L’anno appena trascorso ha offerto uno spaccato delle contraddizioni che caratterizzano intimamente, ormai da decenni, l’approccio all’immigrazione internazionale dei paesi destinatari di significativi flussi migratori e, in particolare, delle societa’ occidentali.
La gran parte delle migrazioni internazionali si dirige verso regioni del mondo che si avvicinano o gia’ attraversano un autunno demografico, e le cui societa’ hanno dunque sempre piu’ bisogno di flussi significativi e continuativi di manodopera straniera per attutire le conseguenze della loro transizione demografica sulla fiscalita’ generale (in altri termini: potersi permettere di pagare di piu’ per pensioni e sanita’, per qualche anno in piu’ rispetto a uno scenario senza immigrazione, prima di dover inevitabilmente tirare la cinghia).
Quelle stesse societa’ appaiono tuttavia sempre meno capaci di evitare la tentazione – antica e spesso presente nella storia dell’umanita’ – di utilizzare l’altro da se’, e in particolare lo straniero, come capro espiatorio, spiegazione di buona parte dei mali che affliggono politica, economia e societa’.
Con il trascorrere degli anni sembra che in particolare le societa’ occidentali si facciano sempre piu’ diffidenti e rancorose. Non solo: anche piu’ polarizzate, con i seguaci di teorie complottiste come quella della «grande sostituzione», a destra, cui fanno da contraltare a sinistra i sostenitori dei movimenti No Borders.
Lavoro/Ispi
L’Europa nell’età dell’insicurezza. Le sfide di un continente fragile – ISPI – Mondadori (2024)