Europa/Streeck

Globalismo e democrazia. L’economia politica del tardo neoliberismo – Wolfgang Streeck – Feltrinelli (2024)

L’approccio della politica tedesca e, sempre meno raramente, anche di altri paesi alla questione dell’“Europa” e della sua legittimita’ e’ stato talvolta definito “sacralizzante”.
Il compiuto processo di sacralizzazione avvolge il “progetto europeo” di un’aura che rende immediatamente blasfemo qualunque interrogativo quanto al suo significato e al suo scopo […]
La religione civile europea si sostenta di una mitologia filoeuropeista o, per usare un termine caro alla psicologia e alla teoria letteraria decostruzionista, di narrazioni.
Tale concetto, che dalla teoria letteraria e’ passato allo studio della politica, ha acquisito negli ultimi anni un uso piuttosto diffuso; esso indica un contenuto, al modo di un racconto, dal significato edificante e positivo […]
Le narrazioni, almeno quelle della politica, non mirano tanto alla verita’, quanto alla convenienza; se una narrazione esaurisce il suo potenziale, viene rimpiazzata da un’altra, piu’ adatta allo scopo.
Cosi’, negli ultimi anni, due narrazioni che a seguito della crisi del 2008 avevano ormai perso la propria efficacia, il modello sociale e la crescita, furono gradualmente sostituite da un racconto di pace con cui l’Unione europea dipinge se stessa nientemeno che come strumento per il mantenimento della pace nel continente dopo il 1945.
Come le precedenti, anche questa narrazione ha raggiunto, almeno finora, carattere altamente vincolante, per quanto informale. Molti negli ultimi anni, persino tra quanti in realta’ dovrebbero capirci qualcosa, hanno sentito il dovere di giustificare l’esistenza della Ue, se non persino dell’unione monetaria, con il desiderio di evitare il ripetersi di guerre per la contesa di territori in Europa, come nella prima metà del XX secolo [… ]
Si sostiene persino che anche l’unione monetaria abbia avuto un ruolo nel garantire la pace, come se prima del 2001, anno della sua entrata in vigore, i paesi membri non avessero gia’ deciso da piu’ di mezzo secolo di astenersi dal farsi la guerra l’un l’altro.
Per non parlare poi del fatto che, a due decenni dall’introduzione dell’unione monetaria, le relazioni attuali tra Italia, Francia e Germania sono tese come mai prima dal 1945 ad oggi, e cio’  proprio a causa dell’Europa e delle diverse e mai concordate opinioni quanto alla sua funzione.

Info:
https://www.fondazionedivittorio.it/lezione-streeck-limiti-potenzialita-della-ue-egemonie-planetarie-popoli-crisi
https://www.doppiozero.com/wolfgang-streeck-neoliberalismo-e-poi

https://www.corriere.it/la-lettura/24_giugno_21/come-sonnambuli-la-guerra-la-lettura-anteprima-nell-app-1af31e72-2fe1-11ef-8a97-996e27b017a2.shtmlhttps://ilmanifesto.it/uneuropa-svizzera

Geoeconomia/Mahbubani

Occidente e Oriente chi perde e chi vince – Kishore Mahbubani – Bocconi Ed. (2019)

Il Resto del Mondo non ha bisogno di essere salvato dall’Occidente, ne’ erudito sulle sue strutture di governo ne’ tanto meno convinto della sua superiorita’ morale.
Certamente, poi, non ha alcun bisogno di essere bombardato.
Un passo indietro migliorera’ le relazioni con molte parti del mondo, non solo con il mondo islamico, ma anche con la Cina e l’Africa, che mal sopportano l’arroganza occidentale.
Il Resto del Mondo continuera’ a imparare dall’Occidente in molte aree.
La piu’ grande conquista dell’Unione Europea e’ che ha azzerato le prospettive di guerra tra i suoi Stati membri. L’ASEAN sta cercando di ripetere questa regola aurea dell’Unione Europea.
I Paesi nordici continuano a eccellere nell’offerta di un buon equilibrio tra crescita economica e armonia sociale. Questo modello nordico sara’ gradualmente universalizzato.
Gli Stati Uniti continuano a eccellere nell’istruzione superiore e nell’imprenditorialita’. Il mondo copiera’ le best practices americane. I rettori delle universita’ cinesi visitano regolarmente i campus americani per imparare da loro.
Una strategia globale minimalista da parte dell’Occidente dovrebbe promuovere un apprendimento ancora piu’ sistematico.
E’ sempre piu’ facile imparare da qualcuno che non trasuda un atteggiamento di superiorita’.

Info:
https://irmaloredanagalgano.it/2019/10/01/3179/
https://www.corriere.it/oriente-occidente-federico-rampini/24_settembre_30/chi-vince-e-chi-perde-in-medio-oriente-una-lezione-di-50-anni-fa-c219a3f3-36a7-448e-9ae5-4b999c605xlk.shtml
https://www.notiziegeopolitiche.net/leggere-kishore-mahbubani-il-mondo-occidentale-da-unaltra-prospettiva/

 

Geoeconomia/Severino

Il tramonto della politica – Emanuele Severino – Rizzoli (2017)

In Africa sono in gioco, oltre a quelli europei, gli interessi degli Stati Uniti e della Cina, ma anche, sebbene in minor misura o in modo piu’ indiretto, della Russia, che peraltro e’ piu’ che mai presente nel contiguo scacchiere del Medio Oriente.
Per quanto possa sembrare strano a chi non ha occhi che per i «problemi concreti e immediati», si puo’ dire comunque che sara’ probabilmente la Cina a decidere l’esito dell’immigrazione africana in Europa.
La crescita continua degli investimenti cinesi in Africa porta gli analisti ad affermare che la Cina sta diventando il maggior partner commerciale di quel continente.
Non solo. Gli investimenti cinesi hanno di mira, oltre alle risorse naturali di cui l’Africa e’ ricca, e di cui la Cina ha grande bisogno, un imponente programma di interventi sanitari, educativi, culturali, edilizi.
Tempo fa si e’ venuto a sapere che in Africa la Cina sta costruendo, addirittura, degli insediamenti urbani, che pero’ rimangono disabitati per il prezzo delle abitazioni, inaccessibile agli africani (il che doveva peraltro esser noto agli imprenditori cinesi gia’ prima dell’apertura dei cantieri).
Si e’ cercato di interpretare il senso di questo atteggiamento e la risposta che sta accreditandosi e’ che la Cina cerca spazi per il miliardo e trecento milioni dei propri abitanti.

Info:
https://www.researchgate.net/publication/362871888_Bruno_Cortesi_-_Emanuele_Severino_-_Il_tramonto_della_politica_-_recensione
https://emanueleseverino.com/2017/05/03/emanuele-severino-il-tramonto-della-politica-considerazioni-sul-futuro-del-mondo-rizzoli-2017-p-284/

Geoeconomia/Barca

Disuguaglianze e conflitto, un anno dopo. Dialogo con Fulvio Lorefice, Fabrizio Barca – Donzelli (2023)

Ed ecco che nel febbraio 2022 arriva anche la crisi bellica, con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
Non che sia la prima guerra di invasione da parte di uno Stato nazionale con vocazione imperiale; di guerre di invasione sono stati tempestati gli ultimi ottanta anni.
Non che sia, come pure si e’ scritto, la prima guerra in Europa dopo l’ultimo conflitto mondiale, vista quella terribile che per un decennio ha sconvolto l’ex Jugoslavia.
Ma questa e’ una guerra speciale e micidiale negli effetti presenti e incombenti sul futuro: per la devastazione che sta producendo; perche’ l’invasore, come gia’ in Iraq, e’ una potenza nucleare; perche’, come ci ricorda papa Francesco, gli interessi imperiali coinvolti e contrapposti sono plurimi e sono alcuni fra i piu’ grandi blocchi militari del mondo; perche’, nell’attuale fase di evoluzione tecnologica dei sistemi militari, di rarefazione dei dispositivi e dei luoghi di dialogo fra gli avversari, di potenza nella propagazione di «menzogne di guerra», i rischi di degenerazione incontrollata sono grandemente cresciuti, superando persino quelli del cinicamente ordinato mondo di guerra fredda dello scorso secolo.
Di nuovo, di fronte a tutto questo, non c’e’ nelle classi dirigenti un sussulto di consapevolezza. Anzi non c’e’ piu’ neanche la narrazione del cambiamento.
Piuttosto, ci si riarma. Si arma chi armato non era.
Si alimenta la filiera dell’industria militare, con l’inconfessato pensiero di sostenere il ciclo economico.
Si frena o si inverte l’uscita dalle fonti energetiche piu’ dannose per il clima.
Insomma, si guarda dichiaratamente indietro.

Info:
https://www.forumdisuguaglianzediversita.org/in-libreria-disuguaglianze-e-conflitto-un-anno-dopo-un-dialogo-tra-fabrizio-barca-e-fulvio-lorefice/
https://www.donzelli.it/download/6436/fcf04502efaf/avvenire.pdf
https://www.donzelli.it/download/6446/282f97300b3e/la-stampa.pdf
https://www.donzelli.it/download/6437/ee21401587c1/domani.pdf
https://www.donzelli.it/download/6434/09ce7acc9da3/fatto.pdf
https://www.sintesidialettica.it/fabrizio-barca-su-guerra-e-disuguaglianze/

Geoeconomia/Armao

Capitalismo di sangue. A chi conviene la guerra – Fabio Armao – Laterza (2024)

A partire dagli anni Novanta si assiste, da un lato, a una serie di interventi militari sotto l’egida delle Nazioni Unite o della Nato, o promossi in prima persona dall’unica superpotenza rimasta, gli Stati Uniti d’America, e allargati alla partecipazione di una cerchia piu’ o meno ampia di suoi volenterosi alleati.
Il presupposto (la pretesa) e’ garantire al ricorso alla guerra un fondamento giuridico internazionale maggiore rispetto al passato, una legittimita’ che non si riduca alla volonta’ di potenza dei singoli stati coinvolti.
Si pensi alla guerra del Golfo del 1991 contro l’Iraq reo di aver invaso il Kuwait, o all’intervento in Somalia nel 1992-1995 nel tentativo (fallito) di porre fine al sanguinoso scontro tra signori della guerra, o ai bombardamenti della Nato in Kosovo nel 1999 per arrestare le azioni di pulizia etnica delle truppe serbe contro gli albanesi.
Poi tocchera’ all’Afghanistan (dal 2001) e di nuovo all’Iraq (dal 2003), ma a valle degli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 su suolo americano, quando l’esigenza domestica di offrire ai cittadini statunitensi uno sfogo alla sindrome del rally ’round the flag suscitato da quella tragedia prende il sopravvento su qualunque residua aspirazione di fare appello al diritto internazionale.
Dall’altro lato, si assiste alla proliferazione di quelle che vengono qualificate come guerre civili perche’ interne agli stati e che tuttavia, il piu’ delle volte, si concretizzano nella spartizione cruenta di territori e risorse messa in atto da una serie di attori non statali della violenza a danno, sempre, della popolazione, costretta a migrazioni forzate: dalla disgregazione della Jugoslavia (1992-1995) alla gia’ citata Somalia e alla guerra in Congo (1998-2003), passando per il genocidio in Ruanda (1994) – per citare soltanto gli episodi piu’ noti.
Alcune di esse sono destinate a trasformarsi in arene in cui anche le medie potenze regionali possono rivendicare un proprio ruolo: la Libia del post-Gheddafi con due governi, ciascuno con i propri sponsor (Egitto ed Emirati Arabi Uniti contro Qatar e Turchia), e poi, ancora, la Siria dove concorrono la Russia, l’Iran, la Turchia. E, in entrambi i teatri, l’Isis, lo stato islamico, a sparigliare ulteriormente le carte – come nello Yemen dei bombardamenti sauditi contro i ribelli Huthi, del resto.

Info:
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/IL_FATTO_QUOTIDIANO_27012024.pdf
https://www.globalist.it/culture/2024/03/25/capitalismo-di-sangue-analisi-su-conflitti-globali-e-crisi-economica/
https://www.micromega.net/author/fabio-armao/ 

Geoeconomia/Chomsky

Lotta o declino. Perche’ dobbiamo ribellarci contro i padroni dell’umanita’ – Noam Chomsky – Ponte alle Grazie (2021)

Esiste un’ampia letteratura nel campo delle scienze politiche in cui vengono fatti raffronti tra le opinioni degli elettori e le politiche portate avanti dai loro rappresentanti.
Da queste ricerche emerge che i cittadini sono sostanzialmente privati dei loro diritti, perche’ i rappresentanti eletti non si curano dei loro interessi; si preoccupano solo di quell’un per cento dei voti rappresentato dai ricchi e potenti.
Il brillante lavoro di Thomas Ferguson, per esempio, ha dimostrato che le elezioni statunitensi sono un sistema di compravendita in base al quale e’ sempre possibile prevedere chi vincera’ le presidenziali o le elezioni per il Congresso: basta esaminare chi finanzia le campagne elettorali.
Ma questa e’ solo parte della verita’. Non dobbiamo dimenticare infatti i lobbisti che di fatto scrivono le bozze di legge e fanno pressioni perche’ siano approvate.
Nel complesso va cosi’: la concentrazione di capitale, le multinazionali e i super ricchi interferiscono in maniera soffocante nelle elezioni. Ovvio, dunque, che i principi fondamentali della democrazia ne escano indeboliti.

 

Europa/Balibar

Crisi e fine dell’Europa? – Étienne Balibar – Bollati Boringhieri (2016)

Un’Europa che sta sopravvivendo alla propria agonia, invischiata in una logica di disfacimento dagli esiti impredicibili.
Perche’, nel contesto attuale irreversibilmente globalizzato, la fine parrebbe gia’ avvenuta.
La costruzione politica europea si e’ inceppata sulle sue contraddizioni irrisolte: sul dogma neoliberista della cosiddetta concorrenza non falsata, che ha esaltato l’antagonismo permanente degli interessi e ha rinsaldato le posizioni dominanti, con enormi costi sociali; sulla divisione dei poteri tra istituti comunitari e Stati membri, che ha consentito a ciascuna parte di invocare la propria irresponsabilita’ e ha scatenato al tempo stesso reazioni nazionalistiche; sulla questione delle frontiere esterne, gia’ rese fluide dalla compresenza di organismi e aree che includono alcuni Stati e non altri – dallo spazio Schengen all’eurozona –, e adesso diventate il luogo dell’impossibile demarcazione tra Nord e Sud, dove si decidono le sorti di masse crescenti di migranti, «esseri umani senza Stato» che reclamano il loro «diritto ad avere dei diritti».
Sembra che dell’Unione europea restino soltanto uno pseudofederalismo oligarchico e una moneta unica strumento dei mercati finanziari, mentre dovunque riprendono vigore un malinteso sovranismo e chiusure identitarie a tinte populiste e xenofobe.

Info:
https://www.illibraio.it/libri/etienne-balibar-crisi-e-fine-delleuropa-9788833928449/
https://www.lindiceonline.com/osservatorio/economia-e-politica/balibar-crisi-europa-ordoliberale/
https://www.sinistrainrete.info/politica/9646-etienne-balibar-populismo-e-contro-populismo-nello-specchio-americano.html

Europa/Somma

Abolire il lavoro povero – Alessandro Somma – Laterza (2024)

Si e’ definitivamente chiarito che il federalismo cui si ispira l’Unione ha una finalita’ decisa- mente piu’ circoscritta: rappresentare il vincolo esterno con cui imporre la spoliticizzazione del mercato.
Il tutto nel solco di quanto precisato fin dagli anni Trenta da un padre del neoliberalismo, che affidava alla dimensione sovranazionale il fondamentale compito di rimuovere ogni ostacolo alla libera circolazione dei fattori produttivi in quanto espediente attraverso cui ottenere la moderazione fiscale degli Stati membri: una pressione fiscale elevata «spingerebbe il capitale e il lavoro da qualche altra parte».
La libera circolazione consentiva insomma di spoliticizzare l’ordine economico, dal momento che sottraeva alle «organizzazioni nazionali, siano esse sindacati, cartelli od organizzazioni professionali», il «potere di controllare l’offerta di loro servizi e beni».
Di piu’: se lo Stato nazionale alimentava «solidarieta’ d’interessi tra tutti i suoi abitanti», la federazione impediva legami di «simpatia nei confronti del vicino», tanto che diventavano impraticabili «persino le misure legislative come le limitazioni delle ore di lavoro o il sussidio obbligatorio di disoccupazione».
Se cosi’ stanno le cose, l’Unione europea e’ tutt’altro che una entita’ incompiuta, capace di mettersi al servizio di un diverso modo di concepire lo stare insieme come societa’, se solo gli Stati fossero disponibili a cedere ulteriori porzioni di sovranita’ nella definizione delle politiche fiscali e di bilancio.
L’Unione europea e’ al contrario la realizzazione fedele e vincente di un modello politico ed economico incompatibile con il proposito di ripristinare l’equilibrio tra democrazia e mercato, e piu’ precisamente quello cui prelude il patto di cittadinanza fondato sul lavoro cosi’ come e’ stato concepito dalla Carta fondamentale.
Lo e’ innanzi tutto perche’ alimenta il sovranazionalismo come ideologia apparentemente distante dal nazionalismo, ma in ultima analisi identica nel produrre un effetto distorto: quello per cui l’architettura istituzionale viene ritenuta il fine ultimo e non anche lo strumento attraverso cui plasmare lo stare insieme come societa’.

Info:
https://www.ildiariodellavoro.it/abolire-il-lavoro-povero-per-la-buona-e-piena-occupazione-di-alessandro-somma-edizioni-laterza/
https://www.glistatigenerali.com/lavoro-autonomo_dipendenti/abolire-il-lavoro-povero-il-lavoro-non-e-finito-checche-ne-dica-la-politica/
https://www.recensionedilibri.it/2024/02/03/somma-abolire-il-lavoro-povero/

Geoeconomia/Chomsky

Noam Chomsky – Ottimismo (malgrado tutto). Capitalismo, impero e cambiamento sociale – Noam Chomsky – Ponte alle Grazie (2018)

Gli economisti europei hanno gia’ ampiamente illustrato gli effetti controproducenti dell’incapacita’ europea di adottare misure anticrisi coordinate.
Sono note le radici storiche di queste differenze tra Europa e Stati Uniti.
Secoli di conflitti fecero prevalere in Europa un sistema di Stati-nazione; poi l’esperienza della Seconda guerra mondiale convinse gli europei a rinunciare allo sport prediletto di massacrarsi a vicenda (anche perche’ la prossima volta potrebbe essere l’ultima). Oggi sussiste quella che i politologi amano chiamare «una pace democratica», anche se non e’ chiaro quanto c’entri davvero la democrazia.
Gli Stati Uniti, invece, sono uno Stato colonialista-insediativo: dopo aver massacrato la popolazione indigena ne confino’ i sopravvissuti nelle «riserve», per poi conquistare la meta’ del Messico ed espandersi ancora piu’ in la’.
Molto piu’ che in Europa, l’eterogeneita’ interna fu distrutta. La Guerra civile consolido’ l’autorita’ centrale e anche l’uniformita’ in altri ambiti: lingua nazionale; modelli culturali; imponenti progetti statal-industriali d’ingegneria sociale come la suburbanizzazione della societa’; sovvenzioni esorbitanti dello Stato centrale all’industria avanzata mediante ricerca e sviluppo, appalti e altri stratagemmi.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/neoliberismo/19738-sandro-moiso-pandemia-economia-e-crimini-della-guerra-sociale.html
https://pinobertelli.it/ottimismo-malgrado-tutto-capitalismo-impero-e-cambiamento-sociale/
https://www.ilroma.net/opinione/restare-ottimisti-nonostante-tutto

Geoeconomia/Chomsky

Noam Chomsky, C.J. Polychroniou – Perché l’Ucraina – Ponte alle Grazie (2022)

Nella sua follia criminale, Putin ha fatto a Washington un grandissimo regalo: consolidare la cornice atlantista a trazione statunitense per l’Europa ed escludere la possibilita’ di una «casa comune europea» indipendente, una vecchia questione degli affari internazionali, sin dalle origini della Guerra fredda […]
Dobbiamo anche rilevare che la maggior parte del mondo si tiene a distanza dal terribile spettacolo in scena in Europa. Un esempio emblematico sono le sanzioni. L’analista politico John Whitbeck ha elaborato una mappa degli Stati che hanno applicato sanzioni contro la Russia: gli Stati Uniti e il resto dell’Anglosfera, l’Europa e parte dell’Asia orientale. Nessun paese del Sud globale, che resta a guardare disorientato mentre le nazioni d’Europa tornano al loro tradizionale passatempo di massacrarsi a vicenda e intanto seguono la loro vocazione di distruggere tutto cio’ che ritengono essere alla loro portata: Yemen, Palestina e tanti altri.
Dal Sud globale si sono levate numerose voci di condanna del brutale crimine di Putin, che pero’ non ignorano la suprema ipocrisia dell’atteggiamento dell’Occidente verso azioni che sono ben poca cosa rispetto alle sue prassi consolidate.

Info:
https://duels.it/industria-culturale/analisi-di-un-conflitto-perche-lucraina-di-noam-chomsky/
https://www.illibraio.it/news/saggistica/noam-chomsky-guerra-ucraina-1420828/
https://www.sololibri.net/Perche-l-Ucraina-Noam-Chomsky.html