Societa’/Shafik

Minouche Shafik – Quello che ci unisce – Mondadori (2021)

Le obiezioni a un’imposta sulle emissioni di CO2 sono che va ad appesantire l’onere fiscale e che potrebbe ripercuotersi negativamente sulle persone povere.
I gilets jaunes hanno paralizzato la Francia per protestare contro l’introduzione di imposte piu’ elevate sul carburante diesel. Non erano infuriati per le misure volte a contrastare i cambiamenti climatici, ma per chi avrebbe pagato i costi dell’adeguamento a un futuro a basse emissioni.
Tuttavia e’ possibile istituire un’imposta sulle emissioni di CO2 che non appesantisca l’onere fiscale e non vada a scapito dei poveri.
Come funzionerebbe un regime di questo tipo?
Innanzitutto, l’aliquota sarebbe fissata a un livello basso e poi aumentata gradualmente in modo da consentire a tutti di adeguarsi. In secondo luogo, il gettito di tale imposta sarebbe restituito ai cittadini, in denaro contante oppure riducendo altre imposte. Se fosse restituito il 100 per cento del gettito, l’imposta lascerebbe le entrate dello Stato invariate, ma avrebbe comunque un grosso impatto in termini di riduzione delle emissioni; se fosse restituito meno del 100 per cento, l’imposta genererebbe introiti per lo Stato […]
Per i paesi che hanno bisogno di incrementare le entrate pubbliche e che, quindi, sceglierebbero di non rimborsare l’intero gettito, l’imposta potrebbe generare considerevoli risorse da destinare al finanziamento del contratto sociale. Per esempio, secondo una stima, un’imposta sulla CO2 di 115 dollari a tonnellata negli Stati Uniti genererebbe un gettito considerevole, pari al 3 per cento del reddito nazionale.

Info:
https://www.avvenire.it/economiacivile/pagine/shafik-diseguaglianze-e-parita-di-genere
https://www.libreriavolare.it/recensioni-libri/saggistica/quello-che-ci-unisce-e-il-mercato-non-basta/

Green New Deal/Hickel

Jason Hickel – The divide. Guida per risolvere la disuguaglianza globale – il Saggiatore (2018)

La distribuzione delle emissioni, com’e’ noto, sta cambiando.
Nel 2005 i paesi in via di sviluppo, nel loro insieme, avevano raggiunto i paesi ricchi in termini di emissioni di anidride carbonica: una variazione quasi interamente imputabile alla Cina, data la sua forte dipendenza dal carbone. Di recente la Cina ha sorpassato gli Stati Uniti ed e’ diventata il piu’ grande inquinatore del pianeta. E il Brasile, l’Indonesia e l’India hanno ormai superato la Germania e il Regno Unito.
Questa evoluzione ha a che fare in buona parte con il fatto che la globalizzazione ha spostato la produzione nei paesi in via di sviluppo, soprattutto in Cina, esternalizzando in sostanza la responsabilita’ dell’inquinamento.
Ciononostante, una volta corretto per le dimensioni demografiche, il quadro si presenta molto diverso. Gli Stati Uniti restano i maggiori inquinatori, con emissioni di CO2 pro capite triple rispetto a quelle cinesi. La Germania produce quasi il doppio delle emissioni cinesi, in termini pro capite. L’India, dal canto suo, si mantiene notevolmente al di sotto della media mondiale: ogni indiano e’ responsabile di appena 1,4 tonnellate di emissioni, mentre la media mondiale e’ superiore a 4,5 tonnellate pro capite. Gli africani emettono solo 0,9 tonnellate ciascuno.
Eppure i costi dei cambiamenti climatici graveranno soprattutto sull’Africa e sull’India, incidendo sul Pil delle due regioni rispettivamente nella misura del 4 e del 5 per cento.

Info:
https://www.ibs.it/the-divide-guida-per-risolvere-libro-jason-hickel/e/9788842824961/recensioni
https://www.culturamente.it/libri/politica-economica-jason-hickel/
https://www.ilsaggiatore.com/libro/the-divide/

Economia di mercato/Danovaro

Roberto Danovaro, Mauro Gallegati – Condominio Terra. Natura, economia, societa’ come se futuro e benessere contassero davvero – Giunti (2019)

Nella teoria dominante in economia, la natura riveste tutt’al piu’ il ruolo di un soggetto passivo coinvolto in un’esternalita’, definita come l’effetto di un’attivita’ economica su un soggetto non impegnato nell’attivita’ medesima.
Per semplificare, se si produce un danno all’ambiente, viene generata un’esternalita’ negativa per la zona dell’insediamento e per l’ambiente (e quindi anche per gli esseri umani che ne fanno parte). Un’esternalita’ e’ fonte di un costo collettivo che per definizione non e’ incorporato nel costo di produzione dell’impresa e che quindi sfugge alla determinazione del prezzo di mercato. Si tratta di un tipico fallimento del mercato, che, da solo, non puo’ correggere gli effetti dell’esternalita’.
Una tassa ad hoc, come la carbon tax per le emissioni di CO2, puo’ alleviare tale distorsione, purche’ venga effettivamente utilizzata per mitigare i cambiamenti climatici e contrastare gli effetti di tali cambiamenti sugli ecosistemi naturali e sull’uomo.
Quando il mercato fallisce nella capacita’ di autoregolarsi, l’intervento di un agente esterno – per esempio un’autorita’ pubblica che impone tasse ambientali – puo’ essere migliorativo. In questo modo l’agente pubblico trasforma l’esternalita’ in un onere per chi la causa, forzando l’impresa a tenerne conto nelle sue decisioni future.
Tutto cio’ presuppone che sia possibile monetizzare i danni ambientali, ma questi possono essere molto diversi ed estremamente difficili da valutare. […] Credere di poter attribuire un prezzo a tutto e’ estremamente limitativo, perche’ non si possono valutare in termini economici salute e benessere.

Info:
https://sbilanciamoci.info/condominio-terra/

GreenNewDeal/Rifkin

Jeremy Rifkin – Un Green New Deal globale – Mondadori (2019)

La maggior parte della gente rimarrebbe probabilmente scioccata se scoprisse che […] il bestiame e’ responsabile di gran parte delle emissioni agricole di gas serra dovute all’attivita’ umana.
Il bestiame, in primo luogo i bovini, pascola sul 26 per cento della terra libera dai ghiacci del nostro pianeta.
Attualmente vi sono sulla Terra circa 1,4 miliardi di mucche, che emettono una gran quantita’ di metano, un gas serra il cui potenziale di riscaldamento globale e’ 25 volte quello del biossido di carbonio (CO2).
Le mucche rilasciano inoltre con le feci ossido di azoto, il cui potenziale di riscaldamento globale e’ 296 volte maggiore di quello del CO2 […]
Rispetto alla produzione di comuni fonti proteiche vegetali, «la carne bovina e di altri ruminanti … richiede, per unita’ di proteine consumate, oltre venti volte piu’ terra e causa l’emissione di oltre venti volte piu’ gas serra dei legumi», il che rende la produzione intensiva di bovini e la relativa zootecnia incredibilmente inefficienti.
C’e’ poi un’altra triste realta’: la causa principale della deforestazione in molti paesi del mondo e’ la creazione di pascoli per il bestiame, il che significa un numero molto minore di alberi in grado di assorbire le emissioni di gas serra

Info:
https://www.vita.it/it/article/2019/10/15/jeremy-rifkin-un-green-new-deal-globale-per-dare-forza-alleconomia-soc/152979/
https://www.piegodilibri.it/recensioni/un-green-new-deal-globale-jeremy-rifkin/
https://www.techeconomy2030.it/2020/04/24/3-lezioni-dal-libro-di-jeremy-rifkin-un-green-new-deal-globale/

GreenNewDeal/Boitani

Andrea Boitani – L’illusione liberista. Critica all’ideologia di mercato – Laterza (2021)

Scomponendo la crescita mondiale per Paesi, al fine di vedere quali contribuiscano di piu’ all’aumento delle emissioni se guardiamo ai valori pro capite e «se addebitiamo le emissioni al luogo in cui avviene il consumo, allora i nordamericani consumano 22,5 tonnellate di CO2 [e altri gas serra] l’anno pro capite, gli europei occidentali 13,1, i cinesi 6 e gli abitanti del subcontinente indiano solo 2» […]
C’e’ poi una forte disuguaglianza anche nelle emissioni per fasce di reddito: «Il 10% della popolazione mondiale (i maggiori inquinatori) contribuisce grosso modo al 50% delle emissioni di anidride carbonica, mentre il 50% che inquina meno contribuisce a poco piu’ del 10%» […]
Ma quali sono i settori economici che piu’ contribuiscono alle emissioni climalteranti?
Non sorprende che i settori energivori dell’industria, dei trasporti e della climatizzazione residenziale e commerciale contribuiscano per oltre il 73% alle emissioni totali a livello mondiale. Il contributo dei trasporti e’ complessivamente il 16,2 (che sale al 22% se si guarda alla sola CO2). Nella stessa misura pesano il riscaldamento (17,5), l’agricoltura e l’allevamento (18,4). Molto meno i processi industriali legati alla petrolchimica e al cemento (5,2) e i rifiuti (3,2). Interessante che la filiera del cibo, compresa la trasformazione, il confezionamento e il trasporto contribuisca per il 25% circa.
Queste informazioni sono importanti perche’ ci dicono dove dovremmo/potremmo mettere le mani prioritariamente per ridurre le emissioni

Info:
https://sinistrainrete.info/articoli-brevi/21400-andrea-boitani-l-illusione-liberista.html
https://www.genteeterritorio.it/lillusione-liberista/
https://www.lavoce.info/archives/91181/l-illusione-liberista/
https://www.soloriformisti.it/quel-diavolo-del-liberismo/
https://www.eticaeconomia.it/lillusione-liberista/