Europa/Tocci

Fuori dal tunnel. Come l’Europa puo’ suoerare la grande crisi – Nathalie Tocci – Solferino (2023)


L’Europa, e in particolare l’Unione europea, giocheranno probabilmente un ruolo fondamentalmente diverso nell’odierna competizione globale rispetto a quanto visto durante la Guerra fredda.
Nel XX secolo, l’Europa rappresentava per gli Stati Uniti e per l’Urss un’importante fetta della torta da spartirsi, tanto che la Guerra fredda inizio’ appunto in Europa, quando il nostro continente venne diviso in due parti alla fine della Seconda guerra mondiale.
L’odierna rivalita’ strategica tra Stati Uniti e Cina si svolge invece principalmente in ambito economico e tecnologico, piu’ che territoriale. In questo contesto l’Ue non e’ piu’ sul tavolo, ma ha piuttosto un posto a tavola, una tavola economica e tecnologica alla quale si giochera’ alternando di volta in volta rivalita’, competizione e cooperazione.
A questo gioco globale, un’Europa alla ricerca di sicurezza e transizione dovra’ rafforzare la propria autonomia e affrontare scelte difficili che riguardano i rapporti transatlantici e le relazioni con Pechino.

Info:
https://elastica.eu/speakers/nathalie-tocci/
https://www.pandorarivista.it/event_listing/l-europa-nella-crisi-conflitti-energia-sicurezza-con-donato-bendicenti-e-nathalie-tocci/

Europa/Tocci

La grande incertezza. Navigare le contraddizioni del disordine globale – Nathalie Tocci – Mondadori (2024)

Per potersi difendere in un mondo conflittuale, bisogna investire sulla difesa. Ma se e’ vero che «quanto» si spende e’ importante, lo e’ altrettanto il «come».
Negli anni dell’ordine liberale internazionale non solo diminuirono le spese militari ma cambio’ anche lo scopo della difesa nei paesi occidentali. In Europa, la necessita’ percepita di una difesa territoriale del continente calo’ sensibilmente, mentre prese quota l’idea che le forze armate servissero per operazioni cosiddette «di spedizione», ossia mirate a gestire e stabilizzare crisi – spesso guerre civili – negli angoli più remoti del globo […]
In tutti questi casi, che in gergo Nato venivano definiti «fuori area» (ossia fuori dall’area geografica in cui si applica la difesa collettiva della Nato), serviva certamente la forza militare, ma si trattava di capacita’ specifiche, in prevalenza nell’ambito aeronautico e marittimo, cosi’ come nelle forze speciali e di antiterrorismo.
Inoltre, non dovendosi realmente preparare alla protezione del territorio, l’industria della difesa europea si e’ concentrata sulla produzione di pochi, selezionati sistemi d’arma tecnologicamente avanzati, piu’ che sulla produzione in massa di assets a basso o medio contenuto tecnologico.
Questo ha portato al consolidamento nel settore, con la dismissione di fabbriche di armi nella ricerca di maggiore efficienza, e la cessazione di produzione di segmenti poco profittevoli come quello delle munizioni.
Ora lo scenario strategico si e’ capovolto.
La priorita’ non e’ piu’ quella di partecipare a missioni in giro per il mondo, ancor meno a operazioni mirate al cambio di regime in paesi autoritari. La priorita’ e’ tornata a essere la difesa nel senso piu’ tradizionale del termine: il continente europeo e’ in guerra e la sua sicurezza territoriale minacciata.
D’un tratto gli eserciti hanno ripreso a essere rilevanti e ci sono paesi europei che considerano di introdurre nuovamente la leva.
In quanto a capacita’ militari, non servono solo qualche nave e caccia ad alto contenuto tecnologico, ma molti carri armati, sistemi di difesa aerea, missili, munizioni e pezzi di ricambio, in alcuni casi dotazioni che credevamo appartenenti al passato. Questo perche’ la guerra in Ucraina manifesta caratteristiche tanto da XX quanto da XXI secolo.
Per certi versi e’ una guerra di ieri, fatta di centinaia di migliaia di soldati in trincea, di carri e di artiglieria pesante. Per altri versi e’ una guerra di domani, fatta di droni, satelliti e attacchi cibernetici.
Per combattere una guerra vecchia e nuova al tempo stesso, serve tanto di tutto.

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https://formiche.net/2024/10/grande-incertezza-libro-nathalie-tocci/#content

 

Europa/Tocci

La grande incertezza. Navigare le contraddizioni del disordine globale – Nathalie Tocci – Mondadori (2024)

Nell’eta’ dell’insicurezza, l’Europa non puo’ fare a meno di un bilancio comune adeguato per affrontare le sfide epocali in corso.
Il modello economico europeo che si basava sulla dipendenza dagli Stati Uniti per la difesa, dalla Russia per l’energia e dalla Cina per l’industria e’ a soqquadro. Questo significa da un lato ridurre drammaticamente le attuali voci di spesa del bilancio comunitario che riflettono un’era passata: oggi il 30 per cento del bilancio europeo e’ destinato all’agricoltura, un’aberrazione se si pensa alle priorita’ del XXI secolo.
Dall’altro, significa fare un balzo in avanti nell’integrazione europea verso un’unione fiscale, necessaria per assicurare gli investimenti nei beni pubblici europei, come la difesa, il clima e l’energia, la salute pubblica e la tecnologia.
Ma per renderla possibile serve che paesi reticenti come la Germania gettino il cuore oltre l’ostacolo, rendendo programmi quali Next Generation EU strutturali, ma anche che paesi come l’Italia dimostrino serieta’ nel perseguire le riforme necessarie per rimettere i conti pubblici in ordine.
D’altronde non si puo’ pretendere che la Germania paghi di piu’ se l’Italia, che ne beneficerebbe, non dimostra responsabilita’ ed efficienza nella spesa pubblica.
Detto questo, non tutto si riduce alla spesa pubblica.
L’aumento della produzione industriale europea richiede in primo luogo investimenti privati, che fioriscono quando sono presenti altre condizioni essenziali.
Sono fondamentali l’ammodernamento delle infrastrutture, la semplificazione burocratica, la formazione professionale e un sistema di immigrazione che possa compensare il declino demografico del continente e attrarre manodopera ed eccellenze globali.

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Geoeconomia/Tocci

La grande incertezza. Navigare le contraddizioni del disordine globale – Nathalie Tocci – Mondadori (2024)

L’invasione dell’Iraq, giustificata dalla menzogna delle armi di distruzione di massa e in violazione del diritto internazionale, rappresento’ l’apice dell’egemonia statunitense, la manifestazione piu’ eclatante dell’hybris imperiale e, di conseguenza, l’inizio del suo declino. In quel momento non era chiaro che il potere relativo degli Stati Uniti fosse sul punto di diminuire.
Per quanto Washington avesse dichiarato guerra globale al terrorismo, e’ sempre stato evidente che le organizzazioni terroristiche, a partire da al-Qaeda, non rappresentavano una reale minaccia al potere americano […]
Al-Qaeda non ha mai avuto la capacita’, ne’ in fondo l’ambizione, di rappresentare una minaccia esistenziale per gli Stati Uniti o di competere da pari con la superpotenza statunitense.
Che il potere relativo di Usa ed Europa fosse in declino relativo si capi’ qualche anno piu’ tardi. A partire dal 2005-06, scoppio’ la bolla del mercato immobiliare americano. Con il crollo dei prezzi degli immobili, i proprietari iniziarono ad abbandonare i loro mutui, causando un collasso dei titoli garantiti da ipoteca e, conseguentemente, innescando la bancarotta o il ricorso al salvataggio di diverse banche, a partire da Lehman Brothers nel settembre 2008. La bancarotta di Lehman Brothers, e la sottostante crisi finanziaria, sfocio’ nella Grande Recessione che duro’ fino all’estate del 2009.

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Europa/Tocci

La grande incertezza. Navigare le contraddizioni del disordine globale – Nathalie Tocci – Mondadori (2024)


Ci sono poi motivi specifici per il disprezzo dell’integrazione europea.
Effettivamente la Ue e’ un costrutto intrinsecamente liberale. Nonostante il progetto europeo nascesse negli anni Cinquanta, l’Europa che conosciamo e’ quella dagli anni Ottanta in poi, ossia l’Europa del mercato unico, dell’euro e di Schengen, un periodo storico caratterizzato, come abbiamo visto, da un neoliberismo spinto.
E’ un’Europa che ha creato la moneta unica ma stenta a compiere il passo successivo verso un’unione fiscale, un’Europa in cui ha regnato il dio della concorrenza interna, ma che per decenni non si e’ occupata con la stessa alacrita’ e dedizione della crescente competizione internazionale, a partire da quella cinese.
E’ un Europa in cui sono state aperte le frontiere interne prima di sciogliere i nodi riguardo alla gestione di quella esterna. Quindi, quando si abbatterono sull’Europa la crisi finanziaria e la recessione, non solo l’Unione non era attrezzata per affrontarle, ma le sue istituzioni e molti dei suoi Stati membri, i cosiddetti «frugali», percorsero la via opposta a quella intrapresa da Washington con Barack Obama.
Mentre gli Usa perseguirono immediatamente e aggressivamente una politica monetaria anticiclica, gli europei lo fecero solo molto dopo, ossia con l’arrivo di Mario Draghi alla guida della Banca centrale europea nel 2011. Dal punto di vista fiscale, Washington fu meno espansiva, iniettando solo circa 1 miliardo nell’economia statunitense nel 2009, ma gli Stati dell’eurozona fecero addirittura il contrario, perseguendo l’austerita’.
Non a caso, negli Stati Uniti la crisi passo’ a partire dal 2009, mentre in Europa si trascino’ per anni. La Bce non poteva stampare moneta facilmente come faceva la Federal Reserve (il cui dollaro e’ la principale valuta globale) e l’Unione europea non disponeva di una capacita’ fiscale per introdurre misure anticicliche nell’economia europea. Inoltre, l’ideologia ordoliberale era diffusa in Europa.
Affrontare la crisi diversamente richiedeva un cambio di paradigma che gli europei non riuscirono a compiere per tempo. Alla fine si fece il minimo sindacale per evitare il crollo dell’euro, avviando i primi passi verso un’unione bancaria, e quando Draghi da governatore della Bce dichiaro’ che avrebbe fatto «whatever it takes» per salvare l’euro, i mercati si calmarono.
La casa comune europea rimase in piedi, ma ne usci’ devastata economicamente, socialmente e, appunto, politicamente.
Di conseguenza, l’euroscetticismo negli anni della crisi dell’eurozona schizzo’ alle stelle.

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