Geoeconomia/Castronovo

Valerio Castronovo – Chi vince e chi perde. I nuovi equilibri internazionali – Laterza (2020)

Stando al Trattato di Lisbona del dicembre 2007, l’Europa avrebbe dovuto diventare, nel giro di una decina d’anni, la compagine piu’ dinamica del mondo.
Era stata invece l’Asia ad aver assunto nel frattempo questa connotazione, in virtu’ delle crescenti potenzialita’ di sviluppo avvenute negli ultimi anni nelle varie contrade del Pacifico e in quelle a suo ridosso, tanto che esse rappresentavano oltre la meta’ del Pil mondiale e catalizzavano la maggior parte dei traffici internazionali.
Nel loro ambito operavano e si misuravano, in un serrato confronto di interessi tanto economici che politici, non solo tre grandi potenze come Cina, Stati Uniti e India. Anche la Russia, il Giappone e l’Australia avevano un ruolo determinante agli effetti del peso assunto dallo scacchiere del Pacifico nei rapporti con altre parti del globo. Senza contare l’apporto di una schiera di Paesi come Corea del Sud, Singapore, Vietnam, Thailandia, Indonesia e Filippine.
Senonche’ rivalita’ storiche, contrasti etnici e religiosi, contenziosi territoriali o antagonismi di ordine politico o economico avevano continuato a segmentare il continente asiatico in singole entita’ a se’ stanti, a dar luogo ad alleanze mutevoli e reversibili, o a perpetuare determinati motivi di reciproca acredine e diffidenza mai del tutto sopiti […]
Non era percio’ un caso che proprio l’antico impero del Sol Levante, trasformatosi alla fine della guerra in una monarchia costituzionale, avesse risposto alla Cina e alla sua “Nuova Via della seta” con un’iniziativa di considerevole portata, volta a collegare alcuni Paesi dell’Asia al continente africano. Questo progetto, coltivato fin dal 2012 dal premier Shinzo Abe, aveva preso il via nella primavera del 2019 coinvolgendo India, Australia e Stati Uniti.
Che si trattasse in tal modo non solo di far concorrenza alla Cina sui mercati (dopo aver gia’ stipulato un buon accordo commerciale con la Ue), ma anche di contrapporle una diversa visuale strategica di carattere politico, lo stava a dimostrare la stessa denominazione data da Tokyo a questa sua mission: “Free and Open Indo-Pacific Strategy” (Foip). Con i due aggettivi open e free (“libera e aperta”) i giapponesi intendevano infatti rimarcare la differenza con la Belt and Road Initiative, considerata viceversa chiusa e coercitiva, in quanto avrebbe costretto i Paesi coinvolti dal piano cinese a indebitarsi con Pechino o comunque ad assoggettarsi prima o poi alle sue condizioni.
In pratica, la Foip si proponeva di mettere in comunicazione diretta e amalgamare una parte del continente asiatico e una parte di quello africano, in base a una rete di investimenti (il 61 per cento dei quali finanziato dal Giappone) per uno sviluppo infrastrutturale tale da abbracciare l’Oceano Pacifico e quello Indiano.
Che quest’iniziativa di Tokyo fosse dovuta all’intento di reagire alla dilatazione del raggio d’azione della Cina o si trattasse di un tentativo nipponico di supplire al progressivo disimpegno dell’America di Trump, o che perseguisse entrambi questi scopi, sta di fatto che in Europa si era infine prestata attenzione al progetto del governo giapponese. Negli ultimi giorni del suo mandato Juncker aveva firmato un accordo, per 50 miliardi di euro, con Shinzo Abe per la realizzazione di infrastrutture e altri progetti congiunti, in particolare nel continente africano.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858140710

Geoeconomia/Piketty

Thomas Piketty – Capitale e ideologia. Ogni comunita’ ha bisogno di giustificare le proprie disuguaglianze – La Nave di Teseo (2020)

L’idea per cui la democrazia “controllata” alla cinese sarebbe riuscita a coinvolgere tutti gli strati della popolazione in maniera piu’ rappresentativa rispetto alle democrazie elettorali occidentali non sembra possa essere suffragata […], soprattutto a causa della sua palese mancanza di trasparenza.
La fortissima crescita delle disuguaglianze in Cina e l’estrema opacita’ che le caratterizza suscitano inoltre seri dubbi sul reale coinvolgimento delle classi popolari cinesi nel processo decisionale socialmente rappresentativo che il PCC sostiene di assicurare.
E’ vero comunque che le molteplici critiche che il modello cinese muove ai sistemi politici occidentali vanno prese sul serio.
Oltre al controllo sul finanziamento del sistema dei media e dei partiti, e oltre alle difficolta’ strutturali in merito alla questione dei confini e della proprieta’, e’ innegabile che le istituzioni parlamentari tendono sempre piu’ a essere gestite con riunioni “a porte chiuse”, e a configurarsi come ambienti autoreferenziali, sia nell’Unione Europea che negli Stati Uniti.
L’idea di rappresentanza deve essere valorizzata con dispositivi di decisione e di partecipazione che vadano al di la’ di una semplice consultazione elettorale ogni quattro o cinque anni.
Le conferme concrete in cui puo’ attuarsi la democrazia sono da reinventare costantemente e il confronto sereno tra diversi modelli ed esperienze storiche puo’ contribuirvi in maniera significativa a condizione di saper superare le tensioni identitarie e l’arroganza nazionalista.

Info:
https://www.internazionale.it/opinione/annamaria-testa/2020/06/24/thomas-piketty-capitale-ideologia
https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/capitale-e-ideologia-intervista-a-thomas-piketty/
https://www.ilmessaggero.it/libri/capitale_e_ideologia_il_nuovo_saggio_di_piketty_star_dell_economia_pop-5299153.html
http://temi.repubblica.it/micromega-online/piketty-il-capitalismo-non-e-piu-in-grado-di-giustificare-le-sue-disuguaglianze/
https://www.huffingtonpost.it/2018/09/08/lincubo-social-nativista-italiano-potrebbe-molto-rapidamente-riguardarci-da-vicino-piketty-avverte-le-democrazie-europee_a_23520935/

Europa/Aresu

Alessandro Aresu – Le potenze del capitalismo politico. Stati Uniti e Cina – La Nave di Teseo (2020)

Cosa ci siamo bevuti?
Un archivista del futuro potra’ classificare la letteratura del primo decennio del XXI secolo sulla potenza dellʼEuropa nellʼambito della fantascienza tragica, comica o comico-pastorale […]
Si tratta di un breve passaggio nella storia dellʼumanita’ […]
Eppure, anche questo intervallo fa parte della storia e non possiamo fare finta che non sia esistito solo per via della sua ridicolaggine.
Negli stessi anni in cui i cinesi hanno fatto uscire centinaia di milioni di persone dalla poverta’, noi abbiamo creduto che un non ben definito “primato europeo” avrebbe resistito indefinitamente. La potenza europea avrebbe domato gli schiaffi della fortuna, grazie ad azioni incisive come la citazione del Manifesto di Ventotene, lʼallargamento dellʼUnione Europea, i fondi strutturali.
Non se lo ricorda più nessuno,
ma il 15 febbraio 2003 si svolgono manifestazioni imponenti a Londra, a Roma, a Madrid, a Barcellona, a Berlino, a Parigi e nelle altre grandi città europee. Manifestazioni candidate, secondo Jürgen Habermas e Jacques Derrida, a “entrare nei libri di storia come segnale della nascita di unʼopinione pubblica europea”. I cittadini europei, facendosi sentire, indicano una strada ambiziosa: “LʼEuropa deve gettare sulla bilancia il suo peso, sul piano internazionale e nellʼambito dellʼONU, per controbilanciare lʼunilateralismo egemonico degli Stati Uniti.” […]
Non se lo ricorda più nessuno,
ma nel 2004 esce un libro di Jeremy Rifkin, The European Dream […] “Mentre lo spirito americano si trascina nel passato, un nuovo sogno europeo sta nascendo. E’ un sogno molto piu’ adatto alla prossima tappa dellʼavventura umana, un sogno che promette di condurre lʼumanita’ a una coscienza globale adatta a una societa’ sempre piu’ interconnessa e globalizzante.” […]
Non se lo ricorda più nessuno,
ma nel 2005 esce un libro di Mark Leonard, Why Europe Will Run the 21st Century.” […] lʼobiettivo dellʼUnione Europea puo’ essere la creazione di una “Unione delle unioni”, che metta insieme le varie aggregazioni regionali al mondo. Con la crescita inevitabile di queste aggregazioni, anche “le grandi potenze come gli Stati Uniti saranno inevitabilmente risucchiate nel processo di integrazione”. Esiste gia’ una Eurosfera, che secondo Leonard coinvolge ben 109 Paesi e che dara’ vita –inevitabilmente– a un “Nuovo secolo europeo” […]
Non se lo ricorda più nessuno,
ma nel 2006 esce un libro di Jan Zielonka, Europe as Empire. […] Propone “un sistema di governance economica e democratica che corrisponda alle sfide sempre piu’ grandi della modernizzazione, dellʼinterdipendenza, della globalizzazione” […]
Non se lo ricorda più nessuno,
ma nel 2008 esce un libro di Parag Khanna, The Second World. Qualcuno forse ne ricorda la pubblicazione, ma potrebbe ignorare un aspetto non secondario del contenuto, evidente nel titolo italiano (I tre imperi). […] in effetti vi sono “tre grandi imperi mondiali: gli Stati Uniti, lʼUnione Europea, la Cina”.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/le-potenze-del-capitalismo-politico-di-alessandro-aresu/
https://www.letture.org/le-potenze-del-capitalismo-politico-stati-uniti-e-cina-alessandro-aresu
http://osservatorioglobalizzazione.it/interviste/aresu-capitalismo-politico/

Geoeconomia/Allison

Graham Allison – Destinati alla guerra. Possono l’America e la Cina sfuggire alla trappola di Tucidide? – Fazi (2018)

La rete economica della Cina si sta diffondendo in tutto il mondo, alterando gli equilibri internazionali del potere in maniera tale da indurre persino gli alleati storici dell’America in Asia a cambiare assetto, orientandosi dagli Stati Uniti verso la Cina.
Seguendo la breve sintesi offerta da Lee Kuan Yew, «la Cina sta risucchiando i paesi del Sudest asiatico nel suo sistema economico in virtu’ del suo vasto mercato e del suo crescente potere d’acquisto. Anche il Giappone e la Corea del Sud vi saranno inevitabilmente risucchiati.
Essa non fa altro che assorbire i paesi, senza dover ricorrere all’uso della forza. […]
La crescente influenza economica della Cina sara’ molto difficile da contrastare».
O per dirla secondo la versione cinese della Regola aurea: chi ha l’oro, comanda.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/trappola-di-tucidide-graham-allison/
https://www.geopolitica.info/destinati-alla-guerra/
https://www.anssaif.eu/2019/06/osservatorio-sul-terrorismo/destinati-alla-guerra-possono-lamerica-e-la-cina-sfuggire-alla-trappola-di-tucidide.html

Geoeconomia/Arlacchi

Pino Arlacchi – I padroni della finanza mondiale. Lo strapotere che ci minaccia e i contromovimenti che lo combattono – Chiarelettere (2018)

In sintesi, l’Asia orientale e’ diventata negli ultimi decenni un’area di relazioni pacifiche e di interazione economica paragonabili per intensita’ e diffusione a quelle vigenti nell’Europa occidentale.
Ma il peso relativo di ciascuna di queste due zone di pace nel bilancio globale e’ ormai alquanto differente: il Pil dell’Asia orientale e’ oltre il doppio di quello dell’eurozona, 24 trilioni di dollari contro 11,6 nel 2017. E la sua popolazione di 2,3 miliardi di persone supera di quasi sette volte quella europea.
Una delle prove piu’ solide di quanto stiamo affermando consiste nell’andamento decrescente delle spese militari dei paesi della regione lungo l’arco temporale della piu’ intensa crescita del Pil cinese. Se la Repubblica popolare fosse stata percepita come un pericolo da cui guardarsi, di certo i paesi limitrofi non avrebbero quasi dimezzato le spese per la difesa dal 1990 al 2015, passate dal 3,35 all’1,84 per cento del loro Pil.

Info:
https://www.interris.it/news/esteri/chi-sono-i-padroni-della-finanza-mondiale/
https://www.edizionipolis.it/magazine/2019/03/29/economia-e-finanza-mondiale-arlacchi-il-neoliberalismo-oggi-vive-una-profonda-crisi/

Geoeconomia/Fagan

Pierluigi Fagan – Verso un mondo multipolare. Il gioco di tutti i giochi nell’era Trump – Fazi (2017)

Un punto che non e’ chiaro e’ se una politica keynesiana di spesa in deficit potrebbe far ripartire la macchina o se la macchina, per ragioni strutturali (demografia, innovazione tecnologica, erosione del lavoro quindi dei redditi, globalizzazione, livelli gia’ raggiunti e non ulteriormente incrementabili di ultra-consumo) e’ giunta a un plateau e li’ si fermera’, a meno di non organizzare una bella distruzione generalizzata che chiami nuova costruzione, e quindi nuova dinamica […]
Sperando vivamente che a nessuno venga davvero in mente per il bene del “capitalismo” di organizzare una distruzione creatrice, cioe’ una bella guerra mondiale, ogni Stato si agita per competere meglio e di piu’ in questa nuova, problematica, geografia della scarsa crescita.
Ma questa pressione alla competizione in un ambiente molto denso e al limite delle capacita’ di carico ambientale planetario assume le forme di una “rissa in ascensore”[…]
Si tratta della lotta per l’egemonia tra il modello anglo-americano del libero mercato, animato dall’imprenditoria e della finanza privata, e il suo storico rivale, non piu’ il mercato chiuso a conduzione statale, ma un ibrido tra il primo e il secondo.
Il modello cinese e’ di questo tipo, perlopiu’ in linea con una tendenza generale asiatica, visto che e’ piu’ o meno lo stesso di Singapore, Taiwan, e per molti versi, anche della Corea del Sud e del Giappone.
Recentemente, pare che anche la Russia si sia convertita a questo modello sviluppista e che, addirittura, Trump l’abbia riproposto come modello di politica economica per gli USA.

Info:
https://pierluigifagan.wordpress.com/verso-un-mondo-multipolare-il-libro/
http://www.marx21.it/index.php/internazionale/mondo-multipolare/28857-verso-un-mondo-multipolare-il-gioco-di-tutti-i-giochi-nellera-trump

Geoeconomia/Fagan

Pierluigi Fagan – Verso un mondo multipolare. Il gioco di tutti i giochi nell’era Trump – Fazi (2017)

Dalla fine del XIX secolo, si sono registrati tre tipi di ordine.
Il primo fu quello dell’Impero Britannico che giunse a controllare direttamente un quarto della superficie globale e un quinto della sua popolazione che complessivamente era meno di 1,5 miliardi di individui.
Dopo le due guerre mondiali, si e’ formato un ordine bipolare centrato su Stati Uniti e Unione Sovietica con una popolazione che nel 1950 superava di poco i 2,5 miliardi.
Dopo il 1989-1991, gli Stati Uniti sono rimasti l’unico polo dominante e intanto il sistema-mondo e’ esploso fino ai 6 miliardi a cavallo tra il XX e il XXI secolo. L’ordine statunitense ha quindi vissuto una breve fase monopolare, simile a quella dell’Impero Britannico.
La situazione attuale, e quella verso la quale andremo sempre piu’ incontro, si presenta come un sistema sempre piu’ esteso che si divide naturalmente in piu’ poli prefigurando un tipo di ordine nuovo – l’ordine multipolare – che alcuni temono sara’ un disordine […]
All’interno del nuovo ribollire di multipolarita’, sta emergendo un contendente credibile alla posizione di leadership solitaria degli USA: la Cina. Ma la Cina non si propone come un alter ego dell’URSS, non si propone cioe’ come un secondo polo col quale spartirsi il mondo, ne’ tantomeno come un candidato a sostituire gli USA secondo lo schema basato sul centro di gravita’ del sistema capitalistico: “il secolo britannico”, “il secolo americano”, “il secolo cinese”. […] ma piuttosto proporsi come capofila del nuovo ordine multipolare, promotore di un asse infrastrutturale che prefigurerebbe una grande innovazione geopolitica a lungo temuta da tutte le potenze insulari (UK, USA, Giappone), il “sistema euro-asiatico”.
Tre entita’ principali coprono le parti del continente eurasiatico, Europa a ovest, Russia al centro, Cina a est. Se queste forze e le loro aree satellite si saldassero in un unico sistema di scambi e relazioni multidimensionali, con il 70% della popolazione mondiale sarebbe il sistema centrale del nuovo ordine mondiale.

Info:
https://pierluigifagan.wordpress.com/verso-un-mondo-multipolare-il-libro/
http://www.marx21.it/index.php/internazionale/mondo-multipolare/28857-verso-un-mondo-multipolare-il-gioco-di-tutti-i-giochi-nellera-trump

Geoeconomia/Zizek

Slavoj Zizek – Come un ladro in pieno giorno. Il potere al posto della postumanita’ – Ponte alle Grazie (2019)

L’esplosione del capitalismo in Cina viene letta come un caso esemplare di cio’ che nella prima Unione Sovietica veniva chiamato Nuova Politica Economica, dunque quello che si verifica in Cina e’ un nuovo «socialismo con caratteristiche ci- nesi», ma ancora socialismo: il Partito Comunista rimane al potere, controlla strettamente le forze di mercato e le dirige.
Da questo punto di vista, il successo economico della Cina degli ultimi decenni viene interpretato come la dimostrazione non del potenziale produttivo del capitalismo, ma della superiorità del socialismo sul capitalismo. Per supportare questa lettura, che prende in considerazione anche il Vietnam, il Venezuela, Cuba e addirittura la Russia come Stati socialisti, bisogna dare al nuovo socialismo una svolta in senso decisamente conservatore dal punto di vista sociale.
E non e’ questa l’unica ragione per cui la riabilitazione del socialismo e’ palesemente non-marxista, poiche’ ignora completamente il fondamento di base del marxismo secondo il quale il capitalismo si definisce a partire dalle relazioni capitaliste di produzione, non dal tipo di potere statale.

Info:
http://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/unlibroalgiorno/2019/03/16/zizek-e-la-discrezione-non-oppressiva_d6041a60-8893-4969-9332-a8cd1bf07ba9.html
https://ilmanifesto.it/il-gusto-del-paradosso-e-della-liberta/

Geoeconomia/Khanna

Parag Khanna – Il secolo asiatico? – Fazi (2019)

Gli asiatici credono fermamente nel fatto che i mercati debbano essere subordinati al benessere generale della societa’, piuttosto che essere un obiettivo fine a se stesso.
A differenza dell’Occidente, le societa’ asiatiche continuano a essere favorevoli alla globalizzazione perche’ i loro governi la stanno attivamente orientando a loro favore.
Dall’India al Vietnam, i sondaggi mostrano che l’80 per cento e’ pro-globalizzazione (mentre negli Stati Uniti e in Francia sono meno del 40 per cento). Il capitalismo gode piu’ o meno dello stesso sostegno, il che e’ piuttosto ironico data la storia socialista delle principali nazioni asiatiche.
L’ostilita’ diffusa nei confronti della finanza e dell’industria hitech negli Stati Uniti e’ indicativo di una convergenza ideologica verso il punto di vista asiatico secondo cui le banche e i giganti della tecnologia non dovrebbero essere lasciati liberi di sfruttare i consumatori, ma dovrebbero essere asserviti allo Stato e ai bisogni della societa’, che si tratti di stabilita’ fiscale, creazione di posti di lavoro, riqualificazione dell’infrastruttura, formazione di competenze. […]
Gli asiatici hanno appreso negli anni Novanta a essere sospettosi nei confronti del modello di capitalismo angloamericano finanziarizzato e iperderegolamentato.
Per esempio, gli asiatici sono convinti che sia la redistribuzione fiscale a generare una crescita equa, in barba all’ortodossia capitalistica secondo cui la crescita si traduce automaticamente in redistribuzione.
Secondo il Fondo Monetario Internazionale, la riduzione della disuguaglianza richiede tasse più elevate e maggiori investimenti pubblici. Di conseguenza, molti paesi asiatici non esitano a usare le leve macroeconomiche – riduzione dei tassi di interesse, investimenti anticiclici, spesa pubblica aggressiva e tasse elevate – per promuovere una maggiore equita’ e creare posti di lavoro. Trasporti pubblici, alloggi, reti elettriche e servizi igienici efficienti sono elementi fondamentali per una buona qualita’ della vita.
Le riforme economiche non possono avvenire a scapito dell’occupazione e della coesione sociale. Il governo cinese si preoccupa del destino dei lavoratori rimpiazzati dai robot e dei profitti che arriveranno alle imprese che riducono il personale mentre aumentano la produzione, ma invece di lasciare che le suddette imprese portino i loro profitti all’estero, li tassa e acquista delle quote nelle stesse per raccogliere i frutti della loro crescita.

Info:
https://www.iltascabile.com/societa/secolo-asiatico/
http://www.mangialibri.com/libri/il-secolo-asiatico
https://www.repubblica.it/dossier/la-repubblica-delle-idee-2019/2019/06/03/news/parag_khanna-227854599/

Geoeconomia/Khanna

Parag Khanna – Il secolo asiatico? – Fazi (2019)

La Cina storicamente non e’ una potenza coloniale.
A differenza degli Stati Uniti, e’ molto refrattaria a intervenire direttamente nelle faccende di altri paesi.
La Cina vuole risorse e mercati esteri, non colonie.
Le sue incursioni militari – dal Mar Cinese Meridionale all’Afghanistan e all’Africa orientale – sono orientate a proteggere le sue crescenti linee di approvvigionamento globali, ma i suoi ambiziosi progetti infrastrutturali globali sono finalizzati a ridurre la sua dipendenza dai fornitori stranieri (cosi’ come i suoi massicci investimenti nelle energie alternative).
La Belt and Road Initiative [BRI] non significa che un domani la Cina governerà l’Asia, ma ci ricorda che il futuro della Cina, cosi’ come il suo passato, e’ profondamente radicato in Asia.

Info:
https://www.iltascabile.com/societa/secolo-asiatico/
http://www.mangialibri.com/libri/il-secolo-asiatico
https://www.repubblica.it/dossier/la-repubblica-delle-idee-2019/2019/06/03/news/parag_khanna-227854599/