Economia di mercato/Kurz

Il capitale mondo.Globalizzazione e limiti interni del moderno sistema produttore di merce – Robert Kurz – Meltemi (2022)

Tutta l’interminabile serie di fusioni e di acquisizioni “ostili” degli ultimi 15-20 anni prende le mosse dall’intreccio tra l’economia speculativa delle bolle finanziarie e l’economia reale. […]
Questo intreccio disperato, il cui fondamento e’ la crisi della terza rivoluzione industriale, si manifesta in forme differenti:
a) Fondamentalmente si tratta di processi di concentrazione che mirano a una partecipazione al “mercato delle imprese” del nuovo capitale finanziario. L’obiettivo non e’ l’espansione delle capacita’ produttive bensi’ lo smantellamento di certe imprese o parti di imprese per impadronirsi della liquidita’ oppure per gettarle nella circolazione dei titoli finanziari cosi’ da ricavare utili differenziali […]
b) Allo stesso tempo si punta a smantellare le capacita’ eccedenti nazionali e globali sul piano dell’economia reale cosi’ come nel settore bancario e in quello assicurativo sulla scia della contrazione del mercato mondiale. Non e’ raro che un’impresa ne acquisti un’altra all’interno e all’estero solo per chiuderla il piu’ velocemente possibile, cosi’ da eliminare un concorrente fastidioso dal terreno sempre piu’ angusto della riproduzione capitalistica […]
c) Una percentuale, anche se inferiore, delle acquisizioni si verifica per motivi legati all’outsourcing. Alcuni settori dell’impresa incorporata vengono recisi per essere venduti sul “mercato delle imprese”, certi altri invece conservano la loro funzione per l’impresa, cosicche’ l’acquirente possa cancellare la corrispondente funzione nella propria […]
d) Solo in una minoranza di casi abbiamo davvero a che fare con un’espansione reale (economico-aziendale) delle capacita’, nel momento in cui le imprese vengono acquisite sulla base di un calcolo economico globale, cosi’ da produrre merci sui diversi mercati del globo, assorbendo potere d’acquisto.

Info:
https://sinistrainrete.info/marxismo/22910-massimo-maggini-introduzione-a-il-capitale-mondo.html
https://anatradivaucanson.it/introduzioni/introduzione-a-il-capitale-mondo
https://www.ambienteweb.org/2022/05/21/sinistrainrete-joe-galaxy-il-capitale-mondo-sguardo-su-globalizzazione-complottismi-e-dintorni/
https://ilmanifesto.it/se-la-critica-di-valore-e-denaro-conta-piu-della-lotta-di-classe

Societa’/Kurz

Il capitale mondo.Globalizzazione e limiti interni del moderno sistema produttore di merce – Robrt Kurz – Meltemi (2022)

In passato, nell’eterno conflitto per l’interpretazione dei fatti, sembrava che le parti fossero state assegnate in maniera automatica: gli ideologi protocapitalistici orientati a destra assumevano immancabilmente il ruolo degli irriducibili apostoli della conservazione e della negazione di ogni cambiamento qualitativo; viceversa, “sinistra” era praticamente sinonimo di “progressismo”, addirittura di attesa impaziente del nuovo e di accelerazione del processo storico.
Sia nelle sue espressioni riformistiche, sia in quelle rivoluzionarie, il discorso della sinistra pullulava sempre di metafore proiettate verso il futuro, di “nuovi stadi del capitalismo”, di rotture fondamentali dello sviluppo, di prospettive inaudite etc.
Curiosamente pero’, all’inizio del XXI secolo, sono gli apologeti, gli ideologi e gli istigatori del capitalismo a impossessarsi sfacciatamente della nuova qualita’ sociale della globalizzazione, facendone il loro punto di forza, mentre la sinistra si e’ generalmente ritirata su posizioni di contenimento, conservazione ed esplicita negazione della realta’.
Anche laddove i liberali o i conservatori sembrano manifestare in qualche caso un certo scetticismo sulla globalizzazione, questo si stempera regolarmente all’interno di un discorso sdrammatizzante, accompagnato da un riferimento positivo e ottimistico nei confronti del nuovo; viceversa, lo stesso scetticismo e i falsi paragoni con il passato nei discorsi della sinistra testimoniano l’avvilente ignoranza degli sconfitti della storia, disposti solo a bendarsi gli occhi per non vedere la nuova realta’.
Surclassata dallo sviluppo del capitalismo globale, la sinistra ha perso la sua capacita’ di iniziativa storica, e se ne sta solitaria con i suoi concetti teorici e le sue idee sociali.

Info:
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https://anatradivaucanson.it/introduzioni/introduzione-a-il-capitale-mondo
https://www.ambienteweb.org/2022/05/21/sinistrainrete-joe-galaxy-il-capitale-mondo-sguardo-su-globalizzazione-complottismi-e-dintorni/
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Capitalismo/Kurz

Il capitale mondo. Globalizzazione e limiti interni del moderno sistema produttore di merce – Robert Kurz – Meltemi (2022)

Nel suo sviluppo l’esportazione di capitale tradizionale rispettava qualcosa come un principio di costruzione modulare.
Ad esempio, quando Volkswagen, negli anni Settanta, esportava i suoi capitali negli USA o in Brasile, lo faceva costituendo in questi paesi una struttura aziendale per la produzione di automobili pressoche’ identica a quella originaria. Si trattava di investimenti per l’espansione aziendale nel contesto di un’espansione globale del capitale […]
Analogamente le multinazionali costruivano all’estero societa’ affiliate, che erano copie o cloni della societa’-madre, con le relative divisioni aziendali (dalla produzione all’amministrazione).
L’esportazione di capitale si traduceva quindi nell’espansione meccanica di questa o quella compagnia. Presso la societa’-madre restava solo la centrale di comando superiore, che aveva il compito di compendiare al suo interno tutto questo agglomerato di elementi aziendali indistinguibili.
Il nuovo processo della globalizzazione, a partire dagli anni Ottanta, ha superato questa forma primordiale dell’organizzazione multinazionale sotto molteplici aspetti. All’espansione meccanica, secondo il principio dell’architettura modulare, e’ subentrata un’esportazione di capitale completamente nuova.
Nella crisi della terza rivoluzione industriale il fattore piu’ importante non e’ l’espansione delle capacita’ aziendali verso altri paesi; al contrario, l’esportazione di capitale avviene nel contesto di una contrazione dell’accumulazione globale […]
In questo contesto la cosa piu’ importante, nell’ottica del singolo capitale aziendale, consiste nello sbarazzarsi di ogni zavorra, nel ridurre quanto piu’ possibile i costi, nell’eliminare ulteriormente la forza-lavoro […]
Naturalmente gioca un ruolo, come mai in passato, la vocazione a essere globalmente presenti, cosi’ da assorbire un po’ dappertutto potere di acquisto (dove ce n’e’ ancora) mediante la produzione locale diretta; un impulso che si fa ancor piu’ prepotente in seguito al progressivo inaridimento dei mercati interni.
Esso pero’ viene di gran lunga sovrastato dalla necessita’ di trovare strade del tutto nuove per la riduzione dei costi cosi’ da sopportare i colpi della concorrenza distruttrice.
Pertanto l’esportazione di capitale (sul piano dell’economia reale) ha adesso soprattutto lo scopo di alleggerire i costi delle capacita’ produttive gia’ esistenti e di produrre a costi sempre piu’ bassi.
In conclusione: l’esportazione di capitale si e’ trasformata in una funzione della razionalizzazione aziendale. Non si tratta più di investimenti finalizzati all’espansione dell’impresa bensi’ di investimenti per la razionalizzazione, collegati alla chiusura di attivita’ aziendali e ai licenziamenti di massa.

Info:
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https://anatradivaucanson.it/introduzioni/introduzione-a-il-capitale-mondo
https://www.ambienteweb.org/2022/05/21/sinistrainrete-joe-galaxy-il-capitale-mondo-sguardo-su-globalizzazione-complottismi-e-dintorni/
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Economia di mercato/Kurz

Il capitale mondo. Globalizzazione e limiti interni del moderno sistema produttore di merce – Robert Kurz. – Meltemi (2022)

A partire dai primi anni Novanta la maggior parte degli attori aziendali, cosi’ come dei loro consulenti e leader di opinione, cerca sempre piu’ apertamente di trasformare il mantello giuridico-formale dell’impresa in un “mantello di fedelta’” e in un riferimento globale, non piu’ incastrato nel contesto nazionale, con un proprio simbolismo e una propria “cultura” (o persino una propria “filosofia”).
Solo per fare un esempio, gia’ all’inizio degli anni Novanta il tradizionale “Made in Germany” dovette cedere il passo a “Made by Mercedes”; da quel momento la “coscienza del marchio” e la “cultura del marchio” (che sono l’oggetto della critica culturale di Naomi Klein) hanno conosciuto uno sviluppo impetuoso non solo nella direzione del feticismo del consumo, caratteristico delle masse addomesticate dal capitalismo, ma anche in quella di una “cultura imprenditoriale”, curata fin nei minimi particolari, in cui si esprime la visione del mondo e il narcisismo del management […]
Suscitando i malumori della Bundesbank, Deutsche Bank ha trasferito la sua divisione specializzata nell’investment da Francoforte a Londra, Mercedes-Benz non rende piu’ pubblici i suoi bilanci a Stoccarda bensi’ a New York, mentre il direttivo di Siemens si e’ riunito gia’ una volta, a titolo dimostrativo, a Singapore.
“Siamo costretti a risolvere i nostri problemi aziendali a spese dell’economia nazionale” – dovette ammettere l’allora capo di BMW Eberhard von Kuenheim.
E in quegli stessi anni anche il presidente di Sony, Nobuyuki Idei, dichiarava con franchezza: Noi non siamo un’impresa giapponese. Siamo un’impresa globale la cui sede e’ in Giappone, ma solo per ragioni storiche. Solo il 30% del nostro volume di affari viene realizzato in Giappone.

Info:
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Economia di mercato/Kurz

Robert Kurz – Il capitale mondo. Globalizzazione e limiti interni del moderno sisitema produttore di merce – Meltemi (2022)

Il fenomeno della multinazionalizzazione dell’economia ha conosciuto uno sviluppo spettacolare: negli anni Settanta il numero delle compagnie multinazionali ammontava a qualche centinaio mentre oggi sono più di 40.000.
E il volume d’affari complessivo delle 200 maggiori imprese globali contribuisce per piu’ di un quarto all’attivita’ economica mondiale. Queste 200 imprese danno lavoro a solo 18,8 milioni di individui cioe’ a meno dello 0,75% della forza-lavoro globale.
Il volume d’affari di General Motors oltrepassa il PIL danese, quello di Ford supera il PIL sudafricano, quello di Toyota, infine, batte il PIL norvegese.
Gia’ solo sul piano quantitativo l’effetto e’ impressionante e questo sviluppo non si e’ certo arrestato dalla meta’ degli anni Novanta. Oggi si contano piu’ di 60.000 multinazionali e si valuta che il numero delle societa’ affiliate all’estero sia superiore a 500.000.
Al presente sono circa 50 milioni le persone che lavorano direttamente nelle imprese multinazionali e si ritiene che il lavoro di almeno altri 100 milioni di individui sia legato indirettamente alla loro produzione.

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Economia di mercato/Kurz

Robert Kurz – Il capitale mondo. Globalizzazione e limiti interni del moderno sisitema produttore di merce – Meltemi (2022)

Nel suo sviluppo l’esportazione di capitale tradizionale rispettava qualcosa come un principio di costruzione modulare.
Ad esempio, quando Volkswagen, negli anni Settanta, esportava i suoi capitali negli USA o in Brasile, lo faceva costituendo in questi paesi una struttura aziendale per la produzione di automobili pressoche’ identica a quella originaria. Si trattava di investimenti per l’espansione aziendale nel contesto di un’espansione globale del capitale […]
L’esportazione di capitale si traduceva quindi nell’espansione meccanica di questa o quella compagnia […]
Il nuovo processo della globalizzazione, a partire dagli anni Ottanta, ha superato questa forma primordiale […] l’esportazione di capitale si è trasformata in una funzione della razionalizzazione aziendale.
Non si tratta piu’ di investimenti finalizzati all’espansione dell’impresa bensi’ di investimenti per la razionalizzazione, collegati alla chiusura di attivita’ aziendali e ai licenziamenti di massa.
E’ una differenza decisiva rispetto alla vecchia esportazione di capitale secondo il principio dell’architettura modulare che poteva ancora avere luogo nel contesto di un’espansione globale del capitale. Ed e’ proprio in questa fondamentale funzione razionalizzatrice che consiste la sua nuova qualita’

Info:
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Lavoro/Kurz

Robert Kurz – l capitale mondo. Globalizzazione e limiti interni del moderno sisitema produttore di merce – Meltemi (2022)

Al momento si cerca insistentemente di mantenere a un livello estremamente basso i costi di trasporto, nonostante il prezzo del petrolio sia aumentato piu’ volte nel corso di diverse fiammate, applicando strategie “dumping” ai mezzi di trasporto, sia attraverso il “dumping” salariale, che si fonda sull’impiego di lavoratori a buon mercato della periferia, sia attraverso l’utilizzo di automezzi, aerei e navi ormai da tempo in cattive condizioni, nel piu’ totale disprezzo di qualsiasi norma di sicurezza.
Uno spettro che comincia con gli avventurosi camion da spedizione dell’Europa orientale, generalmente condotti da guidatori sovraffaticati fino allo sfinimento, che, in casi estremi, circolano per le strade solo col freno motore, passa attraverso la manutenzione deficitaria dei velivoli delle linee aeree a basso costo e arriva infine alle navi-cisterna, ai mercantili e ai traghetti ormai logori e pericolosi per la sicurezza collettiva, spediti in giro per gli oceani.
Gli incidenti e le catastrofi sulle vie del trasporto internazionale, sempre piu’ frequenti e ben noti ormai da tempo, potrebbero peggiorare ulteriormente nel tentativo di compensare i nuovi aumenti dei prezzi energetici.

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Lavoro/Kurz

Robert Kurz – Il capitale mondo. Globalizzazione e limiti interni del moderno sistema produttore di merce – Meltemi (2022)

In una di quelle singolari inversioni generate dalla moderna societa’ della merce nel suo sviluppo sempre piu’ avanzato, con la sua scissione in polarita’ contrapposte e la sua lacerazione interna, lo Stato e l’economia aziendale, per certi versi, si scambiano i ruoli: le imprese che operano su di un livello immediatamente globale si atteggiano nei confronti dello Stato come se fossero un’istanza sovraordinata, universale, “sovrana”; di converso lo Stato si comporta, entro certi limiti, come un’impresa soggetta alla concorrenza, costretta ad attirare verso di se’ il capitale come se fosse una “clientela”, a ridurre nella maniera piu’ radicale possibile i suoi costi, a farsi pubblicita’ etc. […]
La cosiddetta “politica dell’attrattivita’ economica” (Standortpolitik) e’ proprio l’esatto contrario della competizione politico-militare del passato tra gli Stati per aggiudicarsi i territori e le economie aziendali in essi incluse, cosi’ da incorporarli nella propria “sovranita’”. Ora invece gli Stati competono per l’approvazione delle economie aziendali e per convincerle a venire da loro.
Il declino della politica e’ anche un declino della politica estera classica borghese: gli Stati non si fronteggiano piu’, in primo luogo, come entita’ sovrane, che intrattengono relazioni diplomatiche o si contrappongono sul piano politico-militare in nome delle loro ambizioni territoriali etc., ma come concorrenti economici sul “mercato degli Stati” (un fenomeno paragonabile sotto certi aspetti alla concorrenza dei salariati sul “mercato del lavoro”) […]
Nella misura in cui gli Stati sono costretti a mendicare il favore delle imprese e degli “investitori” transnazionali su di una specie di “mercato degli Stati”, nel contesto di una concorrenza addirittura grottesca per “garantire le migliori condizioni economiche”, la medesima logica si riproduce anche al livello delle regioni interne, delle citta’ e dei comuni. A tutti i livelli l’amministrazione, vincolata alla politica territoriale, assume la posa di chi si concede al migliore offerente tra i potenziali investitori. Tutte le strutture di controllo pubblico, fino al microlivello, si convertono in “aziende” territoriali con una propria offerta, che magnificano a gran voce i loro pregi, come fanno i pescivendoli con la loro merce avariata o i rigattieri con le loro carabattole di seconda mano. E tutte le regioni e i comuni si affidano come clienti agli specialisti del marketing e ai consulenti aziendali come un tempo erano solite fare solo le imprese di mercato.

Info:
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