Il Novecento ci aveva abituato a ritenere che «poverta’ lavorativa» fosse un ossimoro: che la condizione occupazionale fosse di per se’ «una garanzia di sufficienza reddituale».
Il nuovo millennio ci ha invece mostrato quanto sia tornata in auge la condizione di coloro i quali, stando ai parametri piu’ diffusi e utilizzati tra gli altri da Eurostat, «lavorano per oltre la meta’ dell’anno e il loro reddito disponibile annuo equivalente e’ inferiore al 60% del livello di reddito mediano nazionale delle famiglie (dopo i trasferimenti sociali)».
Restituendoci il senso della parabola del lavoro: il suo essersi trasformato in «pura merce» e «solo affare di mercato».
Soprattutto, il nuovo millennio ci ha confermato il nesso inscindibile tra precarieta’ e poverta’, particolarmente evidente in tutte le tipologie contrattuali alternative al rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato. A riprova di come il patto di cittadinanza incentrato sul dovere di lavorare, inizialmente fondato su un accettabile compromesso tra capitale e lavoro, sia oramai definitivamente scardinato anche dal punto di vista della capacita’ di assicurare buona occupazione nel senso chiarito dalla Costituzione: stabile e retribuita in modo tale da garantire una vita libera e dignitosa.
Lavoro/Somma
Abolire il lavoro povero – Alessandro Somma – Laterza (2024)
