Societa’/Pennacchi

Laura Pennacchi – Democrazia economica -Castelvecchi (2021)

Cosi’ si e’ lasciato solo a soggetti religiosi – come Papa Francesco, il Papa che ha definito il neoliberismo «l’economia che uccide», che denunzia il male che provochiamo alla «nostra sorella Terra», che grida «non reddito ma lavoro per tutti» – di mostrare una persistente forte sensibilità al binomio lavoro/persona, tornando a ribadire con veemenza che il diritto al lavoro e’ primario, superiore alla stesso diritto di proprieta’, e che il rapporto che ha per oggetto una prestazione di lavoro non tocca solo l’avere ma l’“essere” del lavoratore, chiedendo di non ridurre la persona umana a puro elemento dei fenomeni economici e riaffermando la natura di relazione tra soggetti del rapporto lavorativo, soggetti «titolari di una “dignita’” e non solo di un “prezzo”» (com’e’, invece, nella concezione mercificata del lavoro).

Info:
https://www.rivisteweb.it/doi/10.7384/101090
http://www.castelvecchieditore.com/2021/03/06/democrazia-economica-di-laura-pennacchi/

Capitalismo/Pennacchi

Laura Pennacchi – Democrazia economica. Dalla pandemia a un nuovo umanesimo – Castelvecchi (2021)

I Paesi occidentali – non ultima l’Italia – scontano gli esiti del depotenziamento e della dilapidazione di abilita’ delle pubbliche amministrazioni imposte per decenni dall’egemonia neoliberista: l’imponente arretramento dello Stato si e’ risolto in un prosciugamento delle sue energie.
Lo starving the beast di bushiana memoria – concretizzatosi in tagli delle tasse a vantaggio dei ricchi e ulteriore contrazione delle entrate pubbliche – ha talmente affamato le “bestie governative” da averle quasi tramortite.
Anche perche’ l’ostilita’ allo Stato e’ stata alimentata da anni di nefasta teorizzazione di matrice blairiana della superiorita’ delle pratiche di governance su quelle di government, esplicitamente indicate, e auspicate (si vedano i numerosissimi scritti di Sabino Cassese), come metodi di «amministrativizzazione» mediante «depoliticizzazione»

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Stato/Pennacchi

Laura Pennacchi – Democrazia economica. Dalla pandemia a un nuovo umanesimo – Castelvecchi (2021)

La stessa proprieta’ privata non esiste “in natura”, non e’ un’entita’ materiale ma un insieme di diritti e regole.
Questa e’ stata, del resto, l’intuizione degli illuministi David Hume e Immanuel Kant, i quali hanno concepito la proprieta’ come un’istituzione politica, assumente forme e tipologie modellate dalla societa’, dallo Stato e dagli apparati istituzionali.
Nelle societa’ senza Stato i poteri privati, spesso violenti, monopolizzano tutta la ricchezza disponibile […]
Non a caso l’affermazione della proprieta’ avvenuta nel Seicento e nel Settecento e’ servita a combattere la politica di confisca del potere assoluto, in un processo indistinguibile da quello che porto’ alla creazione di istituzioni rappresentative efficaci e che rimise in discussione la primogenitura e l’ordine della successione ereditaria, sgretolando le basi del potere dell’aristocrazia terriera europea […]
Il problema nasce quando […] mercato e proprieta’ privata, nati dalle lotte per la liberta’ contro il potere feudale e l’assolutismo, creano, con le rivoluzioni industriali e il successivo tumultuoso sviluppo economico, inedite forme di insicurezza […]
Dunque, anche l’ideologia della proprieta’ e’ cambiata nel tempo a mano a mano che cambiavano le fonti di insicurezza […]
Era «simbolo di sicurezza nei confronti dei capricci dell’autorita’ politica e della violenza degli attaccabrighe», ma quando altri capisaldi di sicurezza (per esempio, attraverso un sistema giuridico piu’ affidabile) furono messi a punto, «la proprieta’ privata perdette parte della sua responsabilita’ e comincio’ a essere vista essa stessa come fonte di insicurezza»

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Societa’/Pennacchi

Laura Pennacchi – Democrazia economica. Dalla pandemia a un nuovo umanesimo -Castelvecchi (2021)

Le iniziative sul lavoro garantito si basano su una nobile tradizione teorica, che da Keynes va a Meade, a Minsky, ad Atkinson, la quale ha sviluppato la convinzione che in circostanze – come le odierne – di drammatico sottoutilizzo dei fattori fondamentali della produzione, lavoro e capitale, e di secular stagnation strisciante quindi di bassi investimenti, lo Stato possa e debba essere utilizzato come employer of last resort, immagine che e’ un’articolazione di quella dello «Stato innovatore» e dello «Stato strategico».
I programmi prevedono mix di investimenti pubblici e investimenti privati in grado di offrire lavori pubblici utili socialmente, anche temporanei, al salario minimo legale ai disoccupati che cerchino e non trovino lavoro o per integrare l’occupazione di coloro che abbiano un lavoro parziale involontario […]
I settori e gli ambiti in cui creazione di lavoro e creazione di sviluppo coincidono sono numerosi e vanno dalle problematiche ambientali all’emersione di enormi bisogni sociali insoddisfatti, tutte cose che il mercato da solo non risolve, non lenisce, non tratta.
La rottura degli equilibri ambientali sta avvenendo a una velocita’ senza precedenti, mentre, nell’abitazione, l’alimentazione, la mobilità, il tempo libero, la cultura, l’istruzione, la formazione, la salute, i bisogni dei cittadini rimangono inevasi e nei territori (dalle grandi aree metropolitane alle piccole e medie citta’, alle aree rurali e periferiche) la qualita’ della vita degrada.
In tutti questi settori e aree il lavoro garantito puo’ sollecitare una mobilitazione di energie fuori del comune.
Richiamare l’importanza strategica delle iniziative sul lavoro garantito in quanto “lavoro di cittadinanza” consente di chiarirne le differenze rispetto alla prospettiva del reddito di cittadinanza.
Trattare l’occupazione come diritto che deve essere garantito dallo Stato – secondo quanto postula la Costituzione italiana – e’ qualcosa di radicalmente diverso dall’atteggiamento presupposto dalla visione paternalistica che si concentra sull’elargizione di benefici monetari al popolo, cosi’ come riportare il baricentro sull’occupazione e sul lavoro significa contestare l’ineluttabilita’ della jobless society ritenuta intrinseca al funzionamento spontaneo del capitalismo.

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Capitalismo/Pennacchi

Laura Pennacchi – Democrazia economica. Dalla pandemia a un nuovo umanesimo – Castelvecchi (2021)

L’interrogazione sul capitalismo e’ anche un’autointerrogazione che aveva gia’ preso vita nei mesi precedenti all’arrivo del coronavirus.
Nell’agosto 2019, l’America’s Business Roundtable (associazione dei Ceo delle piu’ grandi e potenti corporations americane) aveva lanciato sul «Washington Post» un manifesto proclamante l’abbandono della teoria della shareholders value (il primato della massimizzazione del valore per l’azionista, cardine del neoliberismo) e mercoledi’ 18 settembre 2019 il «Financial Times» aveva intitolato cosi’ a tutta pagina la sua copertina: Capitalism. Time for a Reset.
Nel gennaio del 2020, il Forum di Davos aveva inneggiato al «mai piu’ profitti senza etica» e celebrato una narrazione per cui i problemi ambientali e sociali, con in testa quello della diseguaglianza, li avrebbero affrontati e risolti i capitali privati.
A esplosione della pandemia acclarata, il «Financial Times», che gia’ di fronte alla crisi globale del 2007/2008 aveva dedicato una propria rubrica alla «crisi del capitalismo», intitola l’editoriale del 29 marzo 2020 “Virus puts responsible capitalism to the test” (il virus mette alla prova il capitalismo responsabile)

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Economia di mercato/Pennacchi

Laura Pennacchi – Democrazia economica. Dalla pandemia a un nuovo umanesimo – Castelvecchi (2021)

Per chi, cosa e come produrre: ecco i crinali che, come per il grande riformismo del New Deal, tornano a rivelarsi decisivi in questa fase di grandi rivolgimenti, se vogliamo coglierne tutte le potenzialita’ in termini di neoumanesimo.
Una democrazia economica con questi obiettivi e l’innovazione per ideare, progettare, costruire un nuovo modello di sviluppo, basato sul lavoro, sui nuovi bisogni sociali, sulla domanda interna: e’ questo che ci serve. Il compito e’ arduo, perche’ un nuovo modello di sviluppo deve privilegiare la domanda interna sulle esportazioni, intervenire tanto sulle questioni di domanda che su quelle di offerta, premiare i consumi collettivi su quelli individuali cambiando profondamente gli stili di vita, puntare sulla «piena e buona occupazione»

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Europa/Pennacchi

Laura Pennacchi – Democrazia economica. Dalla pandemia a un nuovo umanesimo – Castelvecchi (2021)

Cio’ che da governatore Raghuram Rajan ha detto per l’India – e cioe’ che the export-driven model of economic growth is dead – vale ancor piu’ per l’Europa.
Vi e’ un doppio movimento che spinge in tale direzione.
Da un lato un continente con il piu’ grande, il piu’ sofisticato e il piu’ avanzato mercato interno del mondo non ha buone ragioni per continuare nel modello di crescita trainato dalle esportazioni che lo ha guidato per tutto il secondo dopoguerra.
Dall’altro lato la ritirata della globalizzazione, inevitabilmente accentuata dalla vicenda del coronavirus, mette in dubbio […] la scelta storica europea di basare la propria crescita sull’export.
Tutto cio’ apre rilevanti opportunita’ a un Paese come l’Italia che [..] e’ l’unico Paese europeo ad avere i margini – cioe’ milioni di lavoratori inoccupati e miliardi di investimenti mancati da recuperare – per compensare, contribuendo a ricostruire catene europee nel settore medico-farmaceutico, nell’energia ambientale, nelle Tlc, nel 5G, nel controllo dei dati e cosi’ via, posto che il vantaggio di costo dell’Est Europa e dell’Asia e’ oggi molto inferiore a quello di vent’anni fa e sarebbe primario interesse dei Paesi europei maggiori esportatori (Germania e Olanda in primo luogo) neutralizzare con un’Italia in pieno impiego di lavoro e capitale l’enorme perdita di Pil europeo che provoca il dimezzamento della bilancia con l’estero causato dalla pandemia.
Anche sotto questo profilo appare straordinario il potenziale racchiuso nel Piano Next Generation Eu adottato dall’Europa.

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