Societa’/Crouch

Colin Crouch – Combattere la postdemocrazia – Laterza (2020)

Per il liberalismo e’ essenziale che nessun regime di governo sia permanente.
Non possono mai mancare ne’ la discussione, ne’ la certezza che entro qualche anno si tengano
regolarmente nuove elezioni. La minoranza di oggi deve avere la possibilita’ di diventare la maggioranza di domani; un partito attualmente al governo deve sapere che esiste la concreta possibilita’ che domani non sia piu’ al governo, e dev’essere dunque disposto a condividere con gli altri partiti un consenso trasversale sul valore di una competizione aperta ed equa […]
In sintesi, la democrazia liberale e’ una forma di governo in cui la cittadinanza 
e il suffragio universale degli adulti sono accompagnati da una serie di istituzioni che hanno il compito di tutelare l’incertezza, la varieta’ e la possibilita’ del cambiamento anche contro la volonta’ di chi ha democraticamente vinto le elezioni.
E’ particolarmente importante che i tribunali e il potere giudiziario siano al riparo da interferenze politiche e che il governo sia subordinato alla legge, a quello che i tedeschi chiamano Rechtstaat, lo “stato di diritto”

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858139882https://www.arci.it/il-libro-combattere-la-postdemocrazia-di-colin-crouch/
https://www.ilfoglio.it/cultura/2020/02/09/news/postdemocrazia-no-300300/

Populismo/Crouch

Colin Crouch – Identita’ perdute. Globalizzazione e nazionalismo – Laterza (2019)

Il venir meno della certezza di una prosperita’ sempre crescente, l’incertezza della globalizzazione, l’immigrazione di massa e lo scontro con l’Islam radicale hanno messo a nudo i nervi scoperti della diffidenza verso gli stranieri, che siano alle porte della nazione o si tratti di paesi stranieri.
Evidentemente, la nazione fornisce a molte persone una fonte politicamente potente e storicamente radicata d’identita’ «solo qui».
Di recente e’ emerso qualcosa che somiglia a un movimento internazionale che collega i vari gruppi nazionalisti e conservatori, una sorta di «internazionale xenofoba» […]
C’e’ tuttavia qualcosa di distintamente ossessivo nell’idea di un’internazionale xenofoba. Questi gruppi sono preoccupati di porre l’accento sull’autonomia e la sovranita’ nazionale e non sulla cooperazione.
Nonostante la personale vicinanza di Trump e Putin, il primo ha dichiarato che le relazioni tra i loro paesi sono dopo molti anni ai loro minimi; e, nonostante il suo sostegno alla Brexit, Trump non esonera il Regno Unito dalle sanzioni commerciali che ha imposto ai paesi europei.
Anche se Orban e la Lega si considerano in qualche modo alleati, Orban catalizza il sostegno in Ungheria rifiutando le richieste dell’UE di aiutare l’Italia nell’affrontare la questione dei rifugiati, mentre la Lega critica l’UE per non aver fatto in modo che l’Ungheria e i suoi vicini offrissero quell’aiuto.
Entrambe le parti sfuggono all’evidente contraddizione implicita nel rivolgere le loro ire contro l’Unione Europea […]
L’internazionale xenofoba e’ il prodotto dei tentativi da parte di vari imprenditori politici di plasmare, politicizzare e brandire le identita’ sociali per riempire il vuoto lasciato dal declino di quelle che hanno forgiato la democrazia del XX secolo.
Cio’ puo’ essere fatto sia persuadendo gruppi di persone a ritenere la loro identita’ assolutamente prioritaria, sia imponendo la propria identita’ sugli altri, che vanno trattati come estranei, nemici dell’identita’ protetta. Nazione ed etnia sono le armi piu’ potenti dal punto di vista emotivo per questo scopo, e sono usate sia dai gruppi conservatori predominanti sia dagli aspiranti leader delle stesse minoranze etniche radicali.

Info:
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Stato/Crouch

Colin Crouch – Combattere la postdemocrazia – Laterza (2020)

L’esternalizzazione di servizi pubblici viene generalmente presentata come trasferimento di quel servizio dal monopolio statale al mondo della scelta del consumatore.
Ma la realta’ e’ che gli appalti vengono aggiudicati da istituzioni pubbliche: semmai, quindi, i clienti sono quelle istituzioni, non il pubblico degli utenti, che di fatto sono pseudoclienti e hanno interessi spesso non coincidenti con quelli dell’istituzione pubblica cui devono invece rispondere i concessionari […]
Le istituzioni pubbliche che subappaltano i propri servizi perdono le professionalita’ lentamente maturate al proprio interno attraverso la gestione di quei servizi, e ben presto si ritrovano del tutto incapaci di valutare le competenze e le prestazioni delle aziende cui li hanno affidati.
Cio’, oltre a ridurre quasi certamente la qualita’ del servizio offerto, aumenta la dipendenza dell’amministrazione da un ristretto numero di imprese private, che finiscono per diventare le uniche depositarie delle necessarie conoscenze professionali.
Queste attivita’ sono troppo politiche, e troppo oligopolistiche, per far parte di una vera economia di mercato; e si fondano su reti che appaiono del tutto impenetrabili per la democrazia. Ormai e’ chiaro da anni che, per quanto carenti possano essere a volte i servizi pubblici, affidarne la fornitura a privati non garantisce, in linea di principio, alcun vantaggio.

Info:
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Stato/Crouch

Colin Crouch – Combattere la postdemocrazia – Laterza (2020)

Spesso viene fatto notare che in tedesco la parola Schuld significa sia “debito” che “colpa”.
Ma anche il termine Glaubiger vuol dire sia “creditore” che “credulone” (del resto, “creditore” deriva dal latino credo).
Di solito chi decide di credere viene ritenuto corresponsabile al pari della persona alla quale da’ credito.
Il prestito e’ un rischio condiviso tra chi presta e chi riceve: e la teoria contabile ritiene responsabili entrambi i soggetti, incentivandoli cosi’ ad agire con prudenza […].
Ma nel lessico dei protagonisti dei mercati monetari contemporanei non c’e’ posto per la prudenza: si direbbe anzi che essi, con la crisi greca, abbiano voluto dimostrare che non soltanto sono “troppo grandi per fallire”, ma che lo sono anche per essere chiamati a rispondere dei propri comportamenti.

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Finanziarizzazione/Crouch

Colin Crouch – Combattere la postdemocrazia – Laterza (2020)

[La] deregolamentazione consenti’ alle banche di finanziare investimenti molto superiori al loro patrimonio.
Cio’ permise loro di rischiare sui mercati secondari somme sempre maggiori, accelerando la spirale al rialzo delle quotazioni. Le banche correvano sempre piu’ rischi, ma ogni volta un investitore (persona o azienda) rivendeva i titoli a un numero maggiore di ulteriori investitori, riducendo cosi’ i propri rischi attraverso la condivisione con una platea sempre piu’ vasta di attori.
L’espansione del sistema e l’entrata in gioco dei ricchi della Cina, della Russia e di molti altri paesi fino a quel momento estranei al sistema di mercato capitalistico, estese i rischi a un numero sempre maggiore di investitori. La condivisione – e dunque la riduzione dei rischi – sembrava poter proseguire all’infinito, o quasi.
La ricchezza non veniva creata attraverso la produzione di beni e servizi reali, ma attraverso la rivalutazione costante di titoli finanziari acquistati e rivenduti all’infinito.
In tal modo, le attivita’ finanziarie sono diventate la forma di gran lunga piu’ redditizia di attivita’ economica: per fare denaro bastava muovere denaro, tagliando cosi’ fuori le attivita’ intermedie necessarie per realizzare beni o fornire i servizi venduti a scopo di profitto.
Le imprese operanti in altri settori dell’economia sono state cosi’ incentivate prima a crearsi un proprio braccio finanziario, e poi a concentrare su di esso le proprie competenze e i propri sforzi strategici, demandando qualsiasi ulteriore attivita’ ad
altri, ivi comprese le funzioni legate a quello che fino a quel momento era stato il loro core business e ai rapporti con la clientela di massa […]
Ci sono fondati motivi per affermare che la previsione che in caso di necessita’ i governi sarebbero intervenuti a salvare le banche – “troppo grandi per fallire” – abbia incoraggiato queste ultime a correre rischi irresponsabili, e che i salvataggi
post-2008 non abbiano fatto altro che incentivare le stesse banche a correre rischi ancora maggiori in futuro.
Quando si e’ capito chiaramente che tutti i responsabili della catastrofe l’avrebbero fatta franca, qualcuno ha osservato che i banchieri sono “troppo grandi” non solo “per fallire” (to fail), ma anche “per finire in carcere” (to jail).
D’altra parte, a fronte dei danni provocati dai salvataggi, occorre considerare anche il rischio di un crollo totale dell’economia globale se non si fosse fatto nulla per bloccare l’emorragia delle quotazioni azionarie.

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Capitalismo/Crouch

Colin Crouch – Combattere la postdemocrazia – Laterza (2020)

Tra il 1981 e il 2010, nell’insieme dei paesi dell’Ocse, l’aliquota piu’ alta dell’imposta sul reddito e’ scesa dal 66 al 42 per cento […].
Il 90 per cento della popolazione con reddito piu’ basso guadagna tra il 70 e l’85 per cento del proprio reddito sotto forma di salari e stipendi, mentre lo 0,01 per cento della popolazione in cima alla piramide della distribuzione del reddito percepisce appena il 40 per cento del proprio reddito sotto forma salariale, e la maggior parte di esso sotto forma di reddito d’impresa, dividendi e capital gain.
La tassazione di questi ultimi tipi di reddito si e’ sempre piu’ alleggerita rispetto alle imposte che gravano su salari e stipendi.
Sempre tra il 1981 e il 2010, nei paesi dell’Ocse, la tassazione media dei redditi societari e’ scesa dal 47 al 25 per cento e quella dei dividendi dal 75 al 42 per cento […]
Le riforme fiscali hanno ulteriormente rafforzato la disuguaglianza crescente generata dal mercato. Cio’ fa pensare che gli interessi dei ricchi abbiano saputo esercitare sui governi pressioni molto piu’ forti rispetto agli interessi della democrazia […]
Il denaro puo’ essere usato anche per influenzare le opinioni della gente comune.
Negli ultimi anni, l’ascesa dei social media ha aperto nuove possibilita’. Internet puo’ servire a inviare messaggi mirati apparentemente provenienti da movimenti civici di massa, ma in realta’ controllati da alcuni tra i personaggi piu’ ricchi del pianeta. Queste attivita’ si basano su tecnologie costose, alla portata solo dei miliardari o degli Stati.
Esse richiedono innanzitutto l’estrazione (spesso illegale) dalle piattaforme di social media di dati sulle preferenze individuali, ricavati dalle ricerche effettuate sul web o dai comportamenti d’acquisto. Su questa base si confezionano messaggi individuali tagliati a misura di quelle preferenze, che vengono poi inviati da un gran numero di fonti apparentemente indipendenti. Paradossalmente, gran parte di questa propaganda si presenta come sfida populista alle elites. […]
I social media, che a un certo punto avevano dato l’impressione di poter creare un nuovo bene comune, uno spazio pubblico aperto a tutti, in realta’, nel momento in cui se ne sono impossessati i superricchi, hanno condotto a una privatizzazione della societa’ civile.

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Populismo/Crouch

Colin Crouch – Combattere la postdemocrazia – Laterza (2020)

I populisti in versione pura affermano di non avere un proprio programma politico e di essere semplicemente i portavoce del popolo.
E’ un approccio naif: il “popolo” non ha alcuna possibilita’ di elaborare un programma politico, senza un dibattito strutturato e un’ampia discussione; e un movimento che si presenta semplicemente come suo portavoce e’ esposto alle scalate di gruppi piu’ organizzati.
Il Movimento Cinque Stelle (M5S) in Italia si e’ posto come una versione relativamente pura di questo tipo di movimenti, che elabora le proprie politiche con un crowdsourcing effettuato su una piattaforma di social media e si dichiara portavoce di cittadini scontenti dei comportamenti dell’elite politica.
Al governo nel 2018 e nel 2019 con la Lega – partito fortemente xenofobo con cui inizialmente non aveva molto in comune –, e’ stato temporaneamente risucchiato verso la destra nazionalistica fino alla formazione, nel settembre del 2019, di un governo di coalizione con il Partito democratico e altre forze minori di sinistra.

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Populismo/Crouch

Colin Crouch – Identita’ perdute. Globalizzazione e nazionalismo – Laterza (2019)

La partecipazione democratica richiede un equilibrio tra ragione ed emozione.
Quando l’ambito emotivo e’ messo troppo da parte, la politica diventa un esercizio asciutto e tecnocratico, accessibile solo a chi e’ sufficientemente beninformato e interessato a dettagli noiosi.
Quando le emozioni – e soprattutto paura, rabbia e odio – dominano senza alcuna opposizione da parte della ragione, la politica diventa pericolosa, anche sul piano fisico. Il dibattito come scambio significativo di opinioni nel corso del quale le persone potrebbero modificare le proprie posizioni iniziali, o almeno comprendere le idee degli avversari, diventa impossibile.
I sentimenti, senza l’ausilio della ragione, non tollerano alcuna discussione: li si accetta o li si rifiuta.
Cio’ non puo’ essere d’aiuto alla democrazia.
Se in un mondo governato dalla sola ragione sono i tecnocrati a dettar legge, in un mondo guidato dalle emozioni regna chi sa manipolare sentimenti potenti.
Oggi questo puo’ esser fatto con facilita’ maggiore, per via negativa con la xenofobia e per via positiva con il nazionalismo.

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Popoulismo/Crouch

Colin Crouch – Combattere la postdemocrazia – Laterza (2020)

L’attacco dell’alt-right [destra alternativa] alle elites tradizionali e’ generalmente accompagnato da richiami al potere diretto del popolo e al presunto malcontento popolare contro le istituzioni che cercano di frenare il popolo.
Poiche’ la democrazia diretta non e’ in grado di prendere le decisioni complesse tipiche delle societa’ contemporanee, dietro queste rivendicazioni c’e’ sempre una sorta di gioco delle tre carte.
Non mancano mai i leader che si assumono il compito d’interpretare, o meglio ancora d’impersonare, la volonta’ del popolo […] Un leader carismatico in cui poter riporre totale fiducia, proprio perche’ il loro populismo non accetta il ruolo delle istituzioni intermedie.
Il leader dichiara di rappresentare, anzi impersonare, il popolo: una massa indifferenziata che ha una volonta’ precisa e non lascia spazio alle minoranze.
Chi non condivide la visione del leader e’ un nemico del popolo e non ha alcun diritto di parola. Tutte le istituzioni intermedie che possano ostacolare o alterare la volonta’ del capo –emblema del popolo – sono a loro volta nemiche della democrazia […]
Viktor Orban, in Ungheria, e’ stato il primo leader politico dell’Europa centro-orientale a intuire che il nazionalismo conservatore poteva creare un legame stabile tra i politici e l’opinione di massa, ed e’ stato anche il leader che ha piu’ compiutamente sviluppato l’ideologia del nuovo conservatorismo sociale.
Egli si attribuisce la missione di promuovere una svolta illiberale nei valori pubblici, all’insegna di un cristianesimo conservatore[…]
L’immagine del paese coltivata da Orban e’ quella dell’Ungheria durante l’impero asburgico, smembrato nel 1918: un’immagine che porta con se’ implicite rivendicazioni su territori di paesi vicini in cui vivono forti minoranze ungheresi. Orban ha poi utilizzato questa visione illiberale per giustificare ideologicamente la subordinazione dei tribunali ungheresi al controllo politico. Ha inoltre iniziato a introdurre restrizioni della liberta’ accademica […] Si serve degli appalti pubblici per premiare individui e imprese che sostengono il suo partito e per penalizzare gli oppositori.
L’esempio di Orban e’ stato imitato in Polonia dal partito Diritto e giustizia (PiS), attualmente al governo. Presieduto da Jarosław Kaczynski, il PiS si richiama a valori cattolici conservatori e nazionalisti e attacca l’indipendenza della magistratura.
Un ulteriore casus belli e’ sorto, oltre che in Ungheria e in Polonia, anche in Bulgaria, Repubblica Ceca, Slovacchia e Slovenia, con il tentativo dell’Unione europea di persuadere questi paesi a fare la loro parte nell’accoglienza dei profughi che approdano sulle coste greche e italiane.
L’indisponibilita’ dei paesi dell’Europa centrale ha contribuito, paradossalmente, ad aumentare i consensi dell’alt-right in Italia.

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Populismo/Crouch

Colin Crouch – Identita’ perdute. Globalizzazione e nazionalismo – Laterza (2019)

Per capire cosa sta accadendo, dobbiamo tornare al XVIII secolo e al conflitto non tra imperi e nazioni ma tra l’ancien regime e l’Illuminismo (Aufklärung) […].
Detto in poche parole, l’Illuminismo, rappresentato in particolare da Immanuel Kant, sosteneva la crescita del razionalismo e dell’universalismo, il quale ultimo implicava una forma di uguaglianza tra le persone […] una volontà di cambiamento e innovazione […] una mentalita’ che trovo’ la sua espressione piu’ pura nella scienza dell’economia classica.
L’ancien regime, il conservatorismo, rappresentava invece la tradizione, la stabilita’, una fede religiosa incontestata, una rinuncia generale a mettere in discussione gerarchie e disuguaglianze consacrate dal tempo.
Dal punto di vista conservatore, i valori dell’Illuminismo erano freddi, dirompenti e inquietanti, accessibili solo alle persone istruite; quelli dell’ancien regime, al contrario, erano accessibili attraverso la famiglia e la permanenza nel tempo […]
I poveri spesso bramano stabilita’ e familiarita’.
E probabilmente guardano al cambiamento come a una minaccia per quel poco che hanno.
Questa prospettiva ci aiuta anche a spiegare l’attuale enigma per cui molti dei leader dei nuovi movimenti conservatori, in particolare Donald Trump, sostengono di parlare a nome degli emarginati e degli oppressi, e si fanno vanto allo stesso tempo della propria ricchezza, proponendo politiche economiche che favoriscono ancora di piu’ i ricchi.
Il conservatorismo non offre sicurezza attraverso la ridistribuzione della ricchezza ma mediante l’affermazione di valori tradizionali, vecchie certezze e la gestione del potere da parte di governanti ammirati. […]
Considerare gli attuali scontri sulla globalizzazione come un revival della lotta epica tra Illuminismo e ancien regime ci consente anche di comprendere il rifiuto dei concetti di evidenza e competenza cosi’ centrale nelle campagne di Trump e della Brexit. Questa e’ la vecchia ostilita’ nei confronti della scienza e della ragione insita nel conservatorismo storico con la sua preferenza per l’autorita’ di leader o di credenze religiose piuttosto che per la conoscenza.

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