Populismp/Scheidler

La fine della megamacchina. Sulle tracce di una civiltà sull’orlo del collasso – Scheidler Fabian – Castelvecchi (2024)

Lo Stato, ritirandosi dalla fornitura di infrastrutture e servizi sociali, sta regredendo a cio’ che era all’inizio: una pura macchina militare e repressiva […]
Mentre ampie fasce della popolazione sprofondano nella poverta’ e lottano per sopravvivere in un’infrastruttura disastrata, il governo si concentra sull’espansione dei sistemi di sorveglianza, delle prigioni e degli apparati militari.
Una conseguenza e’ che la lealta’ dei cittadini nei confronti dello Stato, faticosamente costruita a partire dal XIX secolo, sta diminuendo. Con l’abbandono del compromesso storico tra capitale e lavoro, culminato nei welfare State dei Trente glorieuses, le possibilita’ di governare ancora il sistema nel quadro di una “democrazia controllata” si stanno riducendo.
I cittadini si allontanano dalla politica consolidata, le opzioni diventano piu’ radicali e il sistema ancora piu’ instabile […]
Quando la frustrazione e la rabbia dei cittadini superano una certa soglia, quando il «gregge confuso sfonda il suo recinto e diventa incontrollabile, la politica ha in linea di principio due opzioni: o fare concessioni reali al popolo, stabilire una maggiore giustizia sociale, educare; oppure proteggere gli interessi dei ricchi e dei potenti distraendo il gregge e presentandogli capri espiatori per canalizzare la rabbia.
La strategia del capro espiatorio funziona particolarmente bene in tempi di crisi perche’ cavalca l’insicurezza, la paura e la paranoia latente fornendole immagini concrete: il musulmano terrorista, l’immigrato criminale, il russo guerrafondaio, il cinese ingannevole, l’ebreo avido di denaro, l’europeo meridionale pigro, il tossicodipendente pericoloso, il parassita del welfare e cosi’ via.
L’elenco di questi cliche’ e’ quasi infinito e varia da Paese a Paese. I circoli politici interessati ci giocano virtuosamente per distrarre dalle questioni sistemiche e dai conflitti di distribuzione, mentre parte dei media si offrono come megafono.
In questo modo, a partire dagli anni Duemila, i demagoghi di destra sono riusciti in molte parti del mondo a incanalare la rabbia dei cittadini in nuove immagini di nemici e ad arrivare cosi’ al potere.

Info:
https://www.goethe.de/ins/it/it/sta/rom/ver.cfm?event_id=26236804
https://www.rivoluzioneanarchica.it/fine-della-megamacchina-un-libro-di-fabian-scheidler/

https://www.officinadeisaperi.it/agora/il-senso-delle-parole/cosi-la-megamacchina-neoliberista-sta-distruggendo-il-nostro-mondo-da-il-fatto/
https://www.ilfattoquotidiano.it/fq-newsletter/fatto-for-future-del-26-marzo-2024/

Populismo/Scheidler

La fine della megamacchina. Sulle tracce di una civiltà al collasso – Scheidler Fabian – Castelvecchi (2024)


La nazione e’, secondo la definizione dello storico Benedict Anderson, una «comunita’ immaginata».
Nessun italiano potra’ mai conoscere i suoi 60 milioni di compatrioti, nessun cittadino statunitense potra’ mai conoscere gli altri 320 milioni di statunitensi […]
Eppure, ancora oggi, molti credono di far parte di una grande comunita’ di italiani, statunitensi o indiani, di formare una comunita’ con un destino comune, e questo anche quando i propri compatrioti li trattano male ogni giorno. Per molte persone, l’astrazione della nazione e’ diventata il sostituto di una comunita’ reale, di una effettiva partecipazione e di una vera solidarieta’; tale idea, inoltre, e’ stata in larga misura strumentalizzata per distrarre dai conflitti sociali e per mobilitare le persone secondo gli scopi della Grande Macchina, fino alla guerra […]
L’idea di nazione come comunita’ di popolo, infatti, distrae dalle lotte condotte in nome della giustizia e di una partecipazione autentica che attraversano trasversalmente tutte le societa’. Costruisce un corpo nazionale in cui proprietari di fabbriche e operai, ministri della guerra e soldati collaborano insieme a uno scopo comune superiore. Suggerisce ai singoli di far parte di un grande progetto comune: la costruzione di una gloriosa nazione, una sorta di super-famiglia.
L’idea promette che un po’ del fascino della grandezza nazionale ricada sulle singole e desolate vite degli individui.
Il nazionalismo e’ stato una leva decisiva nel manovrare sezioni significative di quelle forze critiche nei confronti del sistema, comprese quelle della classe operaia, in un’illusione che stabilizza il sistema e, in ultima analisi, di suicidio.
Passo dopo passo, l’idea di nazione doveva essere spogliata del suo contenuto socio-rivoluzionario, gli antagonismi di classe dovevano essere messi in secondo piano e i punti in comune dei rispettivi “popoli” posti in evidenza. I mezzi di comunicazione di massa in rapida espansione fornirono a tal proposito un importante servizio; soprattutto le scuole, l’esercito e l’universita’ divennero centri di indottrinamento dell’idea di nazione […]
Con le bandiere e gli inni, vennero deliberatamente creati dei simboli di identificazione attorno ai quali venne inscenato un culto quasi religioso.
La storiografia ha costruito storie nazionali millenarie in cui gli antichi popoli germanici divennero “tedeschi”, i Galli divennero “francesi” e gli anglosassoni divennero “inglesi”; nel processo, la storiografia creo’ miti nazionali e “tradizioni inventate” che dovevano legittimare la struttura artificiale dello Stato-nazione come se fosse un qualcosa di naturale […]
L’equazione che si volle stabilire si presentava piu’ o meno cosi’: popolo = nazione = Stato.
Che questa manovra potesse riuscire, almeno in parte, e’ un’impresa sorprendente.

Info:
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Capitalismo/Scheidler

La fine della megamacchina. Sulle tracce di una civiltà al collasso – Scheidler Fabian – Castelvecchi (2024)


Il debito costituisce uno strumento centrale del processo di “accumulazione attraverso espropriazione”.
Chi si indebita perde spesso la terra, la proprieta’ e la liberta’ a favore dei creditori non appena si trova in difficolta’ di pagamento. La violenza strutturale del debito e’ stata, ed e’, una delle ragioni decisive della concentrazione della proprieta’ e del potere nelle mani di pochi.
Visto che l’economia mondiale capitalista si trova in una crisi permanente dalla meta’ degli anni Settanta, l’economia del debito e’ diventata uno dei metodi piu’ importanti per continuare ad accumulare, e questo secondo due modalita’: da un lato, il crescente indebitamento degli Stati e delle famiglie assicura un flusso permanente di denaro ai proprietari di ricchezza. Dall’altro il debito fornisce un mezzo per appropriarsi dei beni ipotecati dagli Stati e dai cittadini.
Che si tratti di Grecia, Irlanda, Italia o Spagna, Slovenia o Polonia, Messico, Egitto o Thailandia, il debito pubblico e’ stato, e viene utilizzato, come leva per forzare la svendita dei beni pubblici agli investitori privati. Anche lo sfratto di oltre dieci milioni di cittadini statunitensi dalle proprie case a seguito della crisi finanziaria del 2008 costituisce un esempio di questa moderna forma di accumulazione originaria.
Il debito e’ anche un mezzo per imporre una conformita’ sociale e l’obbedienza. Le alte tasse universitarie, ad esempio, costringono gli studenti a indebitarsi enormemente e al termine degli studi ad accettare lavori anche alle condizioni piu’ avverse per soddisfare i propri creditori.

Info:
https://www.goethe.de/ins/it/it/sta/rom/ver.cfm?event_id=2623680
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Green New Deal/Scheidler

La fine della megamacchina. Sulle tracce di una civiltà al collasso – Scheidler Fabian – Castelvecchi (2024)


Negli ultimi decenni politici, imprenditori e persino molti rappresentanti di ONG nelle discussioni sui processi di crisi globale hanno parlato molto di “responsabilita’ aziendale” e di “green economy”, di strategie win-win e di strategie per la sostenibilita’ che avrebbero dovuto mettere insieme interessi commerciali, protezione dell’ambiente e giustizia sociale.
Mentre si discuteva, tuttavia, c’era un enorme elefante nella stanza che veniva nobilmente trascurato.
Il fatto evidente che il principio dell’accumulazione infinita di capitale, della moltiplicazione di denaro per amore della moltiplicazione di denaro siano la causa centrale del fatto che il nostro sistema economico si trovi in rotta di collisione con il pianeta, e’ una questione che e’ stata sottaciuta al meglio, e questo anche da parte di persone benintenzionate […]
Sempre piu’ persone si rendono conto che una seria svolta socio-ecologica e’ possibile solo se si inizia a uscire dalla logica dell’accumulazione del capitale […]
Tutti gli approcci per uscire dalla megamacchina devono prima o poi confrontarsi con il potere delle grandi societa’ per azioni che costituiscono il motore dell’economia capitalista. Il totale del bilancio delle cinquecento maggiori imprese del mondo ammonta oggi a ben il 40% del prodotto sociale mondiale. Esse dominano una parte considerevole dei processi decisionali politici, della produzione di conoscenza e dei media, e la tendenza e’ in aumento.
Nonostante il loro evidente potere, tuttavia, questi giganti hanno una debolezza che spesso viene trascurata: la maggior parte di essi non potrebbe esistere senza un sostegno da parte dello Stato.
A costoro non si e’ mai applicato il tanto invocato “libero mercato”; al contrario, il loro potere e la loro ricchezza si basano in gran parte sull’interdipendenza con lo Stato […]
Ancora oggi sono strettamente interconnessi: industrie chiave come quelle del carbone, del petrolio, dell’automobile e dell’agricoltura vengono protette e fortemente sovvenzionate da quasi tutti i governi, attraverso finanziamenti diretti, agevolazioni fiscali o privilegi commerciali. Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE) solo le industrie del petrolio, del gas naturale e del carbone ricevono ogni anno sovvenzioni per oltre trecento miliardi di dollari nel mondo.
Il Fondo Monetario Internazionale, con altri calcoli che tengono conto anche dei danni ambientali non pagati, arriva alla strabiliante cifra di cinquemila miliardi di dollari all’anno. A cio’ si aggiungono i costi per la protezione militare di oleodotti e altre vie di trasporto. Quindi con migliaia di miliardi di tasse stiamo sostenendo proprio le strutture che ci stanno portando verso il caos climatico.

Info:
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Societa’/Scheidler

La fine della megamacchina. Sulle tracce di una civiltà al collasso – Scheidler Fabian – Castelvecchi (2024)

Quando la frustrazione e la rabbia dei cittadini superano una certa soglia, quando il «gregge confuso» (Walter Lippmann) sfonda il suo recinto e diventa incontrollabile, la politica ha in linea di principio due opzioni: o fare concessioni reali al popolo, stabilire una maggiore giustizia sociale, educare; oppure proteggere gli interessi dei ricchi e dei potenti distraendo il gregge e presentandogli capri espiatori per canalizzare la rabbia.
La strategia del capro espiatorio funziona particolarmente bene in tempi di crisi perche’ cavalca l’insicurezza, la paura e la paranoia latente fornendole immagini concrete: il musulmano terrorista, l’immigrato criminale, il russo guerrafondaio, il cinese ingannevole, l’ebreo avido di denaro, l’europeo meridionale pigro, il tossicodipendente pericoloso, il parassita del welfare e cosiì via.
L’elenco di questi cliche’ e’ quasi infinito e varia da Paese a Paese. I circoli politici interessati ci giocano virtuosamente per distrarre dalle questioni sistemiche e dai conflitti di distribuzione, mentre parte dei media si offrono come megafono.
In questo modo, a partire dagli anni Duemila, i demagoghi di destra sono riusciti in molte parti del mondo a incanalare la rabbia dei cittadini in nuove immagini di nemici e ad arrivare cosi’ al potere: che si tratti del fascista Jair Bolsonaro in Brasile, di Donald Trump negli Stati Uniti, di Narendra Modi in India o di Giorgia Meloni in Italia.
Come gia’ accaduto in Europa negli anni Venti e Trenta, sta diventando evidente che parti del grande capitale finanziano le reti e i partiti di estrema destra perche’ vedono in essi l’ultimo baluardo per difendere i propri privilegi.
Le conseguenze sono fatali perche’ lo spostamento a destra esaspera ulteriormente tutte le dinamiche di crisi globale: il rischio di guerre, la divisione sociale e lo sconvolgimento delle basi naturali della vita.

Info:
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Lavoro/Scheidler

La fine della megamacchina. Sulle tracce di una civiltà al collasso – Scheidler Fabian – Castelvecchi (2024)


Tendiamo a pensare al “lavoro” come a qualcosa di antico quanto l’umanita’.
Non si e’sempre dovuto “lavorare” per guadagnarsi da vivere? Indubbiamente, le persone hanno dovuto fare qualcosa per mantenersi in vita, ma per la maggior parte della storia dell’umanita’ non lo hanno inteso come “lavoro” […]
Nelle comunita’ non soggette alla schiavitu’ o al mercato, la vita e’ caratterizzata da attivita’: riparare la struttura di un tetto, lavare i panni, procedere al raccolto, allattare i bambini, costruire utensili, tessere, preparare un giorno di festa e cosi’ via.
Da un punto di vista odierno chiameremmo alcune di queste attivita’ “lavoro”, altre “lavori domestici” o “lavori di cura” e altre ancora “attivita’ del tempo libero”.
Ma questa divisione e’ un’invenzione della modernita’. Dal punto di vista di una comunita’ autosufficiente che si autodetermina, queste categorie sono prive di senso: tutte queste attivita’ servono allo stesso modo a fornire il necessario per la vita.
Con la forzata integrazione di queste comunita’ nella Grande Macchina la situazione cambio’ radicalmente.
Si trattava ora di assoggettare l’energia e le capacita’ delle persone per scopi che esulavano dalla loro motivazione e dalla vita comunitaria.
Il risultato di questo assoggettamento e’ cio’ che chiamiamo “lavoro”.
Storicamente questo ha assunto due forme: nella periferia del sistema mondiale, la schiavitu’ e il lavoro forzato sono stati per secoli la forma di lavoro dominante; nei centri invece ha prevalso il lavoro salariato.
Entrambe le forme di lavoro mirano a rendere il lavoratore una parte a disposizione della Grande Macchina; entrambe comportano un’enorme violenza, ma in modi molto diversi. Mentre nella schiavitu’ e nel lavoro forzato domina la cruda violenza fisica, il lavoro salariato si e’ sviluppato nel corso dei secoli in un sistema di disciplinamento sempre piu’ raffinato che si traduce, in ultima analisi, nella partecipazione dei lavoratori al loro stesso assoggettamento.

Info:
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Economia di mercato/Scheidler

La fine della megamacchina. Sulle tracce di una civiltà al collasso – Scheidler Fabian – Castelvecchi (2024)


Per rimettere in moto la macchina del denaro e ripristinare il potere sociale minacciato, i detentori di capitale si sono avvalsi di una serie di strategie tipiche delle fasi di contrazione economica: in primo luogo, si impegnarono a fondo per ridurre i costi dei fattori produttivi, ossia i salari, le tasse e i costi delle risorse.
Per spingere al ribasso i salari e le tasse, esistevano anche in questo caso diversi modi: lotta ai sindacati, ai salari minimi legali e agli standard lavorativi; delocalizzazione della produzione verso Paesi con manodopera a basso costo; finanziamento di campagne per la riduzione delle imposte sulle imprese; trasferimento delle sedi aziendali in paradisi fiscali, ecc. […]
La seconda reazione, anch’essa tipica delle fasi di contrazione, fu un’espansione delle attività speculative […]
Si dice spesso che la speculazione e’ sostanzialmente un gioco a somma zero per quanto riguarda la totalita’ degli speculatori; ma nella pratica le cose vanno diversamente. Infatti, mentre i profitti confluiscono nelle mani dei privati durante la fase di espansione di una bolla speculativa, non appena questa scoppia, le casse pubbliche sono solitamente pronte a compensare gran parte delle perdite e a scaricarle sulla societa’ in generale.
Un esempio tipico e’ la grande crisi bancaria e immobiliare degli Stati Uniti del 1982, nota come “Savings and Loan Crisis”: dopo lo scoppio della bolla, il settore pubblico si e’ assunto la responsabilita’ dei costi per ben 124 miliardi di dollari, mentre le societa’ private hanno dovuto coprire perdite per soli 29 miliardi. Questo schema si e’ ripetuto dall’inizio degli anni Ottanta nelle innumerevoli crisi bancarie e finanziarie, fino alla crisi finanziaria globale del 2008 e alla successiva “crisi dell’euro”. Per rendere la speculazione redditizia in modo duraturo, pertanto, non solo è necessario abolire le norme ostruzionistiche, ma anche garantire che le perdite speculative non siano sostenute dagli stessi speculatori. Sebbene questo principio sia incompatibile con l’ideologia neoliberista, esso ha ricoperto fin dall’inizio un ruolo cruciale nella pratica”

Stato/Scheidler

La fine della megamacchina. Sulle tracce di una civiltà al collasso – Scheidler Fabian – Castelvecchi (2024)


Le crisi possono mettere in moto processi di apprendimento a lungo termine e da quella generata dalla pandemia del Covid-19 si possono trarre alcuni importanti insegnamenti.
In primis, e’ stato dimostrato che gli Stati, se vogliono, sono in grado, molto rapidamente, di agire e di prendere decisioni di ampia portata che riguardano la societa’, compresi ingenti interventi nell’economia e persino in materia di assetti proprietari.
Per decenni le richieste di misure efficaci in materia di protezione climatica sono state respinte affermando che non si poteva o non si doveva intervenire sulle “forze del libero mercato”. Vietare i voli a corto raggio? Impossibile! Vietare i SUV nei centri urbani? Impensabile! Eliminare gradualmente i combustibili fossili entro il 2030? Mette in pericolo i posti di lavoro! Ridurre il consumo di carne? Eco-dittatura! Convertire le aziende automobilistiche per la costruzione di trasporti pubblici? Comunismo! Un programma di investimenti pubblici del valore di miliardi per la ristrutturazione socio-ecologica? Troppo costoso!
Ma di fronte al virus improvvisamente quasi tutto era possibile. Il traffico aereo, ad esempio, e’ stato semplicemente chiuso per decreto. Il denaro che si supponeva non ci fosse mai stato per la ristrutturazione socio-ecologica e’ fluito improvvisamente in quantita’ quasi illimitata. Il forte aumento del debito nazionale, che inevitabilmente ne deriva, improvvisamente non era piu’ un problema mentre prima il dogma dell’austerita’ sembrava essere intoccabile.
La guerra in Ucraina ha ripetuto questa esperienza. Praticamente da un giorno all’altro il governo tedesco ha deciso di mettere a disposizione dell’esercito altri cento miliardi di euro, anche in questo caso, risorse finanziarie che si supponeva non fossero mai state disponibili per la protezione del clima, l’istruzione e la salute.
Nelle recenti crisi il mito dello Stato debole e incapace di agire e’ finalmente crollato e uno dei compiti piu’ urgenti per i movimenti per il cambiamento globale consiste nel tradurre questa consapevolezza in azione politica.

Info:
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Capitalismo/Scheidler

La fine della megamacchina. Sulle tracce di una civiltà al collasso – Scheidler Fabian – Castelvecchi (2024)


Una societa per azioni, se la si osserva da vicino, e’ una costruzione molto particolare.
E’ legalmente una «persona giuridica», negli Stati Uniti e’ addirittura una «persona morale» dotata di tutti i diritti costituzionali di cui altrimenti godono solo «persone fisiche».
A differenza di altre persone giuridiche, come le associazioni e le cooperative, il suo unico obiettivo e’ l’aumento del denaro degli azionisti. Poiche’ la societa’ per azioni non puo’ morire come le persone fisiche, in linea di principio puo’ durare per sempre. E’ quindi una specie di macchina con proprieta’ antropomorfe il cui unico obiettivo e’ la moltiplicazione infinita di denaro.
I circuiti e gli ingranaggi di questo gigantesco cyborg sono costituiti in gran parte da esseri umani ma a queste persone e’ permesso unicamente adempiere alle funzioni necessarie a realizzare lo scopo finale della macchina: se non sono funzionali a questo scopo, la macchina li espelle.
Le istituzioni piu’ potenti del mondo sono state create secondo questo principio e sono finanziariamente piu’ forti di molti Stati.
Nonostante possano essere in conflitto con i governi, sono le loro creature: solo gli Stati e i governi sono in grado di creare, mantenere e far rispettare le complesse costruzioni giuridiche necessarie alla loro esistenza, o meglio che ne costituiscono il nucleo […]
Ma come si e’ arrivati alla nascita di una istituzione cosi’ bizzarra e distruttiva?
Fino alla fondazione delle prime societa’ per azioni intorno al 1600, l’accumulazione di capitale era legata alla ricerca da parte delle persone di un profitto individuale. Se qualcuno non provava piu’ il desiderio di aumentare il patrimonio, ad esempio con la scelta di ritirarsi dalle scene e godere dei frutti della ricchezza accumulata, concludeva anche l’espansione economica.
Diverso e’ il discorso nella societa’ per azioni: qui l’accumulazione e’ diventata un’istituzione, mentre in essa le persone sono interscambiabili.

Info:
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