Capitalismo/Azzara’

Stefano Azzara’ -Il virus dell’occidente. Universalismo astratto e sovranismo particolarista di fronte allo stato di eccezione – Mimesis (2020)

Nel “dominio capitalistico del mondo” sono presenti a guardar bene “due differenti tipi di capitalismo”, i quali si contendono il futuro.
Da una parte abbiamo “il capitalismo meritocratico liberale che si e’ sviluppato in maniera crescente in Occidente negli ultimi due secoli”, mentre dall’altro c’e’ “il capitalismo politico o autoritario guidato dallo Stato” […]
Questi due modelli “differiscono non solo nella sfera politica ma anche in quella economica e, in misura minore, in quella sociale” e sono – come detto – in “competizione”, anche se e’ difficile che uno di essi finisca per “dominare l’intero globo” eliminando totalmente l’altro.
Il “capitalismo meritocratico liberale” e’ quel sistema nel quale “la maggior parte della produzione e’ promossa con mezzi di produzione privati, il capitale acquista in maniera legale forza lavoro libera e il coordinamento e’ decentralizzato… e la maggior parte delle decisioni di investimento sono prese da compagnie private o da imprenditori individuali” […]
Il “capitalismo politico”, invece, e’ rappresentato in primo luogo dalla Cina, alla quale soprattutto si deve l’eccezionale sviluppo che ha portato l’Asia in pochi decenni a recuperare il gap accumulato con l’Occidente negli anni della Grande Divergenza, fino al ripristino di un equilibrio comparabile a quello precedente all’epoca delle colonizzazioni e in particolare tra il 1820 e la Prima guerra mondiale.
L’apertura e le riforme avvenute in quel paese, il quale si e’ inserito nell’economia mondiale e nelle catene del valore globali trascinando un intero continente, hanno avuto un ruolo decisivo in questo processo.
Non si tratta pero’ soltanto di un successo economico: “il riequilibrio economico del mondo” – che comunque in Occidente produce svantaggi per “un significativo numero di persone”, provocando ostilita’ verso la globalizzazione e aizzando rivolte populiste –, non e’ solo una questione geografica ma e’ anche una questione politica. Il successo economico della Cina mette infatti per la prima volta in discussione la pretesa occidentale che ci sia “un nesso necessario tra capitalismo e democrazia liberale”, dato che l’efficienza economica cinese e’ stata superiore in questi decenni a quella dei paesi occidentali […] “una burocrazia altamente efficiente e tecnocraticamente esperta” guida il sistema avendo “come suo principale dovere la realizzazione di una elevata crescita economica” e “implementa le politiche che permettono di realizzare questo obiettivo” attraverso una ferrea irregimentazione della societa’ e delle liberta’ individuali.
E’ un programma che puo’ essere realizzato consentendo un’espansione anche illimitata delle forze private sul piano economico ma che di questa presenza imprenditoriale limita con rigore “il ruolo politico” e la capacita’ di “imporre le sue preferenze sulle politiche dello Stato”.
Proprio questa unione di sviluppo economico capitalistico e autoritarismo statale e’, come gia’ sappiamo, il “modello del capitalismo politico”, nel quale lo Stato “conserva una significativa autonomia nel seguire politiche di interesse nazionale” e agisce in chiave mercantilistica, controllando il settore privato e rendendolo funzionale a questo obiettivo […]
Questa caratteristica fondamentale e sistemica del capitalismo politico implica pero’ necessariamente l’impossibilita’ di introdurre in maniera effettiva in questi paesi la “rule of law” e cioe’ il principio di imparzialita’ di fronte agli attori economici e sociali ma anche il principio che protegge gli individui da ogni ingerenza nella loro sfera privata, perche’ l’“arbitrarieta’” da parte dei governanti, ovvero “l’uso arbitrario del potere”, e’ imprescindibile per il suo funzionamento, dato che chi comanda vuole indirizzare lo sviluppo verso obiettivi politici approfittandone simultaneamente per accrescere il proprio potere o la propria ricchezza personale.
Lo stesso vale per la chiara identificazione delle diverse forme di proprieta’, la cui vaghezza consente al potere politico di favorire ora questi soggetti ora altri e comunque di tenere sotto controllo la popolazione.

Info:
https://www.mimesisedizioni.it/rassegna/il-manifesto-virus-occidentali-e-le-aspre-contese-delle-due-destre-su-il-virus-delloccidente-di-stefano-g.-azzara-.pdf
https://www.lacittafutura.it/recensioni/il-virus-dell%e2%80%99occidente
https://sinistrainrete.info/societa/18241-stefano-g-azzara-il-virus-dell-occidente.html

Economia di mercato/Barba

Aldo Barba, Massimo Pivetti – La scomparsa della sinistra in Europa – Meltemi (2016)

In un contesto di tendenziale stagnazione, per i capitalisti e i loro rappresentanti l’unico modo per poter continuare ad assicurarsi la crescita dei profitti e’ quello di accaparrarsi una quota piu’ grande del prodotto sociale, abbassando i salari e appropriandosi di pezzi dell’apparato produttivo precedentemente riservati allo Stato […]
Le privatizzazioni, avviate in Europa dalla destra alla fine degli anni Settanta, raggiunsero il loro apice nel corso degli anni Novanta ad opera soprattutto di forze politiche di sinistra: in Francia Jospin, dal 1997 al 2002, privatizzo’ piu’ dei governi Balladur e Juppe; in Italia, tra il 1996 e il 2000 i governi Prodi, D’Alema e Amato realizzarono le grandi privatizzazioni delle banche e delle telecomunicazioni; in Inghilterra, Blair apri’ all’impresa privata il territorio dei servizi pubblici essenziali (carceri, ospedali e istruzione) attraverso le privatizzazioni striscianti dei partenariati pubblico-privato […]
Meritano pero’ qui di essere innanzitutto segnalati due filoni di pensiero nei quali ha finito per riconoscersi una parte della sinistra antagonista. Da un lato, la militanza ecologista ha favorito un crescente diffondersi al suo interno di una sorta di ideologia della frugalita’, ossia di un punto di vista ostile alla crescita economica tout court, indipendentemente dal contesto culturale e dalle politiche suscettibili di promuoverla.
Dall’altro e indipendentemente dal filone della “decrescita”, anche all’interno della sinistra antagonista si e’ finito per flirtare con la tesi […] secondo cui fattori strutturali di natura tecnologica e demografica, piuttosto che linee di politica economica riflettenti i rapporti di forza venutisi a stabilire all’interno del capitalismo avanzato nel corso degli ultimi decenni, avrebbero determinato una sua ineludibile tendenza alla stagnazione.
Per il primo di questi due punti di vista la crescita della produzione e del consumo non sarebbe auspicabile e andrebbe combattuta; per il secondo, auspicabile o meno, la crescita sarebbe in ogni caso impedita da fattori oggettivi e le politiche economiche potrebbero farci ben poco […]
La sinistra europea si e’ suicidata.
La sua scomparsa non puo’ essere spiegata in termini di opportunismo politico: l’abbandono nel corso degli ultimi decenni dei suoi programmi di progresso economico e sociale, lungi dall’ampliare e consolidare la base del suo potere, ha portato sistematicamente alla perdita del consenso che proprio quei programmi le avevano assicurato nel corso dei Trenta gloriosi.
D’altro canto, non e’ evidentemente neppure spiegabile in termini di opportunismo individuale, sebbene quest’ultimo sia stato per numerosi esponenti della sinistra estremamente remunerativo sotto il profilo del carrierismo e dell’arrampicamento sociale: per quanto vergognosa possa essere stata la sua fine, significherebbe confondere le cause con gli effetti

Info:
https://appelloalpopolo.it/?p=26090
https://www.sinistrainrete.info/politica-economica/11279-aldo-barba-e-massimo-pivetti-la-scomparsa-della-sinistra-in-europa.html
http://mondifantastici.blogspot.com/2018/04/la-scomparsa-della-sinistra-in-europa.html

Europa/Habermas

Jurgen Habermas, Wolfgang Streeck – Oltre l’austerita’. Disputa sull’Europa – Castelvecchi (2020)

L’aumento incontrollato e preoccupante del debito statale dei paesi del Sud Europa, al centro della polemica politica in quel momento, non potevano essere imputati in alcun modo a un «eccesso di democrazia»: ossia a una crescita incontrollata di richieste da parte della popolazione, che aveva prelevato per se’ troppe risorse negli ultimi decenni, attingendo ai fondi pubblici e vivendo al di sopra delle sue reali possibilita’ […]
Gli Stati venivano trasformati in soggetti collettivi dotati di responsabilita’ individuale e, come tali, messi gli uni contro gli altri, da una parte quelli spendaccioni, un po’ indolenti e corrotti del Sud Europa, dall’altra quelli del rigore virtuoso del Nord, di modo che alla fine la solidarieta’ di questi ultimi nei confronti dei primi doveva apparire anche come una punizione […]
La crisi del debito sovrano dei paesi europei andava letta, all’opposto, come l’esito ultimo della complessiva perdita di potere politico da parte della democrazia di massa, registratasi in tutti gli Stati occidentali negli ultimi decenni, e conseguente alla vittoria del neoliberismo nei confronti del capitalismo democratico del dopoguerra.
La crisi debitoria in corso non era stata, quindi, l’effetto di un eccesso di spesa, come volevano i teorici neoliberisti del common pool che si erano occupati del fallimento dello Stato fiscale, ma al contrario la conseguenza del fatto che i gruppi che avevano beneficiato maggiormente dell’economia capitalistica negli ultimi decenni avevano versato nelle casse dello Stato sempre meno, godendo di tagli fiscali, nonostante il loro reddito e il loro patrimonio fossero aumentati costantemente, a spese di coloro che avevano invece continuato a vivere di salario.
Il dibattito pubblico neonazionalista aveva fatto apparire il sovraindebitamento nazionale come un’accusa mossa contro i cittadini di un certo paese, che avevano fatto una vita comoda a spese dei cittadini di altri paesi.

Info:
https://open.luiss.it/2021/04/02/un-destino-comune-nel-nome-della-solidarieta/
https://www.lafionda.org/2021/03/30/quali-prospettive-per-la-solidarieta-europea-nello-scenario-post-covid/
https://www.reset.it/articolo/come-nasce-leuropa-streit-tra-jurgen-habermas-e-wolfgang-streeck
https://www.sinistrainrete.info/crisi-mondiale/19326-paolo-ortelli-capitalismo-e-democrazia-catastrofe-o-rivoluzione.html

Europa/Pennacchi

Laura Pennacchi – Democrazia economica. Dalla pandemia a un nuovo umanesimo – Castelvecchi (2021)

Cio’ che da governatore Raghuram Rajan ha detto per l’India – e cioe’ che the export-driven model of economic growth is dead – vale ancor piu’ per l’Europa.
Vi e’ un doppio movimento che spinge in tale direzione.
Da un lato un continente con il piu’ grande, il piu’ sofisticato e il piu’ avanzato mercato interno del mondo non ha buone ragioni per continuare nel modello di crescita trainato dalle esportazioni che lo ha guidato per tutto il secondo dopoguerra.
Dall’altro lato la ritirata della globalizzazione, inevitabilmente accentuata dalla vicenda del coronavirus, mette in dubbio […] la scelta storica europea di basare la propria crescita sull’export.
Tutto cio’ apre rilevanti opportunita’ a un Paese come l’Italia che [..] e’ l’unico Paese europeo ad avere i margini – cioe’ milioni di lavoratori inoccupati e miliardi di investimenti mancati da recuperare – per compensare, contribuendo a ricostruire catene europee nel settore medico-farmaceutico, nell’energia ambientale, nelle Tlc, nel 5G, nel controllo dei dati e cosi’ via, posto che il vantaggio di costo dell’Est Europa e dell’Asia e’ oggi molto inferiore a quello di vent’anni fa e sarebbe primario interesse dei Paesi europei maggiori esportatori (Germania e Olanda in primo luogo) neutralizzare con un’Italia in pieno impiego di lavoro e capitale l’enorme perdita di Pil europeo che provoca il dimezzamento della bilancia con l’estero causato dalla pandemia.
Anche sotto questo profilo appare straordinario il potenziale racchiuso nel Piano Next Generation Eu adottato dall’Europa.

Info:
https://www.rivisteweb.it/doi/10.7384/101090
https://www.castelvecchieditore.com/2021/03/06/democrazia-economica-di-laura-pennacchi/

Geoeconomia/Banos

Pedro Banos – Cosi’ si controlla il mondo – Rizzoli (2020)

Gli USA non permetteranno mai l’esistenza di una vera Europa unita, come del resto non possono permettere che l’UE si unisca alla Russia poiche’ questo rappresenterebbe un grave danno geopolitico ed economico.
Tuttavia, bisognera’ aspettare l’evolversi degli eventi: l’Europa e’ sempre stata alleata della Casa Bianca e un’Europa debole non farebbe comodo agli Stati Uniti, che si ritroverebbero a far fronte a nuove sfide.
In un mondo globalizzato, dove le minacce alla pace e alla sicurezza internazionale vanno combattute costituendo un fronte compatto, ovverosia a livello multilaterale, gli Stati Uniti sanno che gli alleati sono importanti e vanno rispettati.
Dal canto suo, l’Europa e’ consapevole che, se preso individualmente, nessuno dei suoi Stati membri ha un peso sufficiente nella comunita’ internazionale e che se i Paesi europei vogliono far valere i propri interessi – necessita’ basilare in ogni strategia – devono restare uniti. Anzi esserlo sempre di piu’.
O almeno in teoria dovrebbe essere cosi’, anche se si sente spesso parlare di un’«Europa a due velocita’»

Info:
https://dasapere.it/2020/11/22/pedro-banos-racconta-come-si-controlla-il-mondo/
https://www.startmag.it/mondo/come-la-cina-prova-a-fare-la-parte-del-dragone/

Populismo/Zielonka

Jan Zielonka – Contro.rivoluzione. La disfatta dell’Europa liberale – Laterza (2018)

L’ondata antiliberale ha molte varianti locali.
Cio’ e’ dovuto in parte al fatto che contano le personalita’ presenti nell’agone politico locale e in parte al 
fatto che le situazioni culturali, economiche e geo-politiche variano da luogo a luogo […]
Alcuni degli insorgenti anti-establishment sono neofascisti, altri sono neocomunisti; alcuni insistono sull’austerita’, altri insistono sui musulmani; alcuni sono secessionisti, altri sono nazionalisti; alcuni sono moderati, altri sono estremisti.
Ma tutti hanno una cosa in comune: sono contrari all’ordine liberale e ai suoi progetti chiave come l’integrazione europea, il liberalismo costituzionale e l’economia liberista.
I migranti sono diventati il punto centrale nella maggior parte delle loro campagne politiche, perche’ i migranti rappresentano un prodotto essenziale della politica liberale di apertura dei confini, di protezione delle minoranze e di configurazione dell’interdipendenza economica.
In questo senso, l’Italia e’ uguale al resto del continente.

Info:
https://ilmiolibro.kataweb.it/recensione/catalogo/440518/chi-ha-lasciato-senza-difese-la-democrazia/
https://www.pandorarivista.it/articoli/contro-rivoluzione-jan-zielonka/3/
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858129937
https://www.atlanticoquotidiano.it/recensioni/rivoluzione-la-disfatta-delleuropa-liberale-jan-zielonka/

 

Europa/Balibar

Etienne Balibar – Crisi e fine dell’Europa? – Bollati Boringhieri (2016)

In realtà, quello che si sta costituendo in Europa e’ un fronte transnazionale del rifiuto dei rifugiati e dei migranti, in cui i gruppi apertamente razzisti e violenti sono solo la punta piu’ estrema e i cui argomenti oscillano tra il pragmatismo («da noi non c’e’ posto»), l’ideologia identitaria (un afflusso di musulmani minaccia di snaturare l’Europa cristiana, o laica, a seconda dei Paesi) e le questioni di sicurezza (tra i rifugiati si nascondono i jihadisti).
Con tutta probabilita’ siamo destinati ad assistere per la prima volta a quello che finora non era mai riuscito: l’affermazione in Europa di un «partito» unificato populista e xenofobo, antimmigrati e antirifugiati.

Info:
https://www.lindiceonline.com/osservatorio/economia-e-politica/balibar-crisi-europa-ordoliberale/
https://www.illibraio.it/libri/etienne-balibar-crisi-e-fine-delleuropa-9788833928449/
https://left.it/2019/04/13/balibar-leuropa-va-rifondata-aprendo-i-confini/

GreenNewDeal/Pettifor

Ann Pettifor – Il Green New Deal. Cos’e’ e come possiamo finanziarlo – Fazi (2020)

La valuta europea – l’euro – e’ strutturata per togliere alle banche centrali degli Stati membri la funzione di prestatore di ultima istanza, senza creare una tale funzione a livello europeo.
Senza il supporto della propria banca centrale, gli Stati della zona euro sono obbligati a rivolgersi ai mercati dei capitali privati e globalizzati per soddisfare i propri fabbisogni finanziari. Allo stesso tempo, le rigide “regole del gioco” incorporate nei trattati UE privano i governi di qualsivoglia autonomia economica.
E’ questa mancanza di autonomia la causa principale della crisi economica e sociale, nonche’ dell’instabilita’ politica, che oggi vediamo nell’eurozona. Paesi come la Grecia, l’Italia e persino la Francia o la Germania non hanno il potere di adattare le proprie economie ai mercati, alle condizioni e agli interessi nazionali.
Questa impotenza economica fa infuriare i cittadini e ha portato all’ascesa di quel fenomeno che viene eufemisticamente chiamato “populismo”.
Ma la verita’ e’ che i paesi dell’eurozona non sono gli unici a essere subordinati all’autorita’ privata dei mercati finanziari globalizzati e dollarizzati. Tutti gli Stati democratici sono impotenti di fronte a un sistema monetario globale “governato” dalle forze del mercato privato.
Questo rappresenta un notevole ostacolo per il Green New Deal, perche’ gli attori attivi sui mercati finanziari globalizzati e deregolamentati hanno ben poco interesse ad aiutare gli Stati ad allentare la loro dipendenza dai combustibili fossili e dallo strapotere delle multinazionali che estraggono, distribuiscono e si arricchiscono grazie ai quei combustibili

Info:
https://www.iconaclima.it/sostenibilita/vivere-green/consigli-di-lettura-il-green-new-deal-di-ann-pettifor/
https://www.alliancesud.ch/it/politica/politica-fiscale-e-finanziaria/il-green-new-deal-secondo-pettifor

Geoeconomia/Banos

Pedro Banos – Cosi’ si controlla il mondo. I meccanismi segreti del potere globale – Rizzoli (2020)

Le compagnie militari e di sicurezza private, i cui membri sono chiamati «contractor», vengono ingaggiate per compiere azioni che uno Stato non puo’ o non vuole attuare direttamente con le proprie risorse […]
A esse si fa ricorso piu’ spesso negli ultimi due decenni, in seguito alla riduzione dei contingenti militari dopo la fine della Guerra fredda, a causa della moltiplicazione dei conflitti asimmetrici e a bassa intensita’, e anche per il rifiuto di coinvolgere le proprie forze armate da parte di molti Paesi occidentali, preoccupati delle ripercussioni che l’eventuale perdita di militari possa avere sulla popolazione.
Oltre che negli scenari di guerra, il loro impiego si e’ ampliato ad altri settori, come quelli della lotta al narcotraffico o alla pirateria, per proteggere la consegna degli aiuti umanitari da parte delle ONG e dell’ONU, oppure per far fronte al terrorismo in Afghanistan, Pakistan e Iraq (dove, per esempio, nel 2007, i contractor erano piu’ numerosi dei militari regolari).
Di solito queste societa’ appartengono, o sono collegate, a gruppi di potere politico ed economico, hanno sede legale in paradisi fiscali e la cambiano di frequente per evitare i controlli.
Le attivita’ delle compagnie private generano migliaia di milioni di dollari l’anno ed esse sono acquirenti di armi e tecnologie militari d’avanguardia, una vera e propria benedizione per le multinazionali del settore. I contractor di solito provengono da esercito, servizi di intelligence e forze di polizia, ma ci sono anche i membri di alcune bande. L’età media va dai trentacinque ai quarant’anni.
I vantaggi che queste compagnie offrono agli Stati rispetto alle forze regolari sono numerosi: maggiore redditivita’ economica (essendo, quello che offrono, un servizio «in appalto», e’ possibile rescindere il contratto appena non risulti piu’ necessario; non richiedono alcuna forma di assistenza sociale (sanita’, aiuti alle famiglie, pensioni e cosi’ via) ne’ investimenti per la loro formazione; sono affidabili perche’ composte da professionisti di comprovata esperienza. Inoltre, garantiscono una maggiore efficienza (per capacita’, preparazione e mezzi), assoluta riservatezza, distacco totale rispetto alle reazioni dell’opinione pubblica, grande disponibilita’, flessibilita’ ed estrema specializzazione. Infine, ma non meno importante, permettono di eludere restrizioni e responsabilita’.
Queste organizzazioni hanno pero’ anche i loro svantaggi, tra cui la completa inosservanza del diritto internazionale, soprattutto nei conflitti armati […]
L’attuale inimicizia dei Paesi occidentali – rappresentati militarmente dalla NATO – verso la Russia e’ stata favorita dall’America per un doppio scopo: da una parte quello di contenere la Russia, emergente potenza rivale, e dall’altra quello di creare un nemico ad alleati e amici – i Paesi europei – affinche’ questi chiedessero protezione agli Stati Uniti, riconoscendo in qualche modo la loro superiorita’, e acquistassero armi.
A parte il fatto che la Russia, come qualsiasi altra nazione con le sue caratteristiche, ha le proprie aspirazioni geopolitiche, l’obiettivo geostrategico degli Stati Uniti nell’inimicare la Russia al resto dei Paesi europei e’ impedire, a qualsiasi costo, un’unione tra Russia e UE perche’, come dice George Friedman, una simile coalizione creerebbe una potenza difficile da contenere. Come si e’ gia’ visto, un’unione russo-europea decreterebbe la nascita di una superpotenza altamente competitiva (quanto a tecnologia, risorse naturali, energia, popolazione, mercato, cultura, mezzi militari e nucleari eccetera), capace di minacciare seriamente la leadership degli Stati Uniti

Info:
https://dasapere.it/2020/11/22/pedro-banos-racconta-come-si-controlla-il-mondo/
https://www.startmag.it/mondo/come-la-cina-prova-a-fare-la-parte-del-dragone/

Stato/Stiglitz

Joseph E. Stiglitz – Riscrivere l’economia europea. Le regole per il futuro dell’Unione – il Saggiatore (2020)

Il livello di solidarieta’ sociale che la maggior parte dei paesi europei era riuscita a raggiungere dopo la Seconda guerra mondiale si basava su un patto, condiviso tra tutte le forze politiche, di mutua responsabilita’ per i propri concittadini.
Lo Stato sociale europeo e’ stato l’incarnazione di questo consenso.
L’Unione europea, l’euro, la globalizzazione e tutti gli altri cambiamenti economici emersi negli ultimi cinquant’anni avrebbero dovuto condurre – grazie anche ai progressi della tecnologia – a una nuova era di prosperita’ destinata a portare vantaggi a tutti.
Ma le cose non sono andate cosi’: le disparita’ appaiono piu’ grandi che mai e, specialmente dopo la crisi dell’euro, il reddito di ampi settori della popolazione e’ stagnante o addirittura diminuisce […]
I sistemi di assicurazione sociale – intesi come insieme di piani assicurativi pubblici per proteggere i cittadini contro i maggiori rischi cui sono esposti – devono restare al centro dello Stato sociale.
Eppure, queste conquiste decisive vengono attaccate da anni.
Una discussione fondata su informazioni fuorvianti ha diffuso l’idea che la protezione sociale nelle sue varie forme, e piu’ in generale lo Stato sociale, rappresentino un ostacolo al funzionamento efficiente di una economia di mercato e vadano dunque ridimensionati.
Inoltre, alcuni fondamentalisti del libero mercato hanno affermato che, al fine di rendere l’economia piu’ efficiente, bisognerebbe trasferire il piu’ possibile la protezione sociale nel settore privato, a partire dai sistemi pensionistici.
Secondo i neoliberisti le societa’ europee vivono quasi tutte al di sopra dei loro mezzi, hanno un sistema di protezione che va ben oltre le loro possibilita’ finanziarie, e programmi per gli anziani che gravano sulle generazioni future e ostacolano la crescita dell’economia

Info:
https://www.linkiesta.it/2020/05/nobel-stigliz-come-riscrivere-economia-europea/
http://temi.repubblica.it/micromega-online/al-capezzale-dell-europa/
https://www.ilsaggiatore.com/libro/riscrivere-leconomia-europea/