Populismo/Serughetti

Il vento conservatore. La destra populista all’attacco della democrazia – Giorgia Serughetti – Tempi nuovi (2021)

La tendenza populista e’ a declinare la sovranita’ nazionale in termini prevalentemente culturali.
Ne e’ un esempio la politica di aperta avversione ai valori occidentali e al multiculturalismo alimentata da Vladimir Putin con lo slogan «La Russia non e’ Europa». In modo simile si muove Erdogan, con il suo richiamo identitario al passato ottomano della Turchia. Orban esalta la specificita’ culturale ungherese mentre alimenta il mito di un’Europa centro-orientale, culla di una variante piu’ tradizionalista della civilta’ occidentale. In India, Narendra Modi propaganda il nazionalismo culturale hindu. Trump ha mostrato a sua volta al mondo come lo slogan «Make America great again» abbia potuto veicolare un messaggio di grandezza destinato ai suprematisti bianchi.
Cio’ che i sovranisti al potere hanno in comune, scrive Appadurai, e’ la consapevolezza di non poter davvero controllare le economie nazionali, ormai ostaggio degli investitori stranieri, degli accordi mondiali, della finanza internazionale, del lavoro precario e del capitale in generale.
Tutti promettono una purificazione culturale nazionale come strada verso il potere politico mondiale.
Tutti simpatizzano per il capitalismo neoliberista, proponendone versioni adatte all’India, alla Turchia, agli Stati Uniti o alla Russia.
La politica dei confini solidi, della separazione e delle gerarchie tra gruppi etnico-razziali risulta infatti funzionale proprio al sistema di sfruttamento capitalistico della manodopera straniera e subalterna. Il che, come vedremo, deve indurre a dubitare della vocazione antiliberista di questa opposizione al «globalismo».

Info:
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/2022/03/SERUGHETTI_DOMANI.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/2022/03/SERUGHETTI_FATTO.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/2022/02/SERUGHETTI_CORSERABRESCIA.pdf
https://www.ingenere.it/letture/il-vento-conservatore
https://www.retisolidali.it/il-vento-conservatore-intervista-serughetti/
https://www.osservatore.ch/il-nuovo-vento-conservatore-e-la-destra-antidemocratica_66328.html

Stato/Rodhes

Capitalismo Woke. Come la moralita’ aziendale minaccia la democrazia – Carl Rodhes – Fazi (2023)

Il capitalismo woke e’ l’odierna derivazione di questo feudalesimo rinnovato, che cede alle imprese non soltanto l’autorita’ legale, ma anche quella morale e politica […]
Il capitalismo woke entra in gioco quando le imprese intervengono, o quantomeno danno la parvenza di farlo, per far fronte all’inazione del governo su problemi di interesse pubblico […]
Da un lato, cio’ puo’ apparire un gesto da accogliere favorevolmente, dettato dallo spirito di solidarieta’ e carita’ delle aziende e di imprenditori miliardari. Dall’altro, pero’, occorre domandarci quali effetti a lungo termine potra’ avere tutto questo sul nostro sistema politico.
Un tempo, le imprese erano inestricabilmente associate al conservatorismo di destra. Il capitalismo woke ha invece sparigliato le carte, giacche’ le aziende si presentano direttamente e inequivocabilmente come progressiste e politicamente attive, spesso con un amministratore delegato miliardario in qualita’ di portavoce di spicco e paladino (politico) dell’azione […]
Le grandi imprese hanno promosso il genere di azioni che un tempo era considerato appannaggio degli attivisti verdi antiaziendali, oltre a foraggiare attivita’ che molti si sarebbero aspettati venissero finanziate dallo Stato.
Siamo arrivati al punto in cui una classe ricca e privilegiata, composta di societa’ e manager, sta spostando la propria base di potere per includervi non solo l’ambito economico, ma anche quello politico.
Cio’ suscita una serie di interrogativi.
Le aziende sono sincere nel promuovere politiche tradizionalmente di sinistra che molte di esse hanno cominciato ad abbracciare? Perche’ queste organizzazioni dovrebbero iniziare a sostenere cause politiche progressiste? Che cosa e’ cambiato per far si’ che le imprese si impegnino in agende di tipo woke? E che effetti produce sulla politica stessa questo genere di attivismo politico aziendale?

Info:
https://www.micromega.net/capitalismo-woke/
https://maremosso.lafeltrinelli.it/interviste/capitalismo-woke-libro-carl-rhodes

https://www.centromachiavelli.com/2023/12/23/capitalismo-woke-recensione/
https://www.lafionda.org/2023/11/24/capitalismo-woke/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/12/26/capitalismo-woke-guardiamoci-bene-dalle-cause-che-trasformano-la-moralita-in-profitto/7391473/
https://www.corriere.it/economia/opinioni/23_febbraio_27/risveglio-capitalismo-filosofia-woke-che-addormenta-utili-521a9a10-b698-11ed-9695-a3af2d07bb2a.shtml
https://www.corriere.it/economia/opinioni/23_febbraio_27/risveglio-capitalismo-filosofia-woke-che-addormenta-utili-521a9a10-b698-11ed-9695-a3af2d07bb2a.shtml

Capitalismo/Rodhes

Capitalismo Woke. Come la moralita’ aziendale minaccia la democrazia – Carl Rodhes – Fazi (2023)

Minare le cause politiche serie definendole woke e’ un modo per fiaccare l’opposizione allo status quo politico.
L’uso dell’etichetta “woke” assolve una funzione decisamente conservatrice: protegge dalle critiche le strutture del potere esistente, dimodoche’ esse non debbano affrontare alcuna sfida reale.
Questa rielaborazione del wokismo, inteso come un agire superficiale, egoista, moralista e ipocrita, raggiunge uno dei suoi parossismi allorche’ si parla di affari e capitalismo […]
Difatti, visto il suo utilizzo sempre piu’ diffuso nella lingua inglese a partire dalla meta’ del decennio scorso, non ci e’ voluto molto perche’ l’aggettivo “woke” venisse attribuito anche alle aziende che sostengono pubblicamente cause socialmente progressiste.
E il risultato e’ stato tutt’altro che positivo, considerato il modo in cui i critici reazionari hanno messo alla berlina quelle imprese. “Capitalismo woke” e’ divenuto la parola chiave per etichettare il numero sempre maggiore di aziende, soprattutto multinazionali, che si pongono a favore dei movimenti sociali e che utilizzano questo loro schierarsi nelle proprie campagne di informazione e pubblicitarie.
Queste mega aziende vengono pertanto accusate di woke washing: una pratica di marketing e pubbliche relazioni con cui le grandi imprese sperano che, associandosi a cause politiche piu’ che giuste, otterranno il favore dei clienti e, in ultima analisi, un guadagno commerciale.

Info:
https://www.micromega.net/capitalismo-woke/
https://maremosso.lafeltrinelli.it/interviste/capitalismo-woke-libro-carl-rhodes

https://www.centromachiavelli.com/2023/12/23/capitalismo-woke-recensione/
https://www.lafionda.org/2023/11/24/capitalismo-woke/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/12/26/capitalismo-woke-guardiamoci-bene-dalle-cause-che-trasformano-la-moralita-in-profitto/7391473/
https://www.corriere.it/economia/opinioni/23_febbraio_27/risveglio-capitalismo-filosofia-woke-che-addormenta-utili-521a9a10-b698-11ed-9695-a3af2d07bb2a.shtml
https://www.corriere.it/economia/opinioni/23_febbraio_27/risveglio-capitalismo-filosofia-woke-che-addormenta-utili-521a9a10-b698-11ed-9695-a3af2d07bb2a.shtml

Capitalismo/Streeck

Globalismo e democrazia – Wolfgang Streeck – Feltrinelli (2024)


L’obiettivo della rivoluzione neoliberale degli anni settanta era il superamento della crisi di stagnazione del capitalismo, in conseguenza anche delle maggiori richieste di una classe operaia piu’ consapevole di se’, sostenuta nelle sue istanze dalla politica di piena occupazione degli stati.
Il calo dei profitti nei paesi trainanti del capitalismo fu accompagnato da un aumento dell’inflazione e da una crescente domanda di intervento dei sistemi di sicurezza sociale.
L’insieme di tali fattori ha indebolito la disponibilita’ di investimento e deposito dei capitali. Conseguenza di tutto questo fu a sua volta una maggior disoccupazione […]
Il passaggio a una politica economica neoliberista negli anni ottanta rappresento’ un tentativo di rivitalizzazione del capitalismo mediante il disciplinamento della forza lavoro, che in quell’epoca poteva contare sulla tutela di sistemi sociali nazionali.
In vista di tale scopo fu predisposta non solo una ristrutturazione delle politiche sociali, salariali e del mercato del lavoro, ma anche una nuova economia estera di tipo liberale e non piu’ keynesiano.
Con la fine del comunismo negli anni novanta, tale cambiamento fu promosso e portato avanti su un ampio fronte sotto il nome di globalizzazione, come prosecuzione lineare di un lungo, naturale e inarrestabile cammino di progresso dell’umanità verso una societa’ mondiale pacifica e pacificata,unita da un comune sistema di valori universali.

Info:
https://www.fondazionedivittorio.it/lezione-streeck-limiti-potenzialita-della-ue-egemonie-planetarie-popoli-crisi
https://www.doppiozero.com/wolfgang-streeck-neoliberalismo-e-poi

https://www.corriere.it/la-lettura/24_giugno_21/come-sonnambuli-la-guerra-la-lettura-anteprima-nell-app-1af31e72-2fe1-11ef-8a97-996e27b017a2.shtml
https://ilmanifesto.it/uneuropa-svizzera

Economia di mercato/Palermo

l mito del mercato globale. Critica delle teorie neoliberiste – Giulio Palermo – Manifestolibri (2004)

Il problema della produzione capitalistica non e’ tanto la minimizzazione dei costi di produzione (quella puo’ sempre ottenersi comprimendo i salari), quanto piuttosto la vendita dei prodotti.
Le piu’ grandi battaglie commerciali (e molte delle guerre militari) sono fatte per assicurarsi il controllo dei mercati dove vendere i prodotti (oltre che, naturalmente dove trovare le materie prime necessarie alla produzione).
E cosi’ si continua ad investire nella produzione dei beni che hanno sbocco tra quelli che hanno il potere d’acquisto (continuando a forzarne il ritmo di assorbimento), ma non si producono quei beni che servirebbero a quelli che tanto non possono pagare.
La sovrapproduzione capitalistica investe interi settori. I prodotti tecnologici hanno dei costi di produzione troppo bassi per giustificare gli alti prezzi a cui vengono venduti. Il computer che oggi ti vendono a caro prezzo decantandone le proprieta’ tecnologiche sara’, nel giro di un anno, insultato dagli stessi venditori come reperto archeologico incompatibile con tutti i nuovi progressi della tecnologia […]
Il mercato dell’automobile dei paesi avanzati e’ saturo ormai da decenni: tutti quelli che possono permetterselo ne hanno una o piu’, eppure, nella piu’ assoluta miopia, se ne continuano a produrre sempre di nuove, pur nella consapevolezza che il trasporto privato, proprio per ragioni di efficienza e di sostenibilita’, non puo’ che avere vita difficile.

Capitalismo/Stiglitz

Il prezzo della disuguaglianza: Come la società divisa di oggi minaccia il nostro futuro – Joseph Eugene Stiglitz – Einaudi (2014)

Il capitalismo moderno e’ diventato un gioco complesso, dove per vincere non basta un po’ di cervello.
Chi vince spesso possiede anche caratteristiche meno degne di ammirazione: l’abilita’ di aggirare la legge o di plasmarla a proprio beneficio, il desiderio di sfruttare gli altri, anche i poveri, e la disponibilita’ a giocare scorrettamente quando necessario.
Con le parole di uno di questi giocatori di successo, il vecchio adagio «non importa vincere o perdere, cio’ che conta e’ come si gioca» e’ spazzatura. Conta soltanto se si vince o si perde e il mercato ha un modo semplice di dimostrarlo: la quantita’ di denaro che si realizza.
Vincere il gioco della ricerca della rendita ha permesso a molti di quanti si trovavano in cima alla scala sociale di ammassare vere e proprie fortune, ma non e’ l’unico strumento attraverso il quale si ottiene e si conserva la ricchezza. Anche il sistema fiscale svolge un ruolo cruciale […]
Chi sta in alto ha fatto in modo da disegnare un sistema fiscale che gli pemettesse di pagare meno di quanto sarebbe giusto, ossia una percentuale del proprio reddito inferiore a quella dovuta da chi e’ molto piu’ povero. Definiamo regressivi i sistemi fiscali di questo tipo […]
La ricerca della rendita puo’ assumere varie forme, in virtu’ di concessioni e sussidi governativi nascosti o trasparenti, di leggi che riducono il livello di concorrenza del mercato, di un’applicazione permissiva delle leggi esistenti sulla concorrenza e di statuti che consentono ai grandi gruppi economici di avvantaggiarsi sugli altri o di trasferire i propri costi al resto della societa’.
Il termine «rendita» veniva originariamente utilizzato per descrivere le entrate dei proprietari terrieri, che le percepivano in virtu’ della terra posseduta e non per aver fatto qualcosa. Diversa e’ da sempre la situazione dei lavoratori, i cui salari ne ricompensano la fatica. Il termine «rendita» fu poi esteso per includere i profitti o rendite monopolistiche, ossia il reddito che si ricava dal semplice controllo di un monopolio.

Info:
https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/il-prezzo-della-disuguaglianza/
https://www.ocst.ch/il-lavoro/425-approfondimenti/2181-la-disuguaglianza-il-suo-prezzo-e-cio-che-si-puo-fare-per-eliminarla
https://tempofertile.blogspot.com/2013/06/joseph-stiglitz-il-prezzo-della.html
https://www.sinistrainrete.info/neoliberismo/15721-joseph-stiglitz-per-combattere-le-disuguaglianze-bisogna-abbandonare-subito-le-idee-di-milton-friedman.html

Societa’/Kurz

Il capitale mondo.Globalizzazione e limiti interni del moderno sistema produttore di merce – Robrt Kurz – Meltemi (2022)

In passato, nell’eterno conflitto per l’interpretazione dei fatti, sembrava che le parti fossero state assegnate in maniera automatica: gli ideologi protocapitalistici orientati a destra assumevano immancabilmente il ruolo degli irriducibili apostoli della conservazione e della negazione di ogni cambiamento qualitativo; viceversa, “sinistra” era praticamente sinonimo di “progressismo”, addirittura di attesa impaziente del nuovo e di accelerazione del processo storico.
Sia nelle sue espressioni riformistiche, sia in quelle rivoluzionarie, il discorso della sinistra pullulava sempre di metafore proiettate verso il futuro, di “nuovi stadi del capitalismo”, di rotture fondamentali dello sviluppo, di prospettive inaudite etc.
Curiosamente pero’, all’inizio del XXI secolo, sono gli apologeti, gli ideologi e gli istigatori del capitalismo a impossessarsi sfacciatamente della nuova qualita’ sociale della globalizzazione, facendone il loro punto di forza, mentre la sinistra si e’ generalmente ritirata su posizioni di contenimento, conservazione ed esplicita negazione della realta’.
Anche laddove i liberali o i conservatori sembrano manifestare in qualche caso un certo scetticismo sulla globalizzazione, questo si stempera regolarmente all’interno di un discorso sdrammatizzante, accompagnato da un riferimento positivo e ottimistico nei confronti del nuovo; viceversa, lo stesso scetticismo e i falsi paragoni con il passato nei discorsi della sinistra testimoniano l’avvilente ignoranza degli sconfitti della storia, disposti solo a bendarsi gli occhi per non vedere la nuova realta’.
Surclassata dallo sviluppo del capitalismo globale, la sinistra ha perso la sua capacita’ di iniziativa storica, e se ne sta solitaria con i suoi concetti teorici e le sue idee sociali.

Info:
https://sinistrainrete.info/marxismo/22910-massimo-maggini-introduzione-a-il-capitale-mondo.html
https://anatradivaucanson.it/introduzioni/introduzione-a-il-capitale-mondo
https://www.ambienteweb.org/2022/05/21/sinistrainrete-joe-galaxy-il-capitale-mondo-sguardo-su-globalizzazione-complottismi-e-dintorni/
https://ilmanifesto.it/se-la-critica-di-valore-e-denaro-conta-piu-della-lotta-di-classe

Capitalismo/Severino

Il tramonto della politica – Emanuele Severino – Rizzoli (2018)

Si obietta spesso (lo si e’ obiettato anche a me) che il capitalismo ha una pluralita’ di forme: il capitalismo anglo-americano non e’ quello tedesco, non e’ quello giapponese, italiano eccetera.
Pero’ il comun denominatore di queste forme e’ il loro scopo: l’incremento all’infinito del profitto privato.
Certo, secondo la teoria marginalista lo scopo del ciclo economico e’ il consumo. Ma con questo si vuol dire forse che lo scopo del capitalismo e’ di dar da mangiare agli affamati e di vestire gli ignudi?
Se l’intrapresa capitalistica produce merci che sfamano e vestono e’ perche’ altrimenti resterebbero invendute. Si producono merci consumabili dagli acquirenti, e quindi vendibili, per incrementare il profitto privato.
Questo e’ lo scopo «naturale» del capitalismo.
Se all’intrapresa capitalistica si assegna uno scopo diverso, essa non e’ piu’ capitalistica.
E’ quanto sta accadendo. Si puo’ parlare di crisi del capitalismo quando si fa avanti una serie di forze che intendono imporre al capitalismo scopi diversi da quello che gli e’ proprio.
E queste forze si sono fatte innanzi. [Oltre alla democrazia] si pensi all’Islam, ai nazionalismi, alle varie forme di umanesimo.
Ma poi il conflitto esiste all’interno stesso del mondo capitalistico. Si chiama «concorrenza». Senza concorrenza non c’e’ capitalismo; ma essa conduce all’eliminazione dei concorrenti deboli e tende verso il monopolio planetario, ossia a un’economia che non e’ piu’ capitalistica. Non c’e’ bisogno della critica marxiana per scorgere – sia per questo motivo, sia per quanto avremo modo di rilevare – che il capitalismo e’ una gigantesca contraddizione. Non solo ha dei nemici, ma e’ nemico di se stesso.

Info:
https://www.researchgate.net/publication/362871888_Bruno_Cortesi_-_Emanuele_Severino_-_Il_tramonto_della_politica_-_recensione
https://emanueleseverino.com/2017/05/03/emanuele-severino-il-tramonto-della-politica-considerazioni-sul-futuro-del-mondo-rizzoli-2017-p-284/

Capitalismo/Slobodian

Il capitalismo della frammentazione. Gli integralisti del mercato e il sogno di un mondo senza democrazia – Quinn Slobodian – Einaudi (2023)

La caduta del Muro di Berlino il 9 novembre 1989 inaugurò l’era della globalizzazione […]
Le visualizzazioni dominanti di questo fenomeno ci parlano di connessione: linee blu di laser che collegano le localita’ del mondo piu’ distanti, una matassa di scambi e mobilita’.
La tendenza era quella dell’interconnessione: l’Organizzazione mondiale del commercio, l’Unione Europea, e il North American Free Trade Agreement (Accordo di libero scambio nordamericano) vennero creati a pochi anni di distanza l’uno dall’altro.
Ma, a guardare piu’ attentamente, c’era anche una cronologia alternativa, contrassegnata dalla frammentazione quanto dall’unita’.
Le due Germanie si riunificarono nel 1990, ma l’Unione Sovietica si dissolse l’anno seguente. La Jugoslavia si disgrego’ proprio mentre veniva fondata l’Unione Europea. La Somalia cadde in una condizione di guerra civile, restando priva di Stato centrale per piu’ di un decennio.
Con la fine della Guerra fredda, nuove barriere rimpiazzarono le vecchie. Le merci e il denaro erano liberi di fluire, ma non le persone. Vennero eretti muri in tutto il mondo. Secondo una stima, circa 18 000 chilometri di confini terrestri al mondo vennero rafforzati con barriere […]
La globalizzazione ha forze sia centripete sia centrifughe. Ci lega gli uni agli altri mentre ci separa […]
La fine degli imperi e la fine del comunismo hanno generato una frotta di nuovi Stati-nazione sovrani.

Info:
https://left.it/2023/11/23/il-capitalismo-della-frammentazione-che-alimenta-le-derive-autoritarie/
https://www.treccani.it/magazine/atlante/cultura/il-capitalismo-della-frammentazione-di-quinn-slobodian.html
https://jacobinitalia.it/capitalismo-fuori-controllo/
https://www.linkiesta.it/2023/11/lillusione-del-cloud-country-e-il-ruolo-ineludibile-degli-stati/

Capitalismo/Brown

Il disfacimento del demos – Wendy Brown – Luiss University Press (2023)

La concorrenza soppianta lo scambio; la disuguaglianza soppianta l’uguaglianza.
Nel neoliberalismo, la concorrenza prende il posto dell’enfasi liberale sullo scambio come principio fondamentale e dinamica di mercato […]
La concorrenza produce vincitori e sconfitti; il capitale ha successo distruggendo o cannibalizzando altri capitali. Pertanto, quando la concorrenza di mercato diventa generalizzata come principio sociale e politico, qualcuno trionfa e qualcuno muore… come principio sociale e politico.
Il capitale umano rimpiazza il lavoro. In parallelo alla sostituzione dello scambio con la concorrenza e dell’uguaglianza con la disuguaglianza da parte della ragione neoliberale, il capitale umano prende il posto del lavoro.
Quando la concorrenza diventa il principio di base del mercato, tutti coloro che prendono parte al mercato sono rappresentati come capitali, piuttosto che come produttori, venditori, operai, clienti o consumatori.
In quanto capitale, ogni soggetto e’ rappresentato come dotato di spirito imprenditoriale, per quanto piccolo, povero o privo di risorse, e ogni aspetto dell’esistenza umana e’ il prodotto dell’imprenditorialita’ […]
L’imprenditorialita’ rimpiazza la produzione.

Info:
https://www.equilibrielmas.it/2023/11/29/wendy-brown-il-disfacimento-del-demos-la-rivoluzione-silenziosa-del-neoliberismo-luiss-university-press-roma-2023/https://www.dinamopress.it/news/wendy-brown-lo-svuotamento-silenzioso-della-democrazia/
https://www.ilmanifestoinrete.it/2023/07/01/per-farla-finita-con-lhomo-oeconomicus/
https://www.sinistrainrete.info/politica/27901-pierluigi-fagan-democrazia-o-barbarie.html
https://pierluigifagan.com/2024/04/16/democrazia-o-barbarie/