Capitalismo/Lind

Michael Lind – La nuova lotta di classe. Elite dominanti, popolo dominato e il futuro della democrazia – Luiss (2021)

La teoria implicita del neoliberismo tecnocratico e’ che, a questo punto, gli USA e le societa’ occidentali sono in pratica societa’ senza piu’ classi sociali, nelle quali le uniche barriere significative hanno a che vedere con la razza e il genere.
Le persone in cima alla piramide vi sono arrivate grazie al loro impegno, sulla base delle loro superiori competenze intellettuali o accademiche.
Molti di questi dirigenti d’azienda, finanzieri, avvocati, contabili, ingegneri, funzionari di fondazioni, elite mediatiche e accademici svolgono perlopiu’ lo stesso tipo di lavoro che i loro equivalenti svolgevano mezzo secolo fa, adeguato alle differenze tecnologiche e all’organizzazione industriale odierne.
Si da’ per scontato, pero’, che essi non siano soltanto dirigenti e professionisti vecchio stampo, bensi’ membri di una nuova “classe di creativi” e di una “elite digitale”, che siano i “thinkpreneur” e i “leader intellettuali” dell’“economia della conoscenza” e che vivano in “brain hubs” (volendo usare soltanto alcune delle molte parole lusinghiere entrate a far parte del lessico auto-idolatrante della superclasse).

Info:
https://open.luiss.it/2021/05/20/un-nuovo-compromesso-sociale-salvera-la-democrazia/
https://legrandcontinent.eu/it/2021/04/04/competenti-contro-deplorevoli-la-nuova-lotta-di-classe/
https://www.rivistailmulino.it/a/la-nuova-lotta-di-classe
https://www.centromachiavelli.com/2020/04/06/scalea-lind-guerra-di-classe/
https://www.ilfoglio.it/un-foglio-internazionale/2020/03/16/news/i-cittadini-dimenticati-contro-le-elite-metropolitane-la-nuova-lotta-di-classe-306549/

Populismo/Lind

Michael Lind – La nuova lotta di classe. Elite dominanti, popolo dominato e il futuro della democrazia – Luiss (2021)

L’ondata populista su entrambe le sponde dell’Atlantico e’ una reazione difensiva contro la rivoluzione neoliberista tecnocratica dall’alto portata avanti nell’ultimo mezzo secolo dalle elite manageriali nazionali.
Negli ultimi cinquant’anni, i decisori politici neoliberisti hanno indebolito o smantellato le istituzioni intermediarie proprie del pluralismo democratico della meta’ del Ventesimo secolo, in particolare i sindacati dei lavoratori, privando cosi’ gran parte della classe operaia di una voce adeguata e della rappresentanza nel governo, nell’economia e nella cultura.
I demagoghi populisti possono incanalare le legittime rimostranze di molti elettori della classe dei lavoratori, ma non possono creare un’alternativa stabile e istituzionalizzata al neoliberismo dominato dalla superclasse.
Soltanto un nuovo pluralismo democratico che obblighi le elite manageriali a condividere il potere in ambito economico, politico e culturale con la classe dei lavoratori, multirazziale e multireligiosa, potra’ porre fine al ciclo di oscillazioni tra tecnocrazia oppressiva e populismo distruttivo.

Info:
https://open.luiss.it/2021/05/20/un-nuovo-compromesso-sociale-salvera-la-democrazia/
https://legrandcontinent.eu/it/2021/04/04/competenti-contro-deplorevoli-la-nuova-lotta-di-classe/
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Populismo/Lind

Michael Lind – La nuova lotta di classe. Elite dominanti, popolo dominato e il futuro della democrazia – Luiss (2021)

Il populismo e’ un sintomo di un corpo politico malato, non una cura[…]
Il populismo contemporaneo e’ una sorta di convulsa risposta autoimmune del corpo politico alla cronica malattia degenerativa dell’oligarchia.
Il pericolo piu’ grande per la democrazia occidentale su entrambe le sponde dell’Atlantico non e’ il suo imminente abbattimento da parte di burattinai che manipolano le menti con meme prodotti da Mosca o da nazionalisti bianchi che vogliono dar vita al Quarto Reich.
Il pericolo piu’ grande per le democrazie occidentali e’ il graduale declino dell’America del Nord e dell’Europa, sotto l’amministrazione di politici neoliberisti di centro ben istruiti, ben educati e ben finanziati, verso qualcosa di simile ai regimi che hanno segnato a lungo i Paesi dell’America a Sud degli stati Uniti, regimi oligarchici oppressivi che hanno provocato devastanti rivolte populiste.

Info:
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Lavoro/Lind

Michael Lind – La nuova lotta di classe. Elite dominanti, popolo dominato e il futuro della democrazia – Luiss (2021)

Da una ricerca risulta che in sedici democrazie occidentali la produttivita’ del lavoro e’ cresciuta di gran lunga piu’ rapidamente rispetto ai salari medi reali e ai fringe benefit, ma la maggior parte dell’aumento delle entrate e’ andata a vantaggio di proprietari e azionisti.
Un altro studio realizzato in tredici Paesi capitalisti avanzati ha riscontrato che l’aumento dei salari reali, che negli anni Settanta era stato del 4 per cento, tra il 1980 e il 2005 e’ stato inferiore all’1 per cento, mentre la quota salariale del reddito scendeva dal 78 al 63 per cento, e il resto era salario derivante da guadagni, interessi, dividendi e locazioni.
Le grandi quantita’ di denaro non stanno nel “capitale umano”, ma nel semplice capitale di vecchio stampo.
La new economy, quindi, in verita’ e’ solo una nuova versione della vecchia economia – l’economia capitalista manageriale – e non una leggendaria e immateriale “economia della conoscenza”

Info:
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https://www.ilfoglio.it/un-foglio-internazionale/2020/03/16/news/i-cittadini-dimenticati-contro-le-elite-metropolitane-la-nuova-lotta-di-classe-306549/

Populismo/Lind

Michael Lind – La nuova lotta di classe. Elite dominanti, popolo dominato e il futuro della democrazia – Luiss (2021)

Quando si cerca di comprendere le esplosioni populiste che in Europa e in America del Nord stanno riducendo in cenere i sistemi politici consolidati, si deve saper distinguere tra scintille e combustibile.
Nei vari Paesi, le scintille sono state di diverso tipo: in Germania un improvviso e controverso afflusso di immigrati dal Medio Oriente, a cominciare dal 2015; in Francia una tassa regressiva che ha avuto pesanti ricadute sui cittadini della classe operaia; negli Stati Uniti il fenomeno di milioni di immigrati clandestini e il tracollo delle aree industriali, messe fuori gioco dalle importazioni dall’Asia orientale, oltre che dalla decisione delle aziende statunitensi di chiudere i loro impianti di produzione in loco e di sostituirli con altri nuovi all’estero.
Tuttavia, ad alimentare l’incendio, una volta scoppiato, e’ stata l’enorme quantita’ di rimostranze inascoltate che si sono accumulate negli anni o nei decenni.
La lotta di classe nell’Occidente transatlantico si e’ infuocata solo in tempi recenti, con il voto per la Brexit e l’elezione di Donald Trump nel 2016, l’arrivo al potere di outsider populisti in Italia, le proteste dei Gilet gialli in Francia e altre vampate politiche. Di fatto, pero’, la guerra di classe covava sotto la cenere da oltre mezzo secolo.

Info:
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Geoeconomia/Lind

Michael Lind – La nuova lotta di classe. Elite dominanti, popolo dominato e il futuro della democrazia – Luiss (2021)

L’esperienza delle democrazie di oggi in Asia orientale – Giappone, Corea del Sud e Taiwan – dimostra che il neoliberismo non e’ l’unico modello per una democrazia moderna hi tech.
Rispetto a Stati Uniti ed Europa, queste nazioni ammettono pochi immigrati e hanno delocalizzato la loro produzione industriale a un livello di gran lunga inferiore.
A differenza dell’Occidente, nei loro sistemi sociali non c’e’ stata alcuna rottura radicale imposta dall’elite tra la meta’ del Ventesimo secolo e oggi. Di conseguenza, benche’ abbiano ogni tanto dei politici populisti e soffrano di problemi di altra natura, compreso un basso tasso di natalita’, non hanno vissuto nulla che possa essere equiparato alla ribellione populista contro il neoliberismo che sta mandando in pezzi i sistemi politici in Europa e in America del Nord.
In una competizione tra il modello economico rappresentato in vari modi da Giappone, Corea del Sud e Taiwan, previa detrazione del loro mercantilismo tradizionalmente orientato alle esportazioni, e il modello oligarchico dominato dai redditieri rappresentato da Brasile e Messico, sarebbe da stolti scommettere sui secondi.

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Societa’/Lind

Michael Lind – La nuova lotta di classe. Elite dominanti, popolo dominato e il futuro della democrazia – Luiss (2021)

Nel Diciannovesimo secolo e ai primi del Ventesimo, cinque principali scuole di pensiero studiarono il futuro della societa’ industriale: liberalismo, produzionismo, socialismo, corporatismo e pluralismo […]
Il liberalismo economico identifica la liberta’ umana con le transazioni commerciali nei mercati, mentre lo Stato si limita a far rispettare gli accordi e in qualche caso fornisce reti di sicurezza per una protezione sociale minima […]
In modi diversi, produzionismo, socialismo, corporatismo e pluralismo hanno respinto l’ideale liberale secondo cui l’economia dovrebbe essere governata sulla base della massima flessibilita’ per le imprese in un libero mercato della manodopera e degli altri input produttivi.
Il produzionismo e’ l’idea secondo cui l’economia dovrebbe essere organizzata dallo Stato per massimizzare il numero delle aziende agricole a conduzione familiare e indipendente, degli artigiani e dei piccoli negozianti nella societa’ […]
I socialisti di varie correnti – utopistica, cristiana e marxista – criticarono il capitalismo e la proprieta’ privata e proposero la proprieta’ pubblica dell’industria e delle infrastrutture […]
Una quarta corrente filosofica, contraria tanto al liberalismo del libero mercato quanto al socialismo statale, prefiguro’ una societa’ armonica di “corporazioni” controllate dallo Stato ma perlopiu’ autogovernate, termine con il quale si alludeva a interi settori economici e non soltanto a singole aziende; qualcosa di simile, in pratica, alle gilde medievali […]
Nei primi anni del Novecento, la scuola di pensiero dell’“efficienza nazionale” ebbe nel Regno Unito affinita’ con il pluralismo e, nelle sue versioni piu’ militaristiche, con il corporatismo statale […] Credevano che la riforma sociale e il riarmo fossero necessari per mantenere lo status della Gran Bretagna nel mondo, messo a rischio a quel tempo dall’ascesa della Germania imperiale. I ragionamenti come quelli della scuola di pensiero dell’efficienza nazionale alla fine prevalsero in molte democrazie occidentali […]
Il sistema che si affermo’ negli Stati Uniti dagli anni Quaranta divenne noto con il nome di “liberalismo dei gruppi di interesse”, un sistema pluralista nel quale le politiche pubbliche erano espressione dei negoziati tra gruppi di interesse economici, ciascuno con i propri mediatori, piuttosto che di un mandarinato tecnocratico di tuttologi ed esperti altruisti isolati dalle pressioni popolari, o della “mano invisibile” del libero mercato.
Nell’ambito della cultura e della societa’ civile, compresi i mass media e l’istruzione, come pure in economia e in politica, alla meta’ del Ventesimo secolo si ando’ consolidando negli Stati Uniti e in altre democrazie occidentali un sistema di pluralismo democratico che conferiva potere alla classe dei lavoratori. Il clero, i cittadini esaltati e i gruppi civici vigilarono sui mass media e sul sistema dell’istruzione per garantire che i valori tradizionali della maggioranza composta dalla classe dei lavoratori non fossero traditi.

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Populismo/Lind

Michael Lind – La nuova lotta di classe. Elite dominanti, popolo dominato e il futuro della democrazia – Luiss (2021)

Inteso come fenomeno politico, quindi, il populismo in Occidente non e’ nulla di nuovo.
Si tratta di una forma in corso di controrivoluzione dal basso in opposizione alla rivoluzione neoliberista tecnocratica dall’alto, imposta dalle elite manageriali occidentali negli ultimi cinquant’anni.
In ogni fase, movimenti populisti di tipo diverso hanno opposto resistenza al neoliberismo tecnocratico. A causa della loro mancanza di ricchezza, potere e influenza culturale, i populisti hanno perso ripetutamente, facendosi di volta in volta piu’ avviliti e rancorosi […]
In politica, i populisti odierni propugnano la democrazia maggioritaria contro le decisioni prese da istituzioni formate da figure tecniche non elette, alle quali e’ stata conferita grande autorita’ durante la recente rivoluzione neoliberista.
In Europa, cio’ equivale a dire “euroscetticismo” e “sovranismo”, ossia la difesa della sovranita’ dello stato-nazione e della legislatura nazionale democratica contro il potere delle burocrazie transnazionali dell’Unione europea […]
In economia, i leader populisti di oggi hanno la tendenza a essere nazionalisti economici, a contrastare cioe’ le politiche di arbitraggio globale del lavoro basate su delocalizzazione e immigrazione di massa, che le istituzioni della superclasse affermano essere sia inevitabili sia vantaggiose.
I sostenitori dei populisti includono molti lavoratori dei distretti manifatturieri fortemente colpiti dalla concorrenza estera, che include il “social dumping” sovvenzionato della Cina, e altri che considerano gli immigrati come concorrenti per i posti di lavoro, i servizi pubblici o lo status sociale.
In ambito culturale, i politici populisti violano di proposito l’elaborata etichetta delle grandi aziende della superclasse e delle universita’, usando termini vigorosi e belligeranti. Scimmiottano il politically correct, quell’idioma artificiale messo a punto dagli attivisti di sinistra e diffuso dai burocrati delle universita’ e delle grandi aziende, che funge da elemento di distinzione tra coloro che hanno un’istruzione universitaria e la maggioranza del popolino, di livello inferiore.
La peggior versione del maggioritarismo dei populisti occidentali sfuma in quella che il sociologo Pierre van den Bergh chiama “la democrazia dell’Herrenvolk”, ossia della classe dominante, che identifica la “nazione” o il “popolo” con la comunita’ razziale o religiosa numericamente prevalente in un dato stato-nazione […]
I populisti sono più bravi a fare campagna elettorale che a governare, come ha scoperto il presidente eletto Trump quando si è imbattuto nella difficoltà di riempire i ranghi della sua Amministrazione con tecnici competenti, disposti a prestare servizio al comando di un politico disprezzato da molti esperti e funzionari. I demagoghi sono bravi a incanalare le insoddisfazioni popolari, ma pessimi a reindirizzarle. I movimenti populisti che deridono la competenza e la burocrazia, tendono per natura ad avere pochi esperti dalla loro parte pronti a formulare le politiche e guidare le agenzie. Il vuoto di talento e di competenza spesso e’ riempito da amici intimi o parenti del demagogo populista.
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