Geoeconomia/Allison

Graham Allison – Destinati alla guerra. Possono l’America e la Cina sfuggire alla trappola di Tucidide? – Fazi (2018)

La rete economica della Cina si sta diffondendo in tutto il mondo, alterando gli equilibri internazionali del potere in maniera tale da indurre persino gli alleati storici dell’America in Asia a cambiare assetto, orientandosi dagli Stati Uniti verso la Cina.
Seguendo la breve sintesi offerta da Lee Kuan Yew, «la Cina sta risucchiando i paesi del Sudest asiatico nel suo sistema economico in virtu’ del suo vasto mercato e del suo crescente potere d’acquisto. Anche il Giappone e la Corea del Sud vi saranno inevitabilmente risucchiati.
Essa non fa altro che assorbire i paesi, senza dover ricorrere all’uso della forza. […]
La crescente influenza economica della Cina sara’ molto difficile da contrastare».
O per dirla secondo la versione cinese della Regola aurea: chi ha l’oro, comanda.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/trappola-di-tucidide-graham-allison/
https://www.geopolitica.info/destinati-alla-guerra/
https://www.anssaif.eu/2019/06/osservatorio-sul-terrorismo/destinati-alla-guerra-possono-lamerica-e-la-cina-sfuggire-alla-trappola-di-tucidide.html

Geoeconomia/Immerwahr

Daniel Immerwahr – L’impero nascosto. Breve storia degli Stati Uniti d’America – Einaudi (2020)

Milioni di persone concorderebbero nel dire che gli Stati Uniti, almeno per alcuni versi, sono un impero.
La questione e’ stata posta innumerevoli volte. L’espropriazione dei nativi americani, molti dei quali sono stati relegati nelle riserve, e’ stata un atto imperialista piuttosto evidente. Poi, negli anni quaranta dell’Ottocento, gli Stati Uniti combatterono una guerra con il Messico e ne conquistarono un terzo del territorio. Cinquant’anni piu’ tardi, combatterono contro la Spagna e ne rivendicarono la maggior parte dei territori oltremare.
Un impero, pero’, non consiste soltanto in conquiste territoriali.
Come potremmo chiamare la subordinazione degli afroamericani? […]
Oppure, cosa dire della diffusione del potere economico degli Usa all’estero? Gli Stati Uniti non avranno conquistato fisicamente l’Europa occidentale dopo la Seconda guerra mondiale, ma cio’ non ha impedito ai francesi di lamentarsi della «cocacolonizzazione».
I detrattori si sono sentiti inondati dal commercio Usa. Oggi che gli affari del mondo si contano in dollari e ci sono McDonald’s in piu’ di cento paesi, capiamo che forse avevano ragione.
Poi ci sono gli interventi militari.
Gli anni seguiti alla Seconda guerra mondiale hanno portato i militari statunitensi in un paese dopo l’altro. Le grandi guerre sono note: Corea, Vietnam, Iraq, Afghanistan.
Ma c’è stato anche un flusso costante di scontri minori. Dal 1945, le forze armate statunitensi sono state schierate all’estero per conflitti o potenziali conflitti 211 volte in 67 paesi.
Chiamatelo mantenimento della pace, se volete, o chiamatelo imperialismo. Ma chiaramente non stiamo parlando di un paese che ha tenuto le mani a posto. […]
[Le] tecnologie allontanarono gli Stati Uniti dall’usuale modello di impero formale. Rimpiazzarono la colonizzazione con la globalizzazione.
Globalizzazione e’ una parola alla moda, ed e’ facile discuterne in termini vaghi, parlare di come tecnologie sempre piu’ sofisticate uniscano un mondo eterogeneo. Ma quelle nuove tecnologie non sono saltate fuori dal nulla. Molte furono sviluppate dai militari statunitensi in un breve periodo di tempo, durante gli anni Quaranta del Novecento, con l’obiettivo di dare agli Stati Uniti una nuova relazione con il territorio.
In modo spettacolare, e nel giro di pochi anni, l’esercito costrui’ una rete logistica mondiale sconvolgente per la sua scarsa dipendenza dalle colonie.
Fu sconvolgente anche perche’ accentro’ il commercio, i trasporti e la comunicazione mondiale in un unico paese, gli Stati Uniti.

Info:
https://www.doppiozero.com/materiali/stati-uniti-limpero-nascosto
https://www.globalist.it/dolce-vita/2020/08/07/l-impero-mascherato-da-repubblica-gli-stati-uniti-d-america-un-libro-svela-una-verita-sempre-nascosta-2062872.html
http://materialismostorico.blogspot.com/2020/03/tradotta-la-storia-degli-usa-di.html

Geoeconomia/Castagnoli

Adriana Castagnoli – Il lungo addio. La fine dell’alleanza tra Europa e Stati Uniti – Laterza (2019)

Un’Europa superpotenza economica presentava diverse insidie e poteva essere di ostacolo per gli Stati Uniti. Bruxelles, infatti, aveva continuato a sviluppare un proprio ruolo di controllore della concorrenza che finiva per colpire innanzitutto le grandi multinazionali statunitensi.
In pratica, sarebbe riaffiorata nella tecnocrazia di Bruxelles la cultura dirigistica che aveva le sue radici nelle idee di Jean-Baptiste Colbert: e cioe’ la tradizione della scuola di politica economica francese che si basava sull’intervento statale e sulla pianificazione centrale contrapposta al modello angloamericano di capitalismo di libero mercato.
Inoltre l’Europa veniva accusata di procedere come se fosse stata un regolatore economico a livello mondiale.
Per Washington la partita cruciale si giocava fra un’Europa atlantista, influenzata da Londra, e una piu’ europeista di ispirazione francotedesca, come stavano a dimostrare gli interventi di Bruxelles nei confronti delle big companies americane […]
Con la presidenza Trump sono emerse prepotentemente le perdute sintonie fra l’America e l’Europa rispetto ai cambiamenti climatici, al libero scambio, al multilateralismo e all’immigrazione.
Lo strappo piu’ profondo e’ stato compiuto con il rifiuto da parte del presidente americano di riconfermare l’impegno – fulcro delle relazioni transatlantiche dal secondo dopoguerra – alla mutua difesa in caso di aggressione di uno dei membri della NATO.
C’e’ da chiedersi, pertanto, quanto sia profonda la linea di discontinuita’ tracciata da Trump rispetto ai suoi predecessori, se si tratti unicamente di una deviazione temporanea dalla tradizionale politica estera transatlantica oppure se sia la manifestazione estrema di un isolazionismo e di un nazionalismo divisivi che allontanano sempre piu’ le due sponde dell’Atlantico.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858135204
https://www.letture.org/il-lungo-addio-la-fine-dell-alleanza-tra-europa-e-stati-uniti-adriana-castagnoli

Geoeconomia/Castagnoli

Adriana Castagnoli – Il lungo addio. La fine dell’alleanza tra Europa e Stati Uniti – Laterza (2019)

Il 2018 sara’ ricordato nei libri di storia per una lacerazione difficilmente sanabile fra Washington e i suoi alleati malgrado alcuni tentativi di ricucirla.
La guerra dei dazi voluta da Trump dapprima contro la Cina ma ben presto allargata a colpire l’UE (con tariffe al 25% sull’import di acciaio, al 15% sull’alluminio e quelli – al momento – annunciati al 25% sull’auto), nonche’ le sanzioni contro le imprese e le banche europee che continuano a fare affari con l’Iran dopo l’uscita degli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare sono decisioni che rivelano un esercizio unilaterale e arrogante del potere, innanzitutto nei confronti degli alleati. Sia nella decisione di trasferire l’ambasciata americana in Israele a Gerusalemme sia nel ritiro dall’accordo sul nucleare con Teheran, l’America ha agito senza i partner europei […]
L’aggressivo unilateralismo di Trump, a meno di improvvisi ripensamenti, sta scavando un solco incolmabile fra Washington e l’Europa, sospinta cosi’ anche a rafforzare i rapporti d’interesse con la Russia di Putin che, giocando sul tavolo occidentale e su quello asiatico, cerca di non farsi schiacciare dalla potenza cinese.
I costi di questa divisione, seppure non nell’immediato, saranno altresi’ elevati per gli USA perche’ l’allentamento dei legami con gli alleati, accelerando la frammentazione dell’Occidente, finira’ con indebolire le stesse basi del potere americano.
La riproposizione del progetto di un esercito europeo, che langue da decenni, rilanciata con forza da Macron e sostenuta da Merkel in novembre, e’ anche una presa d’atto della distanza che ormai separa Washington da Bruxelles.

Info:
https://www.letture.org/il-lungo-addio-la-fine-dell-alleanza-tra europa-e-stati-uniti-adriana-castagnoli
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858135204

Geoeconomia/Arlacchi

Pino Arlacchi – I padroni della finanza mondiale. Lo strapotere che ci minaccia e i contromovimenti che lo combattono – Chiarelettere (2018)

Al di fuori del perimetro occidentale, la scelta strategica di maggiore rilievo effettuata dagli Stati Uniti agli albori della pax americana riguardo’ il Medio Oriente.
La decisione di contrastare, invece che di favorire, l’ondata nazionalista che si sollevo’ dopo la Seconda guerra mondiale nei due paesi chiave della regione, l’Iran e l’Egitto, fu gravida di conseguenze negative.
E’ qui che vanno rintracciate le radici della piu’ grave sindrome di politica estera corrente: il binomio terrorismo islamico-crisi mediorientale.
Il mondo di oggi sarebbe piu’ vivibile se nei primi anni Cinquanta del secolo scorso gli Stati Uniti e la Gran Bretagna non avessero effettuato una serie di scelte sbagliate a proposito del nazionalismo mediorientale e dei potentati della penisola arabica.
Il mancato sostegno a Mohammad Mossadeq in Iran e a Gamal Nasser in Egitto quando questi personaggi sono emersi come i leader delle legittime aspirazioni dei loro popoli ha indirizzato la storia del Medio Oriente nella direzione nefasta che conosciamo. La decisione di rovesciare Mossadeq e di ostacolare Nasser, mobilitando contro di lui la destra islamica e l’associazione fondamentalista dei Fratelli musulmani, ha lasciato nei due maggiori paesi della regione una scia di rancore e di odio che ha alimentato quei sentimenti antioccidentali su cui si basa il reclutamento odierno dei quadri di Al Qaida, Isis e soci.[…]
E si e’ rivelata una follia aggravata da un altro errore strategico: quello compiuto dagli Stati Uniti nel sostenere la monarchia saudita come contrappeso al nazionalismo persiano ed egiziano.
Questa scelta, riconfermata da Donald Trump, ha implicato l’instaurazione di un legame con il fanatismo wahabita sponsorizzato dall’establishment saudita che ha acutizzato molti problemi del Medio Oriente di oggi […]
Questa catena di errori strategici ha contribuito, direttamente o indirettamente, alla nascita della teocrazia khomeinista, alla distruzione dell’Afghanistan, al riarmo dell’Iraq di Saddam Hussein, al terrorismo di Osama Bin Laden e soci, alla tragedia della guerra civile siriana.
L’obiezione che senza queste decisioni non ci sarebbero stati il petrolio per l’Occidente e la sconfitta del comunismo stalinista in Russia non regge di fronte al fatto che ne’ Mossadeq ne’ Nasser erano dei rivoluzionari, e che l’Unione Sovietica non aveva bisogno ne’ del petrolio mediorientale ne’ di una vittoria su uno scacchiere secondario del Terzo mondo.
La partita decisiva della Guerra fredda, infatti, non fu giocata nel Medio Oriente, ma in Europa.

Info:
https://www.interris.it/news/esteri/chi-sono-i-padroni-della-finanza-mondiale/
https://www.edizionipolis.it/magazine/2019/03/29/economia-e-finanza-mondiale-arlacchi-il-neoliberalismo-oggi-vive-una-profonda-crisi/

Geoeconomia/Khanna

Parag Khanna – Il secolo asiatico? – Fazi (2019)

Gli asiatici credono fermamente nel fatto che i mercati debbano essere subordinati al benessere generale della societa’, piuttosto che essere un obiettivo fine a se stesso.
A differenza dell’Occidente, le societa’ asiatiche continuano a essere favorevoli alla globalizzazione perche’ i loro governi la stanno attivamente orientando a loro favore.
Dall’India al Vietnam, i sondaggi mostrano che l’80 per cento e’ pro-globalizzazione (mentre negli Stati Uniti e in Francia sono meno del 40 per cento). Il capitalismo gode piu’ o meno dello stesso sostegno, il che e’ piuttosto ironico data la storia socialista delle principali nazioni asiatiche.
L’ostilita’ diffusa nei confronti della finanza e dell’industria hitech negli Stati Uniti e’ indicativo di una convergenza ideologica verso il punto di vista asiatico secondo cui le banche e i giganti della tecnologia non dovrebbero essere lasciati liberi di sfruttare i consumatori, ma dovrebbero essere asserviti allo Stato e ai bisogni della societa’, che si tratti di stabilita’ fiscale, creazione di posti di lavoro, riqualificazione dell’infrastruttura, formazione di competenze. […]
Gli asiatici hanno appreso negli anni Novanta a essere sospettosi nei confronti del modello di capitalismo angloamericano finanziarizzato e iperderegolamentato.
Per esempio, gli asiatici sono convinti che sia la redistribuzione fiscale a generare una crescita equa, in barba all’ortodossia capitalistica secondo cui la crescita si traduce automaticamente in redistribuzione.
Secondo il Fondo Monetario Internazionale, la riduzione della disuguaglianza richiede tasse più elevate e maggiori investimenti pubblici. Di conseguenza, molti paesi asiatici non esitano a usare le leve macroeconomiche – riduzione dei tassi di interesse, investimenti anticiclici, spesa pubblica aggressiva e tasse elevate – per promuovere una maggiore equita’ e creare posti di lavoro. Trasporti pubblici, alloggi, reti elettriche e servizi igienici efficienti sono elementi fondamentali per una buona qualita’ della vita.
Le riforme economiche non possono avvenire a scapito dell’occupazione e della coesione sociale. Il governo cinese si preoccupa del destino dei lavoratori rimpiazzati dai robot e dei profitti che arriveranno alle imprese che riducono il personale mentre aumentano la produzione, ma invece di lasciare che le suddette imprese portino i loro profitti all’estero, li tassa e acquista delle quote nelle stesse per raccogliere i frutti della loro crescita.

Info:
https://www.iltascabile.com/societa/secolo-asiatico/
http://www.mangialibri.com/libri/il-secolo-asiatico
https://www.repubblica.it/dossier/la-repubblica-delle-idee-2019/2019/06/03/news/parag_khanna-227854599/

Economia di mercato/Harvey

David Harvey – La crisi della modernita’ – il Saggiatore (2010)

Il fordismo postbellico era anche un fenomeno internazionale.  Il lungo boom del dopoguerra dipendeva fondamentalmente da una massiccia espansione del commercio mondiale e dei flussi degli investimenti internazionali […]. Tutto questo fu garantito dall’ombrello egemonico del potere finanziario ed economico, sostenuto dal dominio militare, degli Stati Uniti.
Gli accordi di Bretton Woods del 1944 fecero del dollaro la valuta di riferimento mondiale e legarono lo sviluppo economico mondiale alla politica monetaria e fiscale degli Stati Uniti. Gli Stati Uniti divennero i banchieri del mondo in cambio di un’apertura dei mercati delle merci e dei capitali al potere delle grandi aziende.
Sotto questo ombrello, il fordismo si diffuse in modo disuguale mentre ciascuno stato perseguiva la propria modalita’ di gestione delle relazioni nel mondo del lavoro, la propria politica monetaria e fiscale, le proprie strategie assistenziali e di investimenti pubblici, con gli unici limiti interni rappresentati dal livello delle relazioni di classe e gli unici limiti esterni rappresentati dalla propria posizione gerarchica nell’economia mondiale e dal tasso fisso di cambio nei confronti del dollaro […]
Crebbe il livello di vita materiale per la massa della popolazione nei paesi capitalisti avanzati, ed emerse un ambiente relativamente stabile e favorevole ai profitti delle grandi aziende.
Soltanto quando la severa recessione del 1973 distrusse questo quadro ebbe inizio, nel regime di accumulazione, un processo di rapida, e ancora non ben compresa, transizione […].
Nel 1971, il crollo del sistema di Bretton Woods che fissava il prezzo dell’oro e la convertibilità del dollaro fu il riconoscimento del fatto che gli Stati Uniti non avevano piu’ il potere di controllare da soli la politica fiscale e monetaria mondiale. L’adozione di un sistema di cambi flessibili nel 1973 (in risposta a massicci movimenti valutari speculativi contro il dollaro) segno’ la completa abolizione del sistema di Bretton Woods. Da allora tutti gli stati sono alla merce’ del potere finanziario, attraverso gli effetti del flusso di capitali.

Info:
https://www.anobii.com/books/La_crisi_della_modernit%C3%A0/9788851520366/012ddde8b392d53a07
http://www.leparoleelecose.it/?p=10178

Geoeconomia/Luce

Edward Luce – Il tramonto del liberalismo occidentale – Einaudi (2017)

Dall’inizio del secolo, l’Occidente ha perduto molto del suo prestigio. Il nostro modello politico non e’ piu’ l’invidia del mondo.
Nella misura in cui la democrazia occidentale e’ stata messa in discussione, lo stesso e’ accaduto anche al suo potere globale. Relativa la perdita degli Stati Uniti: il loro contribuito al prodotto interno lordo mondiale e’ diminuito, certo, e hanno svalutato la propria credibilita’ globale con l’avventatezza di dichiarare guerra nel falso nome della democrazia.
Ma la perdita geopolitica dell’Europa e’ stata assoluta: e’ a malapena in grado di esercitare potere al di la’ dei propri confini.
In realta’, la stessa apertura dei confini europei rappresenta una minaccia crescente. Nel frattempo, il centro di gravita’ del mondo si sta spostando inesorabilmente verso est.

Info:
http://www.spazioterzomondo.com/2018/01/recensione-edward-luce-il-tramonto-del-liberalismo-occidentale-einaudi-prima-parte/
https://www.anobii.com/books/Il_tramonto_del_liberalismo_occidentale/9788806236403/01399bfc38f7d47cf8
https://www.fondazioneluigieinaudi.it/il-liberalismo-al-tramonto-no-semmai-i-liberal/