Stato/Barberis

Mauro Barberis – Come internet sta uccidendo la democrazia. Populismo digitale – Chiarelettere (2020)

Lo Stato nazionale, altro mantra della governabilita’, e’ per definizione inefficiente e corrotto: privatizziamo i servizi statali, possibilmente alle imprese multinazionali, ancor piu’ efficienti di quelle interne.
Il risultato del sogno neoliberista, fattosi incubo nel nuovo millennio, e’ che i servizi pubblici non ancora smantellati o resi inservibili oggi si pagano infinitamente di piu’.
Ma qui interessa solo lo svuotamento neoliberista della democrazia, chiamato spesso postdemocrazia dai politologi, ma anche 
«trasformazione dello Stato in un’azienda» dagli imbonitori televisivi.
Uno Stato che fornisce sempre meno servizi e sempre piu’ intrattenimento: la politica stessa, anzi, diviene un dipartimento dello spettacolo.

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Populismo/Barberis

Mauro Barberis – Come internet sta uccidendo la democrazia. Populismo digitale – Chiarelettere (2020)

Il populismo non e’ un’ideologia: leader, partiti e governi populisti usano le ideologie finche’ gli servono e poi le buttano, come fazzoletti di carta.
Il populismo e’ piuttosto uno stile politico: con tutte le ulteriori vaghezze connesse alla nozione di stile.
In assenza di una dottrina o di un’ideologia comune, infatti, fra i vari populismi c’e’ solo «un’aria di famiglia», e in particolare somiglianze comunicative, retoriche, argomentative. I vari populismi, in altri termini, sono accomunati quasi solo dai loro slogan, adottati esclusivamente per l’efficacia propagandistica dimostrata. «America first» in Italia diventa «Prima gli italiani» […]
In conclusione, elenco tre argomentazioni (o argomenti, all’inglese) che innescano il cortocircuito populista fra istituzioni e media […]
Il primo argomento populista, ovviamente, e’ l’appello al popolo, che gioca sull’equivoco fra il senso tecnico di «popolo» (tutti i cittadini) e il senso ordinario (il popolo populista, ossia la massa, il volgo, il popolino).
Per mostrare come funziona questo abracadabra, basta sostituire «popolo» con «popolazione», «gli utenti del web» o, piu’ realisticamente, «l’insieme dei miei follower», e l’incantamento svanisce […]
Il secondo argomento populista, complementare al primo, e’ appunto l’antipluralismo: l’espulsione dal popolo di una sua parte, demonizzata da un lato come «elite», «establishment», «Kasta», dall’altro come «migranti», «parassiti», «zecche». Demonizzazioni che possono anche combinarsi, facendo di elite e migranti parti di uno stesso complotto […]
Il terzo argomento populista e’ la rappresentanza diretta, mix di democrazia diretta degli antichi e democrazia rappresentativa dei moderni.

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Populismo/Barberis

Mauro Barberis – Come internet sta uccidendo la democrazia. Populismo digitale- Chiarelettere (2020)

L’Italia” “si e’ rivelata «la Silicon Valley del populismo», in particolare digitale.
Una ricerca condotta sulle elezioni europee del 2019 mostra che la campagna elettorale si e’ ormai trasferita sul web, in Italia piu’ che altrove.
La stessa ricerca mostra che i partiti italiani, populisti in testa, sorpassano di gran lunga gli altri partiti europei per i post su Facebook. E questo senza considerare le pagine personali dei leader, le piu’ seguite ed efficaci di tutte […]
La Brexit ha mostrato come opera il populismo d’opposizione; Trump, come funziona il populismo di governo. Il governo gialloblu’, nato nel 2018 dal contratto di governo fra M5S e Lega, aggiunge alla serie lo strano spettacolo di due movimenti populisti che si disputano lo stesso popolo, o almeno parti complementari di esso […]
Il multipopulismo, tuttavia, sarebbe un’autentica contraddizione in termini se mai si considerasse il populismo, come fanno molti, un’ideologia debole […]
Ma il populismo, come abbiamo visto, non e’ un’ideologia, neppure debole: e’ uno stile politico, una serie di slogan ottenuti storpiando la tradizione democratica.
E’ la democrazia presa alla lettera, la sovranita’ del popolino, usata per fare opposizione prima, conquistare il potere poi, infine conservarlo.
Non a caso, messa da parte ogni parvenza di ideologia, Lega e M5S si sono divisi non solo le poltrone, come fanno tutti, ma ancor prima i due ruoli principali del gioco democratico: governo e opposizione.
Per un anno, cioe’, i media non hanno fatto altro che parlare delle liti interne al governo, credendo con questo di danneggiarlo. In effetti, si fosse trattato di un governo tradizionale, le liti sarebbero state rovinose, portando presto alle dimissioni.
Non cosi’ nel caso di un governo populista digitale. Qui, invece, i dissidi sono drammatizzati per monopolizzare l’attenzione dei media recitando entrambe le parti in commedia. Un giorno la Lega faceva il governo e il M5S l’opposizione,il giorno dopo si invertivano i ruoli.

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Populismo/Barberis

Mauro Barberis – Come internet sta uccidendo la democrazia. Populismo digitale – Chiarelettere (2020)

Giusto parlare di populismo?
La prima alternativa a «populismo» e’ il buon vecchio «demagogia», termine di origine greca” “significa parlare alla pancia del popolino, ingannandolo sui suoi stessi interessi […]
D’altra parte, resta bizzarro ridurre a semplice demagogia uno stile di governo che accomuna sicuramente lo statunitense Trump, il britannico Boris Johnson, gli italiani Salvini e Luigi Di Maio, e poi forse il russo Vladimir Putin, l’ungherese Viktor Orban, il turco Recep Tayyip Erdogan, l’indiano Narendra Modi, il filippino Rodrigo Duterte, il brasiliano Jair Bolsonaro […]
La seconda alternativa a «populismo» e’ «reazione» […]
I reazionari non sono meri conservatori: sono rivoluzionari, ma nella direzione del passato, non del futuro. Come i rivoluzionari sognano l’avvento della Ragione, cosi’ i reazionari sono nostalgici di una Tradizione spesso inventata, o almeno fortemente idealizzata. Basterebbe questo per capire
come i populismi odierni avanzino si’ slogan reazionari – razzisti, fondamentalisti, fascisti… – ma spesso lo facciano solo strumentalmente […]
La terza alternativa a «populismo» per indicare i fenomeni odierni, la piu’ vicina alle espressioni usate sinora, è «populismi», al plurale, a segnalare che il nome comune puo’ celare differenze abissali. […]
Del resto, ci sono grandi differenze anche fra gli stessi populismi odierni, che possono dividersi almeno in tre classi. I populismi extraoccidentali, guidati da «uomini forti» cui ormai conviene prendere il potere tramite le elezioni piuttosto che con i soliti golpe militari. Le democrazie illiberali fiorite ai margini dell’Occidente, in Europa dell’Est o in Turchia.
Infine, i populismi occidentali, esplosi anche in paesi che, come Regno Unito, Stati Uniti e Francia, hanno inventato la liberaldemocrazia.

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Populismo/Barberis

Mauro Barberis – Come internet sta uccidendo la democrazia. Populismo digitale- Chiarelettere (2020)

Cinque bias [pregiudizi] che viziano la comunicazione.
Il primo bias che vizia la comunicazione, specie politica, e’ il tribalismo: siamo tutti divisi in tribu’ di tifosi, e tendiamo a dire tutto il bene possibile dei «nostri» e tutto il male possibile degli «altri» […]
La seconda distorsione che vizia la comunicazione, rafforzando la prima, e’ chiamata della conferma (e disconferma): tendiamo ad accettare le opinioni che confermano le nostre, prendendo sul serio solo i dati che le sorreggono e trascurando gli altri […]
Il terzo bias e’ detto del conformismo o dell’autorita’ […]
Il conformismo e l’autorita’ della maggioranza, cioe’, cambiano la sua percezione, inducendolo a negare l’evidenza: come avviene, su scala piu’ larga, nei regimi totalitari. […]
La quarta distorsione cognitiva si chiama bias (o euristica) della disponibilita’ (availability): tendiamo a sovrastimare le probabilita’ che ci sono piu’ familiari e a sottostimare quelle che lo sono meno […]
Il quinto bias e’ il gia’ menzionato framing effect, riassumibile cosi’: non contano le informazioni in se’, ma come le si presenta, cioe’ come sono formulate (framed). Lo sanno bene i pubblicitari, i cattivi giornalisti e gli spin doctor: le tre principali categorie di persuasori occulti […]
Questi cinque bias, e le loro strumentalizzazioni digitali, confermano che internet non e’ piu’ solo un mezzo, ossia una tecnologia che, come tutte, si presta a usi buoni o cattivi.
E’ molto di piu’: e’ un ambiente vitale. Specie per i millennial e i nativi digitali, l’esperienza di tutti i giorni non e’ piu’ divisa
fra offline e online, reale e virtuale. La vita e’ ormai onlife: si svolge nell’ambiente vitale dei social. Chi vive li’ perennemente connesso, neppure distingue piu’: il reale gli appare virtuale e il virtuale reale.
I social sono diventati una droga perche’ producono un potenziamento dell’esperienza (enhancement of reality).

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Stato/Barberis

Mauro Barberis – Come internet sta uccidendo la democrazia. Populismo digitale – Chiarelettere (2020)

La democrazia, il governo di tutto il popolo, non solo di quella parte che e’ il popolino populista, e’ un governo nel quale, certo, tutti decidono a maggioranza chi governera’, ma sapendo gia’ che a governare saranno poi politici professionali e non dilettanti allo sbaraglio.
E, soprattutto, e’ il governo continuamente controllato da istituzioni contromaggioritarie […]
Sono contromaggioritari, in questo senso, non solo il potere giudiziario, corti costituzionali comprese, ma tutte le istituzioni oggetto del livore populista: presidente della Repubblica, agenzie indipendenti, organi sovranazionali…
Bisognerebbe spiegare al popolo che sono proprio gli organi contromaggioritari a fare i suoi interessi, non i governi populisti che, come tutti i governi, fanno i propri interessi.
Le istituzioni contromaggioritarie sono contro i governi, non contro il popolo.
Il primo rimedio alla politica populista, di tipo istituzionale o costituzionale, e’ appunto difendere le istituzioni contromaggioritarie distintive della liberaldemocrazia. […]
Nella storia dello Stato moderno si sono accumulate tre progressive limitazioni del potere.
Prima la sovranita’ dei monarchi e la stessa sovranita’ popolare sono state limitate imponendo loro di rispettare la legge (Stato legislativo). Poi, alla stessa legislazione democratica e’ stato imposto di rispettare la Costituzione (Stato costituzionale).
Oggi si tratta di limitare un ulteriore potere, piu’ pervasivo
e sfuggente dei precedenti, che taluno chiama sovranità della rete.
La rete e’ sovrana, oggi, perche’ conferisce legittimita’ e potere, togliendoli agli Stati nazionali.
Gli Stati avevano i monopoli di tre beni: forza, moneta e comunicazioni. Ma le comunicazioni sono ormai passate alla rete, almeno da quando il governo americano ha regalato quest’ultima ai giganti del web. La moneta potrebbe farlo a sua volta se andasse in porto il progetto Libra, la valuta digitale di Facebook.
Manca solo il monopolio della forza, ma il populismo digitale sta provvedendo anche a questo.

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Stato/Barberis

Mauro Barberis – Come internet sta uccidendo la democrazia. Populismo digitale – Chiarelettere (2020)

Il XX secolo forse non ha cambiato il concetto di democrazia […]
Ma le istituzioni democratiche – non solo il Parlamento, la tutela dei diritti fondamentali e la separazione dei poteri, ma anche i partiti, la stampa, i media… –, quelle si’ sono profondamente cambiate e funzionano in modo del tutto diverso da quelle sette-ottocentesche.
Ci si e’ accorti del mutamento solo dopo che il populismo era ormai esploso, attribuendo il fenomeno a cause contingenti come globalizzazione, crisi economiche, migrazioni, risentimento, rivoluzione digitale. In realtà c’e’ una causa politico-istituzionale del populismo che viene da molto piu’ lontano e coincide appunto con i mutamenti che hanno interessato la democrazia parlamentare […]
Il primo mutamento, tanto consolidato da passare ormai inavvertito, e’ la concentrazione dei poteri nell’esecutivo. E si badi che non si parla delle democrazie illiberali, ma proprio delle democrazie liberali.
Intanto, gli studiosi si occupano prevalentemente dei due poteri normativi, legislativo e giudiziario, e ignorano non tanto l’esecutivo quanto l’amministrazione: l’unico potere statale che dura anche quando cambiano maggioranze e governi, e senza il quale gli altri poteri non potrebbero funzionare.
Poi, e di conseguenza, non si riflette mai abbastanza sulle conseguenze prodotte, sulle istituzioni democratiche stesse, da due guerre mondiali, una guerra fredda, apparentemente chiusa dalla caduta del Muro di Berlino (1989), e un numero imprecisato di guerre asimmetriche, dalla Corea al Vietnam, dall’Afghanistan all’Iraq, spesso mascherate da interventi umanitari, esportazioni della democrazia o guerra al terrore. Tutti conflitti non dichiarati dai parlamenti, e gestiti direttamente dagli esecutivi.
Tutte queste guerre, scatenate nonostante il, o forse addirittura grazie al, principio del rifiuto della guerra come soluzione dei conflitti internazionali, hanno comportato uno spostamento enorme di poteri dal legislativo all’esecutivo, e da questo all’amministrazione […]
Si governa per decreti governativi, e l’ultima parola non tocca affatto ai giudici, come qualcuno crede, ma all’amministrazione […]
Il secondo mutamento che ha interessato le istituzioni democratiche e’ chiamato costituzionalizzazione ma dovrebbe chiamarsi anche internazionalizzazione della democrazia […]
Si tratta della democrazia, detta appunto costituzionale, in cui il potere statale incontra limiti sia interni (costituzioni rigide, corti costituzionali, interpretazione costituzionale) sia esterni (trattati internazionali, corti internazionali).
La democrazia costituzionale, impostasi in Occidente con la giurisprudenza delle grandi corti costituzionali e internazionali, si era estesa ai paesi dell’Est dopo la caduta del Muro di Berlino […]
Infine, c’è un terzo mutamento istituzionale da registrare, molto differente dai precedenti: lo svuotamento neoliberista della democrazia.
Si comincia a parlare di crisi della democrazia nel 1975: gli Stati nazionali, si dice, non sono piu’ in grado di assicurare la «governabilita’», ossia di adempiere le promesse fatte negli anni del boom economico.
«Governabilita’», governance (governo pubblico- privato) e sovranita’ del consumatore (decide chi compra) sono poi divenuti i mantra del neoliberismo, di destra e di sinistra.

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Populismo/Barberis

Mauro Barberis – Come internet sta uccidendo la democrazia. Populismo digitale

Il primo aspetto del populismo spiegato […] e’ la (pretesa) disintermediazione […] dei piu’ tradizionali mediatori politici: non solo quelli formalmente incaricati di mediare fra il popolo e il governo (politici, partiti, sindacati…), ma anche i mediatori informali (preti, notabili, giornalisti, esperti, giuristi, professori…) […]
Naturalmente e’ solo un’illusione.
Chi parla di disintermediazione, in effetti, si mette dal punto di vista dell’elettore illuso: […] la pretesa disintermediazione si rivela una sorta di reintermediazione: internet, i social, gli smartphone prendono il posto di parlamentari, opinion makers e parroci. […]
Chi sono i nuovi mediatori occulti?
Presto detto: leader, spin doctor e staff comunicativi, o addirittura algoritmi automatici usati da centinaia di siti anonimi, creati apposta per manipolare gli elettori […]
Il secondo aspetto della politica populista […] e’ la frammentazione o polarizzazione tipica della democrazia populista.
La frammentazione consiste nel fatto che attorno a ogni utente dei social si addensano sciami di informazioni personalizzate, tarate da algoritmi automatici sui big data di ognuno […] La frammentazione riguarda ogni singolo utente: contro il quale si ritorce, beffardamente, la sovranita’ attribuita ai consumatori dai neoliberisti californiani. Ogni nostro gusto, vizio o ossessione viene accettato dal web, che ci induce a soddisfarlo purche’ renda.
La polarizzazione, invece, riguarda comunita’ di utenti i quali – proprio come fa il singolo con le proprie ossessioni – tendono a rinchiudersi, ognuno nella sua bolla o camera dell’eco, formando tribu’ digitali in guerra fra loro […] Gruppi politici, religiosi ed etnici che avevano convissuto felicemente per secoli oggi si guardano in cagnesco, agitati da risentimenti indotti, piu’ che spontanei. L’idea stessa del rispetto dell’altro – il multiculturalismo –e’ sospettata di nascondere un progetto di sostituzione etnica.
Il terzo e sinora piu’ trascurato aspetto del populismo spiegato da Homo mediaticus e’ quanto propongo di chiamare contendibilita’ del potere.
Il digitale rende il potere delle elite tradizionali contendibile da parte di outsider […]
Contendibilita’ del potere da parte di persone che, in altre epoche, non sarebbero mai riuscite ad attraversare i ponti: attori di serie B, conduttori televisivi, comici, tutti votati da masse di follower non benche’ siano privi di preparazione politica, ma proprio per questo. Cio’ alimenta la spirale di antipolitica o depoliticizzazione: chi vorra’ mai sporcarsi le mani con questa politica demente?
Eppure la campagna elettorale permanente, la politicizzazione di ogni evento di cronaca, la polarizzazione dell’opinione pubblica e la conseguente instabilita’ dei governi hanno almeno un lato positivo. Gli stessi governi populisti non sono eterni: basta una foto compromettente, una frequentazione imbarazzante, un tweet piu’ demenziale degli altri e – almeno in Occidente, e finche’ la democrazia funziona ancora – anche loro cadono. Per fortuna, anche il potere populista e’ contendibile […]
Cosi’ i governi populisti non fingono neppure piu’ di governare e si dedicano apertamente all’intrattenimento: non fanno altro che leggi manifesto al fine di vincere le elezioni successive.
Intanto, un altro potere, stavolta con la minuscola, prende il loro posto. E’ il potere amministrativo: le burocrazie ministeriali, gli apparati di sicurezza, i corpi separati dello Stato. Finche’ il Potere governava, non ci si accorgeva quasi della loro esistenza, mentre da quando ha smesso abbiamo capito che governavano loro anche prima. Peggio ancora, l’amministrazione viene sostituita a sua volta dagli algoritmi usati per automatizzarne le procedure, e noi viaggiatori ci accorgiamo con orrore che la cabina di pilotaggio e’ vuota.

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https://www.ilmanifestobologna.it/wp/2020/01/perche-il-populismo-digitale-minaccia-la-democrazia/

Populismo/Barberis

Mauro Barberis – Come internet sta uccidendo la democrazia. Populismo digitale – Chiarelettere (2020)

La sicurezza e’ la prima parola dell’agenda populista e il principale messaggio del populismo digitale.
Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, la crisi economica del 2007-2008 e la crisi migratoria del 2015, i populisti ci hanno abituati ad associare i tre problemi sollevati da questi eventi sotto un’unica etichetta: sicurezza.
Invece si tratta di questioni differenti, rispettivamente di ordine pubblico, economico e umanitario, che questa associazione finisce per trasformare in un’unica ossessione.
L’ossessione securitaria che attraversa l’Occidente, frutto avvelenato della propaganda populista, sfrutta le nostre euristiche, le scorciatoie cognitive che ci permettono di risolvere i problemi pratici […]
E pensare che l’immigrazione sarebbe un semplice problema umanitario se non fosse criminalizzata da vent’anni, tramite l’istituzione di reati come l’immigrazione clandestina.
Con il solito paradosso del proibizionismo: proibite un’attivita’ lecita (alcol, droghe, migrazioni…) e la trasformate in un affare.
Cosi’ e’ successo anche per l’immigrazione: il divieto l’ha trasformata in business per almeno quattro categorie di soggetti. Anzitutto, i gestori dei lager libici cui i governi italiani di centrosinistra hanno appaltato la «prima accoglienza». Poi gli scafisti (smugglers), che traghettano i migranti depredandoli dei loro ultimi beni. Ancora, l’industria dell’accoglienza, con le sue cooperative create ad hoc. Infine, gli stessi politici populisti, pronti a presentarsi come ultima barriera contro l’invasione […]
E’ da quando allo status di residente sono connessi alcuni diritti verso lo Stato – i diritti sociali a sanita’, istruzione, pensioni… – che le migrazioni sono percepite come problema. E questo anche in paesi, come gli Stati Uniti, fondati da migranti e
piu’ aperti verso l’immigrazione, ma molto piu’ ostili a riconoscere diritti sociali.
La spiegazione, qui, e’ semplicemente economico-psicologica: a quanti ricevono sovvenzioni dallo Stato non piace doverle dividere con i nuovi venuti. Chi paga le imposte, a sua volta, non ama che i proventi di queste finiscano a gente mai vista ne’ conosciuta.
Il populismo, in questo, e’ davvero solo una guerra dei penultimi contro gli ultimi, come si dice. Una guerra che pero’, specie in paesi privi di confini naturali, come Israele, Usa e Ungheria, si gioca soprattutto con i simboli: i muri.
Questi, naturalmente, non servono affatto a difendere i confini: basti pensare alla Grande muraglia cinese, visibile dalla Luna ma divenuta presto inutile alla difesa del Celeste Impero.
Anche i muri servono soprattutto all’intrattenimento, cioe’ a distrarre l’eterno fanciullo populista: il popolino.