Lavoro/Latouche

Serge Latouche – Lavorare meno, lavorare diversamente o non lavorare affatto – Bollati Boringhieri (2023)

Riguardo al lavoro, ciascuna tappa del programma della decrescita contiene potenzialmente le altre due.
In effetti non lavorare affatto implica una riduzione del tempo di lavoro e un cambiamento del suo contenuto, lavorare diversamente presuppone di lavorare senza obblighi di orario e pressioni servili, e lavorare meno significa il cambiamento qualitativo del lavoro e l’abolizione della dipendenza. Per gli obiettori di crescita si deve lavorare di meno per guadagnare […]
Se si prende la parola lavoro nel suo significato storico, l’abolizione del lavoro non significa la fine di ogni attivita’ finalizzata, ma significa innanzitutto la fine della servitu’.
«Il lavoratore», scrive Jérôme Baschet, «e’ colui che accetta un’attivita’ subita, che si spossessa delle proprie capacita’ manuali o intellettuali e le immette in un progetto il cui controllo appartiene ad altri, in sostanza colui che rimane estraneo allo scopo della propria attivita’.
Per questo non ci puo’ esser fuoriuscita dal capitalismo senza abolizione del lavoro salariato, ma anche della nozione stessa di lavoro. E’ la condizione per ristabilire l’unita’ del fare umano in tutti i campi, nella produzione come nelle attivita’ di organizzazione collettiva come nei compiti domestici […]
Poiche’ l’invenzione del lavoro e’ storicamente legata a quella dell’economia, la vera abolizione del lavoro implica l’abolizione dell’economia e viceversa.

Info:
https://www.doppiozero.com/latouche-lavorare-meno-o-non-lavorare-affatto
https://www.pressenza.com/it/2024/02/lavorare-meno-o-non-lavorare-affatto/
https://ilregno.it/attualita/2023/22/s-latouche-lavorare-meno-lavorare-diversamente-o-non-lavorare-affatto-luca-miele
https://gognablog.sherpa-gate.com/lavorare-meno-lavorare-diversamente-non-lavorare-affatto/
https://www.ariannaeditrice.it/articoli/lavorare-meno-lavorare-diversamente-non-lavorare-affatto

Societa’/Fraser

Nancy Fraser – Capitalismo. Una conversazione con Rahel Jaeggi – Meltemi (2019)

[La]”post-crescita” non significa che la societa’ non dovrebbe crescere, tanto meno che debba ridursi.
L’idea e’ piuttosto che la societa’ non dovrebbe essere costruita su un imperativo di crescita programmato, che opera come una cieca necessita’ o un’irresistibile “forza della natura”, che anticipa la nostra possibilita’ di decidere se crescere o meno, quando e quanto velocemente farlo, il che e’ esattamente cio’ che fa il capitalismo […]
Dovremmo anche riflettere su cosa si intende esattamente per “crescita” in questo discorso.
Esattamente, che cosa dovrebbe essere o non essere in crescita?
Nel capitalismo, cio’ che deve necessariamente crescere non e’ la ricchezza umana o il benessere ma il capitale. Questa interpretazione della crescita (che il capitale deve crescere all’infinito e senza limiti) e’ quella che dovremmo rifiutare apertamente. Ma a cio’ non necessariamente consegue che dovremmo produrre di meno, soprattutto alla luce degli enormi livelli di privazione e poverta’ nel mondo.
La vera domanda non e’ quanto si sta producendo ma cosa, come e a beneficio di chi […]
Abbiamo anche bisogno di spiegare cio’ che intendiamo per “societa’ industriale”.
Sono felice che alcune cose che uso siano prodotte industrialmente, ma non lo sono per altre. Per esempio, sono felice che gli aerei siano prodotti industrialmente. Non vorrei salire su un velivolo che qualcuno ha appena costruito nel suo garage; sono contenta che ci siano standard, regolamenti, controlli e ispezioni volti a garantirne la resistenza e la sicurezza. Il cibo, invece, e’ tutt’altra questione. Sarei felice di vedere la fine dell’allevamento industriale degli animali e della produzione di massa di colture geneticamente modificate.
Ancora una volta, dovremmo concentrarci sulla domanda qualitativa: di quali merci stiamo parlando? Com’e’ organizzata la produzione e da chi? Qualcuno ne trae profitto a spese di altri? Il lavoro e’ sicuro e gratificante o e’ umiliante e alienante? E’ organizzato democraticamente? Il surplus che ne deriva e’ a beneficio degli azionisti? Si svolge in una dimora nascosta fatta di lavoro non pagato ed espropriato? La sua fonte di energia e’ ecologica e sostenibile?

Info:
https://kriticaeconomica.com/letture-kritiche/finalmente-siamo-tornati-a-parlare-di-capitalismo-nancy-fraser/
https://www.meltemieditore.it/wp-content/uploads/fazio-jaeggi-manifesto-capitalismo-fraser.pdf
https://www.meltemieditore.it/wp-content/uploads/fazi-manifesto-capitalismo-fraser.pdf
http://www.linterferenza.info/contributi/nancy-fraser-capitalismo-conversazione-rahel-jaeggi/
https://jacobinitalia.it/il-capitalismo-si-infiltra-nelle-nostre-vite-quotidiane/

Green New Deal/Morin

Edgar Morin – Svegliamoci! – Mimesis (2022)

Ora, come sappiamo, la crescita tecno-economica, perseguita oltre una soglia accettabile ormai superata da tempo, ha provocato la gigantesca crisi ecologica della biosfera e dell’antroposfera, carattere essenziale della crisi dell’umanita’.
Viceversa, ogni interruzione della crescita, ovvero della regolazione delle societa’ in via di sviluppo, provoca una crisi capace di raggiungere una gravita’ estrema, come accadde con quella del 1929, che ha portato prima il nazismo e poi la guerra. Cosi’ oggi, paradossalmente, dovremmo fermare la crescita per salvare il pianeta e sostenere la crescita per salvare la regolazione delle societa’ moderne.
La maggior parte dei nostri responsabili, incapace di affrontare questa contraddizione, dimentica l’interesse generale a lungo termine, che e’ planetario, per concentrarsi sui propri interessi privati immediati, legati alla crescita economica […]
Il superamento di questa contraddizione non puo’ che venire da una politica che assicuri la decrescita di tutto cio’ che inquina e distrugge e la crescita di tutto cio’ che salvaguarda e rigenera […]
Una politica dell’energia che sostituisca il piu’ rapidamente possibile le energie pulite (solare, eolica, mareomotrice, geotermica) a quelle inquinanti, petrolio e carbone. Una politica dell’acqua che disinquini fiumi, laghi e oceani. Una politica della citta’ che purifichi l’aria dei grandi agglomerati favorendo zone pedonali, trasporti pubblici elettrici, biciclette e che sviluppi quartieri ecologici conviviali. Una politica delle campagne che faccia regredire l’agricoltura industriale, che rende sterili i terreni e standardizza prodotti poveri di vitamine, insipidi e pieni di pesticidi, cosi’ come l’allevamento intensivo, che concentra nelle condizioni più ignobili milioni di polli, maiali e bovini […]
Una politica economica che assicuri una regressione costante dell’onnipotenza del profitto con la redistribuzione delle risorse grazie al progresso dell’economia sociale e solidale, dell’agricoltura sana, dell’alimentazione locale e salubre, del consumo liberato dall’influenza della pubblicita’. Una politica della produzione che favorisca la crescita di prodotti utili e necessari, alle persone come all’autonomia vitale della nazione, e la decrescita di prodotti superflui o dal valore illusorio. Una politica di solidarieta’ che controlli lo sviluppo tecno-economico e sostenga i raggruppamenti solidali; che istituisca un servizio civico di aiuto alle vittime e ai diseredati e case locali della solidarieta’ in tutte le regioni. Una politica dell’istruzione che dia nuovo impulso alla laicita’ e restituisca agli insegnanti la loro grande missione umanista. Una politica mirata alla formazione di menti interrogative, in grado di problematizzare e di dubitare, capaci di autocritica e di critica. Una politica che riformi i programmi di insegnamento integrandovi temi che permettano di comprendere e affrontare i nostri problemi vitali. Una politica di riforma dello Stato mediante la sburocratizzazione e lo sradicamento delle lobby private parassitarie. Una politica civile che rimedi agli aspetti negativi in costante aumento nella nostra civilta’. Perche’ lo sviluppo urbano non ha portato soltanto sviluppo individuale, liberta’ e svaghi. Ha generato anche un’atomizzazione conseguente alla perdita delle antiche solidarieta’ e una schiavitu’ verso le costrizioni organizzative tipicamente moderne

Info:
https://www.mimesisedizioni.it/libro/9788857591087
https://www.doppiozero.com/edgar-morin-svegliamoci
https://it.gariwo.net/educazione/libri/svegliamoci-la-sfida-della-complessita-25332.html
https://leggeretutti.eu/svegliamoci/

Economia di mercato/Gallegati

Mauro Gallegati – Acrescita. Per una nuova economia – Einaudi (2016)

Come da molto tempo si sa, la matematica ha stabilito l’inconsistenza logica del modello neoliberista.
Infatti, mentre la realta’ economica continua a rifiutarsi di obbedire alle stravaganti prescrizioni dell’economia teorica dominante, le politiche economiche prescritte dal pensiero unico continuano a flagellarci l’esistenza in nome del mercato.
Il modello neoliberista e’ morto, ma il suo fantasma, che continua ad aggirarsi per il mondo accademico e le istituzioni che contano, sparge danni e sofferenze tramite promesse senza fondamento (sembrerebbe che aggiungere il prefisso «neo» non sia sufficiente a rimediare alle contraddizioni logiche).
Possiamo certo fingere che cosi’ non sia, tanto l’economia sopravvive comunque, ma non rende piu’ tollerabile che il nostro vivere, e quello delle generazioni future, dipenda da speranze basate su teoremi indimostrabili, sul nulla cioe’.

Info:
https://www.decrescita.com/news/acrescita-la-decrescita-morta-lunga-vita-alla-decrescita/