Europa/Balibar

Étienne Balibar – Crisi e fine dell’Europa? – Bollati Boringhieri (2016)

La storia della costruzione europea e’ abbastanza lunga da aver attraversato diverse fasi differenti, strettamente legate alle trasformazioni del «sistema-mondo».
Puo’ essere utile ripercorrerle mettendo in evidenza la corrispondenza tra le successive estensioni del sistema europeo e la complessita’ crescente delle istituzioni che ne gestiscono l’integrazione, districandosi al tempo stesso negli equilibri instabili tra sovranita’ nazionale e governance comunitaria. Si possono distinguere tre fasi: la prima, dalla Comunita’ europea del carbone e dell’acciaio (CECA) agli effetti degli avvenimenti del 1968 e della crisi petrolifera del 1973 (senza dimenticare il colpo di mano di Richard Nixon nel 1971 contro il sistema di Bretton Woods);
la seconda, dall’inizio degli anni settanta alla caduta del sistema sovietico e alla riunificazione della Germania nel 1990;
infine la terza, dall’allargamento all’Est fino al momento della crisi aperta dallo scoppio della bolla speculativa americana nel 2007 e, per quanto riguarda l’Europa, dal default del debito sovrano della Grecia, scongiurato in extremis nel 2010 nel modo che conosciamo.
Quest’ultimo momento segna l’ingresso in una nuova fase? Penso di si’, anche se le tensioni che osserviamo derivano fondamentalmente dall’ingresso a marce forzate dell’Europa nella globalizzazione, che ha dominato la politica comunitaria per vent’anni: oggi queste tensioni, sia nazionali sia sociali, sono arrivate a un punto di rottura. Si e’ aperto un periodo di incertezza e di fluttuazione, con la possibilita’ di esiti contraddittori ancora imprevedibili.

Info:
https://www.illibraio.it/libri/etienne-balibar-crisi-e-fine-delleuropa-9788833928449/
https://www.lindiceonline.com/osservatorio/economia-e-politica/balibar-crisi-europa-ordoliberale/
https://www.sinistrainrete.info/politica/9646-etienne-balibar-populismo-e-contro-populismo-nello-specchio-americano.html

Europa/Balibar

Étienne Balibar – Crisi e fine dell’Europa? – Bollati Boringhieri (2016)

Oggi in Europa la crisi della legittimita’ democratica e’ dovuta al tempo stesso al fatto che gli Stati nazionali non hanno piu’ né i mezzi ne’ la volonta’ di difendere o di rinnovare il «contratto sociale» e al fatto che le istanze dell’Unione europea non hanno nessuna predisposizione a cercare le forme e i contenuti di una cittadinanza sociale superiore – salvo esservi costrette un giorno o l’altro da un’insurrezione dei popoli o da una presa di coscienza dei rischi a cui espone l’Europa la congiunzione di una dittatura dall’alto dei mercati finanziari e di un malcontento politico nutrito dal basso dalla precarizzazione delle condizioni di vita, dal disprezzo per il lavoro e dall’assenza di futuro.
Dalla descrizione di questa impasse si possono comunque trarre alcune lezioni, per quanto molto aleatorie, sui mezzi per uscirne.
Per quanto duri siano i tempi e per quanto forte sia l’amarezza per le occasioni perdute, si puo’ sperare che il pessimismo che ci viene dall’esperienza vissuta non cancelli del tutto le risorse per immaginare un futuro, risorse che possono essere rafforzate da una migliore conoscenza dei fatti.
L’introduzione di elementi democratici nelle istituzioni comunitarie costituirebbe gia’ un contrappeso alla «rivoluzione conservatrice» in corso. Ma le condizioni politiche di questa democratizzazione non possono determinarsi spontaneamente. Possono essere il frutto soltanto di una spinta simultanea dell’opinione pubblica europea verso l’inversione delle priorita’ dell’Europa, che faccia prevalere l’occupazione, l’inserimento delle giovani generazioni nella societa’, la riduzione delle diseguaglianze, la ripartizione equa del carico fiscale, sul profitto finanziario.
E questa spinta ci sara’ soltanto se i movimenti sociali e l’indignazione morale, attraverso le frontiere, si rafforzeranno al punto di ricostituire una dialettica di potere e opposizione nell’insieme della societa’ europea.
La «controdemocrazia» deve venire in soccorso della democrazia.

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https://www.sinistrainrete.info/politica/9646-etienne-balibar-populismo-e-contro-populismo-nello-specchio-americano.html

Populismo/Balibar

Étienne Balibar – Crisi e fine dell’Europa? – Bollati Boringhieri (2016)

Il populismo con cui abbiamo a che fare oggi – quello che attecchisce piu’ rapidamente in Europa – non e’ affatto l’insurrezione pacifica dei cittadini dei diversi Paesi di cui abbiamo bisogno per rivitalizzare la democrazia e per imporne la forza a quelli che la temono e la ostacolano con tutti i mezzi.
Si tratta di un populismo nazionalistico o regionalistico, aggressivamente xenofobo (e che potrebbe diventare omicida se la situazione sociale dovesse deteriorarsi ulteriormente), diretto contro gli «allogeni» (immigrati, in particolare provenienti dall’Asia e dal Sud del Mediterraneo, rom, senza escludere gli ebrei), ma anche contro gli altri europei (Nord contro Sud, Ovest contro Est, vicini contro vicini, anche all’interno delle stesse nazioni, come in Italia).
Di questo populismo vediamo le manifestazioni da un capo all’altro del continente […] un «populismo mediatico», le cui tecniche di manipolazione dei media assomigliano a un fascismo soft riproposto in condizioni storiche e culturali differenti.
A questi populismi reazionari piu’ o meno interconnessi, che riflettono la demoralizzazione delle classi popolari e delle classi medie, il cinismo delle classi dirigenti, l’assenza di prospettive postnazionali che facciano fronte alla globalizzazione e al regresso dei movimenti sociali, e’ del tutto illusorio opporre una semplice predicazione morale, un inno alle virtu’ dello Stato di diritto e del liberismo, che di fatto maschera la perpetuazione delle diseguaglianze e il dominio schiacciante degli interessi della proprieta’ e della finanza.
E’ necessario riprendere la mobilitazione popolare, il cui motore inizialmente puo’ essere soltanto la protesta

Info:
https://www.illibraio.it/libri/etienne-balibar-crisi-e-fine-delleuropa-9788833928449/
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Stato/Balibar

Etienne Balibar – Al cuore della crisi – Castelvecchi (2020)

Per un gran numero di cittadini, cosa che e’ diventata manifesta, c’era da una parte il fatto che […] i servizi pubblici non possono fare a meno di un’azione continua dello Stato pianificatore, costruttore, impiegante, finanziatore, correttore (perlomeno teoricamente) delle ineguaglianze sociali, che garantisca l’accesso universale al «bene comune» della salute.
Inoltre, solo lo Stato puo’ sostenere direttamente o indirettamente le attivita’ di ricerca e di sviluppo che non risultano immediatamente redditizie (come certi vaccini) ma che possono infine possedere un’importanza di vita o di morte.
Cio’ vuol dire anche che, per sostenere il servizio pubblico delle progressive tassazioni, occorrono norme sanitarie e farmaceutiche, ecc.
Tutto cio’ si rivela in manifesta opposizione con l’ideologia e le pratiche del neoliberalismo che dominano a tutt’oggi in Europa e nel mondo, che hanno indotto per certi versi a rivolgere la potenza dello Stato contro le sue stesse funzioni sociali, intraprendendo la distruzione del servizio pubblico dall’interno.

Info:

https://www.ibs.it/al-cuore-della-crisi-ebook-etienne-balibar/e/9788832903683
http://www.castelvecchieditore.com/autori/etienne-balibar/
https://www.mimesisedizioni.it/download/12739/e816dca0af4b/simone-pieranni-il-manifesto-4-febbraio-2022-sfide-e-quesiti-intorno-al-modello-cinese-su-adam-smith-a-pechino-di-arrighi.pdf

Societa’/ Balibar

Etienne Balibar – Al cuore della crisi – Castelvecchi (2020)

Alcuni pensano che la crisi sanitaria con le sue conseguenze costituisca un pericolo mortale per questo «stadio supremo del capitalismo» rappresentato dal neoliberalismo, altri sostengono esattamente il contrario […]
Il dibattito sfocia contemporaneamente su due punti: l’articolazione degli aspetti economici e non economici della crisi e gli effetti che provochera’ sulla stabilita’ del regime neoliberale (dunque, eventualmente, del capitalismo stesso).
Per queste domande non esistono risposte pronte.
Ma per proseguire il dibattito vorrei proporre tre ordini di considerazioni.
La prima questione che anima la discussione e’ quella delle conseguenze dell’aumento dei debiti pubblici (o dei debiti privati garantiti dallo Stato o messi in comune dagli Stati, come comincia ad affrontarli l’Unione Europea, e che si sono trasformati in debito pubblico a lungo termine) sottoscritti per ritardare la crisi […]
La seconda questione – opposta alla prima, che prefigura una destabilizzazione dal basso mentre l’inversione dei rapporti di denaro apre la possibilita’ di una destabilizzazione dall’alto – consiste nelle conseguenze di una pauperizzazione massiccia, o del crollo di un gran numero d’individui e di gruppi sociali (famiglie, vicinati, professioni, generazioni…) al di sotto della soglia di sussistenza autonoma, dunque all’interno della categoria dell’esclusione e dell’assistenza (ivi compresa l’assistenza familiare, da cui dipendono già a tutt’oggi molti giovani diplomati e non, cosa che non fa altro che rimandare e aggravare il problema). Si tratta, in altri termini, di sapere se il regime di precarieta’ cambiera’ progressivamente, oltrepassando con la crisi una soglia, non solo laddove e’ gia’ endemico, ma nelle stesse zone di «prosperita’» […]
Ultimo punto, bisognera’ discutere del modo in cui si articolano la crisi «sanitaria», la crisi «economica» e la crisi «morale» (o etica). I ritmi non sono uguali, e non tutto il mondo e’ intaccato da ciascuna di esse al medesimo grado, a seconda del luogo in cui ci si trova

Info:
https://www.ibs.it/al-cuore-della-crisi-ebook-etienne-balibar/e/9788832903683
http://www.castelvecchieditore.com/autori/etienne-balibar/

Europa/Balibar

Etienne Balibar – Crisi e fine dell’Europa? – Bollati Boringhieri (2016)

In realtà, quello che si sta costituendo in Europa e’ un fronte transnazionale del rifiuto dei rifugiati e dei migranti, in cui i gruppi apertamente razzisti e violenti sono solo la punta piu’ estrema e i cui argomenti oscillano tra il pragmatismo («da noi non c’e’ posto»), l’ideologia identitaria (un afflusso di musulmani minaccia di snaturare l’Europa cristiana, o laica, a seconda dei Paesi) e le questioni di sicurezza (tra i rifugiati si nascondono i jihadisti).
Con tutta probabilita’ siamo destinati ad assistere per la prima volta a quello che finora non era mai riuscito: l’affermazione in Europa di un «partito» unificato populista e xenofobo, antimmigrati e antirifugiati.

Info:
https://www.lindiceonline.com/osservatorio/economia-e-politica/balibar-crisi-europa-ordoliberale/
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https://left.it/2019/04/13/balibar-leuropa-va-rifondata-aprendo-i-confini/

Europa/Balibar

Etienne Balibar – Crisi e fine dell’Europa – Bollati Boringhieri (2016)

Da una parte, l’Europa neoliberista, cioe’ quella che il neoliberismo (che, non dimentichiamolo, e’ una politica e non una semplice teoria economica) sta modellando a marce forzate con lo smantellamento dei diritti sociali, delle politiche pubbliche, dei valori di solidarieta’, per renderla a immagine della globalizzazione finanziaria.
Dall’altra, l’Europa democratica, o meglio della democratizzazione, che implica una rivalorizzazione e una reinvenzione dell’Europa sociale, perche’ la negazione delle dimensioni sociali della cittadinanza e’ il cuore delle strategie di de-democratizzazione.
La prima, bisogna riconoscerlo, e’ piu’ reale della seconda, perche’ si concretizza in un enorme apparato di strutture, di istituzioni, di discorsi egemonici.
La seconda invece e’ largamente virtuale, in quanto esiste soltanto sotto forma di resistenze e di iniziative eterogenee, il che pero’ non vuol dire che sia utopistica o che rappresenti soltanto un vuoto ideale. Perche’ la sua esistenza rinvia alle contraddizioni quanto mai reali della prima.
Si puo’ dire che in questo momento l’Europa democratica sia “scomposta” dalle istituzioni e dalle politiche dell’Europa neoliberista, ma che la sua ricomposizione, o la sua “costituzione” nel corso dello sviluppo della crisi non sia impensabile.

Info:
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Europa/Balibar

Etienne Balibar – Crisi e fine dell’Europa? – Bollati Boringhieri (2016)

Come si puo’ governare, in modo civile (per non dire civilizzato), lo stato di eccezione permanente in cui le frontiere che abbiamo ereditato dal passato, o aggiunto noi stessi, vengono continuamente fortificate e militarizzate, ma sono destinate a cedere?
Bisogna ripetere quello che e’ in gioco nei fatti: degli uomini «di troppo» e il loro «diritto di avere dei diritti», che e’ imprescrittibile, e non va a detrimento di coloro che i diritti li hanno gia’, ma si pone accanto a loro e tra di loro.
Nessuno puo’ sostenere che una governance del genere sia facile, ma quel che e’ certo e’ che non puo’ basarsi su discriminazioni ormai obsolete (migranti e rifugiati) o su equiparazioni criminali (rifugiati e terroristi) che alimentano i fantasmi razzisti, incoraggiano la violenza e disorganizzano le politiche di sorveglianza di cui gli Stati hanno bisogno per proteggere veramente i loro cittadini […]
Parte della soluzione e’ a portata di mano.
Il minimo sarebbe: 1) la dichiarazione ufficiale, da parte della Commissione europea, di uno «stato di emergenza umanitaria» su tutto il territorio di sua competenza, e 2) l’impegno vincolante, da parte dei Paesi membri dell’Unione europea, a trattare i rifugiati con dignita’ ed equita’ nella misura delle loro capacita’, oggettivamente calcolabili.
E’ indubbio che le conseguenze di questo minimo sarebbero potenzialmente considerevoli: rivalutazione dei poteri dell’istanza comunitaria, istituzione di norme umanitarie con pari forza di quelle di bilancio o commerciali, mobilitazione di risorse per una politica di assistenza e di integrazione (di cui si dovrebbe controllare democraticamente l’impiego), programmi educativi concertati contro il razzismo.

Info:
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Europa/Balibar

Etienne Balibar – Crisi e fine dell’Europa? – Bollati Boringhieri (2016)

Schematizzando, si possono individuare quattro dimensioni della crisi, intrecciate tra loro:
– La prima e’ l’ingovernabilita’ crescente dei sistemi politici europei, che si autodefiniscono «rappresentativi»[…] l’affermazione di diversi populismi (la Lega Nord, il Movimento 5 Stelle), sono state viste come un sintomo di questa ingovernabilita’, ma l’Italia non e’ un caso isolato […]
– Il secondo aspetto e’ lo smantellamento in Europa della cittadinanza sociale cosi’ come si era andata costruendo nel corso del XX secolo nel quadro di un Stato nazionalsociale […] che si fondava sulla possibilita’ di regolare la lotta diclasse attraverso rivendicazioni e negoziati organizzati (che sostituivano a loro volta forme di partecipazione civile), e dunque su compromessi legittimi (alle volte con valore costituzionale), riducendo al tempo stesso l’insicurezza dell’esistenza della maggioranza della popolazione.
Oggi assistiamo non soltanto a una precarizzazione, ma anche a una riproletarizzazione della popolazione europea, o di alcuni dei suoi strati costitutivi – penso alla disoccupazione di massa dei giovani in alcuni Paesi –, che si accompagna a fenomeni molto violenti di disaffezione e di individualismo negativo. […]
– Terzo elemento, l’approfondimento delle diseguaglianze all’interno dell’Europa […]
-Infine, il quarto elemento e’ lo scarto tra le procedure di decisione e quelle di discussione e di controllo: ne deriva il blocco della rappresentanza in Europa.

Info:
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https://left.it/2019/04/13/balibar-leuropa-va-rifondata-aprendo-i-confini/

Europa/Balibar

Etienne Balibar – Crisi e fine dell’Europa? – Bollati Boringhieri (2016)

In sostanza la tesi di Habermas e’ che la crisi dell’euro non abbia niente a che vedere con le «colpe» degli Stati «prodighi» che faticano ad allinearsi con gli Stati «parsimoniosi» (in tedesco Schuld vuol dire sia «colpa» sia «debito»), ma e’ dovuta all’incapacita’ degli Stati nazionali, messi in concorrenza tra di loro dagli speculatori, di neutralizzare il gioco dei mercati e di fare il necessario per una regolamentazione mondiale della finanza.
Di conseguenza, non si uscira’ dalla crisi se l’Europa non si decide a «fare il passo» verso un’integrazione politica, che le permetterebbe al tempo stesso di difendere la moneta e di attuare le politiche sociali e di riduzione delle diseguaglianze che giustificano la sua stessa esistenza.
Il luogo naturale di questa evoluzione e’ il «nocciolo duro del- l’Europa»(Kerneuropa), cioe’ l’eurozona allargata agli Stati che dovrebbero aderirvi prossimamente (in particolare la Polonia).
Ma la conditio sine qua non di questa evoluzione e’ una democratizzazione reale delle istituzioni europee: con il che Habermas intende essenzialmente la creazione di una rappresentanza parlamentare delle popolazioni che sia effettiva (con un sistema a due gradi, che Habermas distingue dal federalismo alla tedesca), dotata di poteri di controllo politico a livello europeo, in particolare sul volume e l’utilizzo delle tasse che sosterrebbero la moneta comune, secondo il principio degli insorti americani del 1776: no taxation without representation. […]
Quantomeno Habermas avrebbe dovuto sviluppare la proposta […] di una imposizione fiscale comune e del controllo del suo utilizzo.
In effetti, in Europa come altrove, non ci sara’ uscita dalla crisi senza una rivoluzione fiscale, che significhi non solo il prelievo di tasse europee e il controllo della loro equa ripartizione, ma anche il loro utilizzo per una politica di ripristino dell’occupazione devastata dalla crisi, di riconversione delle attivita’ produttive e di salvaguardia del territorio europeo.

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