologici e di welfare state.

Info:
http://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/unlibroalgiorno/2019/03/16/zizek-e-la-discrezione-non-oppressiva_d6041a60-8893-4969-9332-a8cd1bf07ba9.html
https://ilmanifesto.it/il-gusto-del-paradosso-e-della-liberta/

Lavoro/Bauman

Zygmunt Bauman – Lavoro, consumismo e nuove poverta’ – Citta’ Aperta (2004)

Data la natura della gara oggi in corso, la miseria di chi viene espulso, considerata un tempo come un male prodotto dalla societa’, alleviabile con mezzi collettivi, puo’ essere ridefinita soltanto come la conseguenza di un crimine individuale.
Le «classi pericolose» vengono pertanto stigmatizzate come classi criminali. Le prigioni divengono cosi’, nel senso vero e pieno del termine, un surrogato delle istituzioni del welfare state. E con tutta probabilita’ continueranno a esserlo in misura crescente man mano che l’assistenza pubblica andra’ riducendosi […]
E cio’ lo si vede, molto piu’ chiaramente che altrove, negli Stati Uniti dove, negli anni del “laissez faire” di Reagan e Bush, l’assoluto predominio del mercato ha raggiunto un’estensione ineguagliata rispetto a qualsiasi altro paese.
L’epoca della “deregulation” e dello smantellamento del welfare state ha coinciso con l’aumento della criminalita’, il rafforzamento della polizia e la crescita della popolazione carceraria […]
Da oggetto della politica sociale, la poverta’ si trasforma cosi’ in un problema della criminologia e del diritto penale.
Gli emarginati non sono piu’ i rifiuti della societa’ dei consumi, i perdenti esclusi da ogni feroce competizione, ma diventano i nemici giurati della societa’. Vi e’ soltanto un sottile confine, facilmente travalicabile, fra chi campa a spese dello Stato e gli spacciatori di droga, i rapinatori e gli assassini. La popolazione assistita e’ il serbatoio naturale delle bande criminali, e continuare ad assisterla significa allargare l’area di reclutamento dei delinquenti […]
Se la moralita’ consiste essenzialmente nel sentirsi responsabili dell’integrita’ e del benessere delle persone piu’ deboli, svantaggiate e sofferenti, la criminalizzazione della poverta’ tende a estinguere questo impulso. Quando i poveri vengono considerati criminali, in potenza o in atto, cessano di costituire un problema morale e ci esimono dalle nostre responsabilita’ sociali.
Non si pone piu’, cosi’, la questione morale di difenderli contro il loro crudele destino, bensi’ quella di difendere la vita e i beni delle persone normali dalle minacce che possono provenire dai quartieri degradati, dai ghetti e dalle zone malfamate […]
Come abbiamo già osservato, poiche’ nella societa’ attuale i poveri disoccupati non costituiscono piu’ un «esercito industriale di riserva», non ha alcun senso, dal punto di vista “economico”, mantenerli in buona forma nel caso in cui dovessero essere richiamati in servizio attivo come produttori.

Info:
http://www.inattuale.paolocalabro.info/2009/04/z-bauman-lavoro-consumismo-nuove.html
https://sociologia.tesionline.it/sociologia/libro.jsp?id=1714

Europa/Gallino

Luciano Gallino – L’attacco allo stato sociale. Lo smantellamento del welfare nell’Unione Europea- Einaudi (2013)

L’Unione Europea e’ un progetto politico, economico, sociale, culturale che presenta elementi unici al mondo.
Uno di questi elementi, forse quello che potrebbe avere la maggior forza unificante per i cittadini Ue, e’ a mio avviso il modello sociale che si ritrova nella Ue e, in tutto il mondo, solamente in essa […]
L’espressione modello sociale europeo suona un po’ astratta, ma e’ ricca di significati concreti. Essa designa un’invenzione politica senza precedenti, forse la piu’ importante del xx secolo.
Essa significa che la societa’ intera si assume la responsabilita’ di produrre sicurezza economica e sociale per ciascun singolo individuo, quale che sia la sua posizione sociale e i mezzi che possiede.
Produrre sicurezza economica richiede la costruzione di sistemi di protezione sociale avendo in vista una serie di eventi che possono sconvolgere in qualsiasi momento la vita di ciascuno.
Sono la malattia, l’incidente, la disoccupazione, la poverta’, la vecchiaia […]
Sin dagli anni Novanta del secolo scorso si parlava di almeno tre modelli differenti: il tipo socialdemocratico o nordico o scandinavo; il tipo liberale o anglosassone; il tipo socialconservatore o continentale.
Piu’ tardi i modelli individuati diventarono almeno quattro, con l’aggiunta ai precedenti del tipo mediterraneo […]
Appare pertanto arduo comprendere come si possa individuare nella eccessiva generosita’ dello stato sociale il fattore che rende non solo indispensabile, ma altresi’ urgente, una sua marcata riduzione, a causa del peso insostenibile che e'[…] giunto a far gravare sui bilanci pubblici.
Una lettura piu’ realistica della crisi porterebbe piuttosto a dire che, essendo i bilanci pubblici stremati dal menzionato sostegno al sistema finanziario, in presenza di una crisi che appare tutt’altro che risolta, gli stati sono costretti,volenti o nolenti, a ridurre la spesa della voce piu’ importante del
loro bilancio – la spesa sociale.

Info:
https://www.amazon.it/Lattacco-allo-stato-sociale-smantellamento-ebook/product-reviews/B00BUE9NRG

Economia di mercato/Bauman

Zigmunt Bauman – Lavoro, consumismo e nuove poverta’ – Citta’ Aperta (2004)

Il welfare state e’ «uno strumento di repressione o un sistema per garantire l’emancipazione dal bisogno e mitigare i rigori dell’economia di mercato? Favorisce l’accumulazione del capitale e dei profitti o e’ un salario sociale da difendere e da aumentare come la busta paga? E’ una frode del capitalismo o una vittoria della classe operaia?» […]
La risposta piu’ ragionevole e’ che il welfare state e’ stato tutte queste cose e molte altre ancora.
La sua nascita e’ il prodotto di una combinazione di vari fattori quali: le pressioni derivanti da un’economia capitalistica in crisi, incapace di assicurare la propria sopravvivenza senza un aiuto politico; le spinte delle organizzazioni sindacali incapaci anch’esse di affrontare senza un analogo sostegno gli effetti dirompenti delle oscillazioni dei «cicli economici»; la necessita’ di riaffermare e difendere il principio della diseguaglianza sociale mitigandone le conseguenze piu’ inique e inaccettabili; il tentativo di far accettare questo principio emarginando coloro che rifiutavano di continuare ad avallarlo; e l’urgente necessita’ di contrastare con un intervento pubblico gli effetti devastanti di un’economia politicamente incontrollata […]
Pur se frutto di una combinazione di circostanze, il successo politico iniziale del welfare state sarebbe stato inconcepibile all’interno di una societa’ capitalistica se non ne avesse favorito lo sviluppo grazie ai servizi sociali che forniva.
Fra le sue molte altre funzioni, svolse infatti anche quella, essenziale, di garantire una continua «offerta di lavoro»: fornendo un’istruzione di buon livello, un’adeguata assistenza sanitaria e una sana alimentazione ai figli di genitori poveri, assicuro’ alle industrie un flusso costante di manodopera impiegabile, cosa che nessuna azienda da sola o insieme ad altre sarebbe stata in grado di procurarsi […]
Il welfare state creo’ un esercito industriale di riserva ben addestrato e pronto all’uso quando serviva.
Ma l’eventualita’ che gli imprenditori abbiano di nuovo bisogno dei servizi di questi disoccupati che vivono di assistenza pubblica, appare oggi sempre piu’ remota.
La manodopera eccedente rischia di non essere piu’, impiegabile, non tanto perche’ poco qualificata, bensi’ per l’assenza di domanda […]
Fin quando lo sviluppo di un’industria redditizia dipendeva dall’ampia disponibilita’ di forza lavoro, gli imprenditori erano ben lieti di trasferire all’erario i costi della formazione e dell’addestramento di un esercito di riserva.
Ma oggi non e’ piu’ cosi’. I profitti delle imprese derivano in gran parte da investimenti «strutturali» (pari a circa l‘80 per cento dei costi globali) che non comprendono l’assunzione
di un maggior numero di dipendenti.
Il reclutamento di manodopera si trasforma sempre piu’ da un vantaggio in una perdita. E i manager, soprattutto quelli di piu’ alto livello delle maggiori imprese, vengono riccamente ricompensati quando riescono a ridurre il personale […]
Gli interessi prioritari degli azionisti trovano del resto il sostegno dei mercati finanziari.

Info:
http://www.inattuale.paolocalabro.info/2009/04/z-bauman-lavoro-consumismo-nuove.html
https://sociologia.tesionline.it/sociologia/libro.jsp?id=1714