Populismo/Urbinati

Nadia Urbinati – Io il popolo. Come il populismo trasforma la democrazia – Il Mulino (2020)

«Il populismo puo’ essere pensato come una politica per la gente ordinaria fatta da un leader straordinario che costruisce profili ordinari». Questo e’ esattamente il capopopolo di cui un movimento populista ha bisogno per diventare governo […]
I leader populisti non hanno bisogno di essere precisi nei loro programmi e nemmeno sovrumani. E’ importante che usino un linguaggio ordinario di condanna, dichiarando che i nemici del popolo sono corrotti e che il leader populista e’ determinato a portare il vero popolo al potere, a lavare l’onta della casta.
Questo e’ quello che fanno tutti i leader populisti, sebbene le loro caratteristiche sociali siano diverse […]
Tutti i leader populisti mettono in scena una performance rappresentativa che permette loro di essere visti e accettati
dal loro popolo come l’incarnazione di quello stesso popolo.
Questo e’ cio’ che distingue la loro leadership dalla rappresentanza come mandato […]
Le analogie con il fascismo e le differenze rispetto al fascismo diventano evidenti. Come il fascismo, il populismo diventa davvero influente quando passa da movimento di opposizione a forza di governo, ma a differenza del fascismo, questa transizione non si traduce in un cambio di regime, sebbene il mutamento istituzionale possa indebolire il potere legislativo e ad accrescere quello esecutivo. Come il fascismo, il populismo aspira a una forte coesione sociale e politica, ma, a differenza del fascismo, il leader che incarna questa coesione non si situa al di sopra della legge.
Il confine sfuocato tra il populismo e il fascismo e’ rintracciabile solo nel legame simbiotico tra leader e audience, ma anche nella forma assunta dal partito. Questa forma e’ forse uno degli aspetti piu’ intriganti del populismo e che lo rende eccentrico rispetto alla democrazia dei partiti in un modo che e’ al contempo simile e distante dal fascismo.
La modalita’ autoritaria del populismo si manifesta nella struttura leggera e movimentista del partito, la quale […] consente un facile allineamento della volonta’ tra chi governa e chi e’ governato […]
Due casi di rappresentanza diretta che hanno per protagonisti movimenti antipartito, i casi forse piu’ spettacolari o originali del nostro tempo:il Movimento Cinque Stelle (o M5S) e Podemos. Non mi propongo di condurre uno studio esaustivo di questi due movimenti, ma di illustrare, attraverso di essi, il processo di iperleaderismo innescato mediante dispositivi digitali da due movimenti nati all’insegna dell’orizzontalismo e della rappresentanza diretta.
Il M5S e Podemos, come altri movimenti simili sorti negli ultimi due decenni in Europa e nelle Americhe, si sono serviti sin dai loro esordi degli «strumenti partecipativi» offerti dal web – «applicazioni decisionali on-line che facilitano la partecipazione dei membri a varie discussioni, deliberazioni ed elezioni digitali» – e sono caratterizzati da una concezione e da una pratica flessibile di appartenenza che sfuma i confini del «partito» e unifica i cittadini attraverso una serie di strategie plebiscitarie imperniate sulla figura del leader e attraverso una retorica «reattiva» o opposizionale […]
I due movimenti sono molto diversi, non solo nei programmi, ma anche nei metodi e negli esiti. Entrambi inoltre stanno subendo un mutamento che probabilmente li portera’ a diventare sempre piu’ dei partiti che non dei semplici movimenti, quali erano quando si sono costituiti e quali aspiravano a rimanere.
Il M5S e’ riconducibile alla tradizione antipartitista del qualunquismo, radicata nella democrazia italiana sin dal suo esordio nel 1945 e riemersa con forza in concomitanza con Tangentopoli (ricordiamo che Forza Italia nacque come club antipartitico) […]
Podemos, al contrario, si riconosce in una forma leninista di volontarismo movimentista, che si fonda sull’opposizione del 99% dei cittadini all’1% e implica una concezione radicale del popolo come antiestablishment e della politica per il popolo non establishment.
Podemos e’ collocato decisamente a sinistra dello spettro ideologico e sembra non disdegnare di diventare un partito a tutti gli effetti; il suo antipartitismo delle origini e’
stato essenzialmente una critica alla reticenza e al centrismo del tradizionale partito socialista spagnolo (PSOE). Il M5S invece non ha mai affermato di essere o voler essere un movimento di sinistra (e probabilmente si esaurira’ senza diventare un partito); si e’ fin dalle origini presentato come espressivo dei cittadini comuni, allineato con i sentimenti e le rivendicazioni generiche di contestazione dell’establishment e della sua politica corrotta. Aspira ad essere molto piu’ inclusivo e generalista di un partito tradizionale ed e’ favorevole a politiche sociali basate sull’assistenza piu’ che sulla ridistribuzione, non avendo una cultura politica ascrivibile al riformismo socialista; possiamo collocare il M5S all’interno della galassia del centrismo, limitrofo piu’ al popolarismo democratico cristiano che al welfarismo di sinistra.
Podemos, invece, ha immediatamente dichiarato di patrocinare il superamento delle divisioni tradizionali tra vecchia destra e vecchia sinistra, nel nome di una politica piu’ progressista rispetto a quella della sinistra tradizionale, benche’ non classista, ma inclusiva e popolare.

Info:
http://ilrasoiodioccam-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2020/05/08/nadia-urbinati-e-il-populismo/
https://www.vaticannews.va/it/osservatoreromano/news/2020-03/la-verita-vi-prego-sul-populismo.html
https://www.fatamorganaweb.unical.it/index.php/2020/01/27/dal-populismo-al-popolo-democrazia-nadia-urbinati/

Stato/Barberis

Mauro Barberis – Come internet sta uccidendo la democrazia. Populismo digitale – Chiarelettere (2020)

Il XX secolo forse non ha cambiato il concetto di democrazia […]
Ma le istituzioni democratiche – non solo il Parlamento, la tutela dei diritti fondamentali e la separazione dei poteri, ma anche i partiti, la stampa, i media… –, quelle si’ sono profondamente cambiate e funzionano in modo del tutto diverso da quelle sette-ottocentesche.
Ci si e’ accorti del mutamento solo dopo che il populismo era ormai esploso, attribuendo il fenomeno a cause contingenti come globalizzazione, crisi economiche, migrazioni, risentimento, rivoluzione digitale. In realtà c’e’ una causa politico-istituzionale del populismo che viene da molto piu’ lontano e coincide appunto con i mutamenti che hanno interessato la democrazia parlamentare […]
Il primo mutamento, tanto consolidato da passare ormai inavvertito, e’ la concentrazione dei poteri nell’esecutivo. E si badi che non si parla delle democrazie illiberali, ma proprio delle democrazie liberali.
Intanto, gli studiosi si occupano prevalentemente dei due poteri normativi, legislativo e giudiziario, e ignorano non tanto l’esecutivo quanto l’amministrazione: l’unico potere statale che dura anche quando cambiano maggioranze e governi, e senza il quale gli altri poteri non potrebbero funzionare.
Poi, e di conseguenza, non si riflette mai abbastanza sulle conseguenze prodotte, sulle istituzioni democratiche stesse, da due guerre mondiali, una guerra fredda, apparentemente chiusa dalla caduta del Muro di Berlino (1989), e un numero imprecisato di guerre asimmetriche, dalla Corea al Vietnam, dall’Afghanistan all’Iraq, spesso mascherate da interventi umanitari, esportazioni della democrazia o guerra al terrore. Tutti conflitti non dichiarati dai parlamenti, e gestiti direttamente dagli esecutivi.
Tutte queste guerre, scatenate nonostante il, o forse addirittura grazie al, principio del rifiuto della guerra come soluzione dei conflitti internazionali, hanno comportato uno spostamento enorme di poteri dal legislativo all’esecutivo, e da questo all’amministrazione […]
Si governa per decreti governativi, e l’ultima parola non tocca affatto ai giudici, come qualcuno crede, ma all’amministrazione […]
Il secondo mutamento che ha interessato le istituzioni democratiche e’ chiamato costituzionalizzazione ma dovrebbe chiamarsi anche internazionalizzazione della democrazia […]
Si tratta della democrazia, detta appunto costituzionale, in cui il potere statale incontra limiti sia interni (costituzioni rigide, corti costituzionali, interpretazione costituzionale) sia esterni (trattati internazionali, corti internazionali).
La democrazia costituzionale, impostasi in Occidente con la giurisprudenza delle grandi corti costituzionali e internazionali, si era estesa ai paesi dell’Est dopo la caduta del Muro di Berlino […]
Infine, c’è un terzo mutamento istituzionale da registrare, molto differente dai precedenti: lo svuotamento neoliberista della democrazia.
Si comincia a parlare di crisi della democrazia nel 1975: gli Stati nazionali, si dice, non sono piu’ in grado di assicurare la «governabilita’», ossia di adempiere le promesse fatte negli anni del boom economico.
«Governabilita’», governance (governo pubblico- privato) e sovranita’ del consumatore (decide chi compra) sono poi divenuti i mantra del neoliberismo, di destra e di sinistra.

Info:
https://www.illibraio.it/libri/mauro-barberis-come-internet-sta-uccidendo-la-democrazia-9788832962741/
https://www.lankenauta.it/?p=18988

Populismo/Barberis

Mauro Barberis – Come internet sta uccidendo la democrazia. Populismo digitale

Il primo aspetto del populismo spiegato […] e’ la (pretesa) disintermediazione […] dei piu’ tradizionali mediatori politici: non solo quelli formalmente incaricati di mediare fra il popolo e il governo (politici, partiti, sindacati…), ma anche i mediatori informali (preti, notabili, giornalisti, esperti, giuristi, professori…) […]
Naturalmente e’ solo un’illusione.
Chi parla di disintermediazione, in effetti, si mette dal punto di vista dell’elettore illuso: […] la pretesa disintermediazione si rivela una sorta di reintermediazione: internet, i social, gli smartphone prendono il posto di parlamentari, opinion makers e parroci. […]
Chi sono i nuovi mediatori occulti?
Presto detto: leader, spin doctor e staff comunicativi, o addirittura algoritmi automatici usati da centinaia di siti anonimi, creati apposta per manipolare gli elettori […]
Il secondo aspetto della politica populista […] e’ la frammentazione o polarizzazione tipica della democrazia populista.
La frammentazione consiste nel fatto che attorno a ogni utente dei social si addensano sciami di informazioni personalizzate, tarate da algoritmi automatici sui big data di ognuno […] La frammentazione riguarda ogni singolo utente: contro il quale si ritorce, beffardamente, la sovranita’ attribuita ai consumatori dai neoliberisti californiani. Ogni nostro gusto, vizio o ossessione viene accettato dal web, che ci induce a soddisfarlo purche’ renda.
La polarizzazione, invece, riguarda comunita’ di utenti i quali – proprio come fa il singolo con le proprie ossessioni – tendono a rinchiudersi, ognuno nella sua bolla o camera dell’eco, formando tribu’ digitali in guerra fra loro […] Gruppi politici, religiosi ed etnici che avevano convissuto felicemente per secoli oggi si guardano in cagnesco, agitati da risentimenti indotti, piu’ che spontanei. L’idea stessa del rispetto dell’altro – il multiculturalismo –e’ sospettata di nascondere un progetto di sostituzione etnica.
Il terzo e sinora piu’ trascurato aspetto del populismo spiegato da Homo mediaticus e’ quanto propongo di chiamare contendibilita’ del potere.
Il digitale rende il potere delle elite tradizionali contendibile da parte di outsider […]
Contendibilita’ del potere da parte di persone che, in altre epoche, non sarebbero mai riuscite ad attraversare i ponti: attori di serie B, conduttori televisivi, comici, tutti votati da masse di follower non benche’ siano privi di preparazione politica, ma proprio per questo. Cio’ alimenta la spirale di antipolitica o depoliticizzazione: chi vorra’ mai sporcarsi le mani con questa politica demente?
Eppure la campagna elettorale permanente, la politicizzazione di ogni evento di cronaca, la polarizzazione dell’opinione pubblica e la conseguente instabilita’ dei governi hanno almeno un lato positivo. Gli stessi governi populisti non sono eterni: basta una foto compromettente, una frequentazione imbarazzante, un tweet piu’ demenziale degli altri e – almeno in Occidente, e finche’ la democrazia funziona ancora – anche loro cadono. Per fortuna, anche il potere populista e’ contendibile […]
Cosi’ i governi populisti non fingono neppure piu’ di governare e si dedicano apertamente all’intrattenimento: non fanno altro che leggi manifesto al fine di vincere le elezioni successive.
Intanto, un altro potere, stavolta con la minuscola, prende il loro posto. E’ il potere amministrativo: le burocrazie ministeriali, gli apparati di sicurezza, i corpi separati dello Stato. Finche’ il Potere governava, non ci si accorgeva quasi della loro esistenza, mentre da quando ha smesso abbiamo capito che governavano loro anche prima. Peggio ancora, l’amministrazione viene sostituita a sua volta dagli algoritmi usati per automatizzarne le procedure, e noi viaggiatori ci accorgiamo con orrore che la cabina di pilotaggio e’ vuota.

Info:
https://www.ilmanifestobologna.it/wp/2020/01/perche-il-populismo-digitale-minaccia-la-democrazia/

Populismo/Urbinati

Nadia Urbinati – Io il popolo. Come il populismo trasforma la democrazia – Il Mulino (2020)

Vediamo le cose piu’ chiaramente quando cessiamo di dibattere su cosa il populismo e’ – un’ideologia «debole» o una mentalita’ o una strategia o uno stile – e cominciamo invece ad analizzare cosa il populismo fa: in particolare, quando indaghiamo come trasforma o riconfigura le procedure e le istituzioni della democrazia rappresentativa […]
La democrazia rappresentativa e’ diarchica perche’ e’ un sistema misto di decisione e opinione, nel quale la «volonta’» (cioe’ il diritto di voto e le procedure e istituzioni che sovrintendono al processo decisionale) e l’opinione (cioe’ il dominio extra istituzionale dei giudizi politici e delle opinioni nelle loro sfaccettate espressioni) si influenzano reciprocamente, pur rimanendo indipendenti.
Le societa’ nelle quali viviamo sono democratiche non solo perche’ vi si tengono libere elezioni il cui risultato e’ conteso da due o piu’ partiti, ma anche perche’ consentono lo sviluppo di un reale antagonismo politico e il libero esplicarsi del confronto tra posizioni diverse e concorrenti […]
Mentre la democrazia diretta fa collassare il momento della volonta’ e quello del giudizio nell’atto stesso del voto, esaltando in tal modo il potere di decisione, la democrazia rappresentativa separa i due momenti e si avvale dei due poteri. Così facendo tiene aperto il processo politico alla formazione e all’azione dell’opinione e della partecipazione […]
In definitiva, la teoria diarchica della democrazia rappresentativa afferma due cose: che la volonta’ e l’opinione sono i due poteri dei cittadini sovrani; e che essi sono differenti e devono rimanere distinti, anche se sono in costante comunicazione reciproca.[…]
I leader populisti vogliono parlare direttamente al popolo e per il popolo, perche’ sono come il popolo, senza bisogno di intermediari (in particolar modo i partiti e i mezzi di comunicazione indipendenti). Percio’, anche se il populismo non rinuncia alle elezioni, le usa come una celebrazione della maggioranza e del suo capo, anziche’ come una competizione tra capi e partiti che permette l’accertamento della pluralita’ delle preferenze […]
In una democrazia rappresentativa tradizionale i partiti politici e i mezzi di comunicazione sono corpi intermedi di fondamentale importanza. Sono agenti della diarchia nel senso che permettono all’interno e all’esterno dello stato di comunicare, senza fondersi.
Una democrazia populista, al contrario, cerca di togliere di mezzo questi «ostacoli». Proclama di «democratizzare» il pubblico instaurando una comunicazione perfetta e diretta tra i due poli della diarchia che, a questo punto, sono tutt’uno.
L’obiettivo cui tende la contrapposizione della «gente comune» alla «casta» e’ convincere i cittadini che e’ possibile essere governati per via rappresentativa senza bisogno di una classe politica separata o di un «establishment»

Info:
http://ilrasoiodioccam-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2020/05/08/nadia-urbinati-e-il-populismo/
https://www.vaticannews.va/it/osservatoreromano/news/2020-03/la-verita-vi-prego-sul-populismo.html
https://www.fatamorganaweb.unical.it/index.php/2020/01/27/dal-populismo-al-popolo-democrazia-nadia-urbinati/

Populismo/Barberis

Mauro Barberis – Come internet sta uccidendo la democrazia. Populismo digitale – Chiarelettere (2020)

La sicurezza e’ la prima parola dell’agenda populista e il principale messaggio del populismo digitale.
Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, la crisi economica del 2007-2008 e la crisi migratoria del 2015, i populisti ci hanno abituati ad associare i tre problemi sollevati da questi eventi sotto un’unica etichetta: sicurezza.
Invece si tratta di questioni differenti, rispettivamente di ordine pubblico, economico e umanitario, che questa associazione finisce per trasformare in un’unica ossessione.
L’ossessione securitaria che attraversa l’Occidente, frutto avvelenato della propaganda populista, sfrutta le nostre euristiche, le scorciatoie cognitive che ci permettono di risolvere i problemi pratici […]
E pensare che l’immigrazione sarebbe un semplice problema umanitario se non fosse criminalizzata da vent’anni, tramite l’istituzione di reati come l’immigrazione clandestina.
Con il solito paradosso del proibizionismo: proibite un’attivita’ lecita (alcol, droghe, migrazioni…) e la trasformate in un affare.
Cosi’ e’ successo anche per l’immigrazione: il divieto l’ha trasformata in business per almeno quattro categorie di soggetti. Anzitutto, i gestori dei lager libici cui i governi italiani di centrosinistra hanno appaltato la «prima accoglienza». Poi gli scafisti (smugglers), che traghettano i migranti depredandoli dei loro ultimi beni. Ancora, l’industria dell’accoglienza, con le sue cooperative create ad hoc. Infine, gli stessi politici populisti, pronti a presentarsi come ultima barriera contro l’invasione […]
E’ da quando allo status di residente sono connessi alcuni diritti verso lo Stato – i diritti sociali a sanita’, istruzione, pensioni… – che le migrazioni sono percepite come problema. E questo anche in paesi, come gli Stati Uniti, fondati da migranti e
piu’ aperti verso l’immigrazione, ma molto piu’ ostili a riconoscere diritti sociali.
La spiegazione, qui, e’ semplicemente economico-psicologica: a quanti ricevono sovvenzioni dallo Stato non piace doverle dividere con i nuovi venuti. Chi paga le imposte, a sua volta, non ama che i proventi di queste finiscano a gente mai vista ne’ conosciuta.
Il populismo, in questo, e’ davvero solo una guerra dei penultimi contro gli ultimi, come si dice. Una guerra che pero’, specie in paesi privi di confini naturali, come Israele, Usa e Ungheria, si gioca soprattutto con i simboli: i muri.
Questi, naturalmente, non servono affatto a difendere i confini: basti pensare alla Grande muraglia cinese, visibile dalla Luna ma divenuta presto inutile alla difesa del Celeste Impero.
Anche i muri servono soprattutto all’intrattenimento, cioe’ a distrarre l’eterno fanciullo populista: il popolino.

 

 

Populismo/Urbinati

Nadia Urbinati – Io il popolo. Come il populismo trasforma la democrazia – Il Mulino (2020)

Specialmente a partire dal referendum sulla Brexit nel 2016, alcuni politici e opinionisti hanno adottato questo termine [populismo] per denotare ogni movimento di opposizione: dai nazionalisti xenofobi ai critici delle politiche neoliberali.
Quest’uso trasforma l’aggettivo «populista» in un termine che tiene insieme tutti coloro che non governano e criticano chi governa, con l’esito che i principi sottesi a queste critiche diventano assolutamente irrilevanti.
Un prevedibile effetto collaterale di questo atteggiamento polemico e’ che riduce la politica a una contesa tra populismo e
governabilita’, dove «populismo» designa qualsiasi movimento di opposizione e «governabilita’» la politica democratica o piu’ semplicemente la gestione delle istituzioni.
Il fatto e’ che, quando i movimenti populisti vanno al governo, questo approccio polemico e’ inservibile perche’ non riesce a spiegare come le democrazie costituzionali possano produrre e assorbire maggioranze populiste; e, soprattutto, non ci aiuta a intravedere una risposta efficace e vincente al populismo […]
Dovremmo abbandonare l’atteggiamento polemico e considerare il populismo alla stregua di un processo politico inteso a conquistare il governo.
Suggerisco di vederlo come l’esito di una trasformazione dei tre pilastri sui quali si regge la democrazia moderna – il popolo, il principio di maggioranza e la rappresentanza.
Non condivido quindi la visione diffusa per cui le forze populiste sarebbero prevalentemente votate all’opposizione e incapaci di governare.

Info:
http://ilrasoiodioccam-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2020/05/08/nadia-urbinati-e-il-populismo/
https://www.vaticannews.va/it/osservatoreromano/news/2020-03/la-verita-vi-prego-sul-populismo.html
https://www.fatamorganaweb.unical.it/index.php/2020/01/27/dal-populismo-al-popolo-democrazia-nadia-urbinati/

Populismo/Salmon

Christian Salmon – Fake. Come la politica mondiale ha divorato se stessa – Laterza (2020)

Steve Bannon […] che gioca a fare il “Thomas Cromwell alla corte dei Tudor” quando non si autoproclama “leninista”. Dopo la sua estromissione dalla Casa Bianca, nell’agosto 2017, ha deciso di esportare la sua rivoluzione nazionalista in Europa, a cominciare dall’Italia […]
Con Bannon e Trump si ha il trionfo di Twitter, dell’estetica della “telerealta’” e della strategia dei big data […]
Non si tratta solo di una deregulation dell’informazione, ma anche della disintegrazione di ogni spazio deliberativo inerente a ogni democrazia.
Nello spazio postdemocratico cosi’ come e’ venuto realizzandosi, l’agora’ si e’ svuotata, e le fake news risplendono grazie al web e allo spegnimento delle stelle della democrazia.
Poco tempo prima l’agora’ era costituita da istituzioni come il Parlamento o la stampa, era il luogo delle mediazioni che organizzavano il dibattito, la discussione democratica: luoghi astratti o in muratura, con le loro sedi pubbliche dove si ascoltava, in un determinato ordine, quello che gli uni e gli altri avevano da dire.
L’agora’ istituita, tradizionale, forniva lo spazio dove la discussione potesse svolgersi perche’ emergessero chiaramente un consenso e un dissenso, e in modo che cio’ fosse noto a tutti: delle news condivise.
L’irradiazione delle fake news e’ il segno paradossale dell’estinzione di quelle mediazioni che organizzano la discussione democratica.
Lo splendore postumo del sistema democratico […]
All’accumulazione primitiva del capitalismo industriale si e’ sostituita l’agitazione primitiva del capitalismo finanziario.
Lo stesso e’ avvenuto nell’economia del discorso, dove la volatilita’ degli enunciati prevale sulla loro validita’.
La produzione degli enunciati non intende produrre o condividere nuove conoscenze, ma accelerare la velocita’
degli scambi, intensificare la loro circolazione. Si tratta di creare l’impulso primitivo che inneschera’ una reazione a catena, mettera’ in movimento un’accumulazione di likes o di retweets poi notati e ripresi dalle macchine di Google, creando allora un autentico vortice mediatico simile a un fenomenale aspiratore capace di attirare e inghiottire istantaneamente l’attenzione di migliaia di internauti…
Da qui il successo dei discorsi improntati all’odio, per i quali ci si allarma in nome di non si sa quale morale, ma che hanno a che fare con la razionalita’ dei mercati finanziari e quella delle reti sociali. Queste due razionalita’ sono funzionali alla trasgressione in una sorta di spirale, provocano non empatia ma antipatia, non appartenenza ma divisione, non continuita’ ma rottura…

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2371:christian-salmon-fake-come-la-politica-mondiale-ha-divorato-se-stessa&catid=40:primopiano
https://www.pandorarivista.it/pandora-piu/fake-di-christian-salmon/
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858139653

Populismo/Crouch

Colin Crouch – Identita’ perdute. Globalizzazione e nazionalismo – Laterza (2019)

La partecipazione democratica richiede un equilibrio tra ragione ed emozione.
Quando l’ambito emotivo e’ messo troppo da parte, la politica diventa un esercizio asciutto e tecnocratico, accessibile solo a chi e’ sufficientemente beninformato e interessato a dettagli noiosi.
Quando le emozioni – e soprattutto paura, rabbia e odio – dominano senza alcuna opposizione da parte della ragione, la politica diventa pericolosa, anche sul piano fisico. Il dibattito come scambio significativo di opinioni nel corso del quale le persone potrebbero modificare le proprie posizioni iniziali, o almeno comprendere le idee degli avversari, diventa impossibile.
I sentimenti, senza l’ausilio della ragione, non tollerano alcuna discussione: li si accetta o li si rifiuta.
Cio’ non puo’ essere d’aiuto alla democrazia.
Se in un mondo governato dalla sola ragione sono i tecnocrati a dettar legge, in un mondo guidato dalle emozioni regna chi sa manipolare sentimenti potenti.
Oggi questo puo’ esser fatto con facilita’ maggiore, per via negativa con la xenofobia e per via positiva con il nazionalismo.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/politica/14268-alessandro-visalli-colin-crouch-identita-perdute-globalizzazione-e-nazionalismo.html
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858134061

Popoulismo/Crouch

Colin Crouch – Combattere la postdemocrazia – Laterza (2020)

L’attacco dell’alt-right [destra alternativa] alle elites tradizionali e’ generalmente accompagnato da richiami al potere diretto del popolo e al presunto malcontento popolare contro le istituzioni che cercano di frenare il popolo.
Poiche’ la democrazia diretta non e’ in grado di prendere le decisioni complesse tipiche delle societa’ contemporanee, dietro queste rivendicazioni c’e’ sempre una sorta di gioco delle tre carte.
Non mancano mai i leader che si assumono il compito d’interpretare, o meglio ancora d’impersonare, la volonta’ del popolo […] Un leader carismatico in cui poter riporre totale fiducia, proprio perche’ il loro populismo non accetta il ruolo delle istituzioni intermedie.
Il leader dichiara di rappresentare, anzi impersonare, il popolo: una massa indifferenziata che ha una volonta’ precisa e non lascia spazio alle minoranze.
Chi non condivide la visione del leader e’ un nemico del popolo e non ha alcun diritto di parola. Tutte le istituzioni intermedie che possano ostacolare o alterare la volonta’ del capo –emblema del popolo – sono a loro volta nemiche della democrazia […]
Viktor Orban, in Ungheria, e’ stato il primo leader politico dell’Europa centro-orientale a intuire che il nazionalismo conservatore poteva creare un legame stabile tra i politici e l’opinione di massa, ed e’ stato anche il leader che ha piu’ compiutamente sviluppato l’ideologia del nuovo conservatorismo sociale.
Egli si attribuisce la missione di promuovere una svolta illiberale nei valori pubblici, all’insegna di un cristianesimo conservatore[…]
L’immagine del paese coltivata da Orban e’ quella dell’Ungheria durante l’impero asburgico, smembrato nel 1918: un’immagine che porta con se’ implicite rivendicazioni su territori di paesi vicini in cui vivono forti minoranze ungheresi. Orban ha poi utilizzato questa visione illiberale per giustificare ideologicamente la subordinazione dei tribunali ungheresi al controllo politico. Ha inoltre iniziato a introdurre restrizioni della liberta’ accademica […] Si serve degli appalti pubblici per premiare individui e imprese che sostengono il suo partito e per penalizzare gli oppositori.
L’esempio di Orban e’ stato imitato in Polonia dal partito Diritto e giustizia (PiS), attualmente al governo. Presieduto da Jarosław Kaczynski, il PiS si richiama a valori cattolici conservatori e nazionalisti e attacca l’indipendenza della magistratura.
Un ulteriore casus belli e’ sorto, oltre che in Ungheria e in Polonia, anche in Bulgaria, Repubblica Ceca, Slovacchia e Slovenia, con il tentativo dell’Unione europea di persuadere questi paesi a fare la loro parte nell’accoglienza dei profughi che approdano sulle coste greche e italiane.
L’indisponibilita’ dei paesi dell’Europa centrale ha contribuito, paradossalmente, ad aumentare i consensi dell’alt-right in Italia.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858139882
https://www.arci.it/il-libro-combattere-la-postdemocrazia-di-colin-crouch/
https://www.ilfoglio.it/cultura/2020/02/09/news/postdemocrazia-no-300300/

Populismo/Canfora

Luciano Canfora, Gustavo Zagrebelsky – La maschera democratica dell’oligarchia – Laterza (2015)

Allora, l’idea di fondo del populismo, se prendiamo qualche esempio storico, e’ la seguente: che il popolo – che sta nella parola, come anche nella parola democrazia – esiste, c’e’, e’ importante, ma non e’ soggetto attivo, e’ soggetto reattivo.
In altri termini, le richieste sociali non emergono attraverso libere energie e organizzazioni in progetti politici dal basso, ma e’ chi sta sopra che provoca risposte di consenso, in modo plebiscitario.
Il populismo ha di fronte a se’ un popolo indifferenziato, presuppone cioe’ una societa’ civile incapace di produrre domande, ma capace solo di dare risposte confermative. E il governante si presenta come uno del popolo: io sono uno di voi. Di qui deriva l’aspetto antielitario del populismo, che l’avvicina alla democrazia.
Ma la democrazia non populista e’ un regime che si basa sugli individui, sulla partecipazione degli individui, singoli o associati, che promuovono energie in modo autonomo: che chiedono, e non semplicemente che rispondono.
La differenza è radicale. […]
Mentre la democrazia come noi la concepiamo e’ un meccanismo, per cosi’ dire, «freddo» – numeri, calcoli, maggioranze e minoranze, opposizioni, procedure – , i populismi (se e’ un bene o un male non lo so) sono regimi «caldi», che si alimentano della immedesimazione del capo nella massa, e della massa nel capo.

Info:
http://www.nuovomille.it/cultura-e-societa/la-maschera-democratica-delloligarchia
https://www.gruppolaico.it/2015/09/16/la-maschera-democratica-delloligarchia/
http://tempofertile.blogspot.com/2015/03/luciano-canfora-gustavo-zagrebelsky-la.html