Lavoro/Piketty

Thomas Piketty – Capitale e ideologia. Ogni comunita’ ha bisogno di giustificare le proprie disuguaglianze – La Nave di Teseo (2020)

Quali che siano i limiti della cogestione cosi’ come viene attuata in area tedesca e scandinava, tutta la documentazione disponibile suggerisce comunque che tali norme hanno consentito un certo riequilibrio del potere tra dipendenti e azionisti, assicurando uno sviluppo economico e sociale piu’ armonioso e in definitiva anche una maggiore efficienza all’interno delle societa’ interessate (almeno, rispetto alle situazioni in cui i dipendenti non hanno alcuna rappresentanza nei consigli di amministrazione).
A quanto risulta, e’ soprattutto il fatto che i sindacati partecipino alla definizione delle strategie aziendali di lungo termine e dispongano di tutte le informazioni e dei documenti necessari per decidere, a consentire un maggiore coinvolgimento dei dipendenti e una piu’ elevata produttivita’ del sistema aziendale […]
La cogestione e’ una delle forme piu’ elaborate e durevoli con cui, a partire dalla meta’ del XX secolo, si ufficializza un nuovo equilibrio nei rapporti tra capitale e lavoro. Un equilibrio che e’ il risultato di un lungo processo di lotte sindacali, operaie e politiche, iniziato fin dalla meta’ del XIX secolo […]
Nell’area tedesca e scandinava (per la precisione in Germania, Austria, Svezia, Danimarca e Norvegia), i rappresentanti dei dipendenti hanno tra un terzo e la meta’ dei seggi e dei diritti di voto all’interno dei consigli di amministrazione delle aziende (almeno, in quelle piu’ grandi), indipendentemente da qualsiasi altra partecipazione al capitale aziendale dei dipendenti. Nel caso della Germania, paese precursore di tali riforme, il sistema e’ operativo fin dai primi anni cinquanta del Novecento.
Fino agli anni dieci del Duemila, nonostante i successi ampiamente riconosciuti del modello sociale e industriale tedesco e nordeuropeo, caratterizzato da alti livelli di qualità della vita e produttivita’ e da disuguaglianze economiche contenute, gli altri paesi non ne hanno seguito l’esempio. Nel Regno Unito come negli Stati Uniti, in Francia come in Italia o in Spagna, in Giappone come in Canada o in Australia, le aziende private hanno continuato a essere gestite secondo le immutabili regole delle societa’ per azioni.

Info:
https://www.internazionale.it/opinione/annamaria-testa/2020/06/24/thomas-piketty-capitale-ideologia
https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/capitale-e-ideologia-intervista-a-thomas-piketty/
https://www.ilmessaggero.it/libri/capitale_e_ideologia_il_nuovo_saggio_di_piketty_star_dell_economia_pop-5299153.html
http://temi.repubblica.it/micromega-online/piketty-il-capitalismo-non-e-piu-in-grado-di-giustificare-le-sue-disuguaglianze/
https://www.huffingtonpost.it/2018/09/08/lincubo-social-nativista-italiano-potrebbe-molto-rapidamente-riguardarci-da-vicino-piketty-avverte-le-democrazie-europee_a_23520935/

Lavoro/Mason

Paul Mason – Postcapitalismo. Una guida al nostro futuro – il Saggiatore (2016)

Eppure, perfino adesso, molte persone non riescono a cogliere il significato autentico della parola «austerita’».
Austerita’ non vuol dire sette anni di tagli alla spesa, come in Gran Bretagna, e nemmeno la catastrofe sociale inflitta alla Grecia.
Tidjane Thiam, l’amministratore delegato della Prudential, ha esposto chiaramente il vero significato della parola austerita’ al forum di Davos del 
2012.
I sindacati sono il «nemico dei giovani», ha detto, e il salario minimo e’ «una macchina per distruggere posti di lavoro».
I diritti dei lavoratori e salari decorosi sono d’ostacolo al rilancio del capitalismo e – dice senza imbarazzo questo finanziere milionario – devono sparire.
E’ questo il vero progetto dell’austerita’: spingere i salari e il tenore di vita dell’Occidente verso il basso per decenni, finche’ non arriveranno a coincidere con quelli in ascesa dei ceti medi di Cina e India.

Info:
https://www.eunews.it/2017/05/13/il-postcapitalismo-secondo-paul-mason/85281
https://ilmanifesto.it/paul-mason-nelle-spire-del-postcapitalismo/
https://24ilmagazine.ilsole24ore.com/2015/09/postcapitalismo/
https://www.pandorarivista.it/pandora-piu/postcapitalismo-di-paul-mason/

Capitalismo/Deneault

Alain Deneault – La mediocrazia – Neri Pozza (2017)

Il sindacalismo e’ e rimane un soggetto politico, oppure ormai si confonde con le regole flessibili e strettamente manageriali di quel che e’ racchiuso oggi nella parola «governance»?
La politica definisce la capacita’ di deliberare sui principi che regolano la vita in societa’, capacita’ che i membri di una comunita’ istituita si riconoscono.
Agire politicamente implica dunque il fatto di sostenere la propria posizione e la propria azione al di la’ delle coordinate sociali entro le quali ci restringono alcune forme del potere costituito, per deliberare sull’insieme delle disposizioni che fanno si’ che ci si trovi a questo punto.
Dunque, piu’ che stare al gioco della logica manageriale, borsistica, capitalista e ultraliberale che prevale storicamente, nella speranza di trarne un tornaconto, si dovrebbe agire per instaurare nuove regole formali.
Quanto alla governance, essa include i rappresentanti sindacali in una partnership che mette l’uno accanto all’altro attori dei quali si prevede apertamente la disparita’. Sottomessi all’imperativo del «consenso», i sindacati sono invitati a questi processi piu’ per portare il concorso del movimento dei lavoratori verso prospettive di sviluppo industriale e progetti motivati dall’alta finanza, che per definire davvero alla base le regole che riguardano la vita nella societa’.
Pertanto, per il movimento dei lavoratori, come per la rappresentanza ecologista, autoctona e locale, si tratta di provare a inserire nel progetto piu’ ampio del capitalismo degli interessi minori che possano apparire ai suoi membri come una serie di «passi nella giusta direzione», «concessioni ottenute», «vittorie morali», «partenariati strategici» e altre simili arguzie.
La «governance» si presenta ancora una volta come un’arte della gestione privata innalzata al rango della politica; di conseguenza, non puo’ che puntare a impadronirsi della politica stessa.[…]
La questione poggia sulla scelta tra la politica e la governance, ovvero se il movimento sindacale deve continuare a integrarsi nel capitalismo partecipandovi in modo fattivo – per esempio costituendo dei fondi sindacali messi a disposizione di aziende quotate in Borsa – e rendendolo dunque accettabile da parte dei membri delle sue organizzazioni, o se invece deve portare avanti una lotta concertata contro i suoi effetti iniqui, deleteri e fatalmente distruttivi.
Questa problematica, che ha drammaticamente segnato l’inizio del XX secolo […], e’ tutt’ora molto presente.

Info:
https://www.repubblica.it/venerdi/interviste/2017/01/25/news/il_trionfo_della_mediocrazia_spiegato_dal_filosofo_canadese_alain_deneault-156837500/
http://blog.ilgiornale.it/franza/2018/05/27/la-mediocrazia-un-libro-magistrale-del-canadese-alain-deneault-ne-traccia-il-pensiero-e-spiega-come-i-mediocri-hanno-preso-il-potere/
https://www.ilmerito.org/8-nel-merito/273-mediocrazia-una-rilettura-della-societa-contemporanea-attraverso-il-suo-declino-irreversibile-recensione-a-a-deneault-mediocrazia-neri-pozza-2017-di-giovanni-cossa

https://ilfoglietto.it/libri/5397-la-mediocrazia-un-libro-sulla-inadeguatezza-della-classe-dirigente

Lavoro/Harvey

David Harvey – L’enigma del capitale e il prezzo della sua sopravvivenza – Feltrinelli (2011)

Uno dei maggiori ostacoli all’accumulazione sostenuta del capitale e al consolidamento della classe capitalista negli anni sessanta e’ stato il lavoro.
In Europa come negli Stati Uniti c’era penuria di manodopera; i lavoratori erano ben organizzati, ragionevolmente ben retribuiti e avevano peso politico.
Il capitale aveva bisogno di attingere a bacini di manodopera meno cara e piu’ docile, e c’erano vari espedienti per farlo. Uno era incoraggiare l’immigrazione […]
Alla fine degli anni sessanta il governo francese sovvenzionava l’importazione di manodopera dal Nord Africa, i tedeschi accoglievano i turchi, gli svedesi incoraggiavano l’immigrazione degli iugoslavi e i britannici attingevano agli abitanti del loro antico impero.
Un altro modo per accedere a bacini di manodopera a basso costo era quello di sviluppare tecnologie a bassa intensita’ di lavoro, come la robotizzazione nella fabbricazione di automobili, che creavano disoccupazione […]
Se tutto cio’ non avesse sortito gli effetti desiderati, c’erano comunque persone come Ronald Reagan, Margaret Thatcher e il generale Augusto Pinochet pronte a intervenire, armate della dottrina neoliberista, determinate a ricorrere al potere dello Stato per schiacciare le organizzazioni dei lavoratori. Pinochet e i generali argentini lo fecero con la forza militare; Reagan e la Thatcher ingaggiarono uno scontro frontale con i grandi sindacati, sia direttamente – come quando Reagan mise in atto una prova di forza con i controllori del traffico aereo e la Thatcher si scontro’ violentemente con i sindacati dei minatori e dei lavoratori editoriali –, sia indirettamente, attraverso la creazione di disoccupazione […]
Il capitale aveva anche la possibilita’ di recarsi direttamente la’ dove si trovava l’eccedenza di manodopera […] Inondate di un’eccedenza di capitale, le grandi imprese statunitensi avevano cominciato a trasferire la produzione all’estero gia’ alla meta’ degli anni sessanta, ma questo movimento ha preso slancio soltanto un decennio piu’ tardi […]
Il capitale aveva ormai accesso ai bacini di manodopera a basso costo del mondo intero. Quel che e’ peggio, il crollo del comunismo, avvenuto bruscamente nell’ex blocco sovietico e gradualmente in Cina, ha poi aggiunto circa due miliardi di persone alla forza lavoro salariata global.

Info:
http://www.spazioterzomondo.com/2012/05/recensione-david-harvey-l%E2%80%99enigma-del-capitale-e-il-prezzo-della-sua-sopravvivenza-feltrinelli/
http://contropiano.org/contropianoorg/aerosol/vetrina-pubblicazioni/2011/07/05/l-enigma-del-capitale-e-il-prezzo-della-sua-sopravvivenza-02315
http://www.millepiani.org/recensioni/l-enigma-del-capitale-e-il-prezzo-della-sua-sopravvivenza

Capitalismo/Formenti

Carlo Formenti – La variante populista. Lotta di classe nel liberismo – Derive Approdi (2016)

L’economia reale e’ sempre piu’ controllata da oligopoli e monopoli (anche per l’assenza di legislazioni antitrust realmente in grado di limitarne il dominio).
Ma il vero problema […] e’ politico, visto che sono le decisioni politiche a determinare in che misura le imprese possono esercitare il potere di mercato.
Del resto, potere di mercato e potere politico si rafforzano a vicenda, come dimostra il fatto che la grande svolta verso la disuguaglianza e’ coincisa con la sterzata a destra della classe politica americana, la quale:
1) ha deregolamentato l’attivita’ bancaria ed evitato di disciplinare gli eccessi della finanza «creativa»;
2) ha ridotto il potere contrattuale dei lavoratori smantellandone le organizzazioni sindacali;
3) si e’ progressivamente integrata con le elite economiche grazie alla crescita dei contributi elettorali, all’attivita’ delle lobby e alla pratica della revolving door (lo scambio di ruoli fra manager pubblici e privati).

Info:
https://sinistrainrete.info/teoria/9639-alessandro-visalli-la-variante-populista-di-formenti.html
https://www.lacittafutura.it/cultura/la-variante-populista-secondo-formenti

Lavoro/Deneault

Alain Deneault – La mediocrazia – Neri Pozza (2017)

Il sindacalismo e’ e rimane un soggetto politico, oppure ormai si confonde con le regole flessibili e strettamente manageriali di quel che e’ racchiuso oggi nella parola «governance»?
La politica definisce la capacita’ di deliberare sui principi che regolano la vita in societa’, capacita’ che i membri di una comunita’ istituita si riconoscono.
Agire politicamente implica dunque il fatto di sostenere la propria posizione e la propria azione al di la’ delle coordinate sociali entro le quali ci restringono alcune forme del potere costituito, per deliberare sull’insieme delle disposizioni che fanno si’ che ci si trovi a questo punto. Dunque, piu’ che stare al gioco della logica manageriale, borsistica, capitalista e ultraliberale che prevale storicamente, nella speranza di trarne un tornaconto, si dovrebbe agire per instaurare nuove regole formali.
Quanto alla governance, essa include i rappresentanti sindacali in una partnership che mette l’uno accanto all’altro attori dei quali si prevede apertamente la disparita’.
Sottomessi all’imperativo del «consenso », i sindacati sono invitati a questi processi piu’ per portare il concorso del movimento dei lavoratori verso prospettive di sviluppo industriale e progetti motivati dall’alta finanza, che per definire davvero alla base le regole che riguardano la vita nella societa’.
Pertanto, per il movimento dei lavoratori, come per la rappresentanza ecologista, autoctona e locale, si tratta di provare a inserire nel progetto piu’ ampio del capitalismo degli interessi minori che possano apparire ai suoi membri come una serie di «passi nella giusta direzione», «concessioni ottenute», «vittorie morali», «partenariati strategici» e altre simili arguzie. La «governance» si presenta ancora una volta come un’arte della gestione privata innalzata al rango della politica; di conseguenza, non puo’ che puntare a impadronirsi della politica stessa.[…]
La questione poggia sulla scelta tra la politica e la governance, ovvero se il movimento sindacale deve continuare a integrarsi nel capitalismo partecipandovi in modo fattivo  – per esempio costituendo dei fondi sindacali messi a disposizione di aziende quotate in Borsa – e rendendolo dunque accettabile da parte dei membri delle sue organizzazioni, o se invece deve portare avanti una lotta concertata contro i suoi effetti iniqui deleteri e fatalmente distruttivi.
Questa problematica, che ha drammaticamente segnato l’inizio del XX secolo. […] e’ tuttora molto presente.

Info:
https://www.repubblica.it/venerdi/interviste/2017/01/25/news/il_trionfo_della_mediocrazia_spiegato_dal_filosofo_canadese_alain_deneault-156837500/
http://blog.ilgiornale.it/franza/2018/05/27/la-mediocrazia-un-libro-magistrale-del-canadese-alain-deneault-ne-traccia-il-pensiero-e-spiega-come-i-mediocri-hanno-preso-il-potere/

Capitalismo/Fazi

Thomas Fazi, Guido Iodice – La battaglia contro l’Europa. Come un’elite ha preso in ostaggio un continente. E come possiamo riprendercelo – Fazi (2016)

Dopo la fine del regime di Bretton Woods nel 1971,  i paesi occidentali hanno progressivamente adottato i dettami di quello che viene chiamato neoliberismo.
Seguono la liberalizzazione dei commerci, l’eliminazione di limiti ai movimenti di capitali, l’indipendenza delle banche centrali dai governi e cosi’ via. La fine dell’aggancio con l’oro e con il dollaro, lungi dal dare ai governi maggiore liberta’ nel gestire le politiche monetarie e fiscali, costringe a trovare una nuova “ancora” per il valore della moneta […]
Il target inflazionistico, stabilito al 2 per cento, diviene il dogma di ogni banchiere centrale […]
Cosi’, per combattere l’inflazione le banche centrali aumentano i tassi di interesse. La disoccupazione che ne consegue e’ il primo tassello di un processo che negli anni Ottanta porta alla drastica riduzione del potere dei sindacati in tutto il mondo occidentale.
La conseguenza e’ che si’, l’inflazione si riduce, ma con essa anche la capacita’ dei lavoratori di conquistare salari piu’ alti per godere anch’essi dei benefici dell’accresciuta produttivita’.
Mentre quest’ultima continua a crescere, il potere d’acquisto dei lavoratori rimane indietro. Si puo’ produrre sempre di piu’, ma non si ha il denaro per comprare.
Cosa tiene quindi in piedi questo sistema? Perché semplicemente non si innesca quella che gli economisti chiamano “crisi da sottoconsumo”?
La risposta e’ che i liberisti sono sempre pronti a scendere a compromessi […]
Se i redditi da lavoro non bastano, ecco che il credito e la finanza divengono la nuova fonte di domanda autonoma.
La “new economy” e’ la nuova corsa all’oro […]
Quando la bolla delle dot.com scoppia, ecco pronto il suo sostituto, stavolta molto più tradizionale: la bolla immobiliare. Il debito privato diviene via via sempre piu’ gigantesco, anche da questa parte dell’oceano, per non parlare delle cosiddette “tigri asiatiche” e del Giappone.
Anche qui, il ruolo dello Stato e’ tutt’altro che marginale […]
Se il lavoro non e’ un diritto, se il salario non permette di accrescere il benessere familiare, allora il nuovo diritto diventa l’accesso al credito.

Info:
https://fazieditore.it/catalogo-libri/la-battaglia-contro-leuropa/
https://keynesblog.com/2016/07/08/michele-salvati-recensisce-la-battaglia-contro-leuropa-di-thomas-fazi-e-guido-iodice/

Lavoro/Silver

Beverly J. Silver – Le forze del lavoro. Movimenti operai e globalizzazione dal 1870 – Bruno Mondadori (2008)

La mobilitazione delle riserve mondiali di manodopera non solo ha danneggiato direttamente il potere di contrattazione dei lavoratori, ma ha anche contribuito a delegittimare ai loro occhi i sindacati e i partiti politici, poiche’ e’ diventato piu’ difficile per queste organizzazioni creare e distribuire vantaggi per i propri iscritti.
Come se cio’ non bastasse, gli attacchi diretti dai datori di lavoro e dagli stati contro le organizzazioni dei lavoratori (unitamente al collasso dei contratti sociali tipici del dopoguerra) hanno indebolito direttamente il potere associativo di contrattazione, oltre a determinare un’ulteriore erosione del potere di contrattazione legato al mercato, rendendo sempre piu’ difficile per le organizzazioni dei lavoratori difendere ed estendere efficacemente le politiche statali della “rete di protezione sociale”.

Info:
https://www.anobii.com/books/Le_forze_del_lavoro/9788861592117/013ceb1c2bb826dec4
https://www.lacittafutura.it/economia-e-lavoro/lavoratori-di-tutto-il-mondo-intervista-a-beverly-silver-parte-i

Lavoro/Silver

Beverly J. Silver – Le forze del lavoro. Movimenti operai e globalizzazione dal 1870 – Bruno Mondadori (2008)

L’ampio ventaglio di proposte keynesiane presupponeva una tregua nel conflitto tra capitale e lavoro, fondata sullo scambio trilaterale tra governi, sindacati e imprese: i governi e le grandi aziende avrebbero accettato il sindacalismo come elemento stabile, mentre, dal canto loro, i sindacati avrebbero riconosciuto il diritto dell’impresa di modificare l’organizzazione della produzione per aumentare la produttivita’ […]
I governi, inoltre, si impegnavano a usare gli strumenti macroeconomici di cui disponevano per promuovere la piena occupazione, e le imprese a ridistribuire una parte dei maggiori profitti dovuti all’aumento di produttivita’ sotto forma di aumenti salariali, innescando cosi’ un meccanismo che assicurava un mercato di massa per i prodotti dell’industria e offriva molteplici possibilita’ di innovazione del prodotto.
A sua volta, la crescita dei salari reali aiutava a lenire e depoliticizzare il conflitto tra lavoro e capitale grazie alle promesse di “alti standard di consumo”.

Info:
https://www.anobii.com/books/Le_forze_del_lavoro/9788861592117/013ceb1c2bb826dec4
https://www.lacittafutura.it/economia-e-lavoro/lavoratori-di-tutto-il-mondo-intervista-a-beverly-silver-parte-i

Finanziarizzazione/Gila

Paolo Gila – Capitalesimo. Il ritorno del feudalesimo nell’economia mondiale – Bollati Boringhieri (2013)

L’idea della microfinanza non ha in se’ alcuna colpa. Anzi. Piuttosto e’ l’uso distorto e irresponsabile che alcuni operatori hanno fatto di questo strumento a gettare un’ombra sulla sua diffusione e sull’aumento della poverta’ e dell’indebitamento tra le famiglie nullatenenti delle aree più povere del pianeta. […] A battere le mani all’idea di Yunus, in prima fila, c’erano soprattutto i neoliberisti della comunita’ di sviluppo internazionale, perche’, […] celebrando l’auto-aiuto e l’imprenditoria individuale […] si vengono a screditare implicitamente tutte le forme di iniziativa collettiva come i sindacati, le associazioni di categoria, i movimenti sociali, le cooperative, la spesa sociale, le visioni politiche di sviluppo a favore dei poveri e, soprattutto, i movimenti collettivi tesi ad assicurare una piu’ equa redistribuzione della ricchezza e del potere. […] La microfinanza sarebbe cosi’ diventata il business per gli utenti di basso profilo.
Potremmo dire il modello low cost dei prestiti. […]
[Ma] la vera ricchezza si crea dalla terra, dal lavoro e dalla produzione. La pretesa che possa essere ancora una volta la finanza, pur sotto la veste del microprestito, a creare la ricchezza e’ un mito da sfatare.

Info:
http://www.spazioterzomondo.com/2013/04/recensione-paolo-gila-capitalesimo-bollati-boringhieri/
https://www.sololibri.net/Capitalesimo-Paolo-Gila.html