Societa’/Lazzarato

Maurizio Lazzarato – La fabbrica dell’uomo indebitato. Saggio sulla condizione neoliberista – Derive Approdi (2012)

L’economia «reale» e la «speculazione» finanziaria sono indivisibili.
Mentre l’economia «reale» impoverisce i governati in quanto «salariati» (blocco dei salari, precarieta’ ecc.) e in quanto detentori di diritti sociali (riduzione dei sostegni al reddito, diminuzione dei servizi pubblici, dei sussidi di disoccupazione, delle borse di studio per gli studenti, ecc.), la finanza promette di arricchirli con il credito e l’azionariato.
Nessun aumento di salari diretti e indiretti (pensioni), ma crediti al consumo e spinta alla rendita finanziaria (fondi pensione, assicurazioni private); nessun diritto all’alloggio, ma prestiti immobiliari; nessun diritto alla scolarizzazione, ma prestiti per pagare gli studi; nessuna garanzia sociale contro i rischi (disoccupazione, sanità, pensione), ma investimenti nelle assicurazioni individuali.
Il dipendente e l’utente della previdenza sociale devono rispettivamente guadagnare e spendere il meno possibile per ridurre il costo del lavoro e il costo della previdenza sociale, mentre i consumatori devono spendere il piu’ possibile per smaltire la produzione.
Ma, nel capitalismo contemporaneo, il dipendente, l’utente e il consumatore finale coincidono.

Info:
https://www.deriveapprodi.com/prodotto/la-fabbrica-delluomo-indebitato/
https://www.doppiozero.com/materiali/contemporanea/maurizio-lazzarato-la-fabbrica-dell%E2%80%99uomo-indebitato

https://www.alfabeta2.it/2011/12/05/la-fabbrica-dell%E2%80%99uomo-indebitato/
http://www.sifp.it/recensioni/m.-lazzarato-il-governo-dell2019uomo-indebitato.

Economia di mercato/Lazzarato

Maurizio Lazzarato – La fabbrica dell’uomo indebitato. Saggio sulla condizione neoliberista – Derive Approdi (2012)

Con i subprime, i capitalisti hanno creduto alla loro stessa ideologia: trasformare chiunque in «proprietario», ivi inclusi i «piu’ poveri della working class e della classe media».
«Tutti proprietari!», annunciava il programma elettorale di Sarkozy, mentre lo slogan originale di Bush parlava di «societa’ dei proprietari».
Cio’ che viene ratificato, al contrario, e’ la riconversione della maggioranza della popolazione in debitori e di una minoranza in redditieri.
Il fallimento dell’individualismo proprietario porta in primo piano l’economia del debito e il risvolto meno felice della relazione creditore-debitore, quella del rimborso. L’economia del debito ha obiettivi fortemente politici: la neutralizzazione dei comportamenti collettivi (garanzie sociale, solidarieta’, cooperazione, diritti per tutti) e della memoria storica delle lotte, delle azioni, delle organizzazioni collettive dei «salariati» e dei «proprietari».
La crescita trainata dal credito (finanza) pensa in questo modo di esorcizzare il conflitto.
Confrontarsi a soggettivita’ che considerano i sussidi, le pensioni, la formazione ecc. come diritti collettivi garantiti dalle lotte non e’ la stessa cosa che governare «debitori», piccoli proprietari, piccoli azionisti. La crisi dei subprime non e’ quindi unicamente una crisi finanziaria: segna anche il fallimento del programma politico dell’individualismo proprietario e patrimoniale.

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Economia di mercato/Lazzarato

Maurizio Lazzarato – La fabbrica dell’uomo indebitato. Saggio sulla condizione neoliberista – Derive Approdi (2012)

Una delle svolte del neoliberismo e’ costituita da cio’ che alcuni economisti hanno definito come il «colpo del 1979», che, rendendo possibile la costituzione di enormi deficit pubblici, ha spalancato la porta all’economia del debito e costituito il punto di partenza di un rovesciamento dei rapporti di forza tra creditori e debitori.
Nel 1979, per iniziativa di Volker (all’epoca presidente della banca Federal Reserve e consigliere economico del primo staff Obama), i tassi nominali (gli interessi da pagare per rimborsare il debito) sono piu’ che raddoppiati, passando dal 9% al 20%, mentre nel periodo precedente erano stati in media negativi.
«Questi tassi elevati hanno creato di sana pianta degli indebitamenti comulativi degli Stati (debito pubblico) o dei paesi (debito estero). Le classi agiate costruiscono cosi’ un dispositivo di polarizzazione estrema dalle proporzioni gigantesche tra creditori e debitori», che va a tutto vantaggio dei creditori.
L’impossibilita’ di mediare il debito sociale (cioe’ il debito dello Stato sociale) attraverso dispositivi monetari (ricorso del Tesoro alla Banca centrale) costringe allo sviluppo dei mercati finanziari, sviluppo che e’ ancora una volta organizzato, sollecitato e imposto, passo dopo passo, dallo Stato – in Francia lo si e’ fatto, per lo piu’, sotto i governi socialisti.
E’ dunque attraverso la gestione dei debiti degli Stati, creati da quanto accaduto del 1979, che i mercati finanziari si sono strutturati e organizzati. Gli Stati non si sono limitati a liberalizzare i mercati finanziari, ma hanno accompagnato l’organizzazione e la strutturazione del loro funzionamento

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Lavoro/Lazzarato

Maurizio Lazzarato – La fabbrica dell’uomo indebitato. Saggio sulla condizione neoliberista – Derive Approdi (2012)

Il credito implica una «valutazione morale» del debitore da parte del creditore, cioe’ una misura «soggettiva» del valore.
Il punto e’ che cio’ che viene valutato non sono soltanto le competenze e le abilita’ del lavoratore, ma anche l’azione del povero nella societa’ (le «virtu’», le «attivita’», la «reputazione» sociali), cioe’ il suo stile di vita, il suo comportamento sociale, i suoi valori, la sua stessa esistenza.
E’ tramite il debito che il capitale puo’ appropriarsi delle forze sociali ed esistenziali del povero, e non solo delle sue capacita’ fìsiche e intellettuali esercitate dentro il lavoro.
Si pensi a tutta l’infamia che c’e’ nello stimare un uomo in denaro, come accade nel rapporto di credito. […]
Il credito e’ il giudizio economico sulla moralita’ di un uomo. Nel credito, al posto del metallo o della carta, l’uomo stesso e’ diventato l’intermediario dello scambio, non pero’ in quanto uomo, ma in quanto esistenza di un capitale e dei suoi interessi […] è l’uomo stesso che viene mutato in denaro, ovvero e’ il denaro che si e’ incorporato in lui.
L’individualita’ umana, la morale umana e’ diventata essa stessa sia un articolo di commercio, sia un materiale in cui esiste il denaro.
Non piu’ moneta e carta, ma la mia propria esistenza personale, la mia carne ed il mio sangue, la mia virtù ed il mio valore sociali sono la materia, il corpo dello spirito del denaro

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Economia di mercato/Lazzarato

Maurizio Lazzarato – La fabbrica dell’uomo indebitato. Saggio sulla condizione neoliberista – Derive Approdi (2012)

Il consumo, che nei paesi industrializzati costituisce la quota maggior del Pil (negli Stati Uniti raggiunge il 70%), e’ un’altra importantissima fonte di «rendita» per i creditori.
Negli Stati Uniti, le spese piu’ importanti di una famiglia (l’acquisto di una casa, l’acquisto e la manutenzione di una macchina e le spese per gli studi) si fanno a credito. Ma il consumo dipende dal debito anche per l’acquisto di beni correnti, per lo piu’ pagati con carta di credito.
Negli Stati Uniti e nel Regno Unito, l’indice di indebitamento delle famiglie rispetto al loro reddito disponibile e’ rispettivamente del 120% e del 140%.
La crisi dei subprime ha dimostrato che all’interno delle grandi masse di crediti cartolarizzati (i debiti trasformati in titoli negoziabili in borsa), accanto al settore immobiliare, ai crediti auto e ai prestiti studenteschi, troviamo le carte di credito.
Attraverso il consumo, senza saperlo intratteniamo un rapporto quotidiano con l’economia del debito.
Portiamo con noi la relazione creditore-debitore, in tasca e nel portafogli, inscritta nel microchip della nostra carta di credito.
Quel piccolo «quadrato» di plastica nasconde due operazioni che hanno l’aria insignificante, ma le cui implicazioni sono di grande rilievo: l’apertura automatica di una relazione di credito che instaura un debito permanente.
La carta di credito e’ il modo piu’ semplice per trasformare il suo possessore in debitore permanente

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Lavoro/Lazzarato

Maurizio Lazzarato – La fabbrica dell’uomo indebitato. Saggio sulla condizione neoliberista – Derive Approdi (2012)

La relazione creditore-debitore si sovrappone alle relazioni capitale-lavoro, Stato sociale-utente, impresa-consumatore e le attraversa trasformando gli utenti, i lavoratori e i consumatori in «debitori».
Il debito secerne una «morale» propria, insieme diversa e complementare a quella del «lavoro».
La coppia «sforzo-ricompensa» dell’ideologia del lavoro viene rivestita dalla morale della promessa (di onorare il proprio debito) e dell’errore (di averlo contratto).
Come ricorda Nietzsche, il concetto di «Schuld» (errore, colpa), concetto fondamentale della morale, risale al concetto materiale di «Schulden» (debiti). La «morale» del debito induce una moralizzazione tanto del disoccupato, dell’«assistito», dell’utente dello Stato sociale quanto di intere popolazioni.
La campagna stampa tedesca contro i parassiti e i nullafacenti greci testimonia la violenza della colpevolizzazione intrinseca all’economia del debito.
I media, i politici, gli economisti, quando parlano del debito, hanno un solo messaggio da trasmettere: «siete colpevoli» […]
La relazione creditore-debitore riguarda la popolazione attuale nel suo complesso, ma anche quella futura. Gli economisti ci dicono che ogni neonato francese nasce gia’ con 22.000 euro di debito. Non e’ piu’ il peccato originale che ci e’ trasmesso alla nascita, ma il debito delle generazioni precedenti.
L’«uomo indebitato» e’ sottoposto a un rapporto di potere creditore-debitore che l’accompagna nell’arco di tutta la sua vita, dalla nascita alla morte.
Se una volta eravamo indebitati con la comunita’, gli dei, gli antenati, ormai e’ con il «dio» Capitale

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Economia di mercato/Lazzarato

Maurizio Lazzarato – La fabbrica dell’uomo indebitato. Saggio sulla condizione neoliberista – Derive Approdi (2012)

Da quando e’ scoppiata, la «crisi dei debiti sovrani» fornisce uno spettacolo esilarante del proprio funzionamento.
Le regole economiche di «razionalita’» che i «mercati», le agenzie di rating e gli esperti impongono agli Stati per uscire dalla crisi del debito pubblico sono le stesse che hanno prodotto le crisi del debito privato (d’altra parte all’origine della prima).
Le banche, i fondi pensione e gli investitori istituzionali esigono dagli Stati il riordino dei bilanci pubblici, quando ancora detengono miliardi di titoli spazzatura, che sono il risultato di una politica di sostituzione di salari e reddito con un sistema di credito.
Le agenzie di rating, dopo aver dato un giudizio di triplice A a titoli che oggi non valgono piu’ niente […] hanno la pretesa, contro qualunque buon senso, di detenere il giusto giudizio e la buona misura economica.
Gli esperti (professori di economia, consulenti, banchieri, funzionari di Stato ecc.) – la cui cecita’ sui disastri che la presunta autoregolazione dei mercati e della concorrenza ha prodotto sulla societa’ e sul pianeta, e’ direttamente proporzionale alla loro servitu’ intellettuale – sono stati catapultati dentro governi «tecnici», che ricordano irresistibilmente i «comitati d’affari della borghesia»
Piu’ che di «governi tecnici» si tratta di «tecniche di governo» autoritarie e repressive che segnano una rottura persino con il «liberalismo» classico.
Ma al colmo del ridicolo stanno probabilmente i media.
L’«informazione» dei telegiornali e i talk-show ci spiegano che «la crisi e’ colpa vostra, perche’ andate troppo presto in pensione, perche’ spendete troppo in cure mediche, perche’ non lavorate cosi’ a lungo e cosi’ bene come si dovrebbe, perche’ non siete abbastanza flessibili, perche’ consumate troppo. Insomma, avete la colpa di vivere ben al di sopra dei vostri mezzi».
La pubblicita’, invece, che viene regolarmente a chiudere il becco ai discorsi colpevolizzanti di economisti, esperti, giornalisti e uomini politici, afferma esattamente il contrario: «Siete del tutto
innocenti, non avete alcuna responsabilita’! Nessun
errore e nessuna colpa macchia la vostra anima. Tutti, senza eccezione, meritate i paradisi della nostra merce.
E’ un vostro dovere consumare in modo compulsivo»

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Capitalismo/D’Eramo

Marco D’Eramo – Dominio.La guerra invisibile dei potenti contro i sudditi – Feltrinelli (2020)

A forza di usarlo, il debito diventa una categoria mentale che informa tutti i nostri ragionamenti.
Lo stesso inquinamento ambientale e’ visto non come un danno che noi infliggiamo al pianeta e a noi stessi, ma come un debito che noi contraiamo con la “natura”, debito che non possiamo o non vogliamo saldare ma – si spera – possiamo riportare, dilazionare, posporre dal domani al dopodomani.
E’ questa concezione del danno ambientale come debito da saldare in futuro, e mai come tragedia presente, che spiega perche’ un problema cosi’ serio e cosi’ urgente susciti movimenti in definitiva tanto deboli.
Il problema tocca tutta l’umanita’ ma per affrontarlo agisce solo una sparuta, inerme (e innocua) minoranza.
Che sia cosi’, se ne ha una prova al contrario: l’unico momento in cui il problema ambientale assurge a priorita’ e’ quello della catastrofe. Perche’ quello e’ il momento in cui il debito va “in protesto”, e la catastrofe e’ la bancarotta del debitore.[…]
In un mondo in cui governa il debito, il futuro e’
cancellato perche’ e’ ipotecato dal debito pregresso.
Se per rimborsare il debito vengono tagliati i fondi per l’istruzione, intere generazioni di giovani non potranno frequentare l’universita’ o – se per straordinaria fortuna ci riusciranno – poi non potranno trovare un lavoro consono.
Piu’ in generale, la “frugalita’” dello stato e’ solo il preannuncio di una piu’ drastica dieta dimagrante estesa a tutta la societa’, per cui a poco a poco vengono erosi i salari, fino a che la retribuzione non ammontera’ nemmeno piu’ al salario di riproduzione (quella soglia minima di compenso che permette alla forza lavoro di riprodursi, cioe’ di procreare e crescere figli): da qui il crollo della natalita’ in tutti i paesi industrializzati sottoposti al regime neolib.
Intere generazioni sono state – e vengono tuttora
– sacrificate sull’altare del neoliberalismo: in questo caso e’ letteralmente vero che le colpe (die Schulden – i debiti) ricadono sui figli, ma anche sui nipoti e pronipoti

Info:
http://www.spazioterzomondo.com/2020/11/recensione-marco-deramo-dominio/
https://www.internazionale.it/opinione/giuliano-milani/2020/11/10/marco-d-eramo-dominio
https://sbilanciamoci.info/i-meccanismi-del-dominio/
https://www.sinistrainrete.info/societa/17891-marco-d-eramo-la-bolla-dell-overtourism-si-e-sgonfiata-ma-tornera-presto-a-crescere.html

Capitalismo/D’Eramo

Marco D’Eramo – Dominio. La guerra invisibile dei potenti contro i sudditi – Feltrinelli (2020)

(II parte)

Qui la dottrina del capitale umano e’ portata alle sue piu’ estreme e letterali conseguenze, nel senso che il debito in se’ ti costringe a pensare te stesso in termini di capitale, investimento, ammortamento.
Il potere che si esercita sull’individuo e’ quindi sempre piu’ totale e piu’ economico, nel duplice senso della parola: e’ piu’ basato sull’economia ed e’ meno costoso, necessita di minori sforzi per essere esercitato; il giogo viene sostituito da un guinzaglio “automatico” (o meglio da una sorta di braccialetto elettronico virtuale), il controllo disciplinare della fabbrica e della prigione e’ rimpiazzato dal collare del debito moroso […]
Ma se la forma dominante del potere passa da quella disciplinare a quella del controllo, e lo fa attraverso la relazione debito/credito, allora il settore trainante passa dalla manifattura, dall’industria, alla finanza.
Non che l’industria scompaia, proprio come nei secoli XIX-XX la rivoluzione industriale non aveva fatto scomparire l’agricoltura, l’aveva solo soppiantata come settore trainante e dominante dell’economia e anzi aveva rivoluzionato l’agricoltura stessa industrializzandola. Lo stesso avviene oggi: l’industria continua a esistere, anzi produce un volume di merci sempre maggiore (esattamente come l’agricoltura produce un volume di cibi infinitamente maggiore di un secolo fa), ma non e’ piu’ il settore che definisce l’economia della nostra epoca.
Questo settore e’ la finanza, che ha finanziarizzato l’industria, come l’industria aveva industrializzato l’agricoltura.
La finanza e’ il settore dominante anche perche’ e’ quello che meglio si sposa con la rivoluzione informatica […]
Sotto il giogo di un potere disciplinare, i lavoratori potevano sperare di “spezzare le catene” (come cantavano nei loro cori dell’epoca). Invece, al guinzaglio del debito, sotto una sorveglianza continua, cosa puo’ sperare il debitore se non di non cadere nell’insolvenza, di non diventare moroso: la sua unica, inaudita speranza puo’ essere solo di restare a vita debitore ligio e puntuale; al massimo, puo’ augurarsi non di liberarsi dal guinzaglio, ma che il guinzaglio non tiri troppo.
E infatti, ormai da trent’anni a questa parte, a nessuno viene detto: “Se agisci come ti chiedo, domani starai meglio”. Al contrario, viene somministrata una minaccia continua: “Se non fai come pretendo, starai molto peggio”, fallirai, cadrai in miseria, sarai abbandonato nella tua vecchiaia e non sarai curato quando ti ammalerai. Non c’e’ più “il bastone e la carota” del potere disciplinare (punizioni e premi di produzione in fabbrica), rimane solo il ricatto “o la minestra o la finestra”: se non rispetti lo scadenzario delle consegne cercati un altro lavoro, viene detto al fattorino, al rider della pizza d’asporto anzi, il rapporto di lavoro ideale per il neoliberismo e’ quello dell’autista Uber che si auto sfrutta da solo.
Mirabile esempio di capitalista di se’.

Info:
http://www.spazioterzomondo.com/2020/11/recensione-marco-deramo-dominio/
https://www.internazionale.it/opinione/giuliano-milani/2020/11/10/marco-d-eramo-dominio
https://sbilanciamoci.info/i-meccanismi-del-dominio/
https://www.sinistrainrete.info/societa/17891-marco-d-eramo-la-bolla-dell-overtourism-si-e-sgonfiata-ma-tornera-presto-a-crescere.html

Capitalismo/D’Eramo

Marco D’Eramo – Dominio. La guerra invisibile dei potenti contro i sudditi – Feltrinelli (2020)

(I parte)

Non si sottolineera’ mai abbastanza quanto il nuovo panorama tecnologico sia definito dall’ideologia neolib.
A tal punto che a nessuna forza politica rilevante e’ venuto in mente non dico di proporre, ma neanche di aprire un dibattito pubblico sull’idea che internet debba essere pubblico.
Si e’ parlato tanto di “autostrada informatica”, pero’ le strade sono pubbliche, nessuno vorrebbe tornare ai balzelli e pedaggi a ogni incrocio. Eppure pare scontata l’idea che i grandi server, provider, operatori, motori, connettori siano tutti in mano ai privati, che costituiscano dei giganteschi oligopoli, abbiano anzi una struttura di tipo feudale: duca di Facebook, principe di Google, marchese di Alibaba, conte di Oracle…[…]
Se la rivoluzione informatica fornisce gli strumenti tecnologici di controllo a distanza, e’ la tecnologia del debito ad assicurarne la dimensione economica.
Per quanto possa apparire strano, e’ assai recente l’uso sistematico e codificato del debito – sia dei privati, sia degli stati – come strumento politico e sociale […]
E’ solo nel XX secolo che il debito assurge a vero e proprio strumento di controllo politico. Lo fa innanzitutto come controllo delle singole persone, delle loro famiglie, attraverso l’istituzione del mutuo. L’Ottocento non conosceva ancora il mutuo per l’acquisto della casa come strumento disciplinatore di intere popolazioni: chi si addossa un mutuo quindicennale o trentennale non e’ propenso a rivoltarsi, e per una duplice ragione: 1) il mutuo lo rende proprietario di casa, e quindi gli fa interiorizzare l’ideologia proprietaria; 2) il mutuo lo rende in un certo senso debitore di se stesso, prigioniero della sua (futura) proprieta’ per anni e decenni a venire […]
Mutuo e carte di credito spiegano almeno in parte l’incredibile espansione dei prestiti ai privati nel secondo dopoguerra […]
Il debito e’ diventato la condizione di vita di quasi tutte le famiglie dei paesi sviluppati. Ci si indebita per il mutuo della casa, per l’acquisto della macchina, per studiare all’universita’, per andare in vacanza, per una protesi dentale […]
Perciò “il debito e’ la tecnica piu’ adeguata per produrre l’homo oeconomicus neoliberale. Non solo lo studente considera se stesso un capitale umano che egli deve valorizzare per i suoi propri investimenti (i debiti che contrae per studiare), ma inoltre si sente obbligato ad agire, a pensare, a comportarsi come se fosse un’impresa individuale. Il debito impone a persone che non sono neanche entrate nel mercato del lavoro un addestramento ai comportamenti, alle regole di contabilita’, ai principi di organizzazione di solito messi
in atto in seno alle imprese.                        (continua)

Info:
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