Geoeconomia/Castronovo

Valerio Castronovo – Chi vince e chi perde. I nuovi equilibri internazionali – Laterza (2020)

Se l’Africa era afflitta, in numerose sue contrade, da fenomeni di estrema indigenza e da gravi condizioni climatiche, possedeva peraltro notevoli risorse naturali, a cominciare dal 60 per cento della terra arabile non ancora sfruttata di tutto il pianeta, e da numerosi giacimenti di idrocarburi, materie prime e metalli preziosi.
Inoltre costituiva l’ultimo grande mercato emergente del globo.
Si spiega pertanto come quello africano fosse rimasto lo scenario di un complesso gioco di manovre geopolitiche ed economiche che coinvolgeva diversi attori in lizza fra loro.
Al confronto di taluni ex imperi coloniali europei (dalla Francia alla Gran Bretagna, dal Belgio al Portogallo) e di varie multinazionali d’Oltreatlantico, era cresciuta negli ultimi tempi la presenza della Russia e della Turchia.
Ma era un player globale come la Cina ad aver assunto un ruolo preminente, in quanto artefice di una strategia a tutto campo in cui il business si associava a obiettivi di ordine politico che, invece, Washington tendeva a dismettere

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https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858140710

Geoeconomia/Castronovo

Valerio Castronovo – Chi vince e chi perde. I nuovi equilibri internazionali – Laterza (2020)

La vocazione egemonica tanto dell’America di Trump che della Cina di Xi Jinping, sommandosi al ritorno della Russia a un rango di potenza globale, minacciavano di marginalizzare l’Europa.
Ma sembrava, a giudicare dal fatto che non s’era compiuto alcun progresso verso il completamento dell’unione bancaria e il mercato unico dei capitali, che l’Unione Europea non avesse ancora acquisito piena consapevolezza del rischio che correva di essere relegata a un ruolo secondario.
Come se i singoli Stati della Ue non si trovassero a navigare a bordo di una stessa barca, continuavano infatti a procedere con l’occhio attento per lo piu’, se non unicamente, ai loro specifici interessi.
Una volta posta faticosamente una toppa, per non affondare, alle falle provocate dallo sconquasso finanziario del 2008, essi erano tornati in pratica alle vecchie abitudini e ai soliti rituali.

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Geoeconomia/Castronovo

Valerio Castronovo – Chi vince e chi perde. I nuovi equilibri internazionali – Laterza (2020)

A fare uno po’ di conti, la Cina si trovava ancora lontana, con i suoi 12 trilioni di dollari di Pil, dagli Stati Uniti, che vantavano un Pil di 20 trilioni di dollari, e doveva compiere parecchia strada per raggiungere l’Unione Europea, che annoverava in complesso un Pil tra i 16 e i 18 trilioni potenziali di dollari.
Senza contare il fatto che la valuta statunitense costituiva pur sempre la moneta preminente sul mercato mondiale e quella piu’ consistente nel totale delle riserve valutarie.
D’altro canto, un Paese come la Cina, la cui struttura economica si basava soprattutto sulle esportazioni, aveva molto piu’ da perdere, rispetto agli Stati Uniti, da una guerra dei dazi.
Tuttavia la leva destinata ad assumere un peso crescente nella competizione globale era costituita dal potenziale di crescita tecnologico, a giudizio non solo degli economisti ma di autorevoli esperti di questioni militari […]
Non a caso, la guerra commerciale fra Usa e Cina aveva preso avvio da quando Pechino aveva cominciato a compiere, un passo dopo l’altro, notevoli progressi nel settore delle tecnologie avanzate, chiave di volta di un’economia sempre piu’ dinamica e competitiva. Al punto che la Cina era giunta nel 2018 a sopravanzare gli Stati Uniti nella tecnologia della rete 5G. Cio’ aveva anche considerevoli valenze di natura militare.

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Geoeconomia/Castronovo

Valerio Castronovo – Chi vince e chi perde. I nuovi equilibri internazionali – Laterza (2020)

Stando al Trattato di Lisbona del dicembre 2007, l’Europa avrebbe dovuto diventare, nel giro di una decina d’anni, la compagine piu’ dinamica del mondo.
Era stata invece l’Asia ad aver assunto nel frattempo questa connotazione, in virtu’ delle crescenti potenzialita’ di sviluppo avvenute negli ultimi anni nelle varie contrade del Pacifico e in quelle a suo ridosso, tanto che esse rappresentavano oltre la meta’ del Pil mondiale e catalizzavano la maggior parte dei traffici internazionali.
Nel loro ambito operavano e si misuravano, in un serrato confronto di interessi tanto economici che politici, non solo tre grandi potenze come Cina, Stati Uniti e India. Anche la Russia, il Giappone e l’Australia avevano un ruolo determinante agli effetti del peso assunto dallo scacchiere del Pacifico nei rapporti con altre parti del globo. Senza contare l’apporto di una schiera di Paesi come Corea del Sud, Singapore, Vietnam, Thailandia, Indonesia e Filippine.
Senonche’ rivalita’ storiche, contrasti etnici e religiosi, contenziosi territoriali o antagonismi di ordine politico o economico avevano continuato a segmentare il continente asiatico in singole entita’ a se’ stanti, a dar luogo ad alleanze mutevoli e reversibili, o a perpetuare determinati motivi di reciproca acredine e diffidenza mai del tutto sopiti […]
Non era percio’ un caso che proprio l’antico impero del Sol Levante, trasformatosi alla fine della guerra in una monarchia costituzionale, avesse risposto alla Cina e alla sua “Nuova Via della seta” con un’iniziativa di considerevole portata, volta a collegare alcuni Paesi dell’Asia al continente africano. Questo progetto, coltivato fin dal 2012 dal premier Shinzo Abe, aveva preso il via nella primavera del 2019 coinvolgendo India, Australia e Stati Uniti.
Che si trattasse in tal modo non solo di far concorrenza alla Cina sui mercati (dopo aver gia’ stipulato un buon accordo commerciale con la Ue), ma anche di contrapporle una diversa visuale strategica di carattere politico, lo stava a dimostrare la stessa denominazione data da Tokyo a questa sua mission: “Free and Open Indo-Pacific Strategy” (Foip). Con i due aggettivi open e free (“libera e aperta”) i giapponesi intendevano infatti rimarcare la differenza con la Belt and Road Initiative, considerata viceversa chiusa e coercitiva, in quanto avrebbe costretto i Paesi coinvolti dal piano cinese a indebitarsi con Pechino o comunque ad assoggettarsi prima o poi alle sue condizioni.
In pratica, la Foip si proponeva di mettere in comunicazione diretta e amalgamare una parte del continente asiatico e una parte di quello africano, in base a una rete di investimenti (il 61 per cento dei quali finanziato dal Giappone) per uno sviluppo infrastrutturale tale da abbracciare l’Oceano Pacifico e quello Indiano.
Che quest’iniziativa di Tokyo fosse dovuta all’intento di reagire alla dilatazione del raggio d’azione della Cina o si trattasse di un tentativo nipponico di supplire al progressivo disimpegno dell’America di Trump, o che perseguisse entrambi questi scopi, sta di fatto che in Europa si era infine prestata attenzione al progetto del governo giapponese. Negli ultimi giorni del suo mandato Juncker aveva firmato un accordo, per 50 miliardi di euro, con Shinzo Abe per la realizzazione di infrastrutture e altri progetti congiunti, in particolare nel continente africano.

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Geoeconomia/Castronovo

Valerio Castronovo – Chi vince e chi perde. I nuovi equilibri internezionali – Laterza (2020)

La globalizzazione ha percio’ smentito le previsioni iniziali di Washington e dei governi occidentali su un ulteriore ampliamento della propria sfera d’influenza e di penetrazione economica su scala planetaria.
Cina e India hanno preso il largo, mentre l’America e l’Europa sono state frattanto azzoppate da quella sorta di boomerang che e’ stata la grande crisi esplosa nel 2008.
L’assenza di norme adeguate che assicurassero una reale governance multilaterale della globalizzazione e gli effetti patologici di una straripante finanziarizzazione dell’economia hanno infatti agito da principali generatori del devastante cortocircuito avvenuto nel cuore del sistema capitalistico. Al punto da evocare i fantasmi del drammatico crollo nel 1929 di Wall Street e della Grande depressione perpetuatasi negli anni Trenta.
Quanto sia stato dirompente l’impatto sulle societa’ occidentali del sisma avvenuto fra il 2007 e il 2008, al culmine di una stagione di convulse speculazioni finanziarie, lo si seguita a constatare ai giorni nostri in forme e dimensioni sempre piu’ evidenti. Poiche’ s’e’ infranto non solo un insieme di certezze e garanzie di stabilita’ e sicurezza; ma perche’ si sono moltiplicate, in seguito a una dilatazione delle disuguaglianze sociali, le apprensioni e le angosce a tal punto che esse sono divenute una condizione esistenziale intrinseca per una parte crescente delle classi popolari.

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http://www.economiaitaliana.it/it/articolo.php/Chi-vince-e-chi-perde-nella-grande-sfida-globale-per-la-egemonia-del-mondo?LT=CULT&ID=39848

Stato/Castronovo

Valerio Castronovo – Le rivoluzioni del capitalismo – Laterza (2007)

La portata innovativa dell’impostazione keynesiana stava nel fatto che essa contrastava con il principio, fino ad allora generalmente accettato, del pareggio del bilancio su base annua, quale garanzia tanto di una gestione responsabile della cosa pubblica quanto della solvibilita’ finanziaria dello Stato.
Non per questo l’economista di Cambridge negava l’esigenza di far quadrare i conti, ma egli riteneva che il pareggio del bilancio pubblico avrebbe potuto essere realizzato grazie agli attivi che, una volta stabilizzato il ciclo, si sarebbero conseguiti, tramite le leve del prelievo fiscale, negli anni di espansione.
Il ruolo che veniva cosi’ attribuito allo Stato, attraverso la manovra del saldo del bilancio pubblico, segno’ una svolta radicale rispetto al passato, a una concezione ispirata fondamentalmente ai principi del laissez faire.

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Lavoro/Castronovo

Valerio Castronovo – Le rivoluzioni del capitalismo – Laterza (2007)

[È] innegabile che l’automazione, man mano che ai reparti d’officina s’e’ estesa agli uffici, abbia finito – combinandosi con altri fattori interni ed esterni alle imprese – per spezzare il circolo virtuoso fra crescita economica e aumento dei posti di lavoro, che da due secoli, dalla prima rivoluzione industriale, era una sorta di equazione che si riproduceva costantemente nei periodi di alta congiuntura.
Gia’ da due decenni l’elevazione degli indici di produttivita’ non ha dato piu’ luogo come in passato a un aumento proporzionale dell’occupazione nell’industria manifatturiera. Da quando il sistema informatico a rete ha sostituito quello a catena, agevolando l’adozione di tecnologie  risparmiatrici di lavoro, si e’ reso inutile l’impiego di tante braccia […] Naturalmente non in tutti i settori di attivita’ il saldo occupazionale risulta negativo.
Giacche’ le innovazioni, se hanno distrutto posti di lavoro nelle aziende che fabbricano manufatti, ne hanno invece creato di nuovi nelle imprese che progettano e producono attrezzature o beni e servizi destinati a rimpiazzare quelli obsoleti.
D’altra parte, se l’occupazione e’ andata riducendosi in termini quantitativi, essa e’ migliorata invece sotto il profilo qualitativo in quanto l’introduzione delle tecnologie elettroniche e dell’automazione ricorsiva hanno eliminato i carichi e i ritmi piu’ spossanti della precedente organizzazione del lavoro.

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Economia di mercato/Castronovo

Valerio Castronovo – Le rivoluzioni del capitalismo – Laterza (2007)

Quel che e’ avvenuto negli ultimi anni ha modificato profondamente il quadro di riferimento delle economie piu’ avanzate e, di conseguenza, anche la natura e i termini dei loro rapporti con i paesi in via di sviluppo.
La sempre piu’ accesa competizione su scala mondiale ha determinato il decentramento di una quota consistente di attivita’ produttive e di investimenti diretti, dai paesi piu’ avanzati caratterizzati tanto da una maggior rigidita’ del mercato del lavoro quanto da una piu’ accentuata dinamica salariale, verso alcune aree periferiche a piu’ basso costo del lavoro dove e’ possibile inoltre utilizzare in modo assai piu’ duttile e prolungato, per l’assenza di vincoli sindacali, sia le prestazioni della manodopera che le potenzialita’ degli impianti, e far conto talora su particolari esenzioni in materia fiscale […]
Si e’ venuta cosi’ formando una sorta di economia transnazionale. Insieme ai capitali, anche i processi produttivi da qualche tempo non conoscono piu’ frontiere. […]
Si calcola che in parecchie regioni (come, per esempio, in India, Cina o Malaysia) il costo del lavoro sia da otto a dieci volte inferiore a quello corrente nei principali paesi dell’Europa occidentale e nel nord America. In piu’ c’e’ da considerare la convenienza a impiantare dei propri complessi in territori dove si vanno delineando, per via di una notevole massa di domanda ancora insoddisfatta, rilevanti prospettive di allargamento del mercato. In queste aree, infatti, si registrano oggi i piu’ intensi saggi di incremento nella commercializzazione di beni di consumo durevoli rispetto ai paesi ricchi dove invece essi procedono piu’ a rilento o si scontrano con livelli progressivi di saturazione.

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Capitalismo/Castronovo

Valerio Castronovo – Le rivoluzioni del capitalismo – Laterza (2007)

Stando alle previsioni della Banca Mondiale, dovremmo assistere, nello spazio di una generazione, all’ascesa dell’Asia in vetta alla classifica in termini di prodotto interno lordo a parita’ di potere d’acquisto, con la Cina al vertice (dinnanzi agli Stati Uniti), il Giappone e altri cinque paesi asiatici nel gruppo di testa (India, Indonesia, Corea del Sud, Thailandia e Taiwan).
E ciò segnerebbe una svolta epocale […] Ma quel che farà pendere il piatto della bilancia a favore dell’Estremo Oriente sara’ senz’altro l’ascesa della Cina.

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Capitalismo/Castronovo

Valerio Castronovo – Le rivoluzioni del capitalismo – Laterza (2007)

La globalizzazione dell’economia e’ stata […] consacrata dalla firma nel 1994 dell’«Uruguay Round», con cui si e’ chiuso l’ultimo capitolo del vecchio ordinamento basato su sistemi regionali di preferenze tariffarie.
Si sono poste cosi’ le premesse per un passaggio al multilateralismo verso la meta finale dell’unicita’ del mercato mondiale. E cio’ comportera’ tanto una maggior interdipendenza economica quanto una concorrenza sempre piu’ serrata fra i diversi attori.
Sta di fatto che fin d’ora s’e’ accesa una specie di “guerra fredda” fra i paesi piu’ avanzati, anche in quanto alfieri di differenti modelli di capitalismo […]
Le squadre che si contendono il primato sono fondamentalmente tre, ognuna delle quali corrisponde a una determinata area geografica: l’Europa comunitaria allargata ad alcuni paesi ex comunisti dell’Est, con al vertice la Germania riunificata; l’America del Nord, sempre piu’ stretta agli Stati Uniti dopo gli accordi di libero scambio siglati nel novembre 1993 fra Washington, il Canada e il Messico; l’Asia orientale con la leadership del Giappone ma con un nugolo di paesi del subcontinente in forte crescita, piu’ la Cina in via di rapida espansione.

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