Lavoro/Kurz

Robert Kurz – Il capitale mondo. Globalizzazione e limiti interni del moderno sistema produttore di merce – Meltemi (2022)

In una di quelle singolari inversioni generate dalla moderna societa’ della merce nel suo sviluppo sempre piu’ avanzato, con la sua scissione in polarita’ contrapposte e la sua lacerazione interna, lo Stato e l’economia aziendale, per certi versi, si scambiano i ruoli: le imprese che operano su di un livello immediatamente globale si atteggiano nei confronti dello Stato come se fossero un’istanza sovraordinata, universale, “sovrana”; di converso lo Stato si comporta, entro certi limiti, come un’impresa soggetta alla concorrenza, costretta ad attirare verso di se’ il capitale come se fosse una “clientela”, a ridurre nella maniera piu’ radicale possibile i suoi costi, a farsi pubblicita’ etc. […]
La cosiddetta “politica dell’attrattivita’ economica” (Standortpolitik) e’ proprio l’esatto contrario della competizione politico-militare del passato tra gli Stati per aggiudicarsi i territori e le economie aziendali in essi incluse, cosi’ da incorporarli nella propria “sovranita’”. Ora invece gli Stati competono per l’approvazione delle economie aziendali e per convincerle a venire da loro.
Il declino della politica e’ anche un declino della politica estera classica borghese: gli Stati non si fronteggiano piu’, in primo luogo, come entita’ sovrane, che intrattengono relazioni diplomatiche o si contrappongono sul piano politico-militare in nome delle loro ambizioni territoriali etc., ma come concorrenti economici sul “mercato degli Stati” (un fenomeno paragonabile sotto certi aspetti alla concorrenza dei salariati sul “mercato del lavoro”) […]
Nella misura in cui gli Stati sono costretti a mendicare il favore delle imprese e degli “investitori” transnazionali su di una specie di “mercato degli Stati”, nel contesto di una concorrenza addirittura grottesca per “garantire le migliori condizioni economiche”, la medesima logica si riproduce anche al livello delle regioni interne, delle citta’ e dei comuni. A tutti i livelli l’amministrazione, vincolata alla politica territoriale, assume la posa di chi si concede al migliore offerente tra i potenziali investitori. Tutte le strutture di controllo pubblico, fino al microlivello, si convertono in “aziende” territoriali con una propria offerta, che magnificano a gran voce i loro pregi, come fanno i pescivendoli con la loro merce avariata o i rigattieri con le loro carabattole di seconda mano. E tutte le regioni e i comuni si affidano come clienti agli specialisti del marketing e ai consulenti aziendali come un tempo erano solite fare solo le imprese di mercato.

Info:
https://sinistrainrete.info/marxismo/22910-massimo-maggini-introduzione-a-il-capitale-mondo.html
https://anatradivaucanson.it/introduzioni/introduzione-a-il-capitale-mondo
https://www.ambienteweb.org/2022/05/21/sinistrainrete-joe-galaxy-il-capitale-mondo-sguardo-su-globalizzazione-complottismi-e-dintorni/
https://ilmanifesto.it/se-la-critica-di-valore-e-denaro-conta-piu-della-lotta-di-classe

 

Finanziarizzazione/Stiglitz

Joseph E. Stiglitz – Riscrivere l’economia europea. Le regole per il futuro dell’Unione – il Saggiatore (2020)

Molte banche sono passate dal finanziare le loro attivita’ attraverso i piccoli depositanti, che sono relativamente stabili, a prendere in prestito soldi da altre istituzioni finanziarie, in un processo noto come raccolta di fondi all’ingrosso.
Prendendo soldi in prestito all’ingrosso, le banche potevano espandersi molto piu’ rapidamente di quando erano costrette a darsi da fare per convincere i depositanti a cambiare banca.
La raccolta di fondi all’ingrosso e’ stato uno dei pilastri di quello che e’ diventato noto come sistema bancario ombra, o shadow banking.
L’altro pilastro e’ stato il fatto di ricavare introiti dalle commissioni, invece che dal differenziale fra i tassi a cui prendevano in prestito e quelli a cui prestavano: nel vecchio sistema, le banche guadagnavano trovando mutuatari che consideravano sicuri e prestando loro denaro a un tasso leggermente piu’ alto di quello a cui loro prendevano in prestito; se prestavano a un mutuatario che non era in grado di restituire i soldi, ci rimettevano.
Nel nuovo sistema, le banche emettevano i prestiti, ma poi li vendevano ad altri. I prestiti spesso venivano accorpati insieme e il pacchetto che ne risultava veniva venduto come un titolo. L’idea era che anche se uno o due prestiti andavano male, il rischio era diversificato, e quindi il titolo complessivamente era sicuro. Le banche (e le altre istituzioni che emettevano prestiti e mutui) non si facevano carico del rischio di un fallimento, era l’investitore finale ad accollarselo: una pratica che ha reso meno pressante l’esigenza di fare attenzione a chi prestavano soldi.
Le banche guadagnavano con le commissioni sull’emissione di prestiti, l’accorpamento di prestiti e la vendita dei titoli che ne risultavano. In teoria, questo scaricava su altri i costi dell’insolvenza. C’erano commissioni lungo tutto il processo produttivo della cartolarizzazione. Le banche avevano un incentivo a espandersi, anche se significava prestare soldi a individui meno solventi. L’attivita’ bancaria, in conseguenza di tutto cio’, era diventata sempre piu’ redditizia e irresponsabile […]
Questa nuova era della gestione patrimoniale vide la rapida ascesa di investitori istituzionali come fondi pensione e compagnie assicurative. Nel 2009 l’industria della gestione patrimoniale era cresciuta fino ad arrivare a 12800 miliardi di euro di attivita’, circa un terzo dell’intero settore bancario dell’Unione europea […]
Le agenzie di rating giocavano un ruolo chiave in questa frode, perche’ assegnavano valutazioni in tripla A a titoli che non lo meritavano, praticando una truffa su larga scala in una corsa al ribasso con altre agenzie di rating.
La raccolta di fondi all’ingrosso (contro l’approccio
«al dettaglio», che consisteva nel convincere i risparmiatori a depositare i loro soldi nella banca) in Europa ebbe un boom ancora piu’ clamoroso che negli Stati Uniti: nel 2008 rappresentava il 60 per cento della raccolta di fondi totale per le 16 banche piu’ grandi del continente, il doppio rispetto
alle grandi banche statunitensi.

Info:
https://www.linkiesta.it/2020/05/nobel-stigliz-come-riscrivere-economia-europea/
http://temi.repubblica.it/micromega-online/al-capezzale-dell-europa/
https://www.ilsaggiatore.com/libro/riscrivere-leconomia-europea/

Economia di mercato/Arlacchi

Pino Arlacchi – I padroni della finanza mondiale. Lo strapotere che ci minaccia e i contromovimenti che lo combattono – Chiarelettere (2018)

Sono i soggetti che cadono sotto la definizione rassicurante di «investitori istituzionali»: gestori dei fondi pensione e di investimento che tutto sono tranne che tutori delle istituzioni, e dei fondi che gli ignari risparmiatori affidano nelle loro mani.
Gli investitori istituzionali sono diventati negli ultimi decenni una potenza economica di primissima grandezza.
La massa finanziaria da loro gestita in Italia, Francia, Germania e Stati Uniti, nel giro di soli diciassette anni, dal 1990 al 2007, e’ passata da 9,1 a 60 trilioni di dollari, arrivando a includere la meta’ delle societa’ quotate in borsa.
Sono i manovratori degli spread e dei prestiti ai governi nazionali. Sono i «figli di Troika» dell’Fmi, della Commissione europea e della Bce che hanno massacrato la Grecia e l’Irlanda, messo in difficolta’ la Spagna, l’Italia e il Portogallo, degradato il Regno Unito e fatto traballare nel 2010-2012 la stessa Unione europea.
Un’esigua congrega di non oltre mille persone, residenti in cinque capitali occidentali, manipola i mercati finanziari decidendo i corsi delle borse, i tassi di cambio tra valute, i prezzi delle obbligazioni e delle materie prime.

Info:
https://www.interris.it/news/esteri/chi-sono-i-padroni-della-finanza-mondiale/
https://www.edizionipolis.it/magazine/2019/03/29/economia-e-finanza-mondiale-arlacchi-il-neoliberalismo-oggi-vive-una-profonda-crisi/