Geoeconomia/Ispi

L’Europa nell’età dell’insicurezza. Le sfide di un continente fragile – ISPI – Mondadori (2024)


Lo scoppio della guerra aperta a Gaza, meno di due anni dopo l’invasione russa dell’Ucraina, conferma che la crisi irreversibile dell’ordine internazionale liberale, gia’ in atto almeno dalla seconda meta’ degli anni Dieci del XXI secolo, ha raggiunto lo stadio della piena militarizzazione: il collasso dell’ordine non genera piu’, genericamente, crisi, ma vere e proprie guerre.
La natura di questi conflitti armati, come sempre nella storia, riflette la natura della convivenza internazionale circostante: i suoi rapporti di potere, la sua configurazione geopolitica, il suo ordinamento istituzionale e persino i suoi linguaggi […]
Non soltanto l’eventualita’ della guerra non ha affatto smesso di contrassegnare la politica internazionale e di orientare la politica estera dei singoli attori – come provano l’aumento generalizzato delle spese militari e il varo o il rilancio delle alleanze militari, a cominciare dalla NATO –, ma, contravvenendo al mantra liberale ed economicista del «mondo senza confini», le guerre continuano a essere combattute proprio per impadronirsi di spazi o difendere confini; anzi, dove uno Stato, come a Gaza e in Cisgiordania, non c’e’, regrediscono alla forma primordiale della lotta per la nuda terra.

Info:
https://www.mondadori.it/approfondimenti/unione-europea-le-sfide-di-un-continente-fragile-nell-eta-dell-insicurezza/

Geoeconomia/Chomsky

GEOECONOMIA
Noam Chomsky – Ottimismo (malgrado tutto). Capitalismo, impero e cambiamento sociale – Ponte alle Grazie (2018)

In merito al conflitto israelo-palestinese, il dibattito su uno Stato o due Stati e’ irrilevante.
E’ irrilevante perche’ la soluzione a uno Stato non e’ praticabile. Anzi, non e’ solo irrilevante: e’ una distorsione della realta’.
L’unica alternativa e’ (1) due Stati; oppure (2) una prosecuzione di quello che Israele gia’ fa con il sostegno degli americani: tenere Gaza in uno stato d’assedio opprimente, separata dalla Cisgiordania; impadronirsi sistematicamente di tutto cio’ che si ritiene di valore in Cisgiordania e contemporaneamente accorparla sempre di piu’ a Israele assumendo il controllo delle aree scarsamente abitate da palestinesi; espellere silenziosamente quelli che vi abitano.
I contorni diventano chiari quando si osservino i piani di sviluppo e di espulsione. Considerata l’opzione due, non c’e’ motivo per cui Israele o gli Stati Uniti debbano acconsentire alla proposta di uno Stato unico, che peraltro non gode nemmeno del sostegno internazionale.
Fino a quando non si riconosce la realta’ concreta della situazione, parlare di un unico Stato (lotta per i diritti civili e contro l’apartheid, «problema demografico» e cosi’ via) e’ soltanto un diversivo, che implicitamente da’ manforte all’opzione due.