Stato/Volpi

I padroni del mondo. Come i fondi finanziari stanno distruggendo il mercato e la democrazia – Alessandro Volpi – Laterza (2024)


Questa perdurante, strutturale avversione verso il fisco sembra non tener conto di alcuni dati oggettivi.
Vediamo qualche numero in merito, magari meno noto rispetto alle analisi ricorrenti che mettono in luce come, nel nostro paese, il 40% dei contribuenti sorregge, da solo, il 100% del sistema fiscale.
Secondo le ultime informazioni parlamentari, il “magazzino” dell’Agenzia delle entrate vanta crediti non riscossi per oltre 1.100 miliardi di euro.
In sostanza, imposte, tasse e sanzioni non pagate per mille miliardi di euro. Di questi, la stessa Agenzia stima che solo 110 miliardi circa siano realmente esigibili e le ultime rottamazioni ne hanno gia’ cancellati oltre 40.
In pratica di mille miliardi di euro, che avrebbero dovuto essere riscossi nel corso del tempo, ne restano una sessantina.
Non si puo’ dire percio’ che nel nostro paese ci sia stata mai una “guerra” contro chi non paga, anzi risulta evidente che esiste da tempo una pace perpetua verso i mancati versamenti e le omesse dichiarazioni.
Occorre aggiungere, nel merito, un’altra considerazione: oltre il 70% della ricordata evasione, per circa 800 miliardi, riguarda l’1,3% dei contribuenti piu’ ricchi, quelli che hanno debiti fiscali per oltre 500 milioni di euro.
Quindi il minor gettito proviene non da una pletora di cittadini e cittadine morose, ma da un ristretto numero di grandi debitori dello Stato.
La crisi dello Stato sociale non e’ un prodotto collettivo.

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Populismo/Volpi

I padroni del mondo – Alessandro Volpi – Laterza (2024)

Si dimentica che i condoni non partoriscono quasi nulla in termini di gettito e, anzi, incentivano ulteriore evasione provocando, al contempo, due conseguenze assai negative.
La prima e’ costituita dal fatto che i miliardi condonati o “cancellati” rappresentano un “buco” nei bilanci pubblici, che quindi dovranno essere coperti e pagati dai contribuenti “fedeli”. Cancellare miliardi di euro di crediti dal bilancio dello Stato necessita di una copertura che finisce in capo ai contribuenti onesti […]
La seconda criticita’ si lega al fatto che alla presentazione delle domande non corrisponde mai il versamento reale. Dalle ultime rottamazioni dovevano arrivare nelle casse dello Stato quasi 45 miliardi di euro e ne sono entrati appena 17. Quindi si e’ determinato un doppio “buco” per i conti pubblici: dalla riduzione del credito e dal mancato versamento atteso.
In questo senso la sanatoria fiscale e’ una grande operazione di propaganda e di consenso verso chi non ha pagato, che genera problemi contabili pesanti, pagati dagli altri contribuenti, e che permette a chi non ha pagato di continuare a non pagare, con minori entrate pluri-miliardarie per le casse pubbliche.

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Stato/Volpi

I padroni del mondo. Come i fondi finanziari stanno distruggendo il mercato e la democrazia – Alessandro Volpi – Laterza (2024)


A rendere il quadro ancora piu’ preoccupante ha contribuito il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti che ha dichiarato, a fine 2023, che “avrebbe senso” ridurre la quota dello Stato in Eni.
Per avviare questa dismissione, l’esponente della Lega si e’ avventurato in un tema molto tecnico. In pratica, ha sostenuto Giorgetti, siccome per effetto del buyback, cioe’ del riacquisto da parte di Eni delle proprie azioni, e della loro conseguente cancellazione, la quota pubblica e’ salita al 34%, si potrebbe vendere il 4% e lucrare cosi’ 2 miliardi di euro: una prospettiva quantomeno singolare.
In questo momento Eni sta macinando extraprofitti che, peraltro, lo Stato non riesce a tassare. Dunque, Eni sta producendo dividendi lucrosi per lo Stato. Ora, in simili condizioni, ci si aspetterebbe che lo Stato aumentasse la propria quota in Eni, magari arrivando al controllo pubblico, e invece il “superministro” propone di cederne il 4% perche’ e’ meglio rimanere al 30% e portare in cassa le briciole, rinunciando ai dividendi futuri e soprattutto trasferendoli ai grandi fondi finanziari.
La proposta di porre in essere questa operazione e’ giunta a Giorgetti – come lui stesso ha dichiarato in un question time alla Camera – da alcune grandi banche d’investimento che sono molto facilmente individuabili.

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Lavoro/Volpi

I padroni del mondo – Alessandro Volpi – Laterza (2024)


Nel corso degli anni Sessanta e Settanta il miglioramento delle condizioni dei lavoratori italiani e’ stato determinato dall’introduzione di una serie di servizi gratuiti e universali, erogati in base al reddito, dalla sanita’, all’istruzione, alle pensioni.
In estrema sintesi, si trattava del cosiddetto salario reale che cresceva non solo per l’incremento delle retribuzioni quanto soprattutto per la prerogativa per i lavoratori di non dover pagare molti dei servizi essenziali.
Da qualche anno ormai questo modello e’ stato progressivamente abbandonato e sostituito da un altro schema, politico e sociale, peraltro gia’ largamente diffuso in giro per il mondo da decenni, che e’ stato definito in piu’ modi sempre riconducibili al neoliberismo ma che, con l’avvento delle “nuove” destre, e’ diventato ancora piu’ aggressivo perche’, spesso, nascosto dietro inesistenti connotazioni popolari.
Si forniscono bonus, in genere sotto forma di una tantum, senza troppi riguardi al reddito disponibile e si abbatte il carico fiscale, soprattutto per alcune categorie e alcune fasce di reddito, per lasciare piu’ risorse ai cittadini ma, con minori entrate pubbliche e con erogazioni di sussidi ancora una tantum, reiterati nel tempo, si rende piu’ difficile mantenere in vita la spesa per i servizi essenziali che tornano ad essere a pagamento, come accadeva negli anni Cinquanta.

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Capitalismo/Volpi

I padroni del mondo – Alessandro Volpi – Laterza (2024)


Una considerazione generale, a questo punto necessaria, sulla fondamentale differenza tra mercato e capitalismo, due termini che non sono affatto sinonimi.
Il capitalismo, che nell’attuale fase e’ diventato un monopolio finanziarizzato, ha poco a che vedere con il mercato, elemento costitutivo dei processi economici e sociali, necessario per definire il valore di scambio e per garantire la remunerazione individuale e collettiva.
Se la sostanza del mercato e’ il riconoscimento del valore, la dimensione pubblica ne e’ parte integrante (esistono beni che sono cosi’ indispensabili che il mercato stesso determina la loro gratuita’). In tal senso, esistono la giustizia e l’equita’ del mercato, la centralita’ del lavoro e delle risorse nel mercato.
Il capitalismo consiste nella ricerca costante del profitto, a cui subordina qualsiasi altra funzione, a cominciare da quella della definizione di un prezzo che sia reale prima ancora che giusto.
Sarebbe auspicabile dunque separare mercato e capitalismo, per evitare che l’avidita’ di quest’ultimo travolga ogni forma di economia e di societa’ non confinata nella propria chiusa autosufficienza.
Si tratta di una questione prima di tutto culturale e politica.

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Stato/Volpi

I padroni del mondo. Come i fondi finanziari stanno distruggendo il mercato e la democrazia – Alessandro Volpi – Laterza (2024)

Nell’opera di smantellamento dello Stato sociale in direzione della privatizzazione la vicenda della sanita’ italiana occupa un posto di assoluto rilievo […]
Un recente studio di Mediobanca mette in luce, con chiarezza, il rafforzamento della sanita’ privata.
Nel 2021, 24 operatori sanitari privati hanno realizzato in Italia un fatturato di 9,2 miliardi di euro, in forte, e continua, crescita rispetto al passato, attirando nel proprio azionariato numerosi fondi finanziari.
Una simile crescita e’ stata, in buona misura, trascinata dalla diagnostica.
Lo stesso rapporto indica con didascalica evidenza che tale crescita dipende moltissimo dalla decisa frenata della spesa sanitaria pubblica, i cui numeri sono davvero impietosi: la spesa sanitaria pubblica, infatti, e’ prevista in ulteriore riduzione dal 6,7% del Pil nel 2023 al 6,3 nel 2024 fino al 6,2 nel 2025.
Peraltro, occorre ricordare che si tratta di una spesa piu’ bassa di quella della Germania, dove risulta pari al 10,9% del Pil, della Francia, dove e’ pari al 10,3%, e della Spagna, dove supera di poco il 7,8%.
E’ evidente verso quale modello stiamo andando.

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Finanziarizzazione/Volpi

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In una ventina d’anni alcune societa’ finanziarie hanno conquistato l’economia mondiale e non solo.
Si tratta in particolare di quattro o cinque grandi fondi speculativi – a cominciare da Vanguard e Black Rock – che, ancora marginali all’inizio del nuovo millennio, hanno cavalcato le crisi, hanno beneficiato dell’operato delle banche centrali e dei governi, e hanno sfruttato, accelerandolo, il processo di smantellamento degli Stati sociali e di privatizzazione della societa’.
In estrema sintesi sono diventati i veri “signori del mondo”, in grado di condizionare i prezzi e gli scenari economici e politici in maniera assolutamente determinante.
Oggi, tali fondi possiedono una larga fetta del capitale di tutte le piu’ grandi imprese mondiali di quella che viene definita economia reale e sono decisivi nella tenuta delle monete e nelle sorti dei debiti degli Stati.

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Finanziarizzazione/Volpi

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Sta modificandosi anche la natura delle banche centrali.
La Banca centrale europea, in particolare, e’ sempre piu’ responsabile della finanziarizzazione trionfante.
L’istituto di Francoforte, infatti, sembra non comprendere che la disponibilita’ di una liquidita’ enorme nelle mani di pochi fondi muta i tratti della politica monetaria. Con il progressivo aumento dei tassi la Bce riduce la liquidita’, che significa credito bancario, quindi un canale di finanziamento dell’economia reale.
Ridurla alzando i tassi non significa affatto abbattere la liquidita’ che incrementa la speculazione, perche’ ormai gran parte della speculazione si alimenta attraverso i fondi e attraverso quella che era definita shadow banking e che ora si chiama “intermediazione finanziaria non bancaria”
I grandi fondi sanno fare a meno delle banche centrali, mentre l’economia reale e i debiti pubblici sono strangolati dal rialzo dei tassi.

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Finanziarizzazione/Volpi

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Nel nostro paese Black Rock possiede il 5,2% di Unicredit, il 5,7% di Mps, il 5% di Intesa e il 4,8% di Telecom Italia, ma le sue partecipazioni si estendono ad Atlantia, Azimut, Prysmian, Ubi e a numerose altre realta’, oltre a quelle sopra citate, riferite a multiutility e partecipate pubbliche.
Un caso interessante e’ quello di Mediobanca. A fine ottobre del 2023 i giornali italiani hanno dato ampio spazio all’elezione del cda di Mediobanca, presentandola come uno scontro interno al “capitalismo italiano”. Non e’ proprio cosi’: il 36% del capitale di Mediobanca e’ in mano a fondi americani, tra cui ha un posto di rilievo proprio Black Rock, e un altro 18% proviene dal Regno Unito, ma e’ in larga parte composto da fondi internazionali. Dunque, ben oltre il 50% della proprieta’ di Mediobanca e’ nelle mani della grande finanza globale. La quota in mano agli azionisti italiani arriva a stento al 15%, data la presenza di fondi esteri nella Delfin della famiglia Del Vecchio.
Il “grande condizionamento” lascia dunque ben poca autonomia alla piu’ tradizionale banca d’affari italiana! Ma considerazioni analoghe si possono fare per altre societa’ (tra virgolette) “italiane”.

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Economia di mercato/Volpi

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Nell’opera di smantellamento dello Stato sociale in direzione della privatizzazione la vicenda della sanita’ italiana occupa un posto di assoluto rilievo […]
Un recente studio di Mediobanca mette in luce, con chiarezza, il rafforzamento della sanita’ privata.
Nel 2021, 24 operatori sanitari privati hanno realizzato in Italia un fatturato di 9,2 miliardi di euro, in forte, e continua, crescita rispetto al passato, attirando nel proprio azionariato numerosi fondi finanziari. Una simile crescita e’ stata, in buona misura, trascinata dalla diagnostica.
Lo stesso rapporto indica con didascalica evidenza che tale crescita dipende moltissimo dalla decisa frenata della spesa sanitaria pubblica, i cui numeri sono davvero impietosi: la spesa sanitaria pubblica, infatti, e’ prevista in ulteriore riduzione dal 6,7% del Pil nel 2023 al 6,3 nel 2024 fino al 6,2 nel 2025.
Peraltro, occorre ricordare che si tratta di una spesa piu’ bassa di quella della Germania, dove risulta pari al 10,9% del Pil, della Francia, dove e’ pari al 10,3%, e della Spagna, dove supera di poco il 7,8%.
E’ evidente verso quale modello stiamo andando.

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