Stato/Salmon

Christian Salmon – Fake. Come la politica mondiale ha divorato se stessa – Laterza (2020)

Che cosa ne e’ dell’esercizio del potere statale ad opera dei governanti quando lo Stato viene messo “sotto vuoto” dalla globalizzazione dei mercati finanziari, dal carattere sovranazionale dei “rischi” – dall’ecologia al terrorismo – e dalla governance delle organizzazioni internazionali e delle reti transgovernative?
Tutti questi livelli – infrastatali e sovrastatali – prendono decisioni politiche, giuridiche, strategiche, economiche fuori dal quadro dello Stato, e queste entita’ si infischiano assolutamente delle sue competenze e prerogative.
Deregolamentando la finanza e facendo sparire lo Stato dall’attenzione generale, la rivoluzione neoliberale degli anni Ottanta ha precipitato il mondo in un universo di avvenimenti automatici; ha contribuito a far si’ che lo spazio della politica fosse assorbito da una grande varieta’ di istanze, e in primo luogo dalle maggiori imprese, dalle istituzioni e autorita’ indipendenti, condannando l’uomo politico, senza piu’ terra sotto i piedi, a simulare cio’ che avrebbe dovuto essere e fare,
a riprogrammarsi continuamente […]
A partire dagli anni Novanta la congiunzione fra un nuovo idealtipo politico ispirato ai valori manageriali del neoliberalismo e la telepresenza permanente esplicitata nell’offerta mediatica h24 spiega la comparsa di una nuova generazione di uomini politici portatori di un’identita’ partitica vaga e di parole d’ordine ormai centrate, piu’ che su un programma, su un’identita’ di marchio: gli slogan “Forza Italia” di Silvio Berlusconi, “Cool Britannia” di Tony Blair o “A better Spain”di Zapatero, quando non ci si limita a una semplice lettera, a delle iniziali, a un logo, come la O di Obama, la “Z con Zapatero”, oppure l’EM (En Marche!) di Macron.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2371:christian-salmon-fake-come-la-politica-mondiale-ha-divorato-se-stessa&catid=40:primopiano
https://www.pandorarivista.it/pandora-piu/fake-di-christian-salmon/
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858139653

Capitalismo/Deneault

Alain Deneault – La mediocrazia – Neri Pozza (2017)

Il sindacalismo e’ e rimane un soggetto politico, oppure ormai si confonde con le regole flessibili e strettamente manageriali di quel che e’ racchiuso oggi nella parola «governance»?
La politica definisce la capacita’ di deliberare sui principi che regolano la vita in societa’, capacita’ che i membri di una comunita’ istituita si riconoscono.
Agire politicamente implica dunque il fatto di sostenere la propria posizione e la propria azione al di la’ delle coordinate sociali entro le quali ci restringono alcune forme del potere costituito, per deliberare sull’insieme delle disposizioni che fanno si’ che ci si trovi a questo punto.
Dunque, piu’ che stare al gioco della logica manageriale, borsistica, capitalista e ultraliberale che prevale storicamente, nella speranza di trarne un tornaconto, si dovrebbe agire per instaurare nuove regole formali.
Quanto alla governance, essa include i rappresentanti sindacali in una partnership che mette l’uno accanto all’altro attori dei quali si prevede apertamente la disparita’. Sottomessi all’imperativo del «consenso», i sindacati sono invitati a questi processi piu’ per portare il concorso del movimento dei lavoratori verso prospettive di sviluppo industriale e progetti motivati dall’alta finanza, che per definire davvero alla base le regole che riguardano la vita nella societa’.
Pertanto, per il movimento dei lavoratori, come per la rappresentanza ecologista, autoctona e locale, si tratta di provare a inserire nel progetto piu’ ampio del capitalismo degli interessi minori che possano apparire ai suoi membri come una serie di «passi nella giusta direzione», «concessioni ottenute», «vittorie morali», «partenariati strategici» e altre simili arguzie.
La «governance» si presenta ancora una volta come un’arte della gestione privata innalzata al rango della politica; di conseguenza, non puo’ che puntare a impadronirsi della politica stessa.[…]
La questione poggia sulla scelta tra la politica e la governance, ovvero se il movimento sindacale deve continuare a integrarsi nel capitalismo partecipandovi in modo fattivo – per esempio costituendo dei fondi sindacali messi a disposizione di aziende quotate in Borsa – e rendendolo dunque accettabile da parte dei membri delle sue organizzazioni, o se invece deve portare avanti una lotta concertata contro i suoi effetti iniqui, deleteri e fatalmente distruttivi.
Questa problematica, che ha drammaticamente segnato l’inizio del XX secolo […], e’ tutt’ora molto presente.

Info:
https://www.repubblica.it/venerdi/interviste/2017/01/25/news/il_trionfo_della_mediocrazia_spiegato_dal_filosofo_canadese_alain_deneault-156837500/
http://blog.ilgiornale.it/franza/2018/05/27/la-mediocrazia-un-libro-magistrale-del-canadese-alain-deneault-ne-traccia-il-pensiero-e-spiega-come-i-mediocri-hanno-preso-il-potere/
https://www.ilmerito.org/8-nel-merito/273-mediocrazia-una-rilettura-della-societa-contemporanea-attraverso-il-suo-declino-irreversibile-recensione-a-a-deneault-mediocrazia-neri-pozza-2017-di-giovanni-cossa

https://ilfoglietto.it/libri/5397-la-mediocrazia-un-libro-sulla-inadeguatezza-della-classe-dirigente

Stato/Tuccari

Francesco Tuccari – La rivolta della societa’. L’Italia dal 1989 ad oggi – Laterza (2020)

A prescindere dalla sua mesta conclusione, il bilancio di questo lungo anno di «governo di contratto», densissimo di cronaca e di retroscena, e’ stato in gran parte fallimentare, quanto meno se guardiamo alle strepitose attese che molti avevano coltivato e che i «difensori della societa’» hanno continuato ad alimentare, pur essendo al governo, in un irresponsabile gioco al rialzo da campagna elettorale permanente.
Concentrandoci sull’essenziale, le loro luccicanti promesse di benessere, equita’, dignita’, sviluppo e sicurezza si sono tradotte in tre modeste, aggrovigliatissime, costose e talora molto contestate riforme, approvate in Parlamento con il voto di fiducia: il «reddito di cittadinanza», che stenta ancora a decollare tra mille difficolta’, nel tentativo forse impossibile di tenere insieme politiche di welfare e del lavoro; la cosiddetta «quota cento», una riforma sperimentale e temporanea dell’odiatissima legge Fornero in materia di pensioni, che – spacciata per la sua abolizione – in parte e’ stata ignorata da moltissimi che pure ne avevano diritto e in parte sta creando
pericolosi vuoti di personale in settori cruciali quali la scuola e la sanita’, mettendo forse anche a rischio i conti dell’Inps; e infine le leggi sulla sicurezza e l’immigrazione, fortemente volute da Salvini, che – oltre a fornire maggiori garanzie in tema di legittima difesa – hanno drammatizzato ulteriormente il grande e serissimo tema dell’immigrazione senza produrre sul piano pratico soluzioni di ampio respiro. A meno che non si vogliano considerare tali la politica dei «porti chiusi» e il duello estenuante con le Ong di mezzo mondo impegnate nel salvataggio di migranti nel Mediterraneo.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858139844
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-rivolta-della-societa-di-francesco-tuccari/
https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/quale-societa-si-rivoltadavvero

Finanziarizzazione/Galli

Giorgio Galli, Francesco Bordicchio – Arricchirsi impoverendo. Multinazionali e capitale finanziario nella crisi infinita – Mimesis (2018)

I fondi pensione sono il prodotto della finanziarizzazione del concetto di sicurezza sociale (“dalla culla alla tomba”), frutto della citata convergenza tra capitalismo e democrazia rappresentativa.
Ma il mandato iniziale di garantire […] che i soldi versati dai lavoratori siano in grado di ripagare in futuro chi va in pensione, si e’ trasferito da istituzioni pubbliche, statuali (come, per esempio, l’Inps, in Italia), a enti gestiti da professionisti della finanza (equivalenti sociali dei loro colleghi dei vertici delle multinazionali, anche i fondi sovrani comprendono gli stessi beni e sono gestiti, con gli stessi criteri, dall’identico ceto), in grado di investire efficacemente e di arricchirsi con le retribuzioni, tanto che il portafoglio complessivo dei trecento citati colossi e’ passato dai quattro miliardi e seicento milioni di dollari del 2008, all’inizio della crisi, a oltre settemila miliardi nel 2015.
Un processo che, agli albori del movimento operaio, era iniziato con modeste casse mutue di lavoratori, e’ assurto, con la globalizzazione, a tali dimensioni finanziarie e multinazionali da far pensare a un capitalismo spersonalizzato, allo sfumarsi delle categorizzazioni di ceto e classe in una sorta di “societa’ liquida”

Info:
https://www.unilibro.it/libro/galli-giorgio-bochicchio-francesco/arricchirsi-impoverendo-multinazionali-capitale-finanziario-crisi-infinita/9788857543932

Populismo/Barberis

Mauro Barberis – Come internet sta uccidendo la democrazia. Populismo digitale – Chiarelettere (2020)

Giusto parlare di populismo?
La prima alternativa a «populismo» e’ il buon vecchio «demagogia», termine di origine greca” “significa parlare alla pancia del popolino, ingannandolo sui suoi stessi interessi […]
D’altra parte, resta bizzarro ridurre a semplice demagogia uno stile di governo che accomuna sicuramente lo statunitense Trump, il britannico Boris Johnson, gli italiani Salvini e Luigi Di Maio, e poi forse il russo Vladimir Putin, l’ungherese Viktor Orban, il turco Recep Tayyip Erdogan, l’indiano Narendra Modi, il filippino Rodrigo Duterte, il brasiliano Jair Bolsonaro […]
La seconda alternativa a «populismo» e’ «reazione» […]
I reazionari non sono meri conservatori: sono rivoluzionari, ma nella direzione del passato, non del futuro. Come i rivoluzionari sognano l’avvento della Ragione, cosi’ i reazionari sono nostalgici di una Tradizione spesso inventata, o almeno fortemente idealizzata. Basterebbe questo per capire
come i populismi odierni avanzino si’ slogan reazionari – razzisti, fondamentalisti, fascisti… – ma spesso lo facciano solo strumentalmente […]
La terza alternativa a «populismo» per indicare i fenomeni odierni, la piu’ vicina alle espressioni usate sinora, è «populismi», al plurale, a segnalare che il nome comune puo’ celare differenze abissali. […]
Del resto, ci sono grandi differenze anche fra gli stessi populismi odierni, che possono dividersi almeno in tre classi. I populismi extraoccidentali, guidati da «uomini forti» cui ormai conviene prendere il potere tramite le elezioni piuttosto che con i soliti golpe militari. Le democrazie illiberali fiorite ai margini dell’Occidente, in Europa dell’Est o in Turchia.
Infine, i populismi occidentali, esplosi anche in paesi che, come Regno Unito, Stati Uniti e Francia, hanno inventato la liberaldemocrazia.

Info:
https://www.illibraio.it/libri/mauro-barberis-come-internet-sta-uccidendo-la-democrazia-9788832962741/
https://www.lankenauta.it/?p=18988

Geoeconomia/Immerwahr

Daniel Immerwahr – L’impero nascosto. Breve storia degli Stati Uniti d’America – Einaudi (2020)

Milioni di persone concorderebbero nel dire che gli Stati Uniti, almeno per alcuni versi, sono un impero.
La questione e’ stata posta innumerevoli volte. L’espropriazione dei nativi americani, molti dei quali sono stati relegati nelle riserve, e’ stata un atto imperialista piuttosto evidente. Poi, negli anni quaranta dell’Ottocento, gli Stati Uniti combatterono una guerra con il Messico e ne conquistarono un terzo del territorio. Cinquant’anni piu’ tardi, combatterono contro la Spagna e ne rivendicarono la maggior parte dei territori oltremare.
Un impero, pero’, non consiste soltanto in conquiste territoriali.
Come potremmo chiamare la subordinazione degli afroamericani? […]
Oppure, cosa dire della diffusione del potere economico degli Usa all’estero? Gli Stati Uniti non avranno conquistato fisicamente l’Europa occidentale dopo la Seconda guerra mondiale, ma cio’ non ha impedito ai francesi di lamentarsi della «cocacolonizzazione».
I detrattori si sono sentiti inondati dal commercio Usa. Oggi che gli affari del mondo si contano in dollari e ci sono McDonald’s in piu’ di cento paesi, capiamo che forse avevano ragione.
Poi ci sono gli interventi militari.
Gli anni seguiti alla Seconda guerra mondiale hanno portato i militari statunitensi in un paese dopo l’altro. Le grandi guerre sono note: Corea, Vietnam, Iraq, Afghanistan.
Ma c’è stato anche un flusso costante di scontri minori. Dal 1945, le forze armate statunitensi sono state schierate all’estero per conflitti o potenziali conflitti 211 volte in 67 paesi.
Chiamatelo mantenimento della pace, se volete, o chiamatelo imperialismo. Ma chiaramente non stiamo parlando di un paese che ha tenuto le mani a posto. […]
[Le] tecnologie allontanarono gli Stati Uniti dall’usuale modello di impero formale. Rimpiazzarono la colonizzazione con la globalizzazione.
Globalizzazione e’ una parola alla moda, ed e’ facile discuterne in termini vaghi, parlare di come tecnologie sempre piu’ sofisticate uniscano un mondo eterogeneo. Ma quelle nuove tecnologie non sono saltate fuori dal nulla. Molte furono sviluppate dai militari statunitensi in un breve periodo di tempo, durante gli anni Quaranta del Novecento, con l’obiettivo di dare agli Stati Uniti una nuova relazione con il territorio.
In modo spettacolare, e nel giro di pochi anni, l’esercito costrui’ una rete logistica mondiale sconvolgente per la sua scarsa dipendenza dalle colonie.
Fu sconvolgente anche perche’ accentro’ il commercio, i trasporti e la comunicazione mondiale in un unico paese, gli Stati Uniti.

Info:
https://www.doppiozero.com/materiali/stati-uniti-limpero-nascosto
https://www.globalist.it/dolce-vita/2020/08/07/l-impero-mascherato-da-repubblica-gli-stati-uniti-d-america-un-libro-svela-una-verita-sempre-nascosta-2062872.html
http://materialismostorico.blogspot.com/2020/03/tradotta-la-storia-degli-usa-di.html

Europa/Zizek

Slavoi Zizek – Come un ladro in pieno giorno. Il potere all’epoca della postumanita’ – Ponte alle Grazie (2019)

L’affermazione fatta da Angela Merkel sul fatto che l’Europa dovra’ imparare a stare in piedi da sola e smettere di contare sulla protezione degli Stati Uniti, e’ piu’ che un semplice gesto di benvenuto della crescente autoconsapevolezza europea: non c’e’ posto per cio’ che l’Europa rappresenta nel Nuovo Ordine Mondiale di Trump, Putin, Modi, Mugabe e Erdogan.
L’Europa dovra’ affermare la sua tradizione di emancipazione combattendo non queste minacce straniere, ma la versione di esse che lei stessa ha dato, la minaccia del populismo nazionalista.
E questo e’ il motivo per cui l’idea dell’Unione Europea e’ qualcosa per cui vale la pena combattere, nonostante la miseria della sua esistenza reale: nel mondo del capitalismo globale odierno, essa offre l’unico modello di organizzazione trans-nazionale con l’autorita’ di limitare la sovranita’ nazionale e il compito di garantire un minimo di standard ecologici e di welfare state.

Info:
http://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/unlibroalgiorno/2019/03/16/zizek-e-la-discrezione-non-oppressiva_d6041a60-8893-4969-9332-a8cd1bf07ba9.html
https://ilmanifesto.it/il-gusto-del-paradosso-e-della-liberta/

Economia di mercato/Pilling

David Pilling – L’illusione della crescita.Perche’ le nazioni possono essere ricche senza rinunciare alla felicita’ – il Saggiatore (2019)

Se il Pil fosse una persona, sarebbe indifferente, addirittura cieco, alla morale.
Misura qualsiasi tipo di produzione, buona o cattiva. Gli piace l’inquinamento, specie se poi bisogna spendere soldi per bonificare tutto. Gli piace la criminalita’, perche’ va matto per nutriti corpi di polizia e finestre rotte da riparare. Gli piace l’uragano Katrina e non disdegna le guerre. Gli piace misurare l’escalation verso un confitto armato a suon di armi da fuoco, aerei e testate, e dopo gli piace calcolare tutti gli sforzi per ricostruire le citta’ distrutte partendo dalle rovine fumanti.
Il Pil e’ bravo a contare, ma quando si tratta di giudicare la qualita’ lascia molto a desiderare […]
Il Pil e’ mercenario. Non si degna di conteggiare le transazioni laddove non avvengono passaggi di denaro […]
La crescita e’ figlia dell’era industriale e il Pil e’ stato concepito soprattutto per misurare la produzione fisica […]
L’Ufficio per le statistiche nazionali del regno unito […] afferma che il Pil e’ «il valore dei beni e dei servizi prodotti nel corso di un determinato periodo».
E’ una definizione che lo fa sembrare incredibilmente semplice, tanto da spingere a domandarsi perche’ ci siano volute centinaia di anni per inventarlo.
Delle tre piccole parole che compongono la sigla Pil, partiamo dall’ultima, «lordo», che significa semplicemente un numero a cui non è stato sottratto nulla. Kuznets aveva preso in considerazione anche il prodotto nazionale netto, che avrebbe rimosso varie cose, come l’usura dei macchinari utilizzati per produrre beni finiti.
Procedendo a ritroso, passiamo a «interno», che significa prodotto in patria, a differenza del prodotto nazionale lordo, che comprende tutto ciò che viene prodotto dalle aziende di un paese, sia in patria sia all’estero; nell’era delle multinazionali, questa distinzione e’ importante.
Infine c’e’ «prodotto», che significa tutto cio’ che viene prodotto, dai beni ai servizi.

Info:
https://www.ilsaggiatore.com/libro/lillusione-della-crescita/
https://www.linkiesta.it/it/article/2019/03/16/ecco-perche-il-pil-e-stupido-e-obsoleto-lo-ha-capito-pure-la-cina/41437/
https://www.che-fare.com/illusione-crescita-felicita-pilling/

Capitalismo/Stiglitz

Joseph E. Stiglitz – Popolo, potere e profitti. Un capitalismo progressista in un’epoca di malcontento – Einaudi (2020)

Una delle maniere principali con cui si puo’ «arraffare ricchezza» rimane comunque la corruzione.
Nei paesi meno sviluppati, la corruzione puo’ assumere la forma di una busta di carta gonfia di banconote. Ma la corruzione «all’americana» e’ diventata molto piu’ sofisticata, e passa attraverso l’approvazione di leggi che garantiscono per esempio commissioni esagerate alle compagnie che vendono beni o servizi ai governi (per i settori della difesa militare e della sanita’) o rimborsi inferiori al dovuto per l’uso di risorse naturali che di diritto appartengono alla comunita’ (da parte delle industrie petrolifere e minerarie, o anche del legname che cresce sul suolo pubblico) […]
La globalizzazione danneggia i cittadini americani anche in altri modi, sottraendo cioe’ entrate fiscali al paese […]
La globalizzazione ha dato modo alle grandi compagnie di mettere i paesi l’uno contro l’altro, persuadendo i governi che, se non avessero ridotto le aliquote societarie, loro si sarebbero spostate all’estero […]
Dopo aver ottenuto la possibilita’ di pagare meno tasse in un paese, si rivolgono agli altri, dichiarando che, se non abbasseranno le loro, sposteranno le attivita’.
Non sorprende che le grandi compagnie siano entusiaste di questa gara al ribasso.
L’idea che l’America dovesse ridurre le aliquote societarie per competere con gli altri paesi nasce dai repubblicani, che nel 2017 le tagliarono dal 35 al 21 per cento, come era gia’ stato fatto quando, nel 2001 e nel 2003, furono abbassate le tasse sui redditi da capitale e sui dividendi.

Info:
https://www.lacittafutura.it/economia-e-lavoro/capitalismo-progressista-un-ossimoro
https://www.italypost.it/popolo-potere-profitti-joseph-stiglitz/ 
https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/06/15/neoliberismo-stiglitz-per-superarlo-serve-un-capitalismo-progressista-che-recida-legami-tra-potere-economico-e-politica/5257897/

Geoeconomia/Magatti

Mauro Magatti – Cambio di paradigma. Uscire dalla crisi pensando il futuro – Feltrinelli (2017)

Forse l’evento piu’ emblematico e’ stato l’incontro avvenuto a Londra nel gennaio 2017 tra Donald Trump e Theresa May, incontro che ha ufficializzato l’inizio di una nuova stagione storica.
Come quasi quarant’anni fa con Thatcher e Reagan, i paesi anglosassoni risposero alla lunga crisi degli anni settanta aprendo le loro economie e le loro societa’ al mondo – avviando l’epoca che, dopo il 1989, e’ stata chiamata “globalizzazione” –, cosi’ oggi quegli stessi paesi, a quasi dieci anni di distanza dall’infarto finanziario che ha posto termine alla crescita espansiva associata alla globalizzazione, con Trump e May compiono una radicale inversione di marcia: America/Britain first, stretta sui confini, rilancio della sovranita’ nazionale, centralita’ degli accordi bilaterali.
Le democrazie anglosassoni si confermano cosi’ quelle piu’ capaci di registrare gli umori popolari.
Non si dimentichi che il cambiamento in atto non e’ stato sospinto dalle elite ma dagli elettori.
In Inghilterra e’ stato il referendum a imporre la Brexit e negli Usa Trump ha vinto non solo contro la Clinton, ma anche contro il Partito repubblicano.

Info:
https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/cambio-di-paradigma/
http://www.culturaesviluppo.it/wordpress/wp-content/uploads/2018/01/Magatti.pdf
https://www.corriere.it/cultura/17_ottobre_13/magatti-mauro-sociologo-insicurezza-risentimento-nuovo-paradigma-societa-feltrinelli-23fb8884-b044-11e7-9acf-3e6278e701f3.shtml?refresh_ce-cp