Geoeconomia/Piketty

Thomas Piketty – Capitale e ideologia. Ogni comunita’ ha bisogno di giustificare le proprie disuguaglianze – La Nave di Teseo (2020)

L’idea per cui la democrazia “controllata” alla cinese sarebbe riuscita a coinvolgere tutti gli strati della popolazione in maniera piu’ rappresentativa rispetto alle democrazie elettorali occidentali non sembra possa essere suffragata […], soprattutto a causa della sua palese mancanza di trasparenza.
La fortissima crescita delle disuguaglianze in Cina e l’estrema opacita’ che le caratterizza suscitano inoltre seri dubbi sul reale coinvolgimento delle classi popolari cinesi nel processo decisionale socialmente rappresentativo che il PCC sostiene di assicurare.
E’ vero comunque che le molteplici critiche che il modello cinese muove ai sistemi politici occidentali vanno prese sul serio.
Oltre al controllo sul finanziamento del sistema dei media e dei partiti, e oltre alle difficolta’ strutturali in merito alla questione dei confini e della proprieta’, e’ innegabile che le istituzioni parlamentari tendono sempre piu’ a essere gestite con riunioni “a porte chiuse”, e a configurarsi come ambienti autoreferenziali, sia nell’Unione Europea che negli Stati Uniti.
L’idea di rappresentanza deve essere valorizzata con dispositivi di decisione e di partecipazione che vadano al di la’ di una semplice consultazione elettorale ogni quattro o cinque anni.
Le conferme concrete in cui puo’ attuarsi la democrazia sono da reinventare costantemente e il confronto sereno tra diversi modelli ed esperienze storiche puo’ contribuirvi in maniera significativa a condizione di saper superare le tensioni identitarie e l’arroganza nazionalista.

Info:
https://www.internazionale.it/opinione/annamaria-testa/2020/06/24/thomas-piketty-capitale-ideologia
https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/capitale-e-ideologia-intervista-a-thomas-piketty/
https://www.ilmessaggero.it/libri/capitale_e_ideologia_il_nuovo_saggio_di_piketty_star_dell_economia_pop-5299153.html
http://temi.repubblica.it/micromega-online/piketty-il-capitalismo-non-e-piu-in-grado-di-giustificare-le-sue-disuguaglianze/
https://www.huffingtonpost.it/2018/09/08/lincubo-social-nativista-italiano-potrebbe-molto-rapidamente-riguardarci-da-vicino-piketty-avverte-le-democrazie-europee_a_23520935/

Europa/Aresu

Alessandro Aresu – Le potenze del capitalismo politico. Stati Uniti e Cina – La Nave di Teseo (2020)

Cosa ci siamo bevuti?
Un archivista del futuro potra’ classificare la letteratura del primo decennio del XXI secolo sulla potenza dellʼEuropa nellʼambito della fantascienza tragica, comica o comico-pastorale […]
Si tratta di un breve passaggio nella storia dellʼumanita’ […]
Eppure, anche questo intervallo fa parte della storia e non possiamo fare finta che non sia esistito solo per via della sua ridicolaggine.
Negli stessi anni in cui i cinesi hanno fatto uscire centinaia di milioni di persone dalla poverta’, noi abbiamo creduto che un non ben definito “primato europeo” avrebbe resistito indefinitamente. La potenza europea avrebbe domato gli schiaffi della fortuna, grazie ad azioni incisive come la citazione del Manifesto di Ventotene, lʼallargamento dellʼUnione Europea, i fondi strutturali.
Non se lo ricorda più nessuno,
ma il 15 febbraio 2003 si svolgono manifestazioni imponenti a Londra, a Roma, a Madrid, a Barcellona, a Berlino, a Parigi e nelle altre grandi città europee. Manifestazioni candidate, secondo Jürgen Habermas e Jacques Derrida, a “entrare nei libri di storia come segnale della nascita di unʼopinione pubblica europea”. I cittadini europei, facendosi sentire, indicano una strada ambiziosa: “LʼEuropa deve gettare sulla bilancia il suo peso, sul piano internazionale e nellʼambito dellʼONU, per controbilanciare lʼunilateralismo egemonico degli Stati Uniti.” […]
Non se lo ricorda più nessuno,
ma nel 2004 esce un libro di Jeremy Rifkin, The European Dream […] “Mentre lo spirito americano si trascina nel passato, un nuovo sogno europeo sta nascendo. E’ un sogno molto piu’ adatto alla prossima tappa dellʼavventura umana, un sogno che promette di condurre lʼumanita’ a una coscienza globale adatta a una societa’ sempre piu’ interconnessa e globalizzante.” […]
Non se lo ricorda più nessuno,
ma nel 2005 esce un libro di Mark Leonard, Why Europe Will Run the 21st Century.” […] lʼobiettivo dellʼUnione Europea puo’ essere la creazione di una “Unione delle unioni”, che metta insieme le varie aggregazioni regionali al mondo. Con la crescita inevitabile di queste aggregazioni, anche “le grandi potenze come gli Stati Uniti saranno inevitabilmente risucchiate nel processo di integrazione”. Esiste gia’ una Eurosfera, che secondo Leonard coinvolge ben 109 Paesi e che dara’ vita –inevitabilmente– a un “Nuovo secolo europeo” […]
Non se lo ricorda più nessuno,
ma nel 2006 esce un libro di Jan Zielonka, Europe as Empire. […] Propone “un sistema di governance economica e democratica che corrisponda alle sfide sempre piu’ grandi della modernizzazione, dellʼinterdipendenza, della globalizzazione” […]
Non se lo ricorda più nessuno,
ma nel 2008 esce un libro di Parag Khanna, The Second World. Qualcuno forse ne ricorda la pubblicazione, ma potrebbe ignorare un aspetto non secondario del contenuto, evidente nel titolo italiano (I tre imperi). […] in effetti vi sono “tre grandi imperi mondiali: gli Stati Uniti, lʼUnione Europea, la Cina”.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/le-potenze-del-capitalismo-politico-di-alessandro-aresu/
https://www.letture.org/le-potenze-del-capitalismo-politico-stati-uniti-e-cina-alessandro-aresu
http://osservatorioglobalizzazione.it/interviste/aresu-capitalismo-politico/

Geoeconomia/Allison

Graham Allison – Destinati alla guerra. Possono l’America e la Cina sfuggire alla trappola di Tucidide? – Fazi (2018)

La rete economica della Cina si sta diffondendo in tutto il mondo, alterando gli equilibri internazionali del potere in maniera tale da indurre persino gli alleati storici dell’America in Asia a cambiare assetto, orientandosi dagli Stati Uniti verso la Cina.
Seguendo la breve sintesi offerta da Lee Kuan Yew, «la Cina sta risucchiando i paesi del Sudest asiatico nel suo sistema economico in virtu’ del suo vasto mercato e del suo crescente potere d’acquisto. Anche il Giappone e la Corea del Sud vi saranno inevitabilmente risucchiati.
Essa non fa altro che assorbire i paesi, senza dover ricorrere all’uso della forza. […]
La crescente influenza economica della Cina sara’ molto difficile da contrastare».
O per dirla secondo la versione cinese della Regola aurea: chi ha l’oro, comanda.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/trappola-di-tucidide-graham-allison/
https://www.geopolitica.info/destinati-alla-guerra/
https://www.anssaif.eu/2019/06/osservatorio-sul-terrorismo/destinati-alla-guerra-possono-lamerica-e-la-cina-sfuggire-alla-trappola-di-tucidide.html

Geoeconomia/Arlacchi

Pino Arlacchi – I padroni della finanza mondiale. Lo strapotere che ci minaccia e i contromovimenti che lo combattono – Chiarelettere (2018)

In sintesi, l’Asia orientale e’ diventata negli ultimi decenni un’area di relazioni pacifiche e di interazione economica paragonabili per intensita’ e diffusione a quelle vigenti nell’Europa occidentale.
Ma il peso relativo di ciascuna di queste due zone di pace nel bilancio globale e’ ormai alquanto differente: il Pil dell’Asia orientale e’ oltre il doppio di quello dell’eurozona, 24 trilioni di dollari contro 11,6 nel 2017. E la sua popolazione di 2,3 miliardi di persone supera di quasi sette volte quella europea.
Una delle prove piu’ solide di quanto stiamo affermando consiste nell’andamento decrescente delle spese militari dei paesi della regione lungo l’arco temporale della piu’ intensa crescita del Pil cinese. Se la Repubblica popolare fosse stata percepita come un pericolo da cui guardarsi, di certo i paesi limitrofi non avrebbero quasi dimezzato le spese per la difesa dal 1990 al 2015, passate dal 3,35 all’1,84 per cento del loro Pil.

Info:
https://www.interris.it/news/esteri/chi-sono-i-padroni-della-finanza-mondiale/
https://www.edizionipolis.it/magazine/2019/03/29/economia-e-finanza-mondiale-arlacchi-il-neoliberalismo-oggi-vive-una-profonda-crisi/

Geoeconomia/Fagan

Pierluigi Fagan – Verso un mondo multipolare. Il gioco di tutti i giochi nell’era Trump – Fazi (2017)

Un punto che non e’ chiaro e’ se una politica keynesiana di spesa in deficit potrebbe far ripartire la macchina o se la macchina, per ragioni strutturali (demografia, innovazione tecnologica, erosione del lavoro quindi dei redditi, globalizzazione, livelli gia’ raggiunti e non ulteriormente incrementabili di ultra-consumo) e’ giunta a un plateau e li’ si fermera’, a meno di non organizzare una bella distruzione generalizzata che chiami nuova costruzione, e quindi nuova dinamica […]
Sperando vivamente che a nessuno venga davvero in mente per il bene del “capitalismo” di organizzare una distruzione creatrice, cioe’ una bella guerra mondiale, ogni Stato si agita per competere meglio e di piu’ in questa nuova, problematica, geografia della scarsa crescita.
Ma questa pressione alla competizione in un ambiente molto denso e al limite delle capacita’ di carico ambientale planetario assume le forme di una “rissa in ascensore”[…]
Si tratta della lotta per l’egemonia tra il modello anglo-americano del libero mercato, animato dall’imprenditoria e della finanza privata, e il suo storico rivale, non piu’ il mercato chiuso a conduzione statale, ma un ibrido tra il primo e il secondo.
Il modello cinese e’ di questo tipo, perlopiu’ in linea con una tendenza generale asiatica, visto che e’ piu’ o meno lo stesso di Singapore, Taiwan, e per molti versi, anche della Corea del Sud e del Giappone.
Recentemente, pare che anche la Russia si sia convertita a questo modello sviluppista e che, addirittura, Trump l’abbia riproposto come modello di politica economica per gli USA.

Info:
https://pierluigifagan.wordpress.com/verso-un-mondo-multipolare-il-libro/
http://www.marx21.it/index.php/internazionale/mondo-multipolare/28857-verso-un-mondo-multipolare-il-gioco-di-tutti-i-giochi-nellera-trump

Geoeconomia/Fagan

Pierluigi Fagan – Verso un mondo multipolare. Il gioco di tutti i giochi nell’era Trump – Fazi (2017)

Dalla fine del XIX secolo, si sono registrati tre tipi di ordine.
Il primo fu quello dell’Impero Britannico che giunse a controllare direttamente un quarto della superficie globale e un quinto della sua popolazione che complessivamente era meno di 1,5 miliardi di individui.
Dopo le due guerre mondiali, si e’ formato un ordine bipolare centrato su Stati Uniti e Unione Sovietica con una popolazione che nel 1950 superava di poco i 2,5 miliardi.
Dopo il 1989-1991, gli Stati Uniti sono rimasti l’unico polo dominante e intanto il sistema-mondo e’ esploso fino ai 6 miliardi a cavallo tra il XX e il XXI secolo. L’ordine statunitense ha quindi vissuto una breve fase monopolare, simile a quella dell’Impero Britannico.
La situazione attuale, e quella verso la quale andremo sempre piu’ incontro, si presenta come un sistema sempre piu’ esteso che si divide naturalmente in piu’ poli prefigurando un tipo di ordine nuovo – l’ordine multipolare – che alcuni temono sara’ un disordine […]
All’interno del nuovo ribollire di multipolarita’, sta emergendo un contendente credibile alla posizione di leadership solitaria degli USA: la Cina. Ma la Cina non si propone come un alter ego dell’URSS, non si propone cioe’ come un secondo polo col quale spartirsi il mondo, ne’ tantomeno come un candidato a sostituire gli USA secondo lo schema basato sul centro di gravita’ del sistema capitalistico: “il secolo britannico”, “il secolo americano”, “il secolo cinese”. […] ma piuttosto proporsi come capofila del nuovo ordine multipolare, promotore di un asse infrastrutturale che prefigurerebbe una grande innovazione geopolitica a lungo temuta da tutte le potenze insulari (UK, USA, Giappone), il “sistema euro-asiatico”.
Tre entita’ principali coprono le parti del continente eurasiatico, Europa a ovest, Russia al centro, Cina a est. Se queste forze e le loro aree satellite si saldassero in un unico sistema di scambi e relazioni multidimensionali, con il 70% della popolazione mondiale sarebbe il sistema centrale del nuovo ordine mondiale.

Info:
https://pierluigifagan.wordpress.com/verso-un-mondo-multipolare-il-libro/
http://www.marx21.it/index.php/internazionale/mondo-multipolare/28857-verso-un-mondo-multipolare-il-gioco-di-tutti-i-giochi-nellera-trump

Geoeconomia/Zizek

Slavoj Zizek – Come un ladro in pieno giorno. Il potere al posto della postumanita’ – Ponte alle Grazie (2019)

L’esplosione del capitalismo in Cina viene letta come un caso esemplare di cio’ che nella prima Unione Sovietica veniva chiamato Nuova Politica Economica, dunque quello che si verifica in Cina e’ un nuovo «socialismo con caratteristiche ci- nesi», ma ancora socialismo: il Partito Comunista rimane al potere, controlla strettamente le forze di mercato e le dirige.
Da questo punto di vista, il successo economico della Cina degli ultimi decenni viene interpretato come la dimostrazione non del potenziale produttivo del capitalismo, ma della superiorità del socialismo sul capitalismo. Per supportare questa lettura, che prende in considerazione anche il Vietnam, il Venezuela, Cuba e addirittura la Russia come Stati socialisti, bisogna dare al nuovo socialismo una svolta in senso decisamente conservatore dal punto di vista sociale.
E non e’ questa l’unica ragione per cui la riabilitazione del socialismo e’ palesemente non-marxista, poiche’ ignora completamente il fondamento di base del marxismo secondo il quale il capitalismo si definisce a partire dalle relazioni capitaliste di produzione, non dal tipo di potere statale.

Info:
http://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/unlibroalgiorno/2019/03/16/zizek-e-la-discrezione-non-oppressiva_d6041a60-8893-4969-9332-a8cd1bf07ba9.html
https://ilmanifesto.it/il-gusto-del-paradosso-e-della-liberta/

Geoeconomia/Khanna

Parag Khanna – Il secolo asiatico? – Fazi (2019)

Gli asiatici credono fermamente nel fatto che i mercati debbano essere subordinati al benessere generale della societa’, piuttosto che essere un obiettivo fine a se stesso.
A differenza dell’Occidente, le societa’ asiatiche continuano a essere favorevoli alla globalizzazione perche’ i loro governi la stanno attivamente orientando a loro favore.
Dall’India al Vietnam, i sondaggi mostrano che l’80 per cento e’ pro-globalizzazione (mentre negli Stati Uniti e in Francia sono meno del 40 per cento). Il capitalismo gode piu’ o meno dello stesso sostegno, il che e’ piuttosto ironico data la storia socialista delle principali nazioni asiatiche.
L’ostilita’ diffusa nei confronti della finanza e dell’industria hitech negli Stati Uniti e’ indicativo di una convergenza ideologica verso il punto di vista asiatico secondo cui le banche e i giganti della tecnologia non dovrebbero essere lasciati liberi di sfruttare i consumatori, ma dovrebbero essere asserviti allo Stato e ai bisogni della societa’, che si tratti di stabilita’ fiscale, creazione di posti di lavoro, riqualificazione dell’infrastruttura, formazione di competenze. […]
Gli asiatici hanno appreso negli anni Novanta a essere sospettosi nei confronti del modello di capitalismo angloamericano finanziarizzato e iperderegolamentato.
Per esempio, gli asiatici sono convinti che sia la redistribuzione fiscale a generare una crescita equa, in barba all’ortodossia capitalistica secondo cui la crescita si traduce automaticamente in redistribuzione.
Secondo il Fondo Monetario Internazionale, la riduzione della disuguaglianza richiede tasse più elevate e maggiori investimenti pubblici. Di conseguenza, molti paesi asiatici non esitano a usare le leve macroeconomiche – riduzione dei tassi di interesse, investimenti anticiclici, spesa pubblica aggressiva e tasse elevate – per promuovere una maggiore equita’ e creare posti di lavoro. Trasporti pubblici, alloggi, reti elettriche e servizi igienici efficienti sono elementi fondamentali per una buona qualita’ della vita.
Le riforme economiche non possono avvenire a scapito dell’occupazione e della coesione sociale. Il governo cinese si preoccupa del destino dei lavoratori rimpiazzati dai robot e dei profitti che arriveranno alle imprese che riducono il personale mentre aumentano la produzione, ma invece di lasciare che le suddette imprese portino i loro profitti all’estero, li tassa e acquista delle quote nelle stesse per raccogliere i frutti della loro crescita.

Info:
https://www.iltascabile.com/societa/secolo-asiatico/
http://www.mangialibri.com/libri/il-secolo-asiatico
https://www.repubblica.it/dossier/la-repubblica-delle-idee-2019/2019/06/03/news/parag_khanna-227854599/

Geoeconomia/Khanna

Parag Khanna – Il secolo asiatico? – Fazi (2019)

La Cina storicamente non e’ una potenza coloniale.
A differenza degli Stati Uniti, e’ molto refrattaria a intervenire direttamente nelle faccende di altri paesi.
La Cina vuole risorse e mercati esteri, non colonie.
Le sue incursioni militari – dal Mar Cinese Meridionale all’Afghanistan e all’Africa orientale – sono orientate a proteggere le sue crescenti linee di approvvigionamento globali, ma i suoi ambiziosi progetti infrastrutturali globali sono finalizzati a ridurre la sua dipendenza dai fornitori stranieri (cosi’ come i suoi massicci investimenti nelle energie alternative).
La Belt and Road Initiative [BRI] non significa che un domani la Cina governerà l’Asia, ma ci ricorda che il futuro della Cina, cosi’ come il suo passato, e’ profondamente radicato in Asia.

Info:
https://www.iltascabile.com/societa/secolo-asiatico/
http://www.mangialibri.com/libri/il-secolo-asiatico
https://www.repubblica.it/dossier/la-repubblica-delle-idee-2019/2019/06/03/news/parag_khanna-227854599/

Geoeconomia/Ferguson

Niall Ferguson – Occidente: ascesa e crisi di una cifilta’ – Mondadori (2014)

C’è qualcosa che, per il drago cinese, potrebbe andare storto? Circolano almeno quattro diverse ipotesi avanzate da chi si aspetta che prima o poi la Cina inciampi.
La prima e’ che analoghe previsioni di inesorabile ascesa si facevano un tempo anche per il Giappone, che pareva destinato a superare gli Stati Uniti e a diventare la piu’ possente superpotenza economica globale. Quindi, anche la Cina potrebbe andare incontro alla stessa sorte subita dal Giappone dopo il 1989. Proprio perche’ i sistemi economico e politico non sono realmente competitivi, una bolla del mercato immobiliare o di quello azionario potrebbe determinare fallimenti di banche crescita zero e deflazione, precisamente gli stessi problemi che gravano sul Giappone da ormai due decenni. Contro questa ipotesi si puo’ osservare che un piccolo arcipelago al largo delle coste dell’Eurasia ben difficilmente avrebbe potuto reggere il confronto con una potenza continentale come gli Stati Uniti. Era ragionevole supporre, persino un secolo fa, che il Giappone avrebbe raggiunto il Regno Unito (il suo omologo occidentale) – come puntualmente ha fatto –, ma non che avrebbe potuto scavalcare gli Stati Uniti. […]
Una seconda ipotesi e’ che la Cina venga sconquassata da disordini sociali, come e’ accaduto gia’ molto spesso in passato. Dopotutto, la Cina rimane un paese povero, all’ottantaseiesimo posto nella classifica mondiale del reddito pro capite, con 150 milioni di cittadini (quasi uno su dieci) che vivono con l’equivalente di un dollaro e mezzo al giorno, o anche meno.
La disuguaglianza e’ aumentata vertiginosamente dopo l’introduzione delle riforme economiche, tanto che la distribuzione del reddito e’ ora sostanzialmente di tipo americano (anche se non certo brasiliano). Si calcola che lo 0,4 per cento delle famiglie cinesi possieda attualmente circa il 70 per cento della ricchezza complessiva del paese. Se si aggiungono a queste disparita’ economiche cronici problemi di inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo, non appare affatto sorprendente che le parti piu’ povere dell’hinterland rurale cinese siano mature per l’esplosione di proteste. Tuttavia, soltanto una fantasia sovreccitata puo’ costruire uno scenario rivoluzionario su queste davvero esili fondamenta. La crescita economica puo’ anche avere reso la Cina una societa’ con piu’ forti disuguaglianze, ma il regime capitalista-comunista gode attualmente di una quasi assoluta legittimita’ agli occhi del suo stesso popolo. In effetti, i dati dei sondaggi indicano che oggi i cinesi sono piu’ attaccati al principio del libero mercato persino degli stessi americani. La vera minaccia sociale per la stabilita’ della Cina e’ di natura demografica. In conseguenza della politica del figlio unico introdotta nel 1979, la Cina, nel 2030,avra’ una popolazione significativamente piu’ anziana di quella della vicina India, che ha quasi lo stesso numero di abitanti. Gli ultrasessantacinquenni costituiranno il 16 per cento del totale, in confronto ad appena il 5 per cento nel 1980. E lo squilibrio nel rapporto numerico tra i due sessi in province come quelle di Anhui, Hainan, Guangdong e Jiangxi sembra gia’ senza pari in qualsiasi societa’ moderna (fra il 30 e il 38 per cento di maschi in piu’ rispetto alle femmine). La prossima rivoluzione cinese, se mai ci sara’, sara’ guidata da scapoli frustrati. Ma la storia dimostra che i giovani senza donne possono abbracciare tanto la rivoluzione quanto il nazionalismo radicale.
Una terza ipotesi prevede che una classe media in ascesa possa, come spesso e’ avvenuto nella storia occidentale, richiedere maggiore voce in capitolo nella vita politica. Un tempo la Cina era una societa’ rurale. Nel 1990 tre cinesi su quattro vivevano in campagna.
Oggi il 45 per cento della popolazione cinese vive in città e nel 2030 la proporzione raggiungera’ il 70 per cento. […]
La quarta e ultima ipotesi e’ che la Cina potrebbe assumere un orientamento cosi’ antagonistico nei confronti dei suoi vicini da convincere questi ultimi a gravitare, come contrappeso, verso una coalizione guidata dagli Stati Uniti, mossi a propria
volta da un’impostazione sempre piu’ realista. Senza dubbio, non c’e’ penuria di malcontento nel resto dell’Asia per il modo in cui oggi la Cina fa sentire tutto il peso della sua forza. I progetti cinesi per una diversione delle risorse idriche dell’altipiano tibetano di Qinghai hanno preoccupanti conseguenze per il Bangladesh, l’India e il Kazakistan. A Hanoi si sta ormai esaurendo la pazienza per la pratica cinese di utilizzare i propri operai nelle miniere vietnamite di bauxite.E le relazioni con il Giappone si sono così incrinate in occasione della controversia sulle minuscole isole Senkaku (Diaoyu) che la Cina ha imposto un embargo sulle esportazioni di terre rare come ritorsione per il sequestro di un peschereccio cinese finito in acque giapponesi.

Info:
https://www.anobii.com/books/Occidente/9788804635697/011d1cf5b02d09a991
https://www.qlibri.it/saggistica/storia-e-biografie/occidente.-ascesa-e-crisi-di-una-civilt%C3%A0/
https://www.ilfoglio.it/cultura/2015/12/02/news/ecco-come-loccidente-si-e-illuso-90208/