Europa/Boitani

Andrea Boitani – Sette luoghi comuni sull’economia – Laterza (2017)

Se non si vogliono accettare una revisione delle regole europee di finanza pubblica e, con tale revisione, tetti piu’ alti al deficit e un piu’ graduale, ma piu’ sicuro, sentiero di rientro del debito pubblico (soprattutto nei famigerati PIIGS), e se non si ritiene possibile rivedere il Trattato quanto al finanziamento monetario degli investimenti pubblici, rimangono solo tre alternative.
La prima e’ che tutti, Commissione europea, BCE e governi dell’Eurozona non facciano nulla, credendo di aver gia’ fatto tutto col piano Junker, secondo il «principio del Pappataci», enunciato nell’Italiana in Algeri di Rossini: «lascia pur che gli altri facciano: tu qui mangia, bevi e taci».
La seconda, piu’ attivistica e stimolante, e’ che la BCE faccia ricorso alla forma pura dell’helicopter money proposta da Milton Friedman quarant’anni fa, cioe’ si risolva a inviare un assegno a ciascuna famiglia dell’Eurozona, sperando che venga effettivamente speso. Gli effetti saranno meno espansivi di quelli ottenibili con il finanziamento di investimenti pubblici, ma certamente piu’ espansivi di quelli che si potrebbero ottenere riducendo contemporaneamente le tasse e la spesa pubblica. […]
La terza strada consiste nell’accrescere significativamente la spesa per investimenti pubblici almeno in Germania, l’unico paese europeo grande che abbia un ampio spazio fiscale, avendo un debito pubblico relativamente basso (in rapporto al PIL), un enorme surplus di bilancia commerciale e, ora, anche un surplus di bilancio pubblico.
Ai primi di settembre 2016, pure il presidente della BCE Mario Draghi ha sollecitato il governo tedesco in questo senso.
La dimensione della Germania in Europa garantisce che una forte spinta alla sua domanda interna abbia una ricaduta positiva sugli altri paesi dell’Eurozona […].
Un paese, di fatto, leader in Europa, come la Germania, dovrebbe offrire qualche beneficio (economico) della sua leadership a tutti gli altri, per consolidare la sua egemonia con il consenso (cioe’ essere veramente «egemone» e non
«dominante»).
Vista la difficolta’ di convincere i politici tedeschi a mollare l’ormeggio delle regole «stupide» e a spendere in proprio per costruire un’egemonia consensuale, la terza alternativa non appare oggi molto piu’ probabile della seconda e della via maestra di un (vero) grande piano europeo di investimenti pubblici.
Accidenti: una volta che un luogo comune ha senso…

Info:
https://www.anobii.com/books/Sette_luoghi_comuni_sull%27economia/9788858124581/012e4b7607f103e80f
https://www.lavoce.info/archives/tag/i-sette-luoghi-comuni-sulleconomia/
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858124581

Economia di mercato/Fazi

Thomas Fazi, Guido Iodice – La battaglia contro l’Europa. Come un’elite ha preso in ostaggio un continente. E come possiamo riprendercelo – Fazi (2016)

Esistono vari modi tramite i quali si puo’ cercare di uscire da questa situazione di ingolfamento generale (general glut). Quello preferito dai banchieri centrali e’ abbassare il tasso di interesse. Ma, come abbiamo visto, in una crisi si puo’ anche abbassare gli interessi a zero senza che questo, di per se’, porti a nuovi investimenti. Certo, gli imprenditori si troveranno una voce di costo piu’ piccola, ma da un lato non e’ detto che le banche concedano piu’ prestiti se non migliora la capacita’ di rimborso della clientela e dall’altro non e’ detto che gli stessi imprenditori decidano di domandare piu’ prestiti alle banche: chi si indebiterebbe, anche a tasso zero, se pensa che la domanda futura sara’ insufficiente a vendere le merci che pro- duce? […]
E allora, ecco la risposta liberista: bisogna liberalizzare tutti i settori controllati direttamente o indirettamente dallo Stato, offrendo cosi’ nuove opportunita’ di business. Ma spesso neppure questo basta a ripristinare la fiducia e si rivela insufficiente soprattutto per economie grandi e mature.
Ed ecco allora l’ultimo tassello della storia: le bolle […]
Negli anni Novanta la crescita e’ stata trainata dalla bolla delle dot.com, dalla corsa all’oro della “new economy”.
Finita quell’euforia, negli anni Duemila si riscopri’ la vecchia e cara bolla immobiliare […]
Ma anche una bolla immobiliare, da sola, puo’ non bastare. Bisogna fare in modo che la gente sia “costretta” a indebitarsi e spendere. Per farlo le privatizzazioni dei servizi sociali sembrano essere un toccasana.
La gente deve curarsi, e se lo Stato non fornisce i servizi sanitari dovra’ rivolgersi ai privati. Le assicurazioni sanitarie sono un buon canale per la spesa a debito. Un altro servizio pubblico che, privatizzato, puo’ generare una bella quantita’ di domanda a debito l’istruzione.
Negli Stati Uniti gli studenti si indebitano per pagare le sempre piu’ stratosferiche rette delle universita’. La montagna di debito studentesco e’ arrivata a 1000 miliardi di dollari […]
Un’altra fonte autonoma di domanda e’ quella estera. La strategia mercantilista della Germania e’ stata tutta intesa a sfruttare questo canale. I tedeschi amano dire che gli altri hanno vissuto al di sopra delle loro possibilita’, ma la realta’ e’ che la Germania ha vissuto al di sopra della propria domanda interna (o, per dirla diversamente, al di sotto delle sue possibilita’).

Info:
https://fazieditore.it/catalogo-libri/la-battaglia-contro-leuropa/
https://keynesblog.com/2016/07/08/michele-salvati-recensisce-la-battaglia-contro-leuropa-di-thomas-fazi-e-guido-iodice/

Economia di mercato/Fazi

Thomas Fazi, Guido Iodice – La battaglia contro l’Europa – Fazi (2016)

Il “miracolo” delle esportazioni tedesche non e’ tanto da imputare a una maggiore produttivita’ o efficienza del sistema tedesco, quanto piuttosto alla politica di compressione dei salari e della domanda interna perseguita dall’establishment politico-economico tedesco nei primi anni Duemila, nonche’ al fatto che gli altri paesi del continente non hanno seguito la stessa politica salariale, ma hanno invece mantenuto un livello di domanda tale da poter assorbire le esportazioni tedesche, accumulando cosi’ ampi disavanzi commerciali (anche in virtu’ di bolle speculative alimentate proprio dal settore finanziario tedesco, che hanno permesso ai consumatori di questi paesi di continuare a importare prodotti della Germania).
Da cui si evince quanto sia fallace l’idea che il “modello tedesco”, nel medio-lungo termine, possa rappresentare un modello per l’eurozona o per l’Europa nel loro complesso, poiche’ risulta evidente che esso puo’ funzionare solo se c’e’ qualcuno che si fa carico di trainare le esportazioni, stimolando la domanda interna e tollerando ampi deficit commerciali.
Eppure uno degli scopi, piu’ o meno espliciti, delle misure di austerita’ imposte ai paesi della periferia in questi anni – che non hanno agito solo sul fronte della domanda pubblica per mezzo di tagli alla spesa statale, ma anche sul fronte della domanda privata per mezzo di politiche di flessibilizzazione del lavoro e compressione/riduzione dei salari reali (-23 per cento in Grecia, -7 per cento in Spagna ecc.) –e’ stato proprio quello di imporre a tutta l’Unione, in particolare all’eurozona, un modello strettamente export-led in cui la crescita e’ trainata in primo luogo dalle esportazioni (imitando appunto il modello tedesco).

Info:
https://fazieditore.it/catalogo-libri/la-battaglia-contro-leuropa/
https://keynesblog.com/2016/07/08/michele-salvati-recensisce-la-battaglia-contro-leuropa-di-thomas-fazi-e-guido-iodice/

Economia di mercato/Fazi

Thomas Fazi, Guido Iodice – La battaglia contro l’Euripa. Come un’elite ha preso in ostaggio un continente. E come possiamo riprendercelo – Fazi (2016)

Impazzimento collettivo o guerra di classe? […]
Il quadro si semplifica, almeno in parte, se, rinunciando alla chiave degli “errori” e dell’“impazzimento collettivo”, si suppone che quella che stiamo vivendo sia una transizione, e che le politiche adottate dai sovrani della troika e dai governi nazionali piu’ forti, Germania in testa, rientrino in un processo governato di ristrutturazione delle nostre societa’: in una distruzione creatrice, finalizzata alla sostituzione del modello sociale postbellico (il capitalismo democratico incentrato sul welfare pubblico e sulla riduzione delle sperequazioni in un’ottica inclusiva) con un modello oligarchico (postdemocratico) affidato alla «giustizia dei mercati globali» e caratterizzato dal binomio poverta’ pubblica-ricchezza privata. […]
La scelta, per esempio, di costringere gli Stati membri ad accumulare enormi avanzi primari per assicurare che questi siano in grado di garantire il servizio degli interessi sul debito pregresso – esemplificata dal fiscal compact – e’ molto piu’ di una semplice “stupidita’”. Secondo alcuni, si tratterebbe addirittura del «piu’ grande trasferimento di risorse dalle classi medio-basse a quelle alte nella storia».
Lo stesso vale per le misure di privatizzazione o di compressione salariale, che vanno tutte a beneficio dei grandi gruppi industriali, europei e non, che infatti hanno visto il loro margine di profitto tornare ai livelli pre-crisi.
L’austerita’, pero’, non produce solo un trasferimento di risorse da alcune classi sociali verso altre; produce anche un trasferimento di risorse da alcuni paesi verso altri, come vedremo piu’ avanti. E’ difatti sotto gli occhi di tutti come la scelta di ridurre gli squilibri commerciali intereuropei costringendo i paesi in deficit a tagliare i salari e a ridurre la domanda, senza perO’ chiedere ai paesi in surplus di fare la loro parte stimolando la domanda interna, abbia determinato enormi benefici per i secondi (Germania in primis) a scapito dei primi.
In definitiva, possiamo ragionevolmente ipotizzare che quello a cui stiamo assistendo non sia un incidente di percorso o il semplice prodotto di politiche “sbagliate”, ma piuttosto il risultato di un disegno preciso. Di una vera e propria “guerra di classe”.

Info:
https://fazieditore.it/catalogo-libri/la-battaglia-contro-leuropa/
https://keynesblog.com/2016/07/08/michele-salvati-recensisce-la-battaglia-contro-leuropa-di-thomas-fazi-e-guido-iodice/

Europa/Zielonka

Jan Zielonka – Disintegrazione. Come salvare l’Europa dall’Unione europea – Laterza (2015)

L’integrazione europea avrebbe innanzitutto dovuto sbarazzarsi della politica di potere. Gli Stati grandi e ricchi non dovevano piu’ angariare quelli piccoli e poveri.
Soprattutto, l’Europa non doveva essere dominata dalla Germania.
Oggi una manciata di paesi a «tripla A» dirige l’Europa con la Germania al posto di guida. L’eguaglianza fra gli Stati membri e’ sparita.
Vengono scritti nuovi trattati che guardano solo ad alcuni Stati, crescono le interferenze esterne e arbitrarie negli affari interni e le politiche vertono eminentemente sulle sanzioni, invece che su aiuti e incentivi.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/recensione-a-disintegrazione-di-jan-zielonka/
https://www.notiziegeopolitiche.net/recensione-a-jan-zielonka-disintegrazione-come-salvare-leuropa-dallunione-europea/
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&task=schedalibro&isbn=9788858120460&Itemid=97

Capitalismo/Crouch

Colin Crouch – Il potere dei giganti. Perche’ la crisi non ha sconfitto il neoliberismo – Laterza (2014)

Il capitalismo di Francia, Germania e Giappone […] aveva sviluppato la concezione di una varieta’ di soggetti partecipi degli interessi dell’azienda (stakeholders) come i clienti, i dipendenti, i possessori di obbligazioni e a volte le comunita’ locali o l’interesse nazionale, cui l’azienda doveva rispondere direttamente, e non attraverso la soddisfazione degli azionisti. Questi modelli furono generalmente accantonati negli anni Novanta, quando si affermo’ la superiorita’ del modello angloamericano come perfetta espressione degli ideali neoliberisti […]
Le economie imperniate sugli stakeholders dipendevano da idee locali ed esperienze condivise secondo cui l’impresa era parte integrante della societa’, consentendo ai membri di quest’ultima di confidare (a torto o a ragione) nelle acrobazie volte a bilanciare i vari interessi riconosciuti dal modello.
Il modello orientato agli azionisti [shareholders] era piu’ in linea con l’impersonalita’ dell’economia globale, in cui si puo’ (e si deve) avere a che fare con estranei, senza alcun coinvolgimento o fiducia personale. Il modello angloamericano richiede un solo tipo di fiducia: che il mercato sia puro. Rispetto ad esso, l’approccio orientato agli stakeholders si rivelo’ troppo locale, e poco adatto a essere esportato.
Fu il trionfo del modello basato sulla massimizzazione del valore per gli azionisti, e con esso dell’idea secondo cui la massimizzazione dei benefici per gli azionisti assicura la soddisfazione di ogni altro interesse rilevante.

Info:
http://tempofertile.blogspot.com/2013/09/colin-crouch-il-potere-dei-giganti.html
https://tramedoro.eu/?p=2447
https:/www.pandorarivista.it/articoli/disuguaglianze-intervista-colin-crouch/

Europa/Stiglitz

Joseph E. Stiglitz – L’euro. Come una moneta comune minaccia il futuro dell’Europa – Einaudi (2017)

Il mandato della Bce e’ controllare l’inflazione, e non la disoccupazione.
Fintanto che c’e’ inflazione in Europa in generale e in Germania in particolare, non solo la Bce presta scarsa attenzione alla sofferenza dei paesi afflitti da alti livelli di disoccupazione, ma non si preoccupa neppure del tasso medio di disoccupazione […]
Il risultato di una Bce concentrata unicamente sull’inflazione e’ che la crescita e la stabilita’ sono inferiori rispetto alle potenzialita’ della regione, e questo fa sorridere, visto e considerato che il presunto obiettivo del quadro economico dell’eurozona era quello di promuovere la crescita e la stabilita’ […] I principi in voga ai tempi della fondazione dell’eurozona – come per esempio che l’unica cosa di cui una banca centrale dovesse occuparsi era l’inflazione, e che cioì sarebbe bastato a garantire crescita e stabilita’ – sono stati oggi ampiamente sconfessati sia dagli economisti accademici sia dai politici, anche negli ambienti dell’Fmi. Eppure alla Bce queste idee sono scolpite nella pietra e tuttora condivise in molti potentati dell’eurozona.

Info:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/stiglitz-e-possibile-salvare-l-euro/
https://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2018-07-06/stiglitz-italexit-e-l-ultima-spiaggia-l-italia-e-meglio-restare-ma-l-euro-va-riformato-154718.shtml?uuid=AEpvLEIF&refresh_ce=1
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/stiglitz-39-39-39-italia-sufficientemente-grande-ha-176313.htm

 

Europa/Zielonka

Jan Zielonka – Disintegrazione. Come salvare l’Europa dall’Unione Europea – Laterza (2015)

Per l’intera durata della crisi, Berlino ha agito pensando ai cittadini tedeschi non a quelli europei, dipingendo le proprie politiche come virtuose e quelle altrui come difettose.
La maggior parte degli europei non vuole prendere lezioni dai tedeschi in tema di moralità: vuole vedere la Germania contribuire a far uscire l’Europa dalla crisi – una crisi della quale anche la Germania e’ in parte responsabile.
Come abbiamo visto, la  Germania si e’ rivelata una potenza egemone recalcitrante e poco dotata.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/recensione-a-disintegrazione-di-jan-zielonka/
https://www.notiziegeopolitiche.net/recensione-a-jan-zielonka-disintegrazione-come-salvare-leuropa-dallunione-europea/
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&task=schedalibro&isbn=9788858120460&Itemid=97

Europa/Zielonka

Jan Zielonka – Disintegrazione. Come salvare l’Europa dall’Unione Europea – Laterza (2015)

Dopo il fallimento della Lehman Brothers, la Germania ha dichiarato che la garanzia virtuale offerta ad altre istituzioni finanziarie doveva essere fornita da ciascun paese tramite interventi distinti, non dall’Europa nell’ambito di un’azione comune.
Cio’ ha messo a dura prova le economie piu’ fragili dell’eurozona e ha contribuito a far esplodere la crisi dell’euro. Durante la crisi, la Germania ha sempre fatto abbastanza per prevenire il crollo della moneta unica, ma poco per attenuare le differenze strutturali tra le economie piu’ forti e quelle piu’ vulnerabili.
Per esempio, ha acconsentito alla creazione del meccanismo europeo di stabilita’ che prevede l’iniezione diretta di capitali nelle banche, ma i fondi proposti erano inadeguati e soggetti a rigide condizioni. In parole povere, le politiche tedesche miravano piu’ a punire che ad assistere.
Il trattato sul fiscal compact, per esempio, impone sanzioni severe ai paesi che non riducono il debito in eccesso del 5 per cento l’anno. Obbliga inoltre gli Stati membri a condividere i loro piani di bilancio con le istituzioni dell’Unione.
Alcuni critici […] sostengono che i tagli ai bilanci stanno facendo calare la domanda e salire la disoccupazione, indeboliscono la fiducia dei consumatori e frenano la crescita. Una strategia alternativa consisterebbe nel rinunciare al metodo punitivo rigorista e nel sollevare i paesi colpiti dalla crisi dagli oneri eccessivi dei tassi di interesse, che ne ostacolano la crescita.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/recensione-a-disintegrazione-di-jan-zielonka/
https://www.notiziegeopolitiche.net/recensione-a-jan-zielonka-disintegrazione-come-salvare-leuropa-dallunione-europea/
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&task=schedalibro&isbn=9788858120460&Itemid=97

Europa/Cesaratto

Sergio Cesaratto – Chi non rispetta le regole? Italia e Germania, le doppie morali dell’euro – Imprimatur (2018)

Rifacendoci allo spirito di quelle che Keynes porto’ nel 1944 alla conferenza di Bretton Woods […], alcune proposte vanno qui ricordate.
Si dovranno basare sul rispetto delle regole del gioco nell’ambito del sistema monetario internazionale, ovvero sul contributo che sia i Paesi in surplus che quelli in disavanzo devono dare al riequilibrio (in particolare i Paesi in surplus dovrebbero sostenere la propria domanda interna accettando un po’ più di inflazione); sul supporto ai Paesi in disavanzo affinche’ abbiano tempo per l’aggiustamento senza ricorrere a controproducenti deflazioni; su politiche monetarie volte al sostegno della politica fiscale e del pieno impiego; su misure compensative al fatto che i Paesi in disavanzo non possono essere coadiuvati nell’aggiustamento dalla flessibilita’ del cambio.
La disciplina dei debiti sovrani, inoltre, non puo’ essere data in pasto ai mercati, destabilizzando quei debiti, dato che fondamentalmente quella sostenibilita’ dipende dal sostegno della Banca centrale e di eventuali prestiti europei.
La mutualizzazione del debito attraverso gli eurobond sarebbe invece ben accolta dai mercati.
Lo scambio fra condivisione dei rischi e controlli fiscali, giustamente richiesto dalla Germania, sarebbe accettabile in un’Europa che ponesse la piena occupazione fra gli obiettivi della politica monetaria e fiscale.

Info:
https://sinistrainrete.info/europa/12212-sergio-cesaratto-chi-non-rispetta-le-regole.html
https://www.anobii.com/books/Chi_non_rispetta_le_regole/9788868307042/01cbbe8b20591e9949