Populismo/Ardeni

Pier Giorgio Ardeni – Le radici del populismo. Disuguaglianze e consenso elettorale in Italia – Laterza (2020)

Molti degli studi e delle analisi sul populismo hanno finito per tratteggiarne i caratteri solo per imputargli l’attacco alla democrazia liberale.
Ma, se la democrazia e’ in crisi, non e’ a causa del populismo: affermare questo significa, in definitiva, oscurare le profonde ragioni economiche, sociali e politiche che hanno portato a mettere in discussione le forme stesse della partecipazione democratica […]
Cosa spinge i populismi?
Per rispondere a questa domanda, studiosi e ricercatori hanno adottato un approccio che guarda, per cosi’ dire, ai due lati della questione: il “lato dell’offerta”, ovvero l’offerta politica, cio’ che i partiti hanno proposto, come si sono posti, su quali messaggi e contenuti hanno fatto leva; e il “lato della domanda”, cioe’ cosa l’opinione pubblica e i cittadini sono venuti chiedendo, quali domande hanno espresso […]
Dal lato dell’offerta, studiosi e commentatori hanno recentemente dedicato la loro attenzione a questioni come le difficolta’ attraversate dalla democrazia, la scomparsa dei partiti politici, il declino dei tradizionali partiti di sinistra e socialdemocratici, l’indebolimento dello Stato sociale a seguito della crisi economica del 2008 e gli effetti delle politiche di risanamento del bilancio adottate dai partiti tradizionali […]
I populismi, secondo questi studi, sono il risultato della crisi della democrazia rappresentativa, dovuta alla scomparsa dei partiti politici tradizionali, particolarmente quelli di sinistra, alla caduta della partecipazione politica e a politiche sociali ed economiche rigoriste: tutti fattori che avrebbero alimentato un’offerta politica che ha potuto sostituirsi ai precedenti partiti di riferimento venuti meno.
Dal lato della domanda, le spiegazioni possono essere sostanzialmente ricondotte a due categorie: la prima e’ quella dell’insicurezza economica, che enfatizza le conseguenze dei profondi cambiamenti verificatisi negli ultimi decenni, derivanti dalla globalizzazione e dal progresso tecnologico che trasforma la forza lavoro e la societa’ nelle economie post-industriali (con esternalizzazione, aumento concorrenza dei paesi a basso salario, automazione) ma anche dalla crisi economica, dall’aumento della disoccupazione e dalla diminuzione del reddito; l’altra e’ la teoria della reazione culturale […] cioe’ una reazione contro valori progressisti, come il cosmopolitismo e il multiculturalismo, e lo spostamento verso valori “reazionari”, come quelli identitari e nazionalisti.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858141779
https://www.letture.org/le-radici-del-populismo-disuguaglianze-e-consenso-elettorale-in-italia-pier-giorgio-ardeni

Stato/Kelton

Stephanie Kelton – Il mito del deficit. La Teoria Monetaria Moderna per un’economia al servizio del popolo – Fazi (2020)

[Le tasse] sono importanti da altri punti di vista. Come osserva il Rapporto mondiale sulla disuguaglianza, «la traiettoria della disuguaglianza di reddito osservata negli Stati Uniti» e’ parzialmente spiegata da un «sistema fiscale diventato sempre meno progressivo».
Le tasse possono quindi essere utilizzate per tenere a freno le accumulazioni astronomiche di ricchezza.
Si tratta di un elemento cruciale proprio perche’ i ricchi utilizzano il loro denaro per acquisire potere e influenza sul processo politico: hanno manipolato il sistema fiscale a loro favore; hanno riscritto le leggi sul lavoro, gli accordi commerciali, le regole che disciplinano i brevetti e i diritti d’autore, e molto altro; hanno riformato la politica pubblica per servire i loro interessi economici.
Questo e’ il motivo per cui cosi’ tante delle nostre aziende pagano enormi somme di denaro agli azionisti e ai vertici aziendali, somme piu’ piccole alla classe superiore ben istruita e una miseria a tutti gli altri […]
E’ per questo che il nostro Stato sociale, il sistema sanitario e il sistema pensionistico sono tutti allo sfascio, e che non facciamo nulla per risolvere la crisi climatica.
I profitti e il potere che le elite ricche possono acquisire nel non affrontare questi problemi sono maggiori dei profitti e del potere che trarrebbero nell’affrontarli.

Info:
http://osservatorioglobalizzazione.it/recensioni/il-mito-del-deficit-kelton/
https://www.lafionda.org/2020/09/27/il-mito-del-deficit/
https://fazieditore.it/catalogo-libri/il-mito-del-deficit/
https://sinistrainrete.info/articoli-brevi/19308-brian-cepparulo-il-mito-del-deficit-stephanie-kelton-e-la-nuova-frontiera-della-mmt.html

Stato/Judt

Tony Judt – Quando i fatti (ci) cambiano – Laterza (2020)

Finche’ l’obiettivo primario dei socialdemocratici era convincere gli elettori che rappresentavano una scelta radicale rispettabile all’interno della societa’ liberale, questa posizione difensiva aveva senso. Oggi pero’ quella retorica e’ incoerente.
Non e’ un caso che Angela Merkel, democratico-cristiana, possa vincere le elezioni in Germania contro i rivali socialdemocratici – persino all’apice di una crisi finanziaria – con un insieme di politiche che ricalca, in tutti i suoi elementi essenziali, il loro stesso programma […]
Il problema non e’ nelle politiche socialdemocratiche, ma nel linguaggio in cui sono formulate.
Da quando la sfida autoritaria da sinistra e’ venuta meno, dare risalto alla «democrazia» e’ quasi sempre superfluo. Oggi siamo tutti democratici.
Ma «sociale» ha ancora un significato, oggi forse piu’ di qualche decennio fa, quando il ruolo del settore pubblico era inconfutabilmente riconosciuto da tutte le parti. Che cosa c’e’ di particolare, dunque, riguardo alla sfera «sociale», nell’approccio socialdemocratico? […]
Il futuro prossimo sara’ caratterizzato da insicurezza economica e incertezza culturale.
Di sicuro la fiducia che riponiamo nei nostri fini collettivi, nel nostro benessere ambientale o nella nostra sicurezza personale non e’ mai stata cosi’ bassa dalla fine della seconda guerra mondiale.
Non abbiamo idea del tipo di mondo che lasceremo in eredita’ ai nostri figli, ma non possiamo piu’ cullarci nell’illusione che assomigliera’ al nostro in maniera rassicurante. Dobbiamo riconsiderare le soluzioni adottate dalla generazione dei nostri nonni in risposta a sfide e minacce analoghe.
La socialdemocrazia in Europa, il New Deal e la Great Society negli Stati Uniti erano risposte esplicite alle insicurezze e alle sperequazioni dell’epoca.
Pochi in Occidente sono abbastanza vecchi per ricordare cosa significa vedere il proprio mondo crollare. Per noi e’ difficile concepire un collasso completo delle istituzioni liberali, la dissoluzione totale del consenso democratico.
Ma fu proprio un simile sfacelo a provocare il dibattito fra Keynes e Hayek, dal quale nacquero il consenso keynesiano e il compromesso socialdemocratico: il consenso e il compromesso in cui siamo cresciuti e il cui fascino è stato appannato dal loro stesso successo.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858126479
https://ilmanifesto.it/tony-judt-e-la-responsabilita-della-storia/

Europa/Canfora

Luciano Canfora, Gustavo Zagrebelsky – La maschera democratica dell’oligarchia – Laterza (2015)

L’Europa e’ uno spazio che ha una sua tradizione costituzionale: i diritti europei non sono gli stessi che si trovano al di la’ dell’Oceano Atlantico e tanto meno nei paesi dell’Est.
Noi abbiamo una tradizione di civilta’ che finiremo col perdere, se continueremo a pensare che le cose possono andare per conto loro.
Uno degli elementi della nostra civilta’ e’ lo Stato sociale, realizzato nel tempo grazie alle lotte operaie e sindacali, che non solo hanno creato istituzioni pubbliche del benessere, ma hanno alimentato una vera e propria tradizione culturale.
Quello che sta accadendo e’ lo smantellamento, in nome di un liberismo illimitato e di un individualismo della convenienza, proprio di queste basi tradizionali dell’Europa.
Se perdiamo questo, per quale ragione dovremmo fare un’unita’ politica? Che senso avrebbe?
L’Europa ha senso se mantiene ferme le ragioni storiche
delle sue differenze e le offre nel contesto internazionale come un contributo originale.

Info:
http://www.nuovomille.it/cultura-e-societa/la-maschera-democratica-delloligarchia
https://www.gruppolaico.it/2015/09/16/la-maschera-democratica-delloligarchia/
http://tempofertile.blogspot.com/2015/03/luciano-canfora-gustavo-zagrebelsky-la.html

Europa/Gallino

Luciano Gallino – L’attacco allo stato sociale. Lo smantellamento del welfare nell’Unione Europea- Einaudi (2013)

L’Unione Europea e’ un progetto politico, economico, sociale, culturale che presenta elementi unici al mondo.
Uno di questi elementi, forse quello che potrebbe avere la maggior forza unificante per i cittadini Ue, e’ a mio avviso il modello sociale che si ritrova nella Ue e, in tutto il mondo, solamente in essa […]
L’espressione modello sociale europeo suona un po’ astratta, ma e’ ricca di significati concreti. Essa designa un’invenzione politica senza precedenti, forse la piu’ importante del xx secolo.
Essa significa che la societa’ intera si assume la responsabilita’ di produrre sicurezza economica e sociale per ciascun singolo individuo, quale che sia la sua posizione sociale e i mezzi che possiede.
Produrre sicurezza economica richiede la costruzione di sistemi di protezione sociale avendo in vista una serie di eventi che possono sconvolgere in qualsiasi momento la vita di ciascuno.
Sono la malattia, l’incidente, la disoccupazione, la poverta’, la vecchiaia […]
Sin dagli anni Novanta del secolo scorso si parlava di almeno tre modelli differenti: il tipo socialdemocratico o nordico o scandinavo; il tipo liberale o anglosassone; il tipo socialconservatore o continentale.
Piu’ tardi i modelli individuati diventarono almeno quattro, con l’aggiunta ai precedenti del tipo mediterraneo […]
Appare pertanto arduo comprendere come si possa individuare nella eccessiva generosita’ dello stato sociale il fattore che rende non solo indispensabile, ma altresi’ urgente, una sua marcata riduzione, a causa del peso insostenibile che e'[…] giunto a far gravare sui bilanci pubblici.
Una lettura piu’ realistica della crisi porterebbe piuttosto a dire che, essendo i bilanci pubblici stremati dal menzionato sostegno al sistema finanziario, in presenza di una crisi che appare tutt’altro che risolta, gli stati sono costretti,volenti o nolenti, a ridurre la spesa della voce piu’ importante del
loro bilancio – la spesa sociale.

Info:
https://www.amazon.it/Lattacco-allo-stato-sociale-smantellamento-ebook/product-reviews/B00BUE9NRG

Capitalismo/De Benoist

Alain De Benoist – Populismo. La fine della destra e della sinistra – Arianna (2017)

La fine della seconda guerra mondiale segna il grande ritorno della democrazia liberale.
In un primo momento, tuttavia, per evitare di ricadere nelle derive precedenti allo scatenarsi del conflitto, questa democrazia liberale indossera’ gli abiti nuovi dello Stato sociale.
Nel contesto del fordismo trionfante, si mettera’ in effetti in piedi un regime misto, che associ il classico Stato di diritto con elementi di essenza piu’ democratica, ma in cui la democrazia sia percepita anzitutto come “democrazia sociale”[…]
Adozione di tutta una serie di riforme sociali tendenti a proteggere gli individui dalla malattia, dalla disoccupazione, dalla vecchiaia o dall’indigenza; infine, realizzazione di un apparato di regolazione e previsione in grado di porre rimedio all’anarchia provocata dal libero sviluppo degli scambi sui mercati.
Questo sistema funzionera’ pressoche’ normalmente sino alla fine del “Glorioso trentennio”, ossia sino alla meta’ degli anni Settanta.
A partire dal periodo 1975-1980 appaiono nuove tendenze che ricreano le condizioni della crisi, ma di una crisi differente.
La democrazia sociale, concepita come una societa’ assicurativa o un’organizzazione di beneficenza, comincia a perdere colpi e il liberalismo puro riprende il sopravvento […]
Il capitalismo si libera a poco a poco di tutti gli ostacoli che ancora lo intralciavano; processo che culminera’ nella globalizzazione che subentrera’ alla disgregazione del sistema sovietico.
L’ideologia dei diritti dell’uomo, a lungo relegata in un ruolo simbolico o decorativo riservato alle venerabili astrazioni di un’altra epoca, si afferma a poco a poco come la religione dei tempi nuovi e, contemporaneamente, come cultura dei buoni sentimenti.
Lo Stato-nazione, nello stesso tempo, si rivela sempre piu’ impotente a fronteggiare delle sfide divenute planetarie e perde progressivamente tutti i suoi “valori di maesta’”, mentre si assi ste, in tutti i campi, a un massiccio rilancio del processo di individualizzazione, che si manifesta attraverso la scomparsa di fatto di tutti i grandi progetti collettivi fondatori di un “noi”. Mentre in passato «si parlava solo di masse e di classi, e l’individuo era colto attraverso il suo gruppo, la societa’ di massa e’ stata sovvertita dall’interno da un individualismo di massa, che stacca l’individuo dalle sue appartenenze […]
Per comprendere questa evoluzione, bisogna capire bene cosa distingue la democrazia antica dalla democrazia moderna.
La prima, gia’ ispirata all’idea di un’auto-costituzione delle comunita’ umane, puo’ essere definita come la messa in forma politica dei mezzi dell’autonomia tramite la partecipazione dei cittadini agli affari pubblici.
La democrazia moderna e’ invece intrinsecamente legata alla modernita’, ma lo e’ attraverso il liberalismo, che tende a snaturarla.
La causa profonda della crisi e’ la lega contro natura della democrazia con il liberalismo.

Info:
https://www.anobii.com/books/Populismo/9788865881897/01e2818c0646349dc7
http://www.opinione.it/cultura/2017/09/13/teodoro-klitsche-de-la-grande_de-benoist-populismo/