Fu la reazione alla drammatica crisi economica inaugurata dal crollo di Wall Street del 1929, che mise definitivamente in luce la fallacia del pensiero economico allora dominante.
Il risultato furono le soluzioni elaborate da John Maynard Keynes, il quale dimostro’ come il mercato non tende naturalmente alla piena occupazione e documento’ a monte l’infondatezza dei presupposti su cui si fonda l’economia classica: il risparmio complessivo non tende a coincidere con gli investimenti complessivi e i livelli occupazionali non sono insensibili alla politica monetaria.
Di qui l’indicazione delle modalita’ attraverso cui assicurare un reddito di piena occupazione: politiche redistributive con le quali aumentare la disponibilita’ dei meno abbienti e politiche monetarie capaci di stimolare investimenti privati.
Il tutto sostenuto da politiche di bilancio con cui finanziare investimenti pubblici in deficit nella misura necessaria e sufficiente a colmare la differenza tra spesa privata e reddito di piena occupazione.
E’ diffusa l’opinione secondo cui questo schema avrebbe trovato accoglimento quantomeno implicito nella Costituzione italiana, tanto da essere direttamente collegato al patto di cittadinanza e comunque alle ricette poste alla base dei Trenta gloriosi: epoca non a caso detta del compromesso keynesiano.
Sappiamo invero che al dovere di lavorare fa riscontro il diritto al lavoro, per il cui riconoscimento la Repubblica e’ chiamata a promuovere le condizioni che lo rendono «effettivo» (art. 4).
Info:
https://www.ildiariodellavoro.it/abolire-il-lavoro-povero-per-la-buona-e-piena-occupazione-di-alessandro-somma-edizioni-laterza/
https://www.glistatigenerali.com/lavoro-autonomo_dipendenti/abolire-il-lavoro-povero-il-lavoro-non-e-finito-checche-ne-dica-la-politica/
https://www.recensionedilibri.it/2024/02/03/somma-abolire-il-lavoro-povero/
https://www.sinistrainrete.info/lavoro-e-sindacato/27701-lelio-demichelis-lavoro-povero-con-vita-digitale-o-vita-povera-con-lavoro-digitale.html