Lavoro/Latouche

Serge Latouche – Lavorare meno, lavorare diversamente o non lavorare affatto – Bollati Boringhieri (2023)

La mistificazione del lavoratore imprenditore di se stesso, che valorizza il suo capitale umano, porta allo stato supremo dell’alienazione, dell’autoasservimento.
Con le piattaforme, il lavoratore non salariato viene mantenuto in qualche modo «al di qua dell’occupazione», privo dei vantaggi della posizione del salariato.
Il mercato totale impone il paradigma del lavoro come merce a tutta la societa’, compresi i settori nei quali sembrava impossibile introdurlo, come la ricerca scientifica, la cultura, la sanita’ o l’educazione.
Esiste ormai un vero e proprio mercato delle idee. Si compra e si vende l’attivita’ del cervello come quella della mano […]
La rottura con la logica capitalistica e la fuoriuscita dalla societa’ della crescita, invece, rimangono prospettive piu’ o meno lontane e ipotetiche, di cui non si vedono sintomi convincenti. Anche se la crescita misurata dal PIL e’ praticamente nulla nei principali paesi sviluppati, l’ideologia della crescita rimane sempre ben solida, magari dipinta di verde, come accade sempre piu’ spesso.
Se il PIL non cresce piu’ o quasi al Nord, cresce invece piu’ che mai nei paesi emergenti, con tutte le conseguenze disastrose per la salute del pianeta che accompagnano il fenomeno. Inoltre, il rallentamento statistico dei paesi ricchi non impedisce l’aumento della depredazione e dei disastri ambientali, in quanto la continua svalorizzazione dei prodotti, il consumo quantitativo e la produzione di rifiuti continuano a crescere comunque.

Info:
https://www.doppiozero.com/latouche-lavorare-meno-o-non-lavorare-affatto
https://www.pressenza.com/it/2024/02/lavorare-meno-o-non-lavorare-affatto/
https://ilregno.it/attualita/2023/22/s-latouche-lavorare-meno-lavorare-diversamente-o-non-lavorare-affatto-luca-miele
https://gognablog.sherpa-gate.com/lavorare-meno-lavorare-diversamente-non-lavorare-affatto/
https://www.ariannaeditrice.it/articoli/lavorare-meno-lavorare-diversamente-non-lavorare-affatto

 

 

Societa’/Montanari

Tomaso Montanari – Dalla parte del torto. Per la sinistra che non c’e’ – Chiarelettere (2020)

L’aggettivo «sostenibile» impedisce di denunciare la truffa della parola «sviluppo» utilizzata per giustificare lo sfruttamento di popoli e risorse situati su territori lontani, in nome di una cultura superiore, piu’ «sviluppata».
Sviluppo non significava aumento della nostra capacita’ di ascoltare e comprendere gli altri, qualunque lingua essi adoperassero, utilizzando insieme cervello e cuore: significava solo aumento della produzione e consumo di merci, aumento della ricchezza di chi produceva e induceva a consumare merci sempre piu’ inutili, sacrificando (per una merce inutile ma fonte di maggior ricchezza) il produttore a un bene che veniva distrutto (un bosco antico per qualche tonnellata di legname, una citta’ storica per una marea di turisti, un paesaggio di struggente bellezza per una selva di palazzoni o una marea di villette).
Questo sviluppo, da un obiettivo e’ diventato una religione, una credenza cui tutti si inchinano obbedienti […]
Il concetto di sviluppo sostenibile e’ servito, certo, a introdurre le fonti di energia rinnovabile, a recuperare con la raccolta differenziata parte dei materiali che prima erano avviati agli inceneritori, a ridurre il consumo di plastica: tutte cose necessarie.
Ma e’ servito anche a far credere che cio’ fosse sufficiente: e questa e’ una menzogna che puo’ esserci fatale, perche’, se non mettiamo radicalmente in discussione l’idea stessa dello sviluppo – cioe’ di una produzione lanciata in una crescita infinita –, quelle misure saranno forse capaci di rallentare il collasso finale, non certo di evitarlo

Info:
https://www.carmillaonline.com/2020/02/25/dalla-parte-del-torto/
https://www.forchecaudine.com/dalla-parte-del-torto-a-proposito-dellultimo-libro-di-tomaso-montanari/
https://www.pressenza.com/it/2020/08/la-sinistra-che-non-ce-dalla-parte-del-torto-di-tomaso-montanari/
https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2020/01/23/dalla-parte-del-torto-per-la-sinistra-che-non-ce/

Capitalismo/Meadows

Donella Meadows, Dennis Meadows, Jorgen Randers – I nuovi limiti dello sviluppo. La salute del pianeta nel terzo millennio – Mondadori (2006)

Secondo il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo, nel 1960 il 20% della popolazione mondiale residente nei paesi piu’ ricchi aveva un reddito pro capite pari a trenta volte il reddito del 20% residente nei paesi piu’ poveri. Nel 1995, il rapporto tra il reddito medio del 20% piu’ ricco e quello del 20% piu’ povero era passato da 30:1 a 82:1 […]
La distribuzione globale della ricchezza e delle opportunita’ e’ vistosamente asimmetrica. Il 20% piu’ ricco della popolazione mondiale controlla piu’ dell’80% del prodotto mondiale lordo e utilizza quasi il 60% dell’energia commerciale mondiale. (Fonte: Banca Mondiale)
Ma qual e’ la struttura che mantiene inalterato il divario tra ricchi e poveri anche quando la crescita economica e’ fortissima?
Sono all’opera, a nostro giudizio, due strutture generali.
La prima ha a che fare con gli ordinamenti sociali – alcuni comuni a un gran numero di culture, altri peculiari di singole culture – che per ragioni sistemiche danno al privilegiato potere e risorse per accrescere il proprio privilegio. Gli esempi variano dalla discriminazione etnica latente o manifesta all’elusione fiscale dei contribuenti ricchi; dalla malnutrizione dei figli dei poveri a una migliore istruzione scolastica per i figli dei ricchi; dall’uso dei soldi per avere influenza politica, anche in quelle che siamo soliti chiamare democrazie, al semplice fatto che i pagamenti di interessi trasferiscono denaro dalle tasche di chi ne ha di meno di quanto gliene servirebbe alle tasche di chi ne ha di piu’ […]
Questa struttura che perpetua la poverta’ deriva dal fatto che per le popolazioni ricche, rispetto a quelle povere, e’ piu’ facile risparmiare, investire e moltiplicare il proprio capitale, e non solo perche’ i ricchi hanno piu’ possibilita’ di controllare le condizioni di mercato, procurarsi nuove tecnologie e controllare le risorse, ma anche perche’ secoli di crescita hanno messo a loro disposizione un ampio stock di capitale che puo’ moltiplicarsi ancora di piu’.
La maggior parte dei bisogni primari sono soddisfatti, e percio’ sono possibili tassi di investimento relativamente alti senza privare del necessario la popolazione presente. Una bassa crescita demografica permette di allocare piu’ prodotto per alimentare la crescita economica e meno per soddisfare i bisogni di sanita’ e di istruzione, come accadrebbe se la popolazione fosse in rapido aumento.
Nei paesi poveri, invece, la crescita del capitale fa fatica a tener dietro alla crescita della popolazione. Il prodotto che avrebbe potuto essere reinvestito serve piuttosto per costruire scuole e ospedali e per soddisfare le necessita’ di un’economia di sussistenza. Siccome i bisogni immediati sottraggono prodotto agli investimenti industriali, la crescita dell’economia e’ lenta.

Info:
https://www.lescienze.it/news/2022/08/26/news/i_limiti_dello_sviluppo_oggi-10058566/
https://www.filosofiatv.org/news_files4/52_DALLA%20CASA%20Quaranta%20anni%20dopo.pdf
https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=607

Geoeconomia/Hickel

Jason Hickel – The divide. Guida per risolvere la disuguaglianza globale – il Saggiatore (2018)

L’industria dello sviluppo ama riferirsi ai paesi poveri con un aggettivo dal significato passivo, sottosviluppati.
Ma forse sarebbe piu’ accurato adottare un verbo transitivo, sottosviluppare, cioe’ l’azione di una potenza esterna che impedisce, cancella o inverte lo sviluppo di una nazione povera.
Dopotutto, come vedremo, non e’ che la poverta’ sia qualcosa che semplicemente esiste: la poverta’ e’ stata creata […]
Alla fine del 2016, la Global Financial Integrity, una Ong americana, e il Centro di ricerca applicata della Norwegian School of Economics hanno pubblicato alcuni dati che cambiano completamente la nostra prospettiva. Hanno calcolato tutte le risorse finanziarie trasferite ogni anno fra paesi ricchi e paesi poveri: non solo aiuti, investimenti esteri e flussi commerciali, come avevano fatto studi precedenti, ma anche altri tipi di trasferimenti, come remissioni del debito, rimesse degli emigranti e fughe di capitali.
E’ la valutazione di trasferimenti di risorse piu’ esaustiva che sia stata fatta finora. Il risultato e’ che nel 2012, l’ultimo anno per cui erano disponibili dati, i paesi in via di sviluppo hanno ricevuto poco piu’ di 2000 miliardi di dollari, compresi tutti gli aiuti, investimenti e redditi dall’estero. Nello stesso anno, pero’, piu’ del doppio di quella cifra, qualcosa come 5000 miliardi di dollari, ha seguito il percorso inverso.
In pratica, i paesi in via di sviluppo hanno «inviato» al resto del mondo 3000 miliardi di dollari in piu’ rispetto a quelli che hanno ricevuto […]
In che cosa consistono questi enormi deflussi?
Una parte e’ rappresentata dai pagamenti degli interessi sul debito. Oggi i paesi poveri pagano ogni anno oltre 200 miliardi di dollari solo in interessi a creditori esteri, per la maggior parte relativi a vecchi prestiti che sono gia’ stati largamente rimborsati e in parte relativi a prestiti accumulati da dittatori avidi […]
Un altro apporto significativo e’ rappresentato dal reddito che gli stranieri incassano dai loro investimenti nei paesi in via di sviluppo, e che si riportano in patria. Pensate a tutti i profitti che ricava la Shell dalle riserve petrolifere della Nigeria, per esempio […]
Poi ci sono i profitti che i cittadini europei e americani ottengono dagli investimenti in azioni e obbligazioni del Sud del mondo, attraverso i loro fondi pensione […]
Ma la fetta dei deflussi di gran lunga piu’ grande e’ quella relativa alle fughe di capitali […]
3000 miliardi di dollari di deflussi netti totali annui sono una somma ventiquattro volte superiore agli stanziamenti annuali per gli aiuti. In pratica, per ogni dollaro di aiuti che ricevono, i paesi in via di sviluppo ne perdono ventiquattro in deflussi netti. Naturalmente, si tratta di una cifra totale: per alcuni paesi la proporzione e’ maggiore, per altri minore. Ma in tutti i casi i deflussi netti privano i paesi in via di sviluppo di un’importante fonte di entrate e finanziamenti che potrebbero essere impiegati per lo sviluppo.

Info:
https://www.ibs.it/the-divide-guida-per-risolvere-libro-jason-hickel/e/9788842824961/recensioni
https://www.culturamente.it/libri/politica-economica-jason-hickel/
https://www.ilsaggiatore.com/libro/the-divide/

Economia di mercato/Hickel

Jason Hickel – The divide. Guida per risolvere la disuguaglianza globale – il Saggiatore (2018)

Ancora oggi la storia dello sviluppo continua a esercitare una forza irresistibile nella nostra societa’.
La si incontra ovunque si volga lo sguardo: nei negozi equi e solidali come quelli della Oxfam e della Traid, negli spot televisivi di Save the Children e della World Vision, nei rapporti annuali pubblicati dalla Banca mondiale e dal Fondo monetario internazionale e ogni volta che guardiamo la classifica delle nazioni del mondo in base al Pil.
La sentiamo ripetere da rockstar come Bono e Bob Geldof, da miliardari come Bill Gates e George Soros, da attrici come Madonna e Angelina Jolie, con i suoi abiti coloniali e uno stuolo di bambini africani accalcati smaniosamente intorno a lei […]
Lo sviluppo e’ ovunque. E si porta dietro i suoi rituali, a cui possono partecipare milioni e milioni di persone: comprare scarpe Toms, donare qualche dollaro al mese per adottare a distanza un bambino dello Zambia o sacrificare le vacanze estive per fare volontariato in Honduras.
Forse non sarebbe esagerato dire che prima o poi quasi tutti, nel mondo occidentale, si sono imbattuti nella storia dello sviluppo, o addirittura vi hanno preso parte. E’ onnipresente.
Ed e’ diventata un’industria enorme, che vale centinaia di miliardi di dollari, quanto tutti i profitti di tutte le banche degli Stati Uniti messi assieme […]
L’industria dello sviluppo ha ripetutamente fallito nel mantenere le sue grandi promesse di «porre fine alla fame nel mondo» o «rendere la poverta’ un ricordo del passato» […]
Prendiamo la fame, per esempio. Nel 1974, al primo vertice delle Nazioni Unite sull’alimentazione a Roma, il segretario di Stato americano Henry Kissinger promise che la fame sarebbe stata debellata entro un decennio. All’epoca nel mondo c’erano circa 460 milioni di persone che soffrivano la fame. Ma invece di scomparire, la fame e’ aumentata costantemente: oggi, secondo le stime piu’ prudenti, ci sono circa 800 milioni di persone nel mondo che patiscono la fame, mentre quelle piu’ realistiche parlano di circa 2 miliardi di persone, quasi un terzo dell’umanita’ […]
E la poverta’? Da molti anni, l’industria dello sviluppo ci dice che la poverta’ assoluta e’ in declino costante. Nel 2015 le Nazioni Unite hanno pubblicato il rapporto finale sugli Obiettivi di sviluppo del millennio – il primo importante impegno pubblico a livello mondiale per ridurre la poverta’ –, in cui si sosteneva che il tasso di poverta’ era stato dimezzato rispetto al 1990. Questa incoraggiante versione ufficiale e’ rimbalzata attraverso i media ed e’ stata ripetuta all’infinito dalle Ong. Ma e’ molto fuorviante: in primo luogo perche’ gran parte dei progressi nella lotta alla poverta’ riguarda un solo paese, la Cina; in secondo luogo perche’ questa versione incoraggiante si basa su percentuali e non su numeri assoluti. Se prendiamo in considerazione i numeri assoluti – il parametro su cui i governi mondiali originariamente si erano accordati per misurare i progressi –, vediamo che la diffusione della poverta’ e’ esattamente la stessa del 1981, quando sono iniziate le misurazioni: circa un miliardo di persone. In questi trentacinque anni non c’è stato alcun miglioramento […]
E nel frattempo la disuguaglianza e’ esplosa. Nel 1960, alla fine del colonialismo, il reddito pro capite del paese piu’ ricco era trentadue volte superiore a quello del paese piu’ povero: un divario notevole. L’industria dello sviluppo ci ha detto che questa differenza si sarebbe ridotta, ma cosi’ non e’ stato: al contrario, nei quattro decenni successivi e’ piu’ che quadruplicata, arrivando, nel 2000, a un rapporto di 134 a 1.

Info:
https://www.ibs.it/the-divide-guida-per-risolvere-libro-jason-hickel/e/9788842824961/recensioni
https://www.culturamente.it/libri/politica-economica-jason-hickel/
https://www.ilsaggiatore.com/libro/the-divide/

Stato/Mazzucato

Mariana Mazzucato – Non sprechiamo questa crisi – Laterza (2020)

L’impatto del Covid-19 sulle nostre economie e’ stato, e continua a essere, imprevedibile e di portata enorme, ma offre ai governi l’opportunita’ di riconsiderare gli scopi fiscali dello Stato.
Dai tempi di Margaret Thatcher, l’ortodossia finanziaria ha sempre negato la funzione dello Stato quale investitore e ritenuto che il pareggio di bilancio fosse un fine da perseguire in quanto tale […]
Il crollo simultaneo dell’economia sia sul lato dell’offerta sia della domanda a seguito del Covid-19 rende oggi l’ortodossia thatcheriana doppiamente insostenibile.
In particolare, la crisi attuale rappresenta un’opportunita’ per mobilitare il potere fiscale dello Stato sia per la ripresa sia per uno sviluppo sostenibile nel lungo periodo.
Al momento i governi sono impegnati soprattutto sul fronte dell’emergenza e stampano moneta per pagare le persone affinche’ non lavorino e le imprese affinche’ non producano. L’aspettativa e’ che queste uscite straordinarie si ridurranno gradualmente con la ripresa e il ritorno alla normalita’ della vita economica.
Ma l’attivita’ imprenditoriale non tornera’ alla normalita’.
Nei prossimi anni, le aziende dipenderanno dai sussidi statali per ripagare i debiti e fornire lavoro. Allo stesso tempo, l’operazione di salvataggio d’emergenza ha dimostrato l’immenso potere fiscale dello Stato nazionale di provvedere dignitosamente al popolo per diversi mesi con gran parte dell’impresa privata in ristagno.
L’obiettivo non deve essere quello di liberarsi al piu’ presto della cultura dei sussidi, bensi’ di trasformarla in una nuova collaborazione fra lo Stato, l’impresa privata e i lavoratori per far ripartire l’economia e garantirne il futuro a lungo termine.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858142875
https://www.controluce.it/notizie/non-sprecare-la-crisi-del-covid/