Lavoro/Dardot

Dardot Pierre, Haud Gueguen, Christian Laval, Pierre Sauvetre – La scelta della guerra civile. Un’altra storia del neoliberalismo – Meltemi (2023)

L’offensiva neoliberale ha tuttavia mire ancora piu’ radicali e ambiziose: smantellare l’istituzione del lavoro dipendente, cosi’ come e’ stata costruita intorno al “compromesso fordista” (che consisteva nell’associare al lavoro dipendente un certo numero di tutele e di diritti sociali) e sostituirla con quella dell’imprenditore di se’ stesso, che lavora in modo flessibile e non beneficia di tutele sociali e giuridiche.
Questo nuovo modello, a cui si fa comunemente riferimento con una varieta’ di termini (uberizzazione, gig economy, capitalismo delle piattaforme), e’ per il momento ben lungi dall’essere egemonico, poiche’ l’occupazione salariata “tradizionale” resta ancora di gran lunga maggioritaria su scala mondiale.
Ciononostante, esso e’ al centro di tutte le riforme del diritto del lavoro, che tendono a indebolire ulteriormente le tutele garantite del lavoro dipendente.
Lo sviluppo del “precariato” – che puo’ essere collegato a un’intera panoplia di nuove forme di lavoro precario, e talvolta anche gratuito o quasi gratuito (workfare, click work, ecc.) – ha anche avuto l’effetto di rendere sempre meno leggibili i contorni stessi della categoria sociale del “lavoro”.

Info:
https://www.meltemieditore.it/wp-content/uploads/massimiliano-guareschi-il-manifesto-12-febbraio-2024-quel-neoliberismo-autoritario-su-la-scelta-della-guerra-civile-aa.-vv.-meltemi.pdf
https://www.carmillaonline.com/2024/01/24/una-guerra-civile-strisciante-e-costante/
https://www.sinistrainrete.info/neoliberismo/27174-christian-laval-haud-gueguen-pierre-dardot-pierre-sauvetre-la-scelta-della-guerra-civile.html
https://ilmanifesto.it/pierre-dardot-un-abbraccio-mortale-per-la-gauche
https://ilmanifesto.it/il-neoliberismo-autoritario
https://www.pandorarivista.it/articoli/per-una-prassi-istituente-recensione-a-del-comune-o-della-rivoluzione-nel-xxi-secolo/

Stato/Brown

Wendy Brown – Il disfacimento del demos – Luiss University Press (2023)

L’interpretazione piu’ diffusa del neoliberismo e’ che incarni un insieme di politiche economiche in linea con il suo principio di base: l’affermazione del libero mercato.
Parliamo di deregolamentazione delle industrie e dei flussi di capitale; di una radicale riduzione delle misure statali di welfare e protezione per i piu’ vulnerabili; della privatizzazione e dell’appalto di beni pubblici, dall’istruzione, i parchi, i servizi postali, le strade e il welfare sociale alle carceri e agli eserciti; della sostituzione di regimi fiscali e tariffari progressisti con regimi regressivi; della trasformazione di tutti i bisogni o desideri umani in un’impresa redditizia, dalla preparazione per l’ammissione al college ai trapianti d’organo, dall’adozione ai diritti di emissioni, dall’evitare le code ad accaparrarsi un posto in cui stendere le gambe su un aeroplano; e, piu’ di recente, della finanziarizzazione di ogni cosa e del crescente predominio del capitale finanziario sul capitale produttivo nella dinamica dell’ economia e della vita di tutti  i giorni […]
I detrattori di queste politiche e pratiche si concentrano di solito su quattro effetti deleteri.
Il primo e’ una disuguaglianza intensificata, in cui gli strati piu’ alti acquisiscono e mantengono una ricchezza ancora piu’ cospicua, quelli in fondo alla scala finiscono letteralmente per strada o nei sempre piu’ numerosi quartieri poveri urbani e suburbani del mondo, mentre lo strato mediano lavora piu’ ore per un salario piu’ basso, minori benefit, minore sicurezza e minori promesse di pensionamento o di mobilita’ verso l’alto rispetto all’ultimo mezzo secolo […]
La seconda critica rivolta alla politica economica e alla deregolamentazione dello Stato neoliberista riguarda la commercializzazione volgare o immorale di oggetti e attivita’ considerati inadatti alla mercatizzazione. L’accusa e’ che la mercatizzazione contribuisce allo sfruttamento o al degrado degli esseri umani (per esempio, bambini di madri surrogate del Terzo Mondo per ricche coppie del Primo), perche’ limita o stratifica l’accesso a cio’ che dovrebbe essere accessibile e condiviso per tutti (istruzione, natura incontaminata, infrastrutture), o perche’ permette cose terribili o gravemente ingiuriose per il pianeta (traffico d’organi, diritti di emissione, deforestazione, fratturazione idraulica […]
In terzo luogo, i critici del neoliberismo inteso come politica economica di Stato sono angosciati anche dalla crescente intimita’ tra il capitale aziendale e finanziario e lo Stato, e dal predominio delle  corporation nelle decisioni politiche e nella politica  economica […]
Spesso, infine, i critici della politica neoliberista sono preoccupati per la devastazione economica provocata dal predominio e dalla liberta’ del capitale finanziario, soprattutto per gli effetti destabilizzanti delle bolle e di altre fluttuazioni radicali dei mercati finanziari. Resi evidenti dallo shock immediato e dalla lunga coda del tracollo del capitale finanziario del 2008-2009, questi effetti sono messi in rilievo anche dalle crepe che si vanno sempre piu’ allargando tra le sorti di Wall Street e la cosiddetta economia “reale”

Jnfo:
https://www.equilibrielmas.it/2023/11/29/wendy-brown-il-disfacimento-del-demos-la-rivoluzione-silenziosa-del-neoliberismo-luiss-university-press-roma-2023/
https://www.dinamopress.it/news/wendy-brown-lo-svuotamento-silenzioso-della-democrazia/
https://www.ilmanifestoinrete.it/2023/07/01/per-farla-finita-con-lhomo-oeconomicus/
https://www.sinistrainrete.info/politica/27901-pierluigi-fagan-democrazia-o-barbarie.html
https://pierluigifagan.com/2024/04/16/democrazia-o-barbarie/

Capitalismo/Brown

Wendy Brown – Il disfacimento del demos – Luiss University Press (2023)

Qualsiasi tentativo di teorizzare la relazione tra democrazia e neoliberismo viene messo in difficolta’ dalle ambiguita’ e dalla molteplicita’ di significati dei due termini.
“Democrazia” e’ una delle parole piu’ dibattute e promiscue del nostro vocabolario politico moderno.
Nell’immaginario popolare, “democrazia” significa di tutto e di piu’, dalle libere elezioni al libero mercato, dalle proteste contro i dittatori all’ordine pubblico, dalla centralita’ dei diritti alla stabilita’ degli Stati, dalla voce della moltitudine alla protezione dell’individualita’ e all’ingiustizia dei pareri imposti dalle masse. Per alcuni, la democrazia e’ il gioiello della corona dell’Occidente; per altri, e’ cio’ che l’Occidente non ha mai avuto davvero, oppure e’ principalmente una patina che nasconde gli obiettivi imperialistici occidentali.
La democrazia ha talmente tante varieta’ – sociale, liberale, radicale, repubblicana, rappresentativa, autoritaria, diretta, partecipativa, deliberativa, plebiscitaria – che queste denominazioni spesso si riferiscono a cose diverse […].
Anche “neoliberismo” e’ un significante generico e mutevole […] Il neoliberismo come programma economico, modalita’ di governance e ordine della ragione e’ allo stesso tempo un fenomeno globale eppure incostante, differenziato, non sistematico, impuro. In Svezia si interseca con la persistente legittimita’ del welfarismo, in Sudafrica con l’aspettativa di uno Stato democratizzatore e favorevole a una ridistribuzione post-Apartheid del reddito, in Cina con il confucianesimo, il post-maoismo e il capitalismo, negli Stati Uniti con una strana miscela di radicato antistatalismo e nuovo managerialismo. Le politiche neoliberiste inoltre passano da portali e agenti diversi.
Anche se il neoliberismo fu un “esperimento” imposto al Cile da Augusto Pinochet e dagli economisti noti come “Chicago boys” dopo il loro golpe del 1973 ai danni di Salvador Allende, e’ stato il Fondo monetario internazionale a imporre “aggiustamenti strutturali” al Sud globale nei due decenni successivi. Analogamente, se Margaret Thatcher e Ronald Reagan perseguirono audaci riforme nella direzione del libero mercato quando salirono al potere, il neoliberismo si e’ rivelato in modo piu’ sottile nelle nazioni euroatlantiche attraverso tecniche di governance che hanno usurpato un lessico democratico rimpiazzandolo con uno economico e con la coscienza sociale.
Inoltre, la stessa razionalita’ neoliberista si e’ alterata nel tempo, soprattutto ma non solo nel passaggio da un’economia produttiva a una sempre piu’ finanziaria […]E’ il nome di una reazione economica e politica storicamente specifica al keynesismo e alla socialdemocrazia, oltre che di una pratica piu’ generalizzata di “economizzazione” di sfere e attivita’ finora governate da altre tabelle di valori.

Info:
https://www.equilibrielmas.it/2023/11/29/wendy-brown-il-disfacimento-del-demos-la-rivoluzione-silenziosa-del-neoliberismo-luiss-university-press-roma-2023/
https://www.dinamopress.it/news/wendy-brown-lo-svuotamento-silenzioso-della-democrazia/
https://www.ilmanifestoinrete.it/2023/07/01/per-farla-finita-con-lhomo-oeconomicus/

Lavoro/Coin

Francesca Coin – Le grandi dimissioni. Il nuovo rifiuto del lavoro e il tempo di riprenderci la vita – Einaudi (2023)

Dagli anni Ottanta in poi, la priorita’ in Italia non e’ stata quella di risolvere problemi come l’assenza di tutele, le paghe basse, i turni massacranti o l’elevato lavoro nero, ma la necessita’ di creare un mondo del lavoro flessibile, in grado di permettere alle aziende di attrarre personale all’occorrenza per dismetterlo quando non serve piu’, allontanando il ricordo del «posto fisso» che per le imprese rimanda a un’inutile rigidita’ del mercato del lavoro. Il lavoro non era dunque presentato come un diritto ne’ come un dovere: era un dono, un favore che le aziende facevano a chi lavorava, e un’occasione per fare nuovi amici e nuove conoscenze […]
Un’utile fotografia della situazione l’ha offerta il V Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale 22, che descrive la condizione lavorativa in Italia nei mesi immediatamente successivi alla pandemia. Per il Censis, i lavoratori sono profondamente insoddisfatti: l’82,3 per cento di essi e’ scontento e ritiene di meritare di piu’, un dato che aumenta sino all’86 per cento tra i giovani e all’88,8 tra gli operai. Nonostante questa insofferenza, il 56,2 per cento degli occupati non e’ propenso a lasciare il proprio impiego […]
C’e’ una latente, sommersa, ma intensa insoddisfazione verso il proprio lavoro. Prevale tra i lavoratori l’idea di meritare di piu’ e che il lavoro non dia il riconoscimento necessario per generare identita’ e appartenenza[…]
E’ un quadro di certo non rassicurante, che indica una normalita’ lavorativa segnata dall’insicurezza e dall’insoddisfazione, nella quale il desiderio di cambiare e’ scoraggiato esclusivamente dalla paura di non trovare un altro impiego.
Il rapporto Censis del 2023 integrava questa lettura con un’analisi ancora piu’ inquietante, in base alla quale circa una persona su due, se potesse, cambierebbe lavoro. Il 57,7 per cento delle persone con al massimo la licenza media, il 45,7 per cento dei diplomati ed il 37,9 per cento dei laureati.
Un’irrequietezza e un’insofferenza diffusa verso il proprio lavoro che, con intensita’ diversa, coinvolge i tanti e diversi protagonisti del lavoro in Italia

Info:
https://www.sinistrainrete.info/teoria/26004-vincenzo-di-mino-ritorno-al-futuro-anteriore.html
https://www.sinistrainrete.info/lavoro-e-sindacato/26033-gianluca-de-angelis-torniamo-a-parlare-di-lavoro-facciamolo-collettivamente.html
https://jacobinitalia.it/autore/coin-francesca/
https://nuvola.corriere.it/2023/08/18/che-cosa-ce-dietro-le-grandi-dimissioni-il-saggio-francesca-coin/

Geoeconomia/Chomsky

Noam Chomsky – Lotta o declino. Perche’ dobbiamo ribellarci contro i padroni dell’umanita’ – Ponte alle Grazie (2021)

La percezione tra gli inglesi, anche nella sinistra, e’ che la Brexit li liberera’ dalle politiche reazionarie di Bruxelles, ma e’ una convinzione errata.
In primo luogo, perche’ e’ stato proprio il Regno Unito uno dei fautori di quelle politiche, non e’ stata l’UE a imporgliele. Sono stati gli inglesi a promuoverle e portarle avanti.
In secondo luogo, perche’ quanto e’ accaduto nel paese, prima con Margaret Thatcher e poi con Tony Blair e David Cameron, non e’ stato provocato dalle politiche dell’Unione europea ma e’ venuto dall’interno. Di conseguenza, separarsi dall’UE e dalla burocrazia di Bruxelles non risolvera’ i problemi interni. Anzi, potrebbe aggravarli; potrebbe lasciare il Regno Unito, ancora piu’ di adesso, in balia dell’influenza statunitense.
Quanto all’ascesa dei partiti di destra in Europa, e’ molto preoccupante. L’Europa e’ sempre stata molto piu’ razzista degli Stati Uniti. Finora il razzismo non si e’ palesato perche’ i popoli erano piu’ omogenei, ma via via che l’assetto demografico cambia, il razzismo viene allo scoperto.
L’ascesa dei partiti di destra e’ il risultato delle cattive scelte dei partiti centristi, compresi i socialdemocratici, i quali hanno avallato politiche economiche e sociali che si sono rivelate devastanti. Le misure di austerita’ imposte dalla troika sono state deleterie, e tutto lascia pensare che siano state progettate apposta per minare lo stato sociale […]
Scopo dell’austerita’ non era lo sviluppo economico; al contrario, essa e’ nociva allo sviluppo. Il vero obiettivo era lo smantellamento dei programmi di welfare state: pensioni, condizioni di lavoro dignitose, norme sui diritti dei lavoratori e così via.

Info:
https://luciano.defalcoalfano.it/blog/show/la_recensione_di_lotta_o_declino

Lavoro/Coin

Francesca Coin – Le grandi dimissioni. Il nuovo rifiuto del lavoro e il tempo di riprenderci la vita – Einaudi (2023)

In Italia c’e’ stata una fase (piuttosto lunga) durante la quale la compressione dei salari e’ diventata una specie di orgoglio nazionale.
Si pensi al compiacimento con cui l’allora premier Matteo Renzi suggeriva alle aziende estere di investire nel Paese, perche’ «abbiamo i salari piu’ bassi d’Europa».
Dal 1990 al 2020, i salari nei Paesi Baltici sono piu’ che triplicati. Nei Paesi dell’Europa centrale sono raddoppiati. In Germania sono aumentati del 33 per cento e in Francia del 31. In Italia, in quegli stessi anni, sono diminuiti del 2,9 per cento.
«Il reddito di cittadinanza va abolito perche’ e’ un disincentivo al lavoro», continuano a dire. Eppure, il primo, vero disincentivo al lavoro e’ un lavoro mal pagato […]
Lavorare e’ diventato a tal punto il perno morale della societa’ che lasciare morire di fame una persona disoccupata appare, spesso, piu’ legittimo che consentirle di vivere senza lavorare.
Da questa logica ha origine l’antagonismo al salario minimo, la volonta’ di riformare in senso restrittivo il reddito di cittadinanza e la proposta di accorpare l’Ispettorato del lavoro al ministero del Lavoro, per costringere le persone a lavorare nelle condizioni esistenti, senza muovere un dito per migliorarle.
Il fatto e’ che difficilmente la disaffezione al lavoro potra’ essere placata da politiche coercitive […]
Una politica oltranzista rischia dunque di peggiorare la situazione e di creare solo nuove ragioni per disertare tutto: il sistema produttivo, il sistema politico e le loro leggi morali […]
C’e’ un unico modo efficace per costruire una relazione salariale: introdurre forme di retribuzione diretta, indiretta e differita in grado di offrire una contropartita a chi vende la propria capacita’ di lavoro.
Lo abbiamo detto prima: perche’ una relazione esista, e’ necessario ascoltare il lavoro: alzare i salari, aumentare gli organici, la sicurezza del e sul lavoro, introdurre un salario minimo legale, contrastare il lavoro sommerso e il dumping contrattuale, introdurre un congedo genitoriale paritario e nuovi servizi per l’infanzia, abolire tutte quelle forme di lavoro gratuito che abituano gli studenti a lavorare gratis.
Bisogna, inoltre, potenziare le misure di welfare universalistico, perche’ migliorare la qualita’ del lavoro significa anche consentire alle persone di dire di no al lavoro povero. E’ quello che e’ accaduto in Spagna, dove la ministra del Lavoro Yolanda Diaz ha voluto una riforma complessiva del mercato del lavoro che va in direzione opposta e contraria rispetto quanto e’ accaduto agli ultimi quarant’anni.
Non e’ fantascienza: e’ possibile.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/teoria/26004-vincenzo-di-mino-ritorno-al-futuro-anteriore.html
https://www.sinistrainrete.info/lavoro-e-sindacato/26033-gianluca-de-angelis-torniamo-a-parlare-di-lavoro-facciamolo-collettivamente.html
https://jacobinitalia.it/autore/coin-francesca/
https://nuvola.corriere.it/2023/08/18/che-cosa-ce-dietro-le-grandi-dimissioni-il-saggio-francesca-coin/

Economia di mercato/Dardot

Pierre Dardot, Christian Laval – La nuova ragione del mondo. Critica della razionalità neoliberista. Nuova edizione – Derive Approdi (2019)

Gli anni Ottanta sono segnati in Occidente dal trionfo di una politica che e’ stata definita al tempo stesso conservatrice e neoliberista.
I nomi di Ronald Reagan e di Margaret Thatcher sono il simbolo della rottura con il welfarismo della socialdemocrazia e dell’avvio di nuove politiche che avrebbero dovuto domare l’inflazione galoppante, il calo dei profitti e il rallentamento della crescita […]
La politica conservatrice e neoliberista sembrava costituire una risposta politica alla crisi al contempo economica e sociale del cosiddetto regime fordista di accumulazione del capitale.
Questi governi conservatori hanno messo profondamente in discussione la regolazione keynesiana in macroeconomia, la proprieta’ pubblica delle imprese, il sistema fiscale progressivo, la previdenza sociale, l’inquadramento del settore privato dentro rigide regolamentazioni, sopratutto in materia di diritto del lavoro e di rappresentanza dei sindacati. La politica della domanda, volta a sostenere la crescita e a realizzare la piena occupazione, fu il bersaglio principale di questi governi, per i quali l’inflazione era diventata il problema prioritario.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-nuova-ragione-del-mondo-di-pierre-dardot-e-christian-laval/
https://ilmanifesto.it/la-trappola-del-capitale-umano
https://www.dianoia.it/public/rcs/rcs_21_34.pdf
https://www.leparoleelecose.it/?p=13014

Economia di mercato/Undiemi

Lidia Undiemi – Il ricatto dei mercati. Difendere la democrazia, l’economia reale e il lavoro dall’assalto della finanza internazionale – Ponte alle Grazie (2014)

Dopo la fase di espansione economica del secondo dopoguerra, si manifesta quella che Andre Gunder Frank definisce «economia del debito», un’economia cioe’ alimentata da un susseguirsi di recessioni sempre piu’ acute e riprese cicliche gestite con misure di stabilizzazione – smantellamento del welfare state e abbandono della spesa pubblica in primis – che vennero adottate in Occidente a prescindere dall’indirizzo politico che caratterizzava i paesi coinvolti in quel periodo storico: prima la Gran Bretagna, poi la Francia seguita da Portogallo, Spagna, Grecia e Italia; stessa cosa avvenne nei paesi dell’Est e del Sud del mondo.
Privatizzazioni, austerita’ e liberalizzazione dei mercati sono stati i tre pilastri del Washington Consensus per tutti gli anni Ottanta e Novanta […]
Le scelte politiche, e conseguentemente l’ordine giuridico che vincola gli attori sociali a rispettarle, agiscono a monte e a valle delle recessioni economiche.
Nell’economia del debito, il punto di inizio e’ rappresentato da quel dato regime economico che si e’ scelto di imporre mediante un preciso sistema di regole (politica dei tassi di interesse, politica del cambio, diritto delle imprese nazionali e multinazionali, regolamentazioni finanziarie, disciplina del mondo del lavoro, ecc.).
In questa fase, viene sostanzialmente deciso quale forma giuridica debba assumere il mercato, nel piu’ ampio contesto socio-politico di riferimento.
Al manifestarsi delle crisi, la politica e’ costretta a prendere delle decisioni di carattere macroeconomico per farvi fronte; le misure anticrisi vengono realizzate per far si’ che i meccanismi macroeconomici di aggiustamento garantiscano la tutela dei grandi capitali internazionali che alimentano l’economia del debito.
La garanzia e’ chiaramente di natura giuridica, consiste cioe’ nella predisposizione di una serie di regole e trattati internazionali mediante cui si obbliga la collettivita’ a sopportare il peso del fallimento del modello economico di riferimento.
In questa fase del ciclo economico, l’assetto istituzionale delle nazioni colpite dalla crisi subisce forti pressioni da parte delle organizzazioni internazionali che contrattano sul piano politico le richieste degli investitori esteri, cosi’ come e’ avvenuto con la caduta dell’ultimo governo Berlusconi […]
Fino a quando i capitali esteri alimentano i mercati, lo Stato gode di un certo grado di autonomia, e i programmi politici della maggioranza non incontrano limitazioni esterne significative alla loro concreta attuazione. Quando subentra la crisi, la scena politica viene dominata da strutture istituzionali oligarchiche – FMI, istituzioni finanziarie, banche centrali, ecc. – che operano in una sorta di regime di commissariamento.
Che vinca la destra o la sinistra poco importa, l’agenda neoliberista segue un preciso protocollo: assicurare ai capitali privati l’attuazione di salvataggi pubblici e piani di austerita’ a spese della collettivita’; rimodellare il tessuto sociale con una serie di riforme volte a indebolire la classe di lavoratori; privatizzare i settori strategici dell’economia nazionale.
In altri termini, questa governance globale che impatta sulle nazioni in crisi non e’ altro che una clausola di salvaguardia politica di matrice normativa, senza la quale il capitale internazionale sarebbe esposto ai propri fallimenti, che e’ esattamente quello che accadrebbe in un mercato davvero libero.

Info:
https://www.antimafiaduemila.com/libri/economia/930-il-ricatto-dei-mercati.html
https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/10/20/libri-lidia-undiemi-vi-racconto-il-ricatto-dei-mercati-e-quello-sulleuro/303203/
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-spread_intervista_a_lidia_undiemi_autrice_del_libro_profetico_il_ricatto_dei_mercati/5496_24172/

Lavoro/Fraser

Nancy Fraser – Capitalismo cannibale. Come il sistema sta divorando la democrazia, il nostro senso di comunita’ e il pianeta – Laterza (2023)

La sostituzione del lavoro di fabbrica sindacalizzato con un lavoro precario nei servizi si accompagna a un abbassamento dei salari, che tendono a scendere al di sotto dei costi socialmente necessari della riproduzione.
Lavoratori che prima erano «solo» sfruttati ora sono anche espropriati.
Questa doppia condizione, riservata in precedenza a delle minoranze e adesso sempre piu’ generalizzata, e’ aggravata dall’assalto al welfare state.
Il salario sociale diminuisce, mentre le entrate fiscali in passato destinate alle infrastrutture pubbliche e ai diritti sociali vengono dirottate verso il servizio del debito e la «riduzione del deficit» nella speranza di placare «i mercati».
Mentre i salari reali vanno a picco, i servizi un tempo forniti dal settore pubblico, come l’assistenza all’infanzia, vengono scaricati sulle famiglie e sulle comunita’, cioe’ principalmente sulle donne, che nel frattempo sono impiegate in lavori salariati precari e quindi sfruttate ed espropriate su due fronti.
Nel centro come nella periferia, inoltre, una corsa al ribasso sta portando i governi a ridurre le tasse sulle imprese, impoverendo ulteriormente le casse dello Stato e giustificando apparentemente una maggiore «austerita’», tendenza che di fatto innesca un circolo vizioso.
Ulteriori regali alle imprese svuotano di contenuto diritti del lavoro faticosamente conquistati, esponendo i lavoratori, un tempo protetti, a possibili violazioni.

Info:
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_rep.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_lalettura.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_corsera.pdf
https://jacobinitalia.it/#facebook
https://jacobinitalia.it/il-capitalismo-cannibale/

Capitalismo/Undiemi

Lidia Undiemi – La lotta di classe nel XXI secolo. La nuova offensiva del capitale contro i lavoratori: il quadro mondiale del conflitto e la possibile reazione democratica – Ponte alle Grazie (2021)

Dopo la fase di crescita economica del secondo dopoguerra, il mondo inizia a sperimentare quella che lo studioso Andre Gunder Frank definisce «economia del debito», ossia un sistema economico alimentato da un susseguirsi di recessioni, sempre piu’ intense, a cui si e’ fatto fronte con politiche restrittive, in primo luogo con lo smantellamento del welfare pubblico e con la drastica riduzione della spesa pubblica.
Questi interventi furono adottati in Occidente indipendentemente dal colore politico della maggioranza allora al governo in Francia, in Portogallo, in Spagna, in Grecia e in Italia; stessa cosa avvenne in Gran Bretagna. Nonche’ nei Paesi dell’Est e del Sud del mondo sotto diretto intervento del Fondo Monetario Internazionale.
Austerita’, privatizzazioni e liberalizzazioni sono stati i tre Washington Consensus per tutti gli anni Ottanta e Novanta, rientrando in tale espressione le direttive di politica economica imposte ai Paesi in via di sviluppo che si sono trovati ad affrontare una crisi economica.
Margaret Thatcher e Ronald Reagan sono stati considerati i principali fautori dell’avvento del neoliberismo.

Info:
https://www.lidiaundiemi.it/libri/la-lotta-di-classe-nel-xxi-secolo
https://www.lacittafutura.it/recensioni/la-lotta-di-classe-nel-xxi-secolo
https://www.sinistrainrete.info/politica/23735-lidia-undiemi-reagire-e-non-aspettare-il-manifesto-della-lotta-di-classe-nel-xxi-secolo.html
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-lidia_undiemi__reagire_e_non_aspettare_il_manifesto_della_lotta_di_classe_nel_xxi_secolo/39130_47187/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/03/05/undiemi-la-pace-sociale-e-una-trappola-per-i-lavoratori-serve-una-ripresa-della-conflittualita-dal-governo-mi-attendo-nuova-riforma-lavoro/6120731/