Economia di mercato/Klein

Matthew C. Klein, Michael Pettis – Le guerre commerciali sono guerre di classe. Come la crescente disuguaglianza corrompe l’economia globale e minaccia la pace internazionale – Einaudi (2021)

Pensate a Apple. Ogni iPhone viene assemblato da Foxconn, una societa’ separata, usando componenti non prodotti da Apple.
Di per se’, Apple fabbrica pochi beni – di solito paga altri perche’ lo facciano. Eppure, gran parte del valore di ogni telefono arriva a Apple sotto forma o di profitti pagati agli azionisti o di salari pagati ai lavoratori americani che hanno sviluppato il software, progettato il prodotto finito e gestito le operazioni della societa’.
La produzione di ogni iPhone dovrebbe quindi generare esportazioni dai paesi che producono le componenti (principalmente Corea, Giappone e Taiwan), importazioni di quelle componenti nel paese in cui vengono assemblate (Cina), esportazioni dei telefoni finiti dal paese in cui sono stati assemblati (sempre Cina) ed esportazioni dal paese che ha prodotto il sistema operativo e il resto del software presente sull’iPhone prima della vendita (gli Stati Uniti).
Invece non e’ cosi’.
Buona parte del valore generato dall’attivita’ americana di Apple viene conteggiata come esportazione da un paradiso fiscale: sebbene la maggior parte del valore generato da Apple derivi dai suoi dipendenti negli Stati Uniti, molto del reddito di Apple si genera quando le vendite all’estero dei suoi prodotti sono ufficialmente pagate alle controllate di Apple in paradisi fiscali.
Il meccanismo esatto e’ complesso e si e’ evoluto nel tempo, ma la versione semplificata funziona piu’ o meno cosi’: prima di tutto, la controllata irlandese di Apple paga una commissione alla casa madre a Cupertino, in California, per coprire i costi di ricerca e sviluppo. Questa operazione vale come un’esportazione di servizi dagli Stati Uniti all’Irlanda. (La maggior parte delle esportazioni americane di servizi di ricerca e sviluppo finisce in paradisi fiscali, e la maggior parte delle importazioni irlandesi di servizi di ricerca e sviluppo proviene dagli Stati Uniti).
Il passo successivo e’ complicato. Secondo un’indagine internazionale pubblicata dal «New York Times» alla fine del 2016, l’impianto di Foxconn a Zhengzhou, in Cina – che assembla circa la meta’ di tutti gli iPhone – tecnicamente non e’ affatto in Cina, ma in una specie di terra di nessuno circondata da un confine doganale definita «zona franca». Questo permette a Foxconn di importare le componenti senza pagare i dazi cinesi. Non solo: grazie alla zona franca, Apple compra i telefoni finiti da Foxconn prima che siano entrati tecnicamente in Cina, poi li vende alle controllate in paradisi fiscali come l’Irlanda, e lascia che siano quelle controllate a vendere gli iPhone al resto del mondo dopo aver aggiunto un cospicuo margine di guadagno.
Questo permette a Apple di registrare il grosso dei suoi profitti in paesi dove paga meno tasse anche se i suoi telefoni vengono spediti da porti cinesi. Il risultato e’ che nell’anno fiscale 2017 Apple ha pagato imposte in misura pari al 18 per cento circa del suo reddito lordo, sebbene la societa’ si aspettasse di pagare un’aliquota intorno al 25 per cento […]
Apple non e’ certo la sola.
Anche Microsoft, per esempio, riporta che la sua aliquota fiscale effettiva negli anni fiscali 2015-17 e’ stata del 18 per cento circa […]
Anche Google ha pagato un’aliquota media effettiva di circa il 18 per cento. Cio’ puo’ essere spiegato solo in parte dalle inferiori aliquote fiscali previste per le societa’ presso i principali partner commerciali degli Stati Uniti. Almeno altrettanto importante e’ la capacita’ di queste aziende di riportare i loro profitti in paesi con aliquote fiscali effettive prossime allo zero

Info:
https://www.lavoce.info/archives/68783/guerre-commerciali-e-disuguaglianze/
https://www.repubblica.it/robinson/2020/08/18/news/bentornata_cara_vecchia_lotta_di_classe-300827708/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/12/11/i-super-ricchi-alla-base-delle-crisi-come-evitarlo-misure-fiscali-parla-lautore-del-libro-che-lega-guerre-commerciali-e-lotta-di-classe/6009245/

Finanziarizzazione/Chomsky

Noam Chomsky – Precipizio. Il capitale all’attacco della democrazia e il dovere di cambiare rotta – Ponte alle Grazie (2021)

Esistono altri focolai del male che affligge la popolazione.
La finanziarizzazione estrema dell’economia e la priorita’ data al valore per gli azionisti negli anni neoliberisti, accelerate dai «Chicago Boys» di Reagan, hanno determinato l’allontanamento del mondo aziendale dal modello di risparmio e investimento degli anni di grande crescita del capitalismo regolamentato.
William Lazonick ha analizzato molto bene l’«economia del riacquisto di azioni proprie (buyback)» tipica della reazione neoliberista. Secondo Lazonick, «bilioni di dollari che si sarebbero potuti spendere in investimenti produttivi sono stati invece usati per riacquistare azioni proprie in modo da aumentare il prezzo delle azioni», arricchendo i ricchi ma senza garantire un’attivita’ significativa o costante ne’ beni utili.
La Apple, la maggiore societa’ del mondo per valore di mercato, in passato produceva innovazione e sviluppo. Con il suo nuovo amministratore delegato Tim Cook e’ diventata la «regina del riacquisto», arricchendo gli azionisti (e il management).
Anche altre aziende si comportano allo stesso modo.
L’imbroglio fiscale repubblicano del 2018 sta sortendo gli stessi effetti, a tutto svantaggio dei lavoratori e dei cittadini in generale. Il rapido incremento delle speculazioni ha avuto conseguenze simili. E lo stesso vale per le ripetute crisi finanziarie seguite alla deregolamentazione, che penalizzano fortemente i poveri e i lavoratori ma non i veri colpevoli del settore finanziario, che vengono anzi salvati con i danari pubblici e ne escono piu’ ricchi di prima.

Capitalismo/Foer

Franklin Foer – I nuovi poteri forti. Come Google, Apple, Facebook e Amazon pensano per noi – Longanesi (2018)

Le big tech – la stampa europea le ha giustamente riunite in un accattivante acronimo, GAFA (Google, Apple, Facebook, Amazon) – stanno facendo a pezzi i principi che proteggono l’individuo.
Offrono dispositivi e siti web che annientano la privacy e non hanno rispetto per il valore dell’autorialita’, vista la loro ostilita’ nei confronti della proprieta’ intellettuale.
In campo economico, giustificano il monopolio con la fondata convinzione che la concorrenza ostacoli la ricerca del bene comune e il tentativo di raggiungere traguardi ambiziosi per l’umanita’. E riguardo al pilastro centrale dell’individualismo – il libero arbitrio – le societa’ tecnologiche hanno una visione tutta loro: vogliono automatizzare le scelte, grandi e piccole, che facciamo nell’arco della giornata.
Sono i loro algoritmi a suggerire le notizie che leggiamo, gli articoli che acquistiamo, il tragitto che seguiamo e le persone che invitiamo nella nostra cerchia di amici. […]
Amazon, Facebook e Google puntano a modificare le nostre abitudini di lettura. Le big tech sono anche i filtri piu’ potenti mai esistiti: Google ci aiuta a muoverci su Internet dando una gerarchia alle informazioni, Facebook usa i suoi algoritmi e la profonda conoscenza delle nostre cerchie sociali per mettere in ordine le notizie che visualizziamo, Amazon influenza la pubblicazione di libri grazie al suo dominio schiacciante sul mercato editoriale.
Uno strapotere cosi’ ampio offre a queste aziende la possibilita’ di controllare interi settori e quindi di trasformarli. Come i colossi dell’industria alimentare, anche le big tech hanno creato una nuova scienza, volta a realizzare prodotti che si adattino ai gusti dei consumatori, con l’intenzione di rivedere l’intera catena di produzione culturale per ottenere maggiori profitti.

Info:
http://www.mangialibri.com/libri/i-nuovi-poteri-forti
https://luz.it/spns_article/franklin-foer-intervista/
https://www.anobii.com/books/I_nuovi_poteri_forti/9788830451117/01b615ecf78e1d30ad

Stato/Marsili

Lorenzo Marsili, Yanis Varoufakis – Il terzo spazio. Oltre establishment e populismo – Laterza (2017)

0,005%. E’ questa la tassazione a cui sono stati soggetti buona parte dei profitti europei di Apple grazie a un accordo con il fisco irlandese.
E non si tratta di un’eccezione.
In Europa si e’ generata una competizione al ribasso tra paesi che spinge i governi ad abbassare la tassazione per le grandi imprese in modo da ‘scipparle’ al vicino.
Alcuni, come il Lussemburgo, l’Olanda, l’Irlanda, il Regno Unito e Cipro, corteggiano esplicitamente l’elusione fiscale pur di attirare le multinazionali – e, non a caso, vengono considerati paradisi fiscali da molte ONG internazionali.
Di fatto, il sistema europeo legittima un doppio regime fiscale riservando alle multinazionali un trattamento di favore. Danneggiando fortemente, allo stesso tempo, le capacita’ fiscali di tutti gli Stati europei. Anche l’Italia non e’ immune da questo fenomeno, tutt’altro […]
Ma come funziona tutto questo e chi lo consente?
Le procedure sono varie, ma le piu’ comuni hanno dei nomi evocativi: Double Irish e Dutch Sandwich. Nomi che rimandano ai responsabili di tutto questo: i governi nazionali.
Il Double Irish e’ usato da molte aziende oltre che dalla Apple, e fra queste Google, Pfizer, Adobe, Johnson & Johnson e Yahoo!
Si tratta – va ricordato, anche perche’ e’ precisamente questo il problema – di una procedura assolutamente legale. Innanzitutto, bisogna registrare due compagnie separate in Irlanda. La prima servira’ a raccogliere tutti i profitti dalle vendite europee; la seconda sara’ invece titolare dei brevetti relativi ai prodotti venduti.
La prima fara’ transitare la maggior parte dei profitti alla se- conda, sotto forma di royalties, cioe’ di diritti per l’utilizzo del brevetto. La seconda compagnia, infatti, potra’ evitare qualsivoglia imposizione fiscale grazie a una legge speciale che stabilisce gli introiti da royalties per le aziende multinazionali con sede in Irlanda.
Cosa accade con tutto questo denaro?
Riportarlo negli Stati Uniti significherebbe pagare la corporate tax americana – che, anche se molto bassa, e’ pur sempre piu’ di zero. Meglio trasferirli, invece, la’ dove e’ pari a zero: le Bermuda […]
Il Parlamento e la Commissione europea sono, va detto, ben consapevoli delle ingiustizie che questo sistema produce.
Da molti anni stanno spingendo per una maggiore armonizzazione fiscale e per normative piu’ rigide contro l’evasione fiscale a livello comunitario: non sarebbe infatti cosi’ difficile attaccare alla radice il problema.
Ma fino ad oggi non e’ stato concordato nulla se non riforme di facciata. […]
E’ lampante la responsabilita’ e la connivenza di una classe politica che silenziosa, gettando il sasso e nascondendo la mano, catturata da interessi oligarchici e attraversata da una tragica mediocrita’, persegue politiche controproducenti e contrarie agli interessi di una maggioranza.
Risultato?
Calo drastico del gettito fiscale, aumento delle diseguaglianze e distorsione del mercato.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858128282
http://www.minimaetmoralia.it/wp/terzo-spazio-intervista-yanis-varoufakis/

Stato/Mazzucato

Mariana Mazzucato – Lo stato innovatore – Laterza (2014)

Solo dopo che lo Stato aveva ultimato il complicato lavoro preparatorio, il genio e l’«avventatezza » di Steve Jobs sono riusciti a produrre profitti e successi in gran quantita’ solo perche’ la Apple ha potuto cavalcare l’onda di imponenti investimenti pubblici nelle tecnologie «rivoluzionarie » che sono alla base dell’iPhone e dell’iPad: internet, il Gps, gli schermi tattili e le tecnologie di comunicazione.
Senza queste tecnologie finanziate dallo Stato, Jobs e la sua «avventatezza» non avrebbero avuto nessuna onda da cavalcare […]
Insomma, «perseguire quello che amate» senza perdere l’«avventatezza» e’ molto piu’ facile se vivete in un paese in cui lo Stato si fa carico dello sviluppo delle tecnologie piu’ rischiose, effettua gli ingenti e audaci investimenti iniziali e poi sostiene queste tecnologie fino alla fase in cui gli operatori privati sono in grado di «entrare in gioco e spassarsela».
E con buona pace dei profeti del «libero mercato», che continuano a mettere in guardia dal pericolo che sia lo Stato a decidere chi vince e chi perde, possiamo dire che sono state le politiche del governo americano a gettare le basi per gli strumenti che hanno consentito alla Apple di diventare protagonista in uno dei settori high-tech piu’ dinamici del XXI secolo.

Info:
https://www.anobii.com/books/Lo_Stato_innovatore/9788858113332/01b596b6e85e38699c
https://www.pandorarivista.it/articoli/lo-stato-innovatore-di-mariana-mazzucato/
https://www.libreriavolare.it/recensioni-libri/saggistica/lo-stato-innovatore/
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858113332