Populismo/Ardeni

Pier Giorgio Ardeni – Disuguaglianze e consenso elettorale in Italia – Laterza (2020)

L’afonia della sinistra e’ diventata, come si dice, “assordante”.
Dopo la “terza via” blairiana, dopo il “progressivismo” ipercapitalistico e liberista clintoniano, dopo essersi stretti attorno al baluardo della crescita, sperando che questa arrivasse, mal proteggendo i ceti medi e auspicando che insistere sui diritti civili (ma non troppo, come nel caso dello ius soli) compensasse la perdita di rappresentanza sui temi economico-sociali, la disarticolazione dei “corpi intermedi”, senza preoccuparsi delle periferie, delle disuguaglianze crescenti, delle derive territoriali e locali, la sinistra ha finito per lasciare il popolo, nelle sue molte forme, abbandonato, stremato, confuso, perso, esposto alle piu’ concrete promesse dei “populisti” che lo hanno degnato di attenzione.
Le quali hanno preannunciato non solo panacee ambientaliste e finanche pauperiste – prefigurando la “decrescita felice”, scagliandosi contro l’euro, il capitalismo delle multinazionali, la globalizzazione e la “casta” – ma la fine della poverta’, il reddito di cittadinanza per tutti, la democrazia digitale.
Promesse populiste, certo, ma che sono andate a pescare in un fondo dove le altre avevano prosciugato il consenso, isterilendolo.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858141779
https://www.letture.org/le-radici-del-populismo-disuguaglianze-e-consenso-elettorale-in-italia-pier-giorgio-ardeni

Populismo/Nichols

Tom Nichols – La conoscenza e i suoi nemici. L’era dell’incompetenza e i rischi per la democrazia – Luiss (2018)

Oggi a colpirmi non e’ tanto il fatto che la gente rifiuti la competenza, ma che lo faccia con tanta frequenza e su cosi’ tante questioni, e con una tale rabbia.
Di nuovo, forse gli attacchi alla competenza sono piu’ evidenti per via dell’onnipresenza di internet, dell’indisciplina che governa le conversazioni sui social media o delle sollecitazioni poste dal ciclo di notizie ventiquattr’ore su ventiquattro.
Ma l’arroganza e la ferocia di questo nuovo rifiuto della competenza indicano, almeno per me, che il punto non e’ piu’ non fidarsi di qualcosa, metterla in discussione o cercare alternative: e’ una miscela di narcisismo e disprezzo per il sapere specialistico, come se quest’ultimo fosse una specie di esercizio di autorealizzazione.
Cio’ rende molto piu’ difficile per gli esperti ribattere e convincere la gente a ragionare. A prescindere dall’argomento, la discussione viene sempre rovinata da un rabbioso egocentrismo e termina senza che nessuno abbia cambiato posizione, a volte con la compromissione di relazioni professionali o perfino di amicizie.
Invece di dibattere, oggi ci si aspetta che gli esperti accettino queste espressioni di dissenso, come se fossero, nel peggiore dei casi, un’onesta divergenza di opinioni. Dovremmo “accettare di non essere d’accordo” (agree to disagree), espressione che ormai e’ usata in modo indiscriminato come una specie di estintore quando una conversazione tende a infiammarsi.
E se insistiamo nel dire che alcune cose non sono questioni di opinione, che ci sono cose giuste e altre sbagliate… be’, a quanto pare ci stiamo solo comportando da rompiscatole […] Negli Stati Uniti e in altre nazioni sviluppate, persone altrimenti intelligenti denigrano i risultati conseguiti dagli intellettuali e rifiutano i pareri degli esperti […]
Si tratta di qualcosa in piu’ che un naturale scetticismo nei confronti degli esperti. Temo che stiamo assistendo alla fine dell’idea stessa di competenza, un crollo – alimentato da Google, basato su Wikipedia e impregnato di blog – di qualsiasi divisione tra professionisti e profani, studenti e insegnanti, conoscitori informati e fantasiosi speculatori; in altre parole, tra coloro che hanno ottenuto un qualche risultato in un’area e coloro che non ne hanno raggiunto nessuno […]
La crescita di questa ostinata ignoranza in piena era dell’informazione non si puo’ spiegare soltanto come l’esito di ignoranza bella e buona. Molti di coloro che conducono campagne contro il sapere consolidato sono cittadini capaci e di successo nella vita quotidiana. In un certo senso, siamo di fronte a qualcosa di peggio dell’ignoranza: si tratta di un’arroganza infondata, dello sdegno di una cultura sempre piu’ narcisistica che non riesce a sopportare neanche il minimo accenno di diseguaglianza, di qualsiasi tipo essa sia.

Info:
https://www.glistatigenerali.com/scienze-sociali/la-conoscenza-i-suoi-nemici/
http://www.spazioterzomondo.com/2019/04/recensione-tom-nichols-la-conoscenza-e-i-suoi-nemici-luiss/

Populismo/Urbinati

Nadia Urbinati – Io il popolo. Come il populismo trasforma la democrazia – Il Mulino (2020)

Il populismo e’ una rivolta contro la struttura pluralista delle relazioni partitiche non nel nome di una «democrazia senza partiti», ma nel nome del governo di una «parte» che merita un superiore riconoscimento perche’ e’ oggettivamente quella
«buona».
I populisti sostengono di essere dei semplici e oggettivi rappresentanti dei bisogni del popolo qui ed ora, al contrario dei partiti politici che proiettano i loro programmi e le loro soluzioni in un futuro piu’ o meno distante […]
Il populismo coltiva l’ambizione epistemica di dare risposta ai problemi oggettivi che istintivamente i cittadini avvertono ed esprimono, senza orpelli ideologici; chiama in causa «dati» e questioni tangibili, non interpretazioni «predigerite» fatte dai politici.
La sfiducia negli «intellettuali» e negli «esperti» dell’establishment, combinata con la convinzione che vi siano una bonta’ e una saggezza ancestrale nel popolo, e’ un tonico per il populismo.
Queste idee sono andate a braccetto con il populismo fin da quando esso ha fatto la sua apparizione sulla scena politica delle democrazie, negli Stati Uniti alla fine dell’Ottocento.
La rivoluzione tecnologica ha conferito a questo mito antico la certezza della sua realizzazione.
Alcuni esempi vicini a noi possono aiutare a comprendere la specificita’ di questo fenomeno.
Beppe Grillo comincio’ la sua carriera politica piu’ di dieci anni fa con una retorica corrosiva contro la democrazia dei partiti e nel nome di un governo dei molti e per i molti; secondo tale retorica gli esperti avrebbero potuto fare meglio dei politici nel promuovere l’interesse generale che il popolo chiedeva e voleva. Il controllo sui pochi – affermava Grillo – avrebbe potuto essere esercitato piu’ facilmente qualora la politica non fosse stata indiretta e partitica e avesse potuto rendere il governo del tutto trasparente agli occhi dei cittadini.

Info:
http://ilrasoiodioccam-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2020/05/08/nadia-urbinati-e-il-populismo/
https://www.vaticannews.va/it/osservatoreromano/news/2020-03/la-verita-vi-prego-sul-populismo.html
https://www.fatamorganaweb.unical.it/index.php/2020/01/27/dal-populismo-al-popolo-democrazia-nadia-urbinati/

Populismo/Barberis

Mauro Barberis – Come internet sta uccidendo la democrazia. Populismo digitale – Chiarelettere (2020)

Il populismo non e’ un’ideologia: leader, partiti e governi populisti usano le ideologie finche’ gli servono e poi le buttano, come fazzoletti di carta.
Il populismo e’ piuttosto uno stile politico: con tutte le ulteriori vaghezze connesse alla nozione di stile.
In assenza di una dottrina o di un’ideologia comune, infatti, fra i vari populismi c’e’ solo «un’aria di famiglia», e in particolare somiglianze comunicative, retoriche, argomentative. I vari populismi, in altri termini, sono accomunati quasi solo dai loro slogan, adottati esclusivamente per l’efficacia propagandistica dimostrata. «America first» in Italia diventa «Prima gli italiani» […]
In conclusione, elenco tre argomentazioni (o argomenti, all’inglese) che innescano il cortocircuito populista fra istituzioni e media […]
Il primo argomento populista, ovviamente, e’ l’appello al popolo, che gioca sull’equivoco fra il senso tecnico di «popolo» (tutti i cittadini) e il senso ordinario (il popolo populista, ossia la massa, il volgo, il popolino).
Per mostrare come funziona questo abracadabra, basta sostituire «popolo» con «popolazione», «gli utenti del web» o, piu’ realisticamente, «l’insieme dei miei follower», e l’incantamento svanisce […]
Il secondo argomento populista, complementare al primo, e’ appunto l’antipluralismo: l’espulsione dal popolo di una sua parte, demonizzata da un lato come «elite», «establishment», «Kasta», dall’altro come «migranti», «parassiti», «zecche». Demonizzazioni che possono anche combinarsi, facendo di elite e migranti parti di uno stesso complotto […]
Il terzo argomento populista e’ la rappresentanza diretta, mix di democrazia diretta degli antichi e democrazia rappresentativa dei moderni.

Info:
https://www.illibraio.it/libri/mauro-barberis-come-internet-sta-uccidendo-la-democrazia-9788832962741/
https://www.lankenauta.it/?p=18988

Populismo/Levitsky

Steven Levitsky, Daniel Ziblatt – Come muoiono le democrazie – Laterza (2019)

[I] partiti progressisti devono prendere atto che il lungo ciclo del secolo socialdemocratico e’ terminato, con la sua visione teleologica che il futuro sara’ necessariamente migliore del presente.
La globalizzazione, come l’integrazione europea, ha prodotto conseguenze positive, ma anche non poche conseguenze negative. Quei processi hanno creato ingiustizie economiche, insicurezze identitarie, imbarbarimenti culturali.
Conseguenze che vanno affrontate con riforme che facciano crescere l’economia ma anche la sicurezza delle persone e delle loro comunita’ locali e nazionali.
In secondo luogo, il populismo va combattuto rafforzando i guardrails della democrazia, cioe’ quelle istituzioni e quelle pratiche che impediscono ad una societa’ di uscire di strada.
Va riformata la democrazia rappresentativa per renderla piu’ efficiente e legittima, integrandola con le pratiche della democrazia diretta, ma senza concedere un millimetro al populismo della cuoca al potere.
E’ necessario difendere le istituzioni costituzionali di garanzia, a cominciare dall’indipendenza del potere giudiziario, nondimeno responsabilizzandolo nell’uso di quella indipendenza.
E’ necessario rilanciare il progetto politico dell’Europa integrata e le istituzioni internazionali multilaterali in quanto condizioni indispensabili per garantire la pace tra i paesi e la liberta’ al loro interno.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858135280
https://www.stroncature.com/2019/10/08/come-muoiono-le-democrazie/
https://www.eunews.it/2019/09/20/muoiono-le-democrazie/120948

Populismo/Ardeni

Pier Giorgio Ardeni – Le radici del populismo. Disuguaglianze e consenso elettorale in Italia – Laterza (2020)

Molti degli studi e delle analisi sul populismo hanno finito per tratteggiarne i caratteri solo per imputargli l’attacco alla democrazia liberale.
Ma, se la democrazia e’ in crisi, non e’ a causa del populismo: affermare questo significa, in definitiva, oscurare le profonde ragioni economiche, sociali e politiche che hanno portato a mettere in discussione le forme stesse della partecipazione democratica […]
Cosa spinge i populismi?
Per rispondere a questa domanda, studiosi e ricercatori hanno adottato un approccio che guarda, per cosi’ dire, ai due lati della questione: il “lato dell’offerta”, ovvero l’offerta politica, cio’ che i partiti hanno proposto, come si sono posti, su quali messaggi e contenuti hanno fatto leva; e il “lato della domanda”, cioe’ cosa l’opinione pubblica e i cittadini sono venuti chiedendo, quali domande hanno espresso […]
Dal lato dell’offerta, studiosi e commentatori hanno recentemente dedicato la loro attenzione a questioni come le difficolta’ attraversate dalla democrazia, la scomparsa dei partiti politici, il declino dei tradizionali partiti di sinistra e socialdemocratici, l’indebolimento dello Stato sociale a seguito della crisi economica del 2008 e gli effetti delle politiche di risanamento del bilancio adottate dai partiti tradizionali […]
I populismi, secondo questi studi, sono il risultato della crisi della democrazia rappresentativa, dovuta alla scomparsa dei partiti politici tradizionali, particolarmente quelli di sinistra, alla caduta della partecipazione politica e a politiche sociali ed economiche rigoriste: tutti fattori che avrebbero alimentato un’offerta politica che ha potuto sostituirsi ai precedenti partiti di riferimento venuti meno.
Dal lato della domanda, le spiegazioni possono essere sostanzialmente ricondotte a due categorie: la prima e’ quella dell’insicurezza economica, che enfatizza le conseguenze dei profondi cambiamenti verificatisi negli ultimi decenni, derivanti dalla globalizzazione e dal progresso tecnologico che trasforma la forza lavoro e la societa’ nelle economie post-industriali (con esternalizzazione, aumento concorrenza dei paesi a basso salario, automazione) ma anche dalla crisi economica, dall’aumento della disoccupazione e dalla diminuzione del reddito; l’altra e’ la teoria della reazione culturale […] cioe’ una reazione contro valori progressisti, come il cosmopolitismo e il multiculturalismo, e lo spostamento verso valori “reazionari”, come quelli identitari e nazionalisti.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858141779
https://www.letture.org/le-radici-del-populismo-disuguaglianze-e-consenso-elettorale-in-italia-pier-giorgio-ardeni

Populismo/Levitsky

Steven Levitsky, Daniel Ziblatt – Come muoiono le democrazie – Laterza (2019)

Il populismo e’ la reazione all’impatto della globalizzazione (e della rivoluzione tecnologica da essa favorita) su ceti sociali privi degli strumenti cognitivi per riqualificare la propria capacita’ lavorativa.
Con la globalizzazione, merci e beni prodotti a costi bassi nelle economie non occidentali sono entrati nei mercati occidentali, mettendo in crisi le tradizionali attivita’ produttive di questi ultimi. Il populismo si e’ proposto come lo strumento politico con il quale i lavoratori bianchi negli Stati Uniti o la classe operaia poco qualificata in Europa hanno cercato di arrestare il declino della loro condizione economica, spingendo verso politiche protezionistiche e redistributive.
Per alcuni scienziati politici, invece, il populismo riflette una crisi di identita’ dei ceti sociali che hanno subito il processo di globalizzazione. Secondo questa interpretazione, il sostegno al populismo nasce da una perdita di senso della vita di milioni di cittadini occidentali. Le diseguaglianze sociali sono rilevanti ma in quanto accentuano la percezione di marginalizzazione sociale di importanti settori delle societa’ occidentali. […]
Vi e’ infine una terza interpretazione del populismo, elaborata da sociologi e scienziati della comunicazione. Secondo questa interpretazione, il populismo e’ il risultato di una trasformazione epocale della comunicazione politica,dovuta alla diffusione di social media che hanno superato i tradizionali canali informativi tra cittadini e potere, accentuando un processo gia’ in corso di disintermediazione sociale e culturale.
Le societa’ disintermediate non hanno bisogno di passare attraverso la mediazione dei giornalisti per rapportarsi con il potere. Cosi’ come non hanno bisogno della mediazione dei rappresentanti di partiti o di associazioni di interesse per comunicare con il potere.
Secondo questa interpretazione, e’ stata la rivoluzione dell’informazione a creare le condizioni per collegare direttamente il popolo ai leader populisti.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858135280
https://www.stroncature.com/2019/10/08/come-muoiono-le-democrazie/
https://www.eunews.it/2019/09/20/muoiono-le-democrazie/120948

Populismo/Allievi

Stefano Allievi – La spirale del sottosviluppo. Perche’ (cosi’) l’Italia non ha futuro – Laterza (2020)

Nel 2017 (ultimi dati disponibili nel report 2019) gli immigrati nei paesi che compongono l’Europa dei 28 (a Brexit non ancora avvenuta, ovviamente) sono stati poco piu’ di 4 milioni, per la precisione 4.396.366, di cui 2.011.174 da paesi non UE; la meta’ abbondante, quindi, e’ costituita da persone passate da un paese europeo all’altro – e tra queste una percentuale significativa di italiani, […] – mentre la meta’ scarsa proviene dai paesi extra UE.
Ma nello stesso anno gli emigrati in uscita dall’Europa sono stati ben 3.080.850. L’impressione di flussi a una sola direzione, o di “invasione”, come molti media e parte significativa della politica raccontano, viene dunque ulteriormente smentita: di fatto, non risponde a verita’ statistica – o ne racconta solo una parte […]
Il paradosso, semmai, e’ che la motivazione dei nuovi permessi di soggiorno legata al lavoro – che storicamente e’ sempre stata, come intuitivo, maggioritaria, e come nota il Rapporto ISTAT costituiva ancora il 64% dei permessi nel 2009– si
riduce a meno del 10% nel 2015 e addirittura alla meta’ nei due anni successivi: un nonsense, visto che la maggior parte degli immigrati viene qui per cercare lavoro […]
Un risultato dovuto a una legislazione che non vuole permettere agli immigrati di venire in Italia per questo motivo, al punto che il lavoro e’ diventato soltanto la quarta ragione di ottenimento del permesso di soggiorno.
Prevalgono quindi i permessi per motivi di famiglia (il 43,2% nel 2017) e per asilo o protezione umanitaria (38,5%, anche se a seguito della diminuzione degli sbarchi possiamo aspettarci una loro significativa diminuzione in futuro), e sono di più persino i permessi per studio […]
Il paradosso e’ evidente: piu’ lavoratori abbiamo, piu’ alto e’ il reddito prodotto, minori i bisogni in termini di welfare, maggiori i livelli di integrazione.
Noi invece facciamo di tutto, con la nostra legislazione, per scoraggiarli: demonizzandoli quasi, quelli che chiamiamo migranti economici, dicendo “i richiedenti asilo – di solito si aggiunge: quelli veri – si’, ma i migranti economici no”. Poi pero’ i richiedenti asilo di fatto non li facciamo lavorare regolarmente […]
Con l’ottimo risultato che i lavoratori regolari di cui c’e’ bisogno non ci sono, e si gonfia in compenso, in proporzione, il mercato del lavoro in nero, irregolare, e con esso diminuiscono le prospettive di integrazione, aumentando in parallelo la percezione di insicurezza – un capolavoro.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858139868
http://www.avantionline.it/la-spirale-del-sottosviluppo-pesa-sul-futuro-dellitalia/

Populismo/Levitsky

Steven Levitsky, Daniel Ziblatt – Come muoiono le democrazie -Laterza (2019)

Due sono le norme fondamentali per il buon funzionamento di una democrazia: la tolleranza reciproca e la temperanza istituzionale.
La tolleranza reciproca si riferisce all’idea che fintanto che i nostri rivali giocano secondo le regole costituzionali, accettiamo il fatto che abbiano lo stesso nostro diritto a esistere, competere per il potere e governare.
Possiamo dissentire dai nostri rivali, possiamo anche trovarli sgradevoli, ma li accettiamo comunque come legittimi.
Questo significa riconoscere che i nostri avversari politici sono cittadini per bene, patriottici e rispettosi della legge, che amano il nostro paese e rispettano la nostra Costituzione esattamente come noi.
Significa che anche se siamo convinti che le idee dei nostri avversari siano scriteriate o sbagliate, non le vediamo come una minaccia esistenziale […]
La temperanza istituzionale puo’ essere concepita come tutti quegli sforzi finalizzati a evitare azioni che, pur rispettando la lettera della legge, ne violano palesemente lo spirito […]
La temperanza istituzionale ha le sue origini in una tradizione vecchia quanto la democrazia stessa. Ai tempi in cui i re proclamavano il loro diritto divino a governare, le basi dell’autorita’ monarchica derivavano dall’approvazione religiosa, non esisteva nessun vincolo morale che limitasse legalmente il potere del sovrano. Tuttavia, molti dei monarchi europei predemocratici agivano con temperanza. Essere pio, d’altronde, significava necessariamente avere saggezza e capacita’ di autocontrollo […]
Esattamente come le monarchie per diritto divino, anche le democrazie necessitano di temperanza.
Pensiamo alla democrazia come a un gioco che vogliamo giocare all’infinito. Per garantire che possa continuare anche in futuro, i giocatori devono evitare di mettere l’altra squadra in condizioni di non gareggiare, o di inimicarsela a tal punto che si rifiutera’ di continuare a giocare. Se i rivali abbandonano la competizione, non potranno piu’ esserci altre partite. Questo significa che si’, gli individui giocano per vincere, ma devono farlo con una certa misura.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858135280
https://www.stroncature.com/2019/10/08/come-muoiono-le-democrazie/
https://www.eunews.it/2019/09/20/muoiono-le-democrazie/120948

Populismo/Urbinati

Nadia Urbinati – Io, il popolo. Come il populismo trasforma la democrazia – Il Mulino (2020)

I populisti affermano che la democrazia costituzionale non e’ riuscita a mantenere la promessa che tutti i cittadini potessero godere di egual potere politico; una volta al potere, essi lavorano incessantemente per dimostrare che il capo di governo e’ un’incarnazione del popolo e che e’ giusto che si ponga contro e al di sopra di tutti, cosi’ da riparare alle manchevolezze della democrazia costituzionale.
I populisti ritengono che, poiche’ il capo e il popolo si sono fusi, il ruolo della deliberazione e della mediazione possa essere drasticamente ridotto e la volonta’ del popolo possa esprimersi in modo piu’ vigoroso, piu’ decisionista […]
Il populismo […] si mostra intollerante nei confronti delle liberta’ civili, nella misura in cui: 1) attribuisce esclusivamente alla maggioranza il compito di risolvere i conflitti sociali; 2) tende a dissolvere la mediazione delle istituzioni sottomettendo queste ultime direttamente alla volonta’ della maggioranza di governo e del suo capo; e 3) costruisce una rappresentanza del popolo che, se da una parte include la larga maggioranza, d’altra parte esclude a priori la restante parte […]
I populisti cercano di costruire una forma di rappresentanza che faccia piazza pulita del governo dei partiti e del meccanismo che genera le elite politiche, impone compromessi e mediazioni e alimenta un pluralismo che frammenta il popolo.
Se il principio che presiede alla democrazia rappresentativa e’ la liberta’ politica – e quindi la possibilita’ del dissenso, del pluralismo e del compromesso – quello che presiede al populismo e’ l’unita’ della collettivita’ che sostiene il leader nelle sue decisioni. Alla luce di cio’, possiamo comprendere come il populismo al potere sia una forma di governo rappresentativo fondato sulla relazione diretta tra il capo e il popolo «vero»: quella parte che il capo chiama a raccolta e porta al potere e che le elezioni rivelano senza davvero creare, perche’ il popolo «vero» c’e’ gia’, anche se nessun partito dell’establishment lo vede e lo rappresenta.

Info:
http://ilrasoiodioccam-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2020/05/08/nadia-urbinati-e-il-populismo/
https://www.vaticannews.va/it/osservatoreromano/news/2020-03/la-verita-vi-prego-sul-populismo.html
https://www.fatamorganaweb.unical.it/index.php/2020/01/27/dal-populismo-al-popolo-democrazia-nadia-urbinati/